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Autore: Akira Urano    16/04/2014    0 recensioni
Emma, ragazzina di 14 anni,inizia a vedere la sua vita inutile,vuole finirla. Si rende conto che vede le cose in modo diverso,riesce a capire la vera espressione delle persone,sa cosa significa avere un problema,sa quali problemi ci sono perchè se ne accorge,ma non se la sente di affrontare tutto proprio nella sua età adolescenziale. Cerca aiuto ma non si fida della gente solo quando la sua prof d'italiano le parla e cerca di aiutarla,lei si apre e si sfoga. Proprio con l'aiuto di questa prof,Emma riesce a risolvere il suo problema che l'ha fatta soffrire.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi alzo la mattina e guardo le mie ferite rosse che mi bruciano, non le ho disinfettate ma non m’importa, tanto l’unica cosa che m’interessa è non potermi più risvegliare il mattino dopo. Voglio finirla! Si è questo il mio pensiero. Si è questo il mio desiderio. Io aspetto e aspetto ma non succede mai, quindi è ora che mi dia da fare da sola. Tenterò il suicidio. Non considerò valida la mia vita, è inutile che resti ancora in questo mondo perché nessuno mi vuole. Laila, la mia migliore amica, mi dice di chiedere aiuto ad un adulto ma io non voglio farlo perché prima di tutto nessuno mi aiuterebbe, poi nessuno ne avrebbe voglia e per ultimo non so come chiedere aiuto. No, sul serio come lo chiedo aiuto? Se lo chiedo ai prof dopo dicono tutto ai miei, se lo chiedo agli amici di mamma dicono tutto e lo stesso vale con gli amici di mio padre. Da come vedo non mi fido di nessuno e penso che non mi fiderò mai di nessuno. Pensando sempre a questo sono sempre giù di morale e sono scontrosa verso tutti, ma non ci faccio apposta, forse sono arrabbiata, arrabbiata con me stessa. Eccomi pronta per andare a scuola, scendo le scale e vedo mio padre che beve il caffè mentre mia madre mi prepara la merenda, credo che sia inutile perché tanto non la faccio la merenda, non ho fame oggi, in realtà non ho mai fame in questo periodo, mangio solo perché me lo chiedono sennò non sarei qui adesso e vi giuro che avrei preferito morire dato che è il mio desiderio. Entro in classe e vedo le stesse facce con le stesse espressioni, effetto del lunedì mattina. Mi siedo nel banco e tiro fuori i libri per la prima ora però non ho voglia di fare matematica e lo so che devo recuperare dato che ho gli esami tra pochi mesi, ma io non ho voglia. La prof continuava a spiegare ed io tirai fuori la lametta e cominciai a tagliarmi cercando di non farmi vedere, ma tanto sapevo che non mi avrebbe visto dato che ero all’ultimo banco, fila a sinistra, vicino alla finestra. Oggi sono stata fortunata perché il mio compagno di banco non c’era e potevo tagliarmi tranquillamente e soffrire in silenzio, mentre le ferite sanguinavano e io cercavo di coprirle con un fazzoletto. Mi tagliavo anche la seconda ora durante inglese e a merenda mi chiudevo in bagno e con un fazzoletto che avevo bagnato mi lavavo il braccio ferito. Rimisi la lametta dietro la cover del cellulare, l’unico posto dove tenerlo dato che lì non ci sarebbe andato mai a controllare nessuno. L’ora dopo ho educazione fisica e io come sempre non la faccio per via dei tagli, trovando qualche scusa, fortunatamente il prof crede a ciò che dico. Le ultime due ore ho italiano ed io come matematica non ho voglia di leggere e di svolgere gli esercizi. Oggi non ho scritto neanche i compiti, ma chiederò Laila, lei mi dirà tutto quello che bisognerà fare per la prossima settimana. La prof mi guardava, voleva vedere ciò che facevo, per fortuna me n’ero accorta altrimenti mi beccava mentre mi tagliavo. Torno a casa dopo una giornata straziante e butto tutto nel letto senza pensare a cosa potevo rompere. Mia madre come sempre inizia con le sue solite prediche, cioè che devo mettere tutto a posto e che devo tenere tutto sempre in ordine. Mi sono stufata sempre delle stesse frasi e stesse cose così iniziai a rispondere e da qui le mie giornate diventarono sempre più infernali. -Basta non ne posso più delle tue solite prediche! La camera è mia e se voglio lasciarla in disordine, la lascio in disordine!- .Mia madre mi guardò sorpresa perché non ho mai risposto così, ero sempre stata una ragazzina educata ed obbediente. Mi mise in punizione, non potevo guardare la tv, non potevo uscire e non potevo giocare con la Wii, tutto questo per una settimana. Riuscirò tranquillamente mantenere la punizione per una settimana perché non mi pesa (come punizione). Verso le sei, arrivò mio padre, mia madre gli disse tutto e anche lui iniziò con le prediche. La sua punizione era lasciarmi senza cena e così fu, mi chiusi in camera, presi la lametta e cominciai a tagliarmi, solo che questa volta volevo far colare il sangue senza pulire con il fazzoletto come facevo sempre. In quel momento pensavo alla di vita m**** che avevo e invidiavo quella degl’altri, piangevo per questo, ci soffrivo. Poi mi ritornò in mente ciò che dissi sta mattina, che volevo suicidarmi, misi apposto la lametta e mi tirai giù la manica, andai verso la finestra e l’aprii. Io abitavo al quarto piano quindi era abbastanza alto e perfetto come altezza per suicidio. Volevo sul serio buttarmi? Infondo era un mio desiderio, ma in quel momento mi mancava il coraggio. Si mi mancava solamente il coraggio di buttarmi, non ne avevo e mi ritirai. Nel frattempo arrivò mia madre, voleva dirmi qualcosa, io non le rispondevo ma le guardavo gli occhi, era preoccupata. Mi sentii in colpa non volevo che mia madre soffrisse per me così le chiesi scusa e l’abbracciai. Mi perdonò e mi portò in camera la cena. Ero stanca, mi misi a dormire sempre con il desiderio di non svegliarmi più la mattina seguente. Non si avverò neanche sta mattina. A scuola non parlavo con nessuno, li respingevo ma non ce l’avevo con loro, ero arrabbiata con me stessa e sentivo un peso nel mio cuore come se anche lui voleva finirla. In più oggi avrò il tema e la verifica di musica sugli ascolti. Arrivò l’ora della verifica, io consegnai il foglio con scritto solo il nome, cognome, classe, data, solo questo pur avendo studiato, i miei pensieri erano da tutt’altra parte e non riuscivo a concentrarmi. Arrivò anche l’ora del tema, in quel momento sentivo il bisogno di sfogarmi e scrissi senza ascoltare i miei compagni che mi chiedevano un foglio, senza accorgermi quando la prof passava, ma solo di una cosa stavo attenta, non volevo che la prof leggesse il mio tema e rifiutavo il suo aiuto. Finito il tema controllai i miei fogli scritti, mi accorsi che avevo veramente bisogno di sfogarmi tanto con qualcuno solo che io non mi fidavo di nessuno e prima di suicidarmi volevo provare a parlarne con qualcuno. Di chi mi fido? Chi è pronto ad ascoltarmi? Sono un peso? Chi è pronto ad aiutarmi? Queste sono le mie domande ma nessuno mi rispondeva e nel frattempo dovevo consegnare il tema ma non volevo far leggere il mio alla prof, consegnai il foglio in bianco, misi i fogli in cui avevo scritto nel quadernone. La prof non era contenta e mi guardava strano come se fosse arrabbiata oppure si era accorta dei miei comportamenti strani. Stressante anche questa giornata a scuola, mi sdraio sul letto e penso. E’ da più di due ore che penso, non voglio fermarmi. Piango. Mi taglio. Il sangue colava. Colò fino a sporcare anche il pavimento, presi un fazzoletto e pulii altrimenti mi avrebbero scoperto. Saltai il pranzo, la merenda e la cena. I miei genitori cercavano in tutti i modi di farmi mangiare, io rifiutavo. Persino a scuola cominciai a non portare più la merenda. Facevo solo colazione, quindi l’unica cosa che mi manteneva in vita erano le frittelle che preparava mia madre. Dimagrivo giorno dopo giorno, non me ne accorgevo ma sapevo che non stavo bene. A scuola ora mi prendono in giro, mi chiedono se sono anoressica, rispondo no. Non mi sentivo magra per me era tutto normale, per me non era cambiato niente. Anche se io la pensavo così, a scuola mi chiedevano sempre la stessa cosa. Sei anoressica? Sapevo che c’era qualcosa che non andava, mi guardai allo specchio ed era da tanto che non lo facevo. Ero uno scheletro, non mi ero mai accorta di essere dimagrita così tanto e di aver perso tanti chili. Anche mia madre se ne accorse. La sentivo piangere la sera, mi sentivo sempre di più in colpa, volevo raccontarle tutto ma non potevo, era troppo tardi. Andai a dormire con le lacrime agl’occhi. Sta mattina a scuola crollai, non avevo fatto colazione, mi soccorse la prof di matematica, mi fecero mangiare, mi diedero l’acqua, poi arrivò anche la prof d’italiano che chiese gentilmente all’altra prof di lasciarci sole. Non so cosa volesse dirmi e non voglio saperlo, non ascoltavo le sue parole, entravano in un orecchio ed uscivano nell’altro. Era come se il fuco bruciasse quelle parole. Tutto ciò che pensavo cominciò a non avere più senso. Finì di parlarmi, andò via come se già sapesse che parlare era inutile e che non l’ascoltavo. I giorni passano, sempre più triste, sempre scontrosa ma non con l’idea di uccidermi. Non ho smesso di tagliarmi, diciamo che ho diminuito le volte in cui lo faccio. Cominciano tutti ad insospettirsi del perché dei miei comportamenti scorretti e fatti senza pensare. Le mie paure uscivano allo scoperto. In quel momento, in quel periodo avevo paura di tutto. Vedevo il mio futuro nero, oscuro, buio e spaventoso. Non volevo crescere per paura di questo mio futuro così terribile. Mi rinchiudo in me stessa, ho una corazza intorno a me, mi sento un uovo. Comincio ad aver mancanza delle mie risate,dei momenti più belli della mia vita, dei bei momenti con la famiglia, con gli amici, salutavo tutti ogni giorno,facevo vedere a tutti quel mio sorriso,tutti invidiavano il mio sorriso,ora anch’io invidio quel sorriso. Sorridevo al mondo intero. Ero fiera di me stessa. Cerco aiuto ogni giorno senza dirlo, resto in silenzio con la tristezza stampata sulla faccia. Mi chiedo sempre le stesse domande. Non mi accetto, faccio schifo. Torno a casa, sorrido ai miei per fargli vedere che non ho alcun problema,però mi sento in colpa allo stesso tempo perché quei sorrisi che faccio vedere sono solo una finzione. Il mio andamento scolastico è una vera schifezza. Tutti quei sette/otto che prendevo ora sono stati sostituiti dai quattro e i cinque, sapendo che quest’anno ho gli esami. Dormo ma non sogno. La mattina seguente a scuola,cominciarono a chiedermi che cosa avessi,non rispondevo,il mio tacere li lasciava sempre più nel mistero. Non potevo dire niente,anche perché non ne avevo voglia. Non mi fidavo,piangevo in bagno,mi tagliavo,non mangiavo. Non trovavo altra soluzione,potevo solo aspettare o forse confidarmi con un adulto,ma non mi fidavo di loro. Non ancora,forse in seguito mi deciderò e farò un primo passo. Crollai di nuovo,ho avuto un calo di zuccheri. Vedevo gli sguardi dei professori sempre più preoccupati. Mi sono ripresa dopo una ventina di minuti. Tornai in classe,mi vergognavo,tutti mi fissavano,vedevo che anche loro erano preoccupati. A fine delle lezioni la prof d’italiano mi fermò chiedendomi qual è il mio problema. Silenzio volava dalla mia bocca,mi persi nella mia testa,ero confusa,non sapevo che dire,non sapevo che fare,sapevo solo che non mi fidavo di lei (diretto alla prof d’italiano), in quel momento non provavo stima come una volta,in quel momento la odiavo,ma non ce l’avevo con lei,non ce l’avevo con nessuno. Passarono due settimane,non volevo più crollare così ripresi a mangiare regolarmente. Intanto pensavo a come risolvere quel problema che pesa tanto. Pensando e pensando mi sono decisa,voglio parlarne con qualcuno,se è l’unico modo lo faccio,basta che finisca tutto questo. Mi accorsi in seguito che in realtà io non so qual è il mio vero problema e cosa mi fa sentire così. Allora se lo voglio scoprire lo condivido con la prof che mi fissava preoccupata,che faceva attenzione ai movimenti che compievo,l’unica che mi chiese quale fosse il dolore che provocava questo mio strano modo di comportarmi. Tre giorni dopo,durante la merenda,andai verso lei,avevo paura ma allo stesso tempo decisa. Volevo porre fine a questa mia sofferenza. Lei mi chiese di poterci incontrare fuori dalla scuola,mi propose di andare a prendere una pizza e poter parlare di questo fatto. Arrivò in fretta quel giorno ed io con una scusa riuscii ad ingannare i miei per farmi uscire. Passai le ore a sfogarmi,ne avevo bisogno,lei mi ascoltava,mi capiva,capiva ciò che io volevo dire,sembrava come se sapesse cosa provavo veramente,in realtà no perché nessuno saprà cosa provo veramente. Mi disse che il problema che avevo era l’adolescenza,diceva che per tutti l’adolescenza è un momento difficile ma passa col tempo. Ero un po’ più sollevata da quello che ha detto perché ho capito che passerà tutto, ciò che prima non pensavo. Torno a casa e vado in camera a pensare. Passai la notte a pensare. Durante i miei pensieri sorrisi,però sta volta non era una finzione quel sorriso,sorridevo veramente. Mi addormentai e ricominciai a sognare. Oggi sorrido. Sorrido come quel ricordo che avevo. Ora mi lascio tutto alle spalle e vado avanti senza inciampare. E tutti quegli amici che ho perso per colpa dei miei comportamenti? Riuscirò a fare pace con loro,chiederò scusa a tutti. Passando mesi e mesi ho smesso di tagliarmi,ho buttato via la lametta,ora sono pronta a vivere felice e accettare la vita senza invidiare quella degl’altri. Voglio cambiare la mia visione del futuro malinconico che mi spettava,voglio vederlo a modo mio. Sicuramente non rose e fiori ma meglio di come lo vedevo prima!!!
  
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