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Autore: CassandraBlackZone    16/04/2014    1 recensioni
Paura? No, lei non aveva affatto paura. Ed era proprio questo quel qualcosa in più.
Correre per lei non era mai stato un modo per scappare, anzi: correre per lei era l’unico modo per superare la monotonia e anche se stancante, era lo svago che più la soddisfaceva. Persino più del contare le statue del Duomo.
Emily amava correre. Da sempre.
Genere: Avventura, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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“Signor Dottore! Aspetti!”
“Smettila con questo signore, mi irriti!”
“Mi dispiace davvero, ma purtroppo fa par-…”
“Fa parte dei tuoi dati! Ok! Dacci un taglio!” Il Dottore non vedeva altro che nero davanti a sé, tanto era in preda alla collera. Sapeva bene che passando da una porta dimensionale il tempo passava in modo diverso, e la sua paura era che mentre era distratto, i cacciatori ne avevano approfittato. Come lo sapeva? Lui non lo sapeva; lui seguiva semplicemente l’istinto, come sempre.
Raggiunto il salotto, l’alieno spalancò gli occhi fino a sentirli lacrimare per quanto erano aperti. Il tavolo, le sedie e la poltrona erano distrutti, così lo era anche la porta: ridotta in minuscole schegge nere “Oh, no.” disse lui a denti stretti.
L’androide entrò impassibile, analizzando di volta in volta coi suoi occhi bionici ogni oggetto frantumato davanti ai suoi piedi “ Erano in quattro. Hanno usato la forza bruta, tranne con la porta.” Si inginocchiò e toccò il pavimento con una mano “Hanno anche usato un sonnifero molto forte.”
“Non ti sembra stupido rivelarmi il vostro piano?” ringhiò il Dottore irritato.
“Io non sto rivelando nulla. Sto formulando delle ipotesi.”
Con la fronte aggrottata, il Signore del Tempo si avvicinò a Jake con le mani sui fianchi “Mi stai forse dicendo che non sapevi di questo?!”
“Affermativo.” Rispose l’androide “ Io sono stato creato solo ed esclusivamente per proteggere il reietto.”
“E proprio non vuoi dirmi chi è, giusto?”
“Affermativo.”
“Oh, ti prego… potresti smettere di rispondere in quel modo?”
“Aggiornamento: Esatto.”
“Ah, mi è concesso farti fare degli aggiornamenti, tranne che avere risposte sul reietto?”
“Esatto.”
“Perfetto… Va beh, continua pure a fare… ipotesi. Io guardo un po’ in giro.”
“Aggiornamento: D’accordo.” Come un bravo soldatino, il cacciatore si abbassò al tavolo e alle sedie, mentre il Dottore issò la poltrona di Massy ormai ridotta a pezzi, e accarezzò l’unico braccio rimasto attaccato con rammarico “Massy…”
“Lei è molto strano, signor Dottore.” Disse l’androide con in mano la gamba di una delle tre sedie.
“Strano mi va bene.” Replicò l’alieno con più calma.
“I suoi due compagni e un suo caro amico sono stati rapiti, eppure lei è così calmo.”
“Dimmi, unità X, hai un nome almeno tu?”
“No, signore.”
“Non importa. Visto che hai la sua faccia ti chiamerò Jake. Aggiornati.”
“D’accordo.”
“Ok. Ora ti faccio una domanda facile: sai perché mi chiamo Dottore?”
Jake iniziò una ricerca tra i suoi archivi aprendo cartelle su cartelle, ma con scarsi risultati “Nella mia banca dati non sono presenti informazioni. Nemmeno scansionandola ora.”
“Come pensavo. Allora è vero che non siete venuti per me.”
“Posso farle io una domanda?”
“Oh, interessante. Sei un androide sarcastico provvisto anche di una mente pensante. Chiedimi pure.”
“Perché lei si chiama Dottore?”
Il Gallifreyano increspò le labbra in un sorriso compiaciuto “Lo vuoi davvero sapere?”
Jake annuì.
“Non ne ho la più pallida idea” ridacchiò.
Il consueto trillo acuto del cacciavite sonico, indusse il Dottore a prenderlo goffamente dalla tasca. Finalmente aveva ricevuto il segnale che tanto aspettava “ Era ora che si fermassero.”
“Di chi parla?”
“I cacciatori. Dimmi, Jake. Sai quanto tempo fa sono stati qui?”
“Certo. A giudicare dalla porta distrutta, sono passati circa quindici minuti.”
“Meglio di Sherlock Holmes, devo dire, ma purtroppo per te sono due minuti.” Disse il Signore del Tempo spegnendo il suo fidato strumento scientifico “Che attraversando una delle porte dimensionali di Massy, diventano quindici. Perfetto. Almeno abbiamo il tempo di vantaggio. Andiamo!”
“Per dove, signor Dottore?”
“Penultima porta di questo corridoio a destra. Ah, un ultimo aggiornamento: basta con questo signore.”
 
Jay chiuse velocemente la registrazione, salvandola in una cartella privata. Digitati le ultime tre cifre della password, entrò Shila, col volto contorto dalla preoccupazione “Sei sempre stato qui dentro?”
“Ehm….sì, signora. C’è… qualche problema?” chiese lui confuso, tenendo la mano destra sulla tastiera.
Qualche problema?” La cacciatrice si avvicinò alla postazione dell’amico e gli porse una cartella di documenti.  Dalla pessima scrittura e le macchie di caffè, Jay sapeva bene a chi apparteneva: era la cartella dati di Randy, malridotta come sempre “ Eccolo il problema.”
Lui tirò fuori i cinque fogli al suo interno e li lesse tutti ad un fiato con gli occhi spalancati “No… non può essere…” disse alla fine scuotendo la testa.
“E’ per questo che ti stavo cercando!”
“Ma… lui non può farlo! E’ stato archiviato!”
“Credo che lo voglia fare ugualmente. Dopotutto lui lo ha letto per primo il resoconto. Inoltre, sai com’è fatto.”
“Se non sono indiscreto… perché lo sta dicendo a me? Dovrebbe avvisare il Consiglio, e non dirlo ad un suo subordinato.”
“Beh… ecco… Ero convinta che non avresti voluto che un tuo compagno veniss-…”
“Dubito che io abbia mai provato simpatia per quel troglodita!” rimessi i documenti nella cartella, Jay uscì dalla stanza a passo deciso, seguito da Shila e dagli occhi indiscreti di altri cacciatori.
“Asp-… Jay, che intenzioni hai?”
“Lo devo fermare.” Rispose senza guardarla. “Lo devo fermare assolutamente.”
“Jay! Calmati!” Con uno strattone, Shila riuscì a fermare il giovane cacciatore e a guardarlo negli occhi. Quelli di quest’ultimo erano furenti e colmi di inquietudine “Si può sapere cosa ti prende? Non ti ho mai visto così agitato. Di solito sei così composto e…”
“Mi scusi, ma è di vitale importanza che lui non trovi il rei-…”
“Shhh.” Fece lei tappandogli la bocca “Nessuno sa di questa cosa.”
“Cosa?” riuscì a dire lui attraverso la sua mani.
Shila si guardò attorno per rassicurarsi che nessuno si fosse avvicinato a loro “Nessuno sa del reietto se non io, te, il Consiglio e Randy.”
Jay abbassò lo sguardo stringendo i pugni e digrignando i denti. Non ci voleva, pensò lui.
“E’ importante?” la voce di Shila riportò alla realtà il giovane cacciatore “Per te è così importante che il reietto rimanga ancora in vita?”
Lui cercò invano di non guardare negli occhi l’amica. Non era sicuro che si potesse fidare, dopotutto l’aveva promesso; non doveva assolutamente rivelarlo a nessuno, e inoltre, pensò lui, sarebbe stata una storia troppo lunga da raccontare. Infine annuì “Sì. Per me è importante.”
Shila gli sorrise dolcemente appoggiandogli una mano sulla spalla destra. “Va bene. Allora ci penso io.”

Emi si ricordava bene il giorno in cui si ruppe il braccio destro. Aveva circa dodici anni ed era caduta da un albero perché Jeremy le aveva lanciato il cappello sui rami, e ovviamente fu inevitabile un intervento d’emergenza. Per lei fu inoltre un’esperienza strana stare sotto l’effetto dell’anestesia, specialmente al suo risveglio: sentirsi intontita tanto quanto un ubriaco, cercare invano di aprire le palpebre, delirare, ma soprattutto, non sentire alcun dolore.
La situazione era la stessa di quel giorno, solo che non furono dei medici a svegliarla, ma il forte odore di alcol etilico, che le arricciò il naso dal fastidio.
“Che… che cosa… è successo?”
“Emi! Finalmente ti sei svegliata! Va tutto bene?”
“Je-Jerem-… ah!” invano la ragazza provò a muoversi, quando si accorse di avere delle manette ai polsi, che le graffiavano i polsi. Si sentiva appesa come un salame, con i piedi che dal suo punto di vista sembravano staccati dal pavimento di metallo sotto di lei di almeno cinquanta centimetri. “ Ma cosa sono questi affari?! Dove siamo?!” urlò.
“Non è ho idea, ma a giudicare da quello che ci hanno fatto, non penso che abbiano buone intenzioni.”
Con un piccolo sforzo, Emi riuscì ad alzare la testa e davanti a lei vide Jeremy, nella sua stessa posizione. All’improvviso sentì una fitta di dolore al collo e qualcosa di viscoso scivolarle sul petto. Era sangue “Che… diamine è?!”
“Sta’ calma.” Le disse lui “Campione di tessuti, così ha detto il tizio di latta.”
“Tizio di latta?”
Il rumore sordo di una porta scorrevole, attirò l’attenzione dei due ragazzi che volsero lo sguardo: tuta nera aderente, occhi impassibili e volto umano inespressivo. Era uno degli androidi cacciatori.
Ripresa un po’ di lucidità, Emi si guardò attorno e tralasciando le manette e la scomoda postura, si accorse che non erano in una prigione, ma in una sorta di infermeria. L’odore di alcol che aveva sentito al suo risveglio, veniva da una bottiglia di plastica con del liquido rosa shock al suo interno.
Di nuovo, la porta si aprì e nella stanza entrarono tre androidi con una barella. Il cuore di Emi si fermò per un paio di secondi, alla vista del corpo su di essa “Massy!! Massy!! Che cosa volete fargli?!”
I quattro cacciatori ignorarono le grida della ragazza e continuarono con il loro lavoro. Massy pareva profondamente assopito, invecchiato di almeno trent’anni, ma la cosa peggiore fu vedere che le chiazze violacee si erano fatte ancora più scure e avevano ormai raggiunto anche il volto.
Quanto tempo era passato ormai? Che l’ora rimasta del Liseno fosse già terminata? No, non poteva essere vero. Lui era uno dei migliori amici del Dottore, non poteva morire senza avergli detto addio: gli avrebbe spezzato entrambi i cuori.
Con una certa delicatezza, l’alieno venne trasportato su un apposito lettino bianco, uscito levitando dal pavimento.
“Jeremy! Che cosa stanno facendo?!” chiese Emi disperata.
“Io… io non lo so!”
Attorno al corpo del vecchio mago addormentato , si materializzò una spessa barriera color vermiglio, e uno degli androidi si posizionò su una pedana provvista di comandi, vicino al lettino. Dei rumori elettronici allarmarono i due umani, così anche le scariche elettriche all’interno della barriera.
“Ehi!! Che cosa state facendo a Massy?!” urlò Emi “Smettetela!”
Le scariche aumentavano d’intensità ogni dieci secondi. Una forte luce bianca avvolse Massy da capo a piedi, come se fosse in procinto di esplodere in quel preciso istante.
“Massy!!!”
   
 
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