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Autore: Inathia Len    17/04/2014    2 recensioni
EX "BE MY MIRROR, MY SWORD, MY SHIEDL
Rivisitazione della terza stagione ad opera del mio cervello malato.
E se Sherlock decidesse di tornare non solo perché vuole rivedere John, ma perché è la sua ultima occasione? Che cosa nasconde il consulente detective?
E se John, compagno di Sherlock, non avesse mai incontrato Mary, sarebbe ancora stato innamorato di Sherlock due anni dopo la caduta?
NOTE: 1. Johnlock
2. nessunissima Mary o Magnussen, ma pura e semplice angst
3. può essere che Sherlock risulti un po' OOC, mi sfugge sempre, quel bravo ragazzo
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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A "YES" DAY

 

Non si sarebbe mai abituato alla sensazione di svegliarsi con John accanto a sé.

E non era retorica o voglia di fare il romantico, bensì la pura e semplice verità. 

Non si sarebbe mai abituato alla sensazione di svegliarsi con John accanto a sé.

Aveva anche pensato di andarsene, di lasciare la città nella notte, ma aveva deciso di non fargli questo.

Di non farsi questo.

E così era rimasto e sarebbe rimasto fino alla fine, perché tanto ormai mancava poco. Lo sentiva nelle ossa e nel suo respiro sempre più affannoso, nelle fitte alla testa che si facevano sempre più forti e che ci mettevano sempre di più ad andarsene, nella febbre che saliva sempre più e lo lasciava ogni volta più debole. E allora John aveva insistito perché dicesse la verità almeno a Lestrade, perché meritava di sapere che Sherlock sarebbe morto per lui e che lo aveva quasi fatto. 

-La colazione- annunciò John, entrando in quel momento e Sherlock fece leva sui gomiti e si mise a sedere. Ormai, una settimana dopo il suo rientro, non si alzava quasi più di letto -se non per spostarsi sul divano o sulla poltrona-. 

-Grazie- sussurrò in risposta, -ma non ho fame.-

-Devi mangiare qualcosa- insistette John, sedendoglisi accanto e misurandogli la temperatura con un bacio sulla fronte. -Almeno adesso, fidati del dottore- disse, mettendogli il vassoio sulle gambe. 

-Io mi fido di te- ribatté Sherlock, guardandolo intensamente. 

-Greg arriva tra un'ora. Vedi di essere presentabile- lo prese in giro, distogliendo lo sguardo.

-Pensavo di essere super elegante, nel mio vecchio pigiama sporco.-

-Oh, una vera meraviglia!- commentò John ridendo, uscendo dalla stanza. -Sbrigati!-

-Comunque, chi diavolo è Greg?-

-Come chi è Greg?-

-Spazio cerebrale.-

-Lestrade non ti dice nulla?-

-Greg è Lestrade?- ripeté Sherlock, alzandosi e andando verso il bagno. John lo sostenne mentre sbandava e gli passò il braccio attorno alla vita.

-Eh già- rise John. -Incredibile come vanno le cose oggigiorno, no?-

-Che nome assurdo- borbottò Sherlock. -Vabbè, tanto me lo dimenticherò tra due secondi. Meglio così. Comincio a credere che questo non sia mancanza di spazio cerebrale, bensì un meccanismo di autodifesa.-

-Smettila. E vedi di essere pronto in tempo. Io vado di là, se hai bisogno non fare il super uomo e chiamami. Ok?-

-Già, questo sì che sarebbe un bel titolo per il giornale di domani. "Sherlock Holmes redivivo trovato morto nel bagno di casa sua, strozzato dalla tenda della sua doccia".-

John ridacchiò e poi lasciò la presa sulla schiena del compagno.

-Ti aspetto di là.-

 

Greg Lestrade suonò alla porta in perfetto orario. Sherlock e John erano in salotto che bisticciavano, tanto per cambiare, sulla necessità o meno del primo di mangiare qualcosa. 

-Almeno un biscotto. Non dico il latte con i cereali, una fetta di torta... Ma un biscotto, un piccolo, misero, biscotto!-

-John, sono serio, non ho fame. E se anche ne avessi, non farebbe in tempo ad arrivare allo stomaco che il mio corpo lo espellerebbe di nuovo. Hai visto che fine ha fatto la cena.-

-Appunto, praticamente non mangi da ieri a pranzo! E anche lì, non è che tu abbia mangiato molto...-

Un lieve scampanellio lo interruppe e John andò ad aprire. La signora Hudson era uscita, John aveva insistito perché in casa ci fossero solo loro due. Greg non sapeva nulla, era stato convocato praticamente in segreto -su richiesta di Sherlock- ed era meglio non fare troppo baccano. 

John scese le scale per andare alla porta e Sherlock rimase solo in salotto. Non sapeva bene come l'avrebbe presa Lestrade, non lo conosceva così bene. Avevano risolto casi insieme per circa cinque anni e, dall'esterno, potevano quasi sembrare amici, ma Sherlock era convinto di non averne. Lui aveva John, e di certo non erano amici da parecchio. Anzi, forse non lo erano mai stati.

Si portò una mano alla testa, più per abitudine che per altro, sperando di stare abbastanza bene. Già aveva passato una nottata d'inferno -e di conseguenza anche John- non voleva che il giorno ne fosse una replica esatta. Ma doveva essere una di quelle rare giornate sì, in cui il malessere lasciava spazio a una strana euforia che quasi lo illudeva che tutto fosse possibile.

-Ehm, Greg, c'è una cosa che dovresti sapere, prima di entrare- sentì la voce di John dire, mentre saliva le scale. -C'è un motivo per cui ti ho chiamato qui, oggi.-

-Immagino abbia a che fare con il tuo buonumore. Erano due anni che non ti vedevo sorridere.-

Sherlock sentì John ridere e gli si scaldò il cuore. Lui rendeva John felice? Aveva sempre creduto di essere lui quello che aveva bisogno dell'altro, non avrebbe mai potuto pensare al vice versa. Ma Lestrade lo aveva notato, Lestrade sapeva. 

-Ho sempre che eri l'unico poliziotto valido in quel mare di idioti- disse, concludendo il commento con un colpo di tosse.

Alle sue parole seguì il silenzio, sentì solo John sospirare. La porta si aprì e Lestrade era sulla soglia, la bocca spalancata, John accanto che guardava storto Sherlock.

-Avevamo detto di andarci piano- borbottò, andandosi a sedere sulla sua poltrona rossa. 

-Non ci credo- mormorò Lestrade, passandosi una mano tra i capelli. -Tu sei... vivo?-

Sherlock fece una smorfia che sarebbe dovuta essere un sorriso. Il mal di testa stava tornado e John gli lanciò un'occhiata allarmata. Non avevano previsto cosa fare nel caso in cui Sherlock si fosse sentito male mentre Greg era lì, non avevano nemmeno deciso se dirgli o meno della malattia. 

-Versione breve: non sono morto.-

-Bastardo- fu l'unico commento di Lestrade, mentre si fiondava sul divano per stringerlo in un abbraccio. -Sei un bastardo, lo sai vero?-

John ridacchiò mentre Sherlock gli batteva una mano sulla spalla, imbarazzato. 

-Come diavolo...?- chiese, sedendosi accanto a Sherlock sul divano. -E da quand'è che "non sei morto"?-

-Una settimana, ufficialmente- rispose John, lanciando un'occhiata a Sherlock. -Ma forse è di nuovo in partenza.-

Sherlock lo guardò sorpreso. Allora non avrebbero detto nulla? 

-Già...- mormorò, senza staccare gli occhi da John. -Tornerò a lavorare con Mycroft, mio fratello. È quello che ho fatto negli ultimi due anni e...-

-Bè, meglio che risolvere i casi della polizia ed essere anche accusato di essere il colpevole- borbottò Greg. -Se è per quello che te vai di nuovo, sappi che Donovan e Anderson sono stati prima sospesi e poi trasferiti. Se tu dovessi tornare... Bè, loro non lavorerebbero più con noi, con te.-

-Oh... uhm... bene. Ma comunque non credo tornerò. Sono qui solo di passaggio- concluse e, a quelle parole, John distolse lo sguardo per puntarlo sul soffitto, cercando di nascondere le lacrime. Lestrade non doveva sapere, Sherlock non sapeva perché, ma John aveva deciso che Lestrade non dovesse sapere nulla. Sperò che il mal di testa rimanesse sotto controllo e si strinse nella coperta. John colse il suo movimento con la coda dell'occhio e gli lanciò uno sguardo a metà tra l'allarmato e l'interrogativo, ma Sherlock scosse la testa. Per adesso, andava tutto bene. 

-Comunque, è una grande notizia. Chi altri già lo sa? Dobbiamo andare fuori a festeggiare... Hanno giusto aperto un nuovo pub in fondo alla strada.-

-Non lo sa quasi nessuno. Solo tu, la signora Hudson, mio fratello e Molly. Ah, e i miei genitori, ovvio. Preferirei non spargessi la voce, Gunther.-

-È Greg- lo riprese John, l'ombra di un sorriso sul volto.

-Come ti pare.-

-Per oggi glielo lascio passare.-

-Non credere che domani lo avrò imparato.-

-Bene- interruppe John, alzandosi. -Greg, rimani a pranzo? Ormai è ora... Sherlock e io moriamo di fame- disse, dirigendosi verso la cucina. 

Allora era quello il suo piano. Non dire nulla a Greg così da obbligarlo a mangiare davanti a lui, oppure dirgli la verità.

-Già... Sto morendo- disse, lanciando un'occhiata obliqua a John e alzandosi per raggiungerlo. Era praticamente a metà strada verso la cucina quando inciampò nel tappeto -nuovo acquisto, regalo della signora Hudson- e finì per terra, sbattendo le testa.

-Sherlock... Sherlock mi senti?-

La voce di Lestrade e John gli arrivava ovattata, il mondo attorno a lui stava diventando rapidamente tutto nero.

-John- mormorò, prima di perdere conoscenza del tutto. 

  
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