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Autore: Wholockedhead    17/04/2014    0 recensioni
"Tu non esisti!"
"Ne sei proprio sicura?"
*
"Che cosa sono?"
"Sei una ragazza qualunque.Non illuderti di essere speciale"
*
"Non puoi fermarmi"
"Lo so."
*
"Non rimanere sorpresa quando le persone ti pugnalano alle spalle, è così che funziona il mondo."
"Forse il tuo mondo, ma non il mio."
"Basta. Rassegnati. Il mio mondo e il tuo mondo sono la stessa cosa, non c'è nulla di speciale in te. Piantala di vivere nei sogni e affronta la cruda realtà."
"Tu non sai nulla della realtà."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II

Esperia era accasciata sul suo banco, reduce da un’altra notte insonne, con la testa china appoggiata sulle braccia incrociate e le gambe molli. Aveva gli occhi bui e incorniciati da scure occhiaie. La professoressa di scienze stava spiegando qualcosa di molto noioso mentre tutti i ragazzi la ignoravano spudoratamente chiacchierando tra loro e lanciandosi aereoplanini di carta fatti con le pagine del libro. Era circondata da un mucchio di adolescenti in fibrillazione, e con la mente spenta e silenziosa poteva udire ogni singolo rumore, ogni pagina che veniva strappata , ogni aereoplanino che sferzava l’aria con un fischio impercettibile e anche il fruscio dei capelli che ondeggiavano e lo strusciare delle stoffe dei vestiti, perfino lo stridio del gesso che passava sulla lavagna nera. Percepiva tutto questo, ma non la voce squillante dall’ amica Brithany che eccheggiava in una tonalità così acuta che poteva passare per la campanella dell’intervallo:- Esp! Esp!- si accorse di lei solo quando iniziò a scuoterla tenendola per il braccio:- Ummmh- fu l’unico suono che riuscì ad emettere:-Si esatto umh. Ma che hai? E’ tutto il  giorno che non mi dai retta! Hai sentito quello che ti ho detto?-
Esperia si ridestò dal suo sonnellino mentale:- Si, credo che tu mi stia ripetendo per l’ennesima volta che il tuo amato Trent ti abbia tradito…ancora.-
- No, Welsh! No! Cioè non esattamente! E’ diverso questa volta! L’ho beccato mentre era nel bagno delle ragazze con quella zozza di Jordan Frickman, all’inizio mi sono arrabbiata e l’ho mandato a quel paese, ma poi ho scoperto che la madre di Jordan è una fiorista e Trent stava solo chiedendole di ordinare un mazzo di rose rosse per me! Non è dolcissimo?!-
La ragazza fece un leggero movimento con la testa, che poteva essere un sì ma anche un no. Trent era un ragazzo  dell’ultimo anno, anzi, diciamo pure che era Il Ragazzo, per eccellenza, alto biondo abbronzatura perfetta, bicipiti gonfi e addominali scolpiti. Il classico ragazzo belloccio e perfetto consapevole di esserlo e che tutti vogliono conoscere. Brithany era la sua anima gemella: gambe lunghe capelli biondo platino, senza la minima impurità sul viso troppo sommerso dal trucco. Era tale e quale ad una Barbie, e Trent era un Ken favoloso. Peccato che lui la usasse solo per sbandierarla ai quattro venti come un trofeo, Brithany era perfetta, l’ideale per farsene un vanto, ma uno come Trent non si lascia sfuggire tutte le ragazze carine che gli ronzano attorno, eppure riusciva sempre a scamparla. Esperia non sapeva come fosse riuscita a diventare la migliore amica della ragazza più popolare della scuola, e a volte si chiedeva perché si ostinasse a riconoscerla come tale. Poi però succedevano quegli episodi in cui Brithany le ricordava quanto le volesse bene e tutto tornava a posto:-Verrai alla festa di venerdì sera?-
- Non credo proprio Brith, sono due notti che non chiudo praticamente occhio, non penso che mi farebbe bene.-
-Eh daii! Tesoro, sarà una delle feste più pazzesche dell’ anno! Tu-non-puoi-mancare! E infatti non mancherai!-
-Vogliamo scommettere!?-
Brith stava per replicare ma la campanella suonò le 11.10 e subito un trambusto di sedie e di passi pesanti iniziò ad esplodere al piano di sopra coprendo la sua voce. A quel punto anche Esperia si alzò e trascinandosi a fatica si diresse verso le macchinette alla ricerca di caffeina.
Passando per il corridoio salutò qualcuno di cui non vide nemmeno la faccia, prima una ragazza la cui testa era fuori dal suo campo visivo che si limitava alle piastrelle del pavimento verde. Anche un paio di ragazzi la avvicinarono ma lei li sentì a malapena. Quando arrivò in cima alle scale si rese conto che tra lei e il suo amato caffè c’erano circa tre metri di coda , e decise che quel desiderio sarebbe rimasto insoddisfatto, anche perché poco dopo suonò la campanella, possibile che ci avesse messo 10 minuti a fare i gradini? Forse era ora di comprarsi una di quelle carrozzine elettriche e concedersi il permesso di usare l’ascensore.
 
Il cancello di casa sua era spalancato quando la ragazza lo raggiunse, e prima di superarne il confine si soffermò un attimo per assaporare il tepore che il sole emanava sul suo viso pallido. Era da molto che non vedeva un sole così bello, un po’ perché ultimamente si richiudeva sempre in casa e un po’ perché la primavera faceva brutti scherzi. All’improvviso si accorse di quanto fosse stanca, e si ritrovò a pensare ai sogni che continuavano a perseguitarla. La notte precedente una volta tornata dalla biblioteca si era messa a letto e aveva acceso la televisione. Non aveva chiuso occhio, e adesso mentre stava lì a crogiolarsi al sole con le palpebre abbassate pensò all’uomo del suo sogno; rivide i suoi occhi di ghiaccio e sentì la presa gelida e ruvida sul suo braccio e rabbrividì.         Dopo una notte a pensarci su, aveva iniziato ad accettare il fatto che non era stato un sogno e che nonostante tutti i suoi sforzi per convincere sé stessa del contrario non ce l’avrebbe mai fatta perché  una parte di lei era incuriosita e attratta da quell’uomo. Aveva anche cercato di dare una spiegazione logica e razionale al tutto, come per esempio che l’uomo fosse stato un personaggio reale della sua infanzia, come un amico di famiglia che viveva all’estero e che era tornato a fare visita ai suoi. Si disse che quando si è piccoli spesso succede che se qualcosa ci impressiona ci rimane dentro inconsciamente e che è facile che possa tornare a gall. E poi chi aveva detto che quell’uomo volesse farle del male? Non gli aveva dato tempo di spiegare, era solo scappata via urlando. Ora la sua curiosità era salita ancora di più, e l’aveva spinta a decidere che se l’avesse incontrato di nuovo non l’avrebbe più respinto. Eppure un angolo della sua mente ancora urlava che era una cosa folle e che se l’avesse fatto avvicinare a lei non sarebbe successo nulla di buono. Riaprì gli occhi quando una folata di venticello gelido le entrò sotto la maglietta facendola rabbrividire e finalmente entrò nel vialetto di casa sua. Una volta varcata la porta si tolse la cartella dalla spalla e fu un sollievo immenso, da un dolore che nemmeno era consapevole di provare. Passando davanti alla cucina sua madre le propose il pranzo: un cartone di pizza con qualche fetta mancante, dall’aspetto invitante. Esperia la squadrò per un momento e pensò di mangiarla, m poi sentì la bile che ribolliva già al solo pensiero di ingurgitare qualcosa. Rifiutò la proposta con un una smorfia di disgusto e un gesto della mano e corse al piano di sopra prima che i conati diventassero troppo forti perché potesse trattenerli. Arrivata in camera spalancò tutte le finestre lasciando che il calore del sole entrasse e che il vento facesse svolazzare le tende di tessuto leggero. Si soffermo lì, davanti alle ante spalancate e fece dei respiri a pieni polmoni, prendendo lunghe boccate di aria fredda, per poi lasciarsi scivolare sul pavimento, accasciata su sè stessa e con lo spigolo del letto in un fianco. Aveva i muscoli tesi e si sentiva la testa pesante, la lasciò cadere sul bordo del letto e chiuse gli occhi. Finalmente si lasciò andare e non potendo più resistere si addormentò. Non sognò, non erano proprio sogni, ma più immagini, immagine confuse e sconnesse che si susseguivano; vide suo fratello sdraiato sul letto dell’ospedale, vide la biblioteca con Duncan e poi vide anche la biblioteca mentre l’uomo la inseguiva e vide lei, nel presente, accasciata sul letto mentre corrugava la fronte, e poi altre immagini senza senso come delle macchie di colore mal definite, senza bordi. Alcune le interpretò come delle persone, altre come luoghi. Quando si svegliò ricordava poco di quello che aveva visto, forse niente. Non si fermò a pensare, era come se avesse appena visto un film ricco di messaggi subliminali e adesso avesse solo voglia di uscire, e così fece. Si tolse i jeans che portava e ne mise un paio corti, si tolse il maglione bucherellato e lo sostituì con una felpa grigia e poi uscì senza esitazioni. Quando fu fuori si rese conto che non sapeva nemmeno perché fosse uscita, ma realizzò anche che non aveva intenzione di tornare indietro quindi prese e partì. Senza nemmeno accorgersene stava attraversando la strada principale della città, che portava al centro, nella piazza principale. Quando la raggiunse si guardò in torno: brulicava di gente, persone che ridevano e scherzavano con un gelato in mano. La piazza era circondata da vecchi edifici e si apriva i piccoli vicoli che si diramavano tra le case e i negozietti. Per la maggior parte le costruzioni che contornavano la piazza erano bar e ristoranti, ognuno con il suo spazio dove posizionare i tavolini all’aperto. Nel complesso era tutta un’esplosione di colori, ogni ristorante aveva il suo, chi con le tovaglie verdi chi con quelle rosse, chi con sedie di vimini un po’ antiquate e chi con sgabelli di plastica bianca molto moderni. Tutto le sembrava così nuovo, era da tanto che non andava lì, forse a natale era stata l’ultima volta, per fare compere con sua madre, da allora le cose si erano ribaltate, non era più tutto ricoperto da uno strato di neve candida, i lampioni non emanavano più il loro pallido bagliore, e adesso l’elegante fontana non era più spenta ed immobile, ora mandava allegri getti d’acqua con cui i bambini si mettevano a giocare al posto delle palle di neve e la luce del sole primaverile giocava tra le pieghe delle vesti delle muse rappresentate e filtrava tra gli spruzzi dell’acqua creando piccoli arcobaleni che si specchiavano sulla base di pietra levigata. 
Si guardò in giro ancora un po’, passando in rassegna tutti i tavolini colorati dei bar: giallo blu, nero e poi un rosa pallido, tendente all’arancione. Il suo sguardo si posò su una sagoma scura seduta ad un tavolino con un menù davanti. Per un attimo la ragazza si irrigidì, quando lo ebbe riconosciuto. Sapeva che l’avrebbe trovato lì, eppure fu comunque colta da un attimo di stupore. Ebbe anche un po’ di paura, non era convinta di quello che stava per fare, mise da parte il timore e si incamminò verso quel tavolino. Mentre attraversava la piazza  ebbe il tempo di cambiare idea una decina di volte, ma alla fine raggiunse quel maledetto tavolino, spostò una sedia e ci si appoggio sopra delicatamente cercando di non far rumore:- Ciao.- disse un po’ sotto voce. La persona davanti a lei abbassò il menù che nascondeva un sorriso malizioso:- Meglio tardi che mai?-
-Duncan, mi serve un favore.-
-Tutto quello che vuoi.-
-Devi procurarmi un libro.-
-Che libro?-
-Un libro sullo studio dei sogni.-
-Posso cercare, qualcosa troverò.-
-Grazie mille.-
La ragzza fece per andarsene, prima che il ragazzo terre farle richieste imbarazzanti o a cui non voleva rispondere, ma Duncan l’aveva già afferrata per un braccio:- Eih dove stai andando? Vieni qui, mi chiedi un libro e poi te ne vai? Perché non resti a mangiare con me? E’ il minimo che puoi fare per sdebitarti.- lo disse ridendo, ma la sua era una richiesta reale e anche piuttosto seria:- Così potrai spiegarmi a cosa ti serve un libro sui sogni.-
La ragazza lo guardò per dei lunghi secondi cercando un modo gentile quanto valido per rifiutare. Alla fine si rassegnò a quegli occhi verdi velati di preoccupazione e a quel sorriso raggiante e si sedette. 





Buongiorno!! Come state? So che in questo capitolo non succede molto ma avevo paura che diventasse troppo lungo e pesante quindi l'ho tagliato. Ho voluto concluderlo prima di partire perchè andrò via 5 giorni e non so se riuscirò a scrivere. Spero di pubblicare il seguito prima della fine delle vacanze ma non vi garantisco niente. Spero che vi piaccia, e vorrei tanto che mi lasciaste una recensione, anche con solo due paroline per dirmi che ne pensate, se c'è qualcosa che non va o meno. Vi ringrazio se state leggendo e vi auguro un buonissima pasqua piena di cioccolato :3:3 io mi sono comprata l'uovo kinder ohohoh :3 *gongola*

Baci!Passate delle buone vacanze <3
  
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