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Autore: Stateless    17/04/2014    0 recensioni
Ho visto Rabastan Lestrange sparire di colpo. Ho chiuso gli occhi, li ho riaperti e guardavo una comune persona con degli occhi profondi e la barba nera sfatta, uno sguardo penetrante e qualcosa di famigliare che mi sfuggiva dolorosamente.
Ed è stata quella consapevolezza, la consapevolezza di essere anonima, di non provare più nulla, che ha frantumato il mio cuore in mille pezzi.
Non tanto la fine, non tanto l'abbandono, non tanto il distacco. La consapevolezza, la presa di coscienza, la lucidità.
Amare e pensare di non essere ricambiati è la forma più travolgente, pungente, dolorosa di...mancanza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Rabastan Lestrange, Rita Skeeter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il nulla di R.



I

(Vuoti cosmici)

Io davvero ci ho provato. Davvero ho provato a far ricombaciare tutti i pezzi, a sforzarmi di credere che in un modo o nell'altro quella disastrosa forza attrattiva che mi teneva insostenibilmente legata a lui si dissolvesse nel nulla. 
Da sola.
Ho provato.

Ed è sempre stato così: ho provato, ho pensato, ho immaginato. Dio, se penso a quell'egoismo, a quel narcisismo, a quell'involontario egocentrismo che mi spingevano sempre più giù nel vuoto. Nel nulla. 

Non è mai stata una sensazione consapevole quella di negare me stessa, di ritenermi giusta, al posto giusto. Di condannare le ingiustizie, di sperare di avere sempre ragione, di essere superiore, di camminare euforica sperando che quella fosse felicità.
Ho sempre sperato, ho sempre illuso, ho sempre sottovalutato.
"Siate amici, rispettatevi, non abbiate la necessità di avere sempre ragione". 
Ed ecco il risultato. 
Io ti odio, Rabastan Lestrange. 
Ho provato a capirti, ho provato a non soffrire. Ho finto. Era come se parlassi a vuoto, come se restassero ad ascoltarmi le mie stesse parole. 
Riuscivo a comprendere il momento preciso in cui uscivano dalla mia bocca e tu le rigettavi via. 
Ci sono cose che pesano, che colpiscono anche un cuore di piombo.


Quel fastidio che mi spinge sulle costole, che mi perfora come un milione spine su un cuore di paglia. 


II

(Segni)


E non serve essere sani se poi vivere é tragicoE non serve vedere segni dappertutto, coincidenze in ogni minimo avvenimento, illudersi, prendersi momenti di pausa, combattere bugie con altre bugie, offendere con altre offese. Dicevano bene gli altri alle spalle che non ci saremmo mai bastati l'uno con l'altro, che non sarebbe servito a nulla allungare le distanze, porre per una volta fine a quel patetico teatrino che era la nostra storia. 
Ed è anche estremamente patetico aver preso parte a una farsa, altrettanto degradante poterla guardare con gli occhi di uno spettatore. 
Mi avvicino lentamente al divano verdastro - quello per cui abbiamo litigato animatamente tre anni fa - e lo guardo come se non ci fosse un domani. 

Respira lentamente ed è sudato sulle tempie. 
Lo bacio delicatamente sulle labbra e posso sentire quel sapore inconfondibile di febbre, le mani fredde, le tempie calde. Stamattina non ha fatto la barba. So che è sveglio, so che sta facendo finta di dormire.
Dicono che il tempo passi e si porti via anche le persone: i lineamenti, i vizi, le ossessioni. La voce. 
Ma Rabastan è sempre quello di prima. Ha sempre il vizio di lasciare il bicchiere mezzo pieno, di piegare il tappeto ai piedi del letto in due, di lasciarsi un po' di dentifricio alla vaniglia sulle labbra, di legarsi la cravatta troppo stretta e di aver paura del sangue. 
Perché quella non era una paura, era un vizio. Rabastan Lestrange era emofobico per scelta. 


III

(Squarci)

Ogni tanto si fa strada tra le congetture della mia mente il pensiero di aver fallito. Ho sempre pensato che in qualche modo a Rabastan desse fastidio il mio successo.  Non ha mai smesso per un attimo di storcere le labbra in un'espressione indefinita quando gli parlavo felice di un articolo, una cosa da nulla, anche una virgola fuori posto. Un verbo coniugato male da un pivello, il caffé caduto sulla camicia bianca nuova, di come mi mancasse durante le ore lavorative, di come lo pensassi e di come fossi ossessionata dal suo profumo.
Rabastan ha finto bellamente.

Rabastan sorride e ti confonde. 

Rabastan ti accoltella quando meno te lo aspetti.
Ho visto Rabastan Lestrange sparire di colpo. Ho chiuso gli occhi, li ho riaperti e guardavo una comune persona con degli occhi profondi e la barba nera sfatta, uno sguardo penetrante e qualcosa di famigliare che mi sfuggiva dolorosamente. 
Ed è stata quella consapevolezza, la consapevolezza di essere anonima, di non provare più nulla, che ha frantumato il mio cuore in mille pezzi. 
Non tanto la fine, non tanto l'abbandono, non tanto il distacco. La consapevolezza, la presa di coscienza, la lucidità.
Amare e pensare di non essere ricambiati è la forma più travolgente, pungente, dolorosa di...mancanza.
 

****

Intermezzi

(o momenti di ordinaria anormalità)

«Io ti amo, Rabastan. Ti amo. Ma tu non sei più quello di prima. E io non ci ri riesco più, io non posso farlo. Ho questo dannato peso che mi comprime sul petto, che mi tormenta in ogni momento. 
Non riesco più a soffrire se tu soffri, non riesco più a essere felice se tu lo sei, non riesco più a guardarti negli occhi...in me si attiva quel fottuto mezzo di elaborazione del dolore, quello che ti spinge a non piangere, a non mostrarlo, ad allontanarti, ad allontanare tutti i sensi di colpa. L'elaborazione dell'abbandono.Ci sono cose che facciamo involontariamente, non ce ne rendiamo minimamente conto.
Il tempo non porta via solo le persone, le case, le rose, i fogli di carta, le parole, le cicatrici, le ferite aperte, il rosso, il nero, l'inchiostro, le lacrime.

Le persone portano via le persone, le chiudono in sé e le tengono rinchiuse per sempre. Di proposito. 
Io sto solo cercando di concentrarmi. 
Di sparire come se non avessi rimpianti.



«Non resta più nulla».

Se dovessi scrivere le mie memorie, credo che tralascerei volentieri questi dettagli. Odiavo profondamente me stessa, io l'ho sempre fatto. Eppure, ho sempre messo il cuore e la mente in ogni minima cosa che ho portato avanti, anche con lo schifo tra le labbra. Ho sperimentato cosa significasse essere in bilico tra la ragione insostenibile e il cuore che pulsava sangue troppo velocemente. Rabastan mi ha aumentato il ritmo dei battiti cardiaci fin dall'inizio, ha fatto in modo che impazzissi completamente. Senza muovere un dito.
Non è sempre colpa nostra.

«Dio santo, Rabastan. I tuoi non sono sentimenti». 
C'è un momento preciso in cui non c'è più luce negli occhi di nessuno. Un momento in cui tutti sembrano uguali in maniera disgustosa: stessa pelle, stessi occhi, stesse parole, stesso cuore...stesso profumo. 
Perfetto. Quello è il momento preciso in cui stai per cadere nell'abisso della depressione più buia. 


Ieri era così lontano da me, nonostante fossi stata io ad andare via. Improvvisamente tutte le mie difese non sapevano più di nulla. E nulla aveva più senso. 
Nulla aveva avuto mai senso. O forse ero stata io a non trovare mai un senso in nulla.
Il nulla.

«Che cosa non va in te?»

****

 

IV

Il nulla di R.


Credo di aver sempre ritenuto possibile il non appassire lentamente. Ho sempre guardato le cose con un certo distacco, in effetti.  
Di essermi convinta, in qualche modo, di restare eternamente giovane, forse di non dover abbandonare la mente con cui ho sempre affrontato tutto.
I pensieri e le parole, i discorsi e lettere scritte di nascosto dai miei. 
Le giornate calde di Luglio. 
L'erba secca, le nuvole e le luci del tramonto. Rabastan. 
L'abbandono. 

Sono sempre stata brava a fuggire, ad abbandonare le persone. Contraevo i muscoli, indurivo i pugni. I rimpianti erano e sono fitte allo stomaco.
Ho sempre sperato, ho sempre illuso, ho sempre sottovalutato.
Anche io sono sempre la stessa. 

«Ricominciamo dal principio. Era una nottata fredda, sulla Torre d'Astronomia, e io ti odiavo con tutta me stessa. Ricominciamo da lì. Magari proviamo a sorridere e riprovarci. Magari proviamoci semplicemente. Magari proviamo a non ingannarci. Magari».




La fine

Ho visto la neve sciogliersi di colpo, di nuovo, tra le cartacce di vecchi diari, tra le parole mai dette.

La sentivo bruciare tra gli occhi. Puzzava di carne andata a male, era buia come un tunnel senza uscita. 

La fine.

"Rabastan mi piace perché legge in francese e beve il caffé. Mi piace perché scrive minuscolo, perché ancora annota le mie frasi sui taccuini di pelle, che fanno tanto vintage. Quelli che danno un'aria seria. 
Mi piace perché mi rifletto solamente in lui, nelle sue parole, sulle sue mani biancastre e la sua pelle liscia. 
Mi piace perché, perché...perché io lo amo".
 


«Cosa c'è che non va in me?»

****

 

Note finali/indispensabili!

Beh, che dire, arriva per tutti il momento di scrivere qualcosa di fortemente triste, fluff, doloroso e tutte le altre cose assolutamente da pairing preferito. Per la serie "vi amo, ma dovete morire per amore. Dovete soffrire!" Nonsense. Diciamo che è da me. 
Se non si fosse capito a dovere, il pairing è Rita Skeeter/Rabastan Lestrange. Questa cosa era già stata scritta molti molti mesi fa, rispecchia stati d'animo fortemente negativi. Molto ermetica, molto da Rita e Rabastan. Per chiunque non avesse mai letto qualcosa a riguardo: leggete e rivalutate!  Io li amo. Non è la prima volta che ci scrivo su, per me è l'abitudine ormai. Ma capisco il non comprendere tutto questo amore verso Rita. "Quella" odiata da tutti. "Quella" giornalista da strapazzo. Ecco...
Infatti non c'è nulla da spiegare ulteriormente ^_^ A volte si ama e basta. E se dovessi spiegarlo non saprei farlo bene in poche righe. Evito molto prosaicamente ^_^'


Per quanto riguarda la struttura del testo, nella mia testa ha seguito un filo narrativo ben preciso. In teoria "sarebbe" una one-shot divisa in vari momenti/titoli.  Restano semplicemente i vari momenti/aspetti/traviamenti (?) di un amore che è già/quasi/ finito. Se non avete capito nulla, vi capisco. Vi compatisco. ^_^' 
Non è facile, per me, porre fine ad una storia così importante: in ogni caso, ci aggiungerò l'ancora della salvezza, il ricordo, il riprovarci, i vecchi appunti dal diario di Rita. Poi, è mio dovere riportare le fonti di alcune frasi:


"Siate amici, rispettatevi, non abbiate la necessità di avere sempre ragione".(Celeste and Jesse Forever)
Questa qui, questa commedia d'amore, è una delle più belle che io abbia mai visto. Non ne vado per nulla pazza (per le commedie d'amore), ma questa merita. Non è come le solite. Dietro c'è una profonda psicologia dell'abbandono e dell'amore. Guardatela! :)

"Ci sono cose che pesano, che colpiscono anche un cuore di piombo".
"Ho visto la neve sciogliersi di colpo[...]"
 
(17 tir nel cortile, Verdena)
"E non serve essere sani se poi vivere è tragico"( sempre i Verdena, Il nulla di O.)


P.S. Anche se io l’ho abbozzata ascoltando “Signs” dei Bloc Party…magari anche voi leggetela ascoltando quella canzone. Quella canzone, quella canzone è loro.

Un salutone ^_^

   
 
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