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Autore: njaalls    17/04/2014    9 recensioni
It’s easy to fall in love, but it’s so hard to break somebody’s heart, what seemed like a good idea has turned into a battlefield.

Perché c'è che ho appena gettato l'arma da guerra e sto per rivelarti anche la parte più nascosta di me in questo campo di battaglia
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sempre a Fabiana.
 




 
It’s easy to fall in love
But it’s so hard to break somebody’s heart
What seemed like a good idea has turned into a battlefield

 
 
La camera è illuminata dalla luce fioca del lumino poggiato alla scrivania, mentre io sospiro e mi volto, osservando cosa succede alle mie spalle. La quiete mi avvolge e mi sconvolge, perché, fino a poche ore prima, questo era il nostro campo di battaglia. C'è la solita aria viziata di una camera da letto chiusa da ore, la stessa ansia che aleggia ogni qualvolta torni dopo molto tempo, le ordinarie tensioni tra chi è stato solo per troppo e chi via per tanto. O forse non così ordinarie, perché in una normale situazione andrebbe in modo diverso, vero? Se non fossimo io e te, intendo, se fossero altri, probabilmente al ritorno di un lungo viaggio ci sarebbero parole dolci sussurrate nel silenzio della notte e respiro mischiati, perché è così che si fa, no? Ci sei tu, a letto, che dormi come se non ne vedessi uno da mesi, di letto -e non ne sarei così stranita-, il respiro regolare, la bocca socchiusa di chi non vuole essere svegliato e un'espressione tranquilla in viso. Ci sono io, raggomitolata sulla sedia, le sopracciglia corrugate e -me lo fa notare lo specchio lì di fronte- uno sguardo arrabbiato che spaventerebbe chiunque, ma non te. Perché nonostante le liti, i ritardi, le lotte, le parolacce urlate nel silenzio e i difetti incancellabili, ci sono le risate, gli abbracci, le coperte condivise e i dischi in comuni. Ci sono i miei vestiti nel tuo armadio, le mie scarpe da ginnastica accanto alla cassettiera, il mio spazzolino sul marmo del bagno e le commedie romantiche sul mobile del soggiorno, ma ci sono anche le chitarre disposte in ordine maniacale, i premi, le riviste più celebri al mondo e gli scatti fotografici incorniciati e appesi alle pareti. Ci sei tu, che sei stanco da morire, le occhiaie che «Se non mi passano, metterò gli occhiali», la voglia di perseguire quel lavoro, ma anche il desiderio di mettere un freno perché «Ho bisogno di un minuto, non mi addormento», ma poi finisce che crolli sul divano e io non so mai se svegliati o se lasciarti lì a riposare. Ci sono io che proprio il tuo lavoro non lo capisco e mai potrei farlo, vorrei vederti più spesso, vorrei saperti più presente e non dall'altro lato di uno schermo, ma sei sempre più grande, responsabile e cazzone e forse non ho proprio di che lamentarmi. C'è uno spartito ai piedi del letto, no, ce ne sono due, o anche tre, mi abbasso e li raccolgo: pentagrammi, note, parole, speranze, paure e dichiarazioni che mi spaventano scritte così, nero su bianco. C'è quel piccola che mi fa venire la pelle d'oca, perché è intima come parola e noi -cazzo- siamo abbastanza intimi da potercelo dire, eppure non mi atterrisce come quel ti amo nel ritornello, che mi fa salire una strana sensazione di irrequietezza, che mi scombussola e mi smuove qualcosa all'altezza dello stomaco. Se fossi sveglio, mi diresti «Sono le farfalle allo stomaco» e rideresti di gusto, nel vedermi arrossire e irrigidire la mascella perché, idiota io e tu pure, da quando stiamo insieme ho detto d'amarti solo due volte e vorrei dirtelo più spesso. Vorrei buttare via tutto perché non sono quel genere di persone che manifestano facilmente i propri sentimenti, perciò prenderei questa carta e la lancerei come aeroplanini fuori dalla finestra, ma non posso non apprezzarne il sapore dolce che mi lasciano in bocca quei versi di canzone, sui quali lavori da giorni, ormai. Ci sono i miei piedi scalzi sul pavimento, le caviglie magre su cui butto il peso, le braccia molle che penzolano a destra e sinistra e le mani che stringono i fogli. Li poso sulla scrivania, vicino ai miei disegni, e raggiungo la tua parte del letto, sedendomi sul bordo del materasso. Ci sono i tuoi capelli biondi schiacciati sulla fronte, le tue dita lunghe e sfilate, le tue labbra sottili che vivono il paradiso lì dove sono, anche se, certe volte, ne sentono di brutte e pesanti, perché -gli altri non lo sanno- sei dolce, ma anche terribilmente stronzo. Ci sono dei sospiri e solo dopo mi rendo conto che sono i miei, perché non ne posso davvero d'avercela con te, se alla fine sei l'unico uomo che non mi abbia allontanata dalla propria vita con una scusa del cazzo e mi abbia fatto sentire felice, per davvero. Mi stendo accanto a te e ti spingo leggermente verso il centro del letto, facendo aderire la mia schiena al tuo petto, così da rifugiarmi tra le tue braccia che mi accolgono nel tepore, sotto il piumone Ikea che ho comprato da sola, perché tu eri in tour e non potevi mica perdere tempo ad arredare casa nostra. Ci sono i miei disegni appesi alle parerti, di tuoi ritratti a bizzeffe e quell'amore che provo per te -e mai per nessun altro- riverso in loro, anche se si tuoi occhi probabilmente nemmeno lo vedono, questo amore, attraverso abbozzi, colori vivaci e grafite scura; penso che, forse, non siamo così diversi, alla fine, siamo due cechi che notano solo quello che gli va. Ci sono i miei occhi aperti che catturano la scena, il mio corpo che afferra la sensazione del tuo accanto, che mi trasmette calore, e il cuore che ho nel petto che si arrende all'idea di esserti ormai indissolubilmente legato, un po' come per Arianna e il filo rosso che lo lega a Teseo, soltanto che il nostro è un filo invisibile e la nostra storia, ne sono certa, avrà un lieto fine, perché c'è che ho appena gettato l'arma da guerra e sto per rivelarti anche la parte più nascosta di me in questo campo di battaglia. Ci sono i tuoi difetti, quelli marcati e arroganti nel loro essere, che a volte mi verrebbe da prenderti per il collo e stringere la presa intorno a questo, ma poi tu parti e penso che mi manca sentire la musica a qualsiasi ora del giorno e della notte, trovare il tappo del dentifricio sul marmo e urlare quando torno dal lavoro se sei ancora a letto, mezzo addormentato e la casa sotto sopra, perché alla fine è per questi motivi che non mi sei mai venuto a noia, perché, nonostante tutto, mi fa sentire protetta sapere che dovrò tappare il tubetto del dentifricio, sentire le tue dita strimpellare abili sulle corde che tanto ami e raggiungerti sul materasso nel tentativo di buttarti giù e finire sempre per avvinghiarmi a te, volente o nolente. C'è che sento il tuo respiro diverso, più irregolare e marcato, e ora so che sei sveglio, quindi mi spoglio di tutto e «Ti amo, Niall», magari ora, che mi sento davvero pronta, ci saranno meno litigi, insulti e visi incazzati, adesso mi sento pronta ad amare e la nostra ultima discussione, di soltanto poche ore prima, pare essere soltanto un brutto ricordo. Rimani in silenzio e ti limiti a stringermi la vita, hai sentito, vero? Perché è il primo di una lunga serie, lo giuro.





 
  
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