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Autore: Defiance    17/04/2014    2 recensioni
A seguito di una missione, il governo comincia a dare la caccia agli Avengers.
Steve e Natasha, si danno alla fuga e, nel tentativo di nascondersi, finiscono per condividere la stanza di un hotel. Cosa accadrà?
"Sospirò profondamente, prima di sussurrare debolmente: “si chiamava Peggy”.
Natasha si voltò lentamente a guardarlo.
“Peggy Carter? La cofondatrice dello S.H.I.E.L.D.?” chiese a titolo informativo.
“Le dovevo un ballo” rispose timidamente lui.
“Steve…”
“Lo so. Non è colpa mia” tagliò corto il Capitano..."
Dalla storia.
Lieve rischio spoiler The Winter Soldier.
[Romanogers. Again.]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natasha Romanoff, Peggy Carter, Steve Rogers
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi di questa FF non mi appartengono. La storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



 
When The Darkness Comes.




 
 
 
 
 
 
 
 
“Sei sicura che qui non ci troverà nessuno?” domandò Steve, scrutando la stanza con sospetto.
“È un hotel da quattro soldi, Rogers. In un posto sperduto del Maryland. Chi vuoi che venga a cercarci qui?” ribatté Natasha, gettando il suo zaino in un angolo.
Avevano viaggiato tutto il giorno, ma alla fine avevano convenuto che necessitavano di un luogo dove passare la notte.
E possibilmente dove potersi fare una doccia.
“Fury ci troverebbe” insistette il Capitano, deciso a trovare una falla in quel piano assurdo.
“Questo perché non ci si può nascondere da Nick. Ma gli altri non sono lui… sta’ tranquillo, so riconoscere un porto sicuro quando ne vedo uno! Ho passato metà della mia vita a nascondermi, so perfettamente come si fa. Domani ripartiremo e troveremo un altro posto. E così anche il giorno dopo. E quello dopo ancora…” assicurò la ragazza una volta che ebbe terminato la supervisione dell’appartamento.
Non che ci fosse molto da vedere: un bagno, un letto matrimoniale e una cucina striminzita; non potevano aspirare a qualcosa di più… confortevole.
“È da pazzi, comunque. Salvi il mondo e loro ti mettono una taglia da un milione di dollari sulla testa. Solo a me sembra che ci sia qualcosa che non va in tutto questo?” disse l’uomo, appoggiandosi con la schiena contro il muro e incrociando le braccia.
“Succede quando sei diverso. Ciò che è diverso è pericoloso e, dopo averci visti far fuori dei mostri giganti, si sono spaventati” asserì la donna, lasciandosi ricadere sul letto.
“E di cosa dovrebbero aver paura? Che gli Avengers tentino di conquistare il mondo?”
Natasha fece spallucce e poi, qualche secondo dopo, notando ciò che il suo nuovo coinquilino stava facendo, inarcò un sopracciglio.
“Che diavolo stai combinando, Rogers?” chiese, osservando perplessa l’amico stendere delle lenzuola pulite per terra.
“C’è un solo letto, Nat” le fece notare lui, come se non fosse ovvio.
“E allora? Non vorrai davvero dormire lì per terra!”
“Tu vedi un divano da qualche parte?” ribattè Steve, avvicinandosi alla donna per prendere un cuscino.
“Qui c’è spazio per due” rese evidente Natasha, battendo una mano sull’altra sponda del letto.
“Dico sul serio, ho dormito su cose più scomode di un pavimento quand’ero al fronte” continuò il Capitano, ostinato a non demordere: l’alternativa sarebbe stata troppo imbarazzante.
“Già, ma all’epoca non avevi novantacinque anni” lo schernì lei, ridacchiando.
Steve, dal canto suo, accolse quelle parole come una provocazione, nonostante fosse abituato alle ricorrenti battute riguardo alla sua età.
“Gentile” borbottò, prima di lanciare il cuscino addosso alla ragazza, che ovviamente intercettò mentre era ancora a diversi centimetri dal suo volto.
“Oh andiamo! Non saremo né i primi né gli ultimi a dividere un letto, di cosa hai paura?” perseverò lei, rialzandosi dal letto.
L’uomo distolse lo sguardo: nemmeno lui sapeva come rispondere a quella domanda.
“Non voglio dovermi sentire in colpa, qualora la tua schiena dovesse spezzarsi. Seriamente Cap, siamo fuggiaschi, servi tutto intero. E poi poteva andarti peggio… poteva esserci Stark al posto mio” aggiunse, scomparendo dietro la porta del bagno, accompagnata dal suono delle sue risate.
 
 
Steve non riusciva a prendere sonno.
Si sentiva irrequieto, non solo per quella situazione totalmente assurda, ma anche per il fatto che non aveva alcuna garanzia concreta di essere al sicuro; l’ultima cosa che si sarebbe aspettato in vita sua, era di venire marchiato con il termine ‘fuorilegge’.
Dopo diversi minuti trascorsi a osservare il soffitto bianco, si rese conto che anche Natasha era ancora sveglia.
E che lo stava guardando.
“Mi dispiace di aver fatto saltare la tua copertura” mormorò, girandosi su un lato. “Di nuovo”
“Me ne troverò un’altra, prima o poi, se sopravvivremo” lo tranquillizzò lei, aprendosi in un sorriso.
Steve pensò che quando sorrideva era davvero bella; più del solito, ovviamente.
“Perché non provi ad essere solo Nat, per un po’?” propose lui.
“Potrei. Immagino che prima o poi dovrò conoscerla” rispose la Vedova Nera, assumendo uno sguardo malinconico.
“Secondo me ne vale la pena” asserì il Capitano, abbozzando un sorriso e facendole l’occhiolino.
Natasha si lasciò andare ad una risatina, poi calò il silenzio e i due rimasero a fissarsi per qualche minuto, senza più dire nulla.
“Posso farti una domanda?” chiese all’improvviso, avvicinandosi ulteriormente a lui.
“È una di quelle domande cui una mia astensione equivarrebbe ad una risposta?”
Un malizioso sorriso apparve sulle sue labbra e Steve sospirò in segno di rassegnazione.
“È la prima volta che dividi il letto con una donna, non è vero?”
Il Capitano diventò improvvisamente rosso come un peperone: quella ragazza aveva l’incredibile capacità di fare le domande meno opportune nei momenti più sbagliati.
“Nat!” esclamò quasi come se il suo nome fosse un’imprecazione.
“Che c’è? È solo curiosità la mia!” si difese lei, scoppiando a ridere e avendo intuito da sé la risposta al suo quesito.
“Oh mio dio! Quindi tu sei ancora… non ci credo!” proseguì imperterrita la Vedova Nera: amava metterlo in imbarazzo, niente la divertiva di più del vederlo in difficoltà di fronte alle sue allusioni poco consone.
Tuttavia, la sua allegria sfumò di colpo, vedendo che l’amico non stava reagendo in alcun modo alle sue provocazioni e anzi, sembrava essersi impensierito tutt’a un tratto.
“Come si chiama?” domandò Natasha, facendosi seria.
“Come scusa?” ribattè Steve, voltandosi nuovamente a guardarla, questa volta con gli occhi sgranati.
“Come si chiama?” ripetè pazientemente lei assumendo uno sguardo comprensivo.
“Chi?” continuò a fare il finto tonto lui.
“La donna cui pensi di fare un torto se vai avanti con la tua vita” specificò la Vedova Nera, ma vedendo che l’uomo non si degnava di proferir parola, aggiunse “certo, a meno che tu non preferissi davvero che al posto mio ci fosse Tony”
“Natasha.” La zittì il Capitano e il suo tono le fece chiaramente capire che non era dell’umore di parlare, o semplicemente non voleva discutere in merito a quell’argomento, ma in entrambi i casi avrebbe dovuto smetterla.
“Va bene” mormorò lei, rigirandosi dall’altro lato e cercando di prender sonno.
 
Non l’aveva mai vista dormire, ma era sicurissimo che fosse ancora sveglia: il suo respiro non era totalmente regolare.
Lo capiva dal lieve suono che emetteva inspirando ed espirando, mentre cercava di restare concentrato sul soffitto anziché voltarsi a guardare il suo fondoschiena.
Sospirò profondamente, prima di sussurrare debolmente: “si chiamava Peggy”.
Natasha si voltò lentamente a guardarlo.
“Peggy Carter? La cofondatrice dello S.H.I.E.L.D.?” chiese a titolo informativo.
“Le dovevo un ballo” rispose timidamente lui.
“Steve…”
“Lo so. Non è colpa mia” tagliò corto il Capitano, poi fece per girarsi dall’altro lato, ma il leggero tocco della mano di Natasha, calda contro il suo braccio nudo, lo costrinse a fermarsi.
“Sei ancora innamorato di lei?” domandò dopo un breve attimo di esitazione.
“No. È solo una promessa non mantenuta. L’ho superata, alla fine. Sono uscito con altre ragazze negli ultimi anni, ricordi?”
“Ma con nessuna ha funzionato” insistette lei.
“Perché nessuna di loro era quella giusta. Vorrò sempre bene a Peggy, ma non sono più innamorato di lei” ribattè convinto lui.
“Davvero? Provalo” lo sfidò Natasha, guardandolo con intensità e sfilandosi la canottiera.
“Natasha che diavolo stai f…”
Le parole gli morirono il gola, mentre i suoi occhi indugiavano prima sul candido collo di lei, poi sul suo prorompente seno, sui suoi invitanti fianchi, per poi ritornare sulle sue carnose labbra…
Steve scattò, alzandosi in fretta dal letto, e raggiunse la finestra cui si appoggiò, col respiro accelerato.
Prontamente la Vedova Nera si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla spalla, voltandolo verso di lei.
Lì, sotto i raggi della luna, poteva vedere ogni suo singolo muscolo contratto, ogni dettaglio del suo torso scolpito. E quella luce nei suoi occhi, accesi dal desiderio.
“Steve” sussurrò Natasha, accarezzandogli dolcemente una guancia, ma il Capitano si scostò bruscamente senza osare guardarla.
Quella situazione andava contro tutti i suoi principi… beh, quelli del suo tempo, rifletté poco dopo.
La donna nel frattempo, fece due passi in direzione del letto per poi fermarsi e sussurrare:
“Sai, puoi anche negare l’amore a te stesso, ma non puoi impedire agli altri di provarlo per te. Ci ho provato anch’io, ma non si può combattere contro questo”
Una semplice frase, la confessione di un sentimento contro il quale aveva lottato chissà quante volte.
In un gesto automatico, Steve alzò lo sguardo su di lei, realizzando ciò che la Vedova Nera aveva appena dichiarato e quanto quella cosa lo rendesse… felice?
Aveva quasi raggiunto il letto quando avvertì la ferma mano del Capitano chiudersi sul suo braccio e attirarla a sé, per poi bloccarla con delicatezza tra il suo corpo e il muro.
Natasha non se n’era neanche accorta, ma gli occhi le erano diventati lucidi; per la prima volta dopo tanti anni aveva rivelato una parte di sé, del suo vero io, ed era stata respinta.
Era stata debole, aveva ceduto.
“Nat…” mormorò lui, ma lei tirò su col naso e disse:
“Va tutto bene. Lascia perdere Cap, non…”
“Non posso” la interruppe l’uomo, abbandonandosi al suo istinto e posando le labbra sulle sue.
Sentì il corpo di Natasha rilassarsi, quasi accasciarsi contro il suo petto, mentre le sue mani si muovevano dolcemente tra i capelli di lei.
Steve interruppe lentamente il bacio e per un attimo rimase immobile a guardarla.
“Hai ragione. Non si può combattere contro questo” sussurrò sotto gli occhi increduli della donna, e poi azzerò nuovamente la distanza tra loro, prendendola in braccio e ricominciando a baciarla.
Improvvisamente, dividere il letto sembrava la cosa più facile e giusta del mondo, mentre i loro corpi aderivano l’uno a quello dell’altra, adattandosi completamente, muovendosi in sincronia in un groviglio di lenzuola, gambe e sospiri, mentre le loro mani si cercavano avidamente e le loro labbra assaggiavano il sapore della pelle del proprio amante.
 
Steve si lasciò ricadere di lato, cercando di riprender fiato e osservando Natasha che si accingeva a fare la medesima cosa.
Si girò su un fianco e cominciò a guardarla, cercando di memorizzare tutti i suoi lineamenti, le sue curve, il colore roseo delle sue guance…
La attirò delicatamente a sé e iniziò ad accarezzarla, senza mai distogliere lo sguardo da lei, completamente perso nei suoi occhi.
Eppure, da quando la conosceva, Natasha non gli era mai sembrata così spaventata: aveva ancora il respiro irregolare quando si acquattò contro il suo petto e gli permise di circondarla con le sue braccia.
Protetta.
Non si era mai sentita così tanto al sicuro e in pericolo allo stesso tempo.
Nessuno dei due osava parlare, rovinare quell’atmosfera, quel momento, così rimasero in silenzio, stretti l’uno all’altra, finchè l’oscurità non li avvolse.
 
La luce del sole illuminò violentemente la stanza, colpendo in pieno volto Steve e Natasha, che a quel punto si svegliarono.
Né l’uno né l’altra furono certi di ciò che era successo la notte prima finchè non si resero conto di essere completamente nudi e di aver dormito abbracciati.
“Buongiorno” mormorò incerto lui, osservando la donna fissarlo immobile, sbattendo ripetutamente le palpebre.
“Buon… buongiorno” rispose lei, arrossendo.
La Vedova Nera non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe trovata in quella situazione.
E che sarebbe mai arrossita, soprattutto: era successo tutto a causa di un attimo di debolezza, ma non riusciva proprio a pentirsene.
Lentamente, il Capitano cominciò ad accarezzarle la guancia e ad avvicinare il volto al suo, poi, dopo un attimo di esitazione, si decise a baciarla nuovamente.
Si sentivano in dovere di dire qualcosa, entrambi sapevano di dover parlare di ciò che era accaduto, di stabilire ciò che sarebbero stati da quel momento in poi, ma nessuno dei due aprì la bocca, se non per sorridere o per baciarsi.
Tuttavia, fu Natasha la prima a proferire parola, assumendo uno sguardo provocatorio che Steve conosceva molto bene.
“Niente male per un nonnetto” disse ed entrambi scoppiarono a ridere.
“Un nonnetto eh? Ora ti faccio vedere io” accolse la provocazione, sovrastando il corpo della donna con il proprio, per poi perdersi nuovamente l’uno nell’altra.
 
Chi avrebbe mai detto che la fuga sarebbe stata così piacevole?

 





*******************Angolo Dell'Autrice**********************
 Salve a tutti!
Rieccomi con un'altra Steve x Nat... non ci posso fare nulla, li shippo troppo!!!
Non so perchè alla fine i miei personaggi ricadono sempre nell'OOC, ma 
forse è anche normale, in realtà gli Avengers non hanno molto tempo per
pensare all'amore.
Spero che questa storia vi piaccia,
lasciate qualche recensione per farmelo sapere se vi va ;)
Bell.

 
  
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