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Autore: Silver Shadow    17/04/2014    1 recensioni
Okay questa è la mia seconda fanfiction e io sono tipo "aiuto" (?) La scrivo per tutti gli appassionati di Percy Jackson che è un pezzo della mia vita. E' ambientata fra La maledizione del titano e La battaglia del labirinto, ed è incentrato sul dolore dei ragazzi dopo ciò che è successo in quella vecchia discarica degli dei. In quanto a Percabeth non attiene del tutto alla storia del libro ma a me piaceva così; spero piaccia anche a voi. Chu! >
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Percy Jackson, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie agli dei, il giorno dopo era domenica. Ero felice sia perché avremmo potuto dormire di più e sia perché sarebbe stato davvero imbarazzante, oltre che contro le regole, farmi trovare lì con Annabeth quando Bott sarebbe venuto a svegliarmi.
Mancavano pochi minuti alle 10 del mattino quando riuscii ad aprire gli occhi. Dovetti sforzarmi un po’ per ricordare dov’ero e cosa ci facevo lì. Dopo un po’ realizzai anche quello che era successo la sera prima, così tastai con cautela il lato del letto dove avrebbe dovuto esserci Annabeth, almeno finché non mi accorsi che era vuoto e freddo, ciò significava che era andata via già da un bel po’.
Rimasi un po’ deluso ma mi forzai di comprimere quella sensazione, presi i vestiti e mi diressi al bagno, mettendomi in coda per le docce.
Speravo di fare in fretta, ma naturalmente la fila era infinita e naturalmente dietro di me si infilarono proprio i tre bulli per eccellenza della scuola. Naturalmente.
- Ehi, Jackson – mi disse Jeff, quello più grosso e insopportabile – ti spiacerebbe farci passare? -
Lo disse col suo solito tono di “Certo che non ti dispiace, perché se non lo fai ti riduciamo in polpette”, che mi mandò abbastanza fuori di testa.
Jeff era un idiota. Il solito bullo muscoloso sempre vestito con dei jeans blu scuro sporchi,una maglietta nera con un teschio disegnato sopra e una giacca di pelle nera con le borchie sulle spalle. I capelli unti erano sempre tirati indietro e arrivavano quasi alle spalle. Aveva gli occhi piccoli come quelli di Bott - più di una volta mi chiesi se fossero parenti – e un ghigno degno dei figli di Ares costantemente stampato in faccia.
- In effetti mi dispiace, Jeff – risposi seccato.
Il mio tono non dovette piacergli perché socchiuse gli occhi e mi scrutò come faceva sempre, con un’aria di superiorità altamente irritante.
- Come hai detto, scusa? – ringhiò.
Ma non avevo intenzione di rimangiarmi ciò che avevo detto. Le persone come lui mi facevano saltare i nervi e non doveva pensare di poter continuare a fare lo sbruffone con tutti e a comportarsi come se fosse il capo supremo della scuola.
Mi infilai la mano in tasca e le mie dita si richiusero attorno alla mia penna, Anaklusmos, che stavo per tirare fuori, almeno finché una mano piccola ma forte mi trascinò con decisione verso di sé.
- Scusalo Jeff, Percy è un po’ nervoso per colpa dei suoi continui incubi. Credo che tu l’abbia sentito urlare stanotte. – affermò Annabeth, che sapeva sempre e comunque come salvare la situazione.
Jeff si addolcì.
- Ah, immaginavo che avesse qualche problema. Nessun ragazzo sano di mente verrebbe a mettersi contro di me. – a questo punto sollevò il braccio e mise in mostra i suoi muscoli, soddisfatto, come faceva sempre per fare colpo su una ragazza. Lo odiavo.
Sapevo benissimo che Jeff aveva un debole per Annabeth così come sapevo che a lei non importava un fico secco, e sul mio volto si disegnò un’espressione fiera quando gli feci notare che lei stava tenendo il mio braccio e non il suo. Fra noi c’era una tacita guerra in atto. Beh, quasi tacita.
- Ehm, già – si affrettò a rispondere Annabeth, che cominciava a sentirsi a disagio. – Adesso scusaci, ma noi dovremmo proprio andare. Ci vediamo! – e mi trascinò via con sé lungo il corridoio, senza guardarmi o parlarmi neppure una volta.
Quando si decise a rivolgermi la parola, fu solo per dirmi: - Non ne hai ancora abbastanza di guai? -
Ci rimasi male. Non fece parola di quello che era successo la sera prima e non mi disse perché se n’era andata prima che mi svegliassi. Mi chiesi se l’avesse già dimenticato.
- Quel bestione mi irrita. – mi difesi.
- Irrita tutti, Percy – mi sgridò lei – Ma a nessuno di noi viene mai la malsana idea di attaccarlo con una spada fatta di bronzo celeste che neppure lo ferirebbe. -
- Beh infatti uno sgorbio come lui non è degno di essere ferito da Vortice – replicai, iniziando ad innervosirmi. Annabeth si fermò di scatto.
- Per gli dei, Percy, ti rendi conto o no di quanto sia importante mantenere una buona condotta? Possiamo permetterci che uno di noi venga espulso e separarci proprio ora che abbiamo trovato un modo per cooperare? – il suo tono era arrabbiato, ma un po’ deluso. Sapevo che aveva ragione, ma anche io ero nervoso. Cooperare. Non stare insieme. Cooperare.
- E’ tutto quello che ti importa, non è così? – mi scansai, liberandomi dalla sua stretta. – Cooperare. Ti importa solo della guerra, di uscire viva da un combattimento se mai dovessero aggredirti. -
- Percy, ma cosa stai.. – Ma ormai era tardi. Ero arrabbiato, triste e frustrato e un milione di emozioni mi ribollivano dentro come se stessero per esplodere. Non riuscii a fermarmi.
- A te interessa solo di sopravvivere. E di salvare Luke. Non conta che io sia qui per.. – non finii la frase, non sapevo cosa dire. E comunque non sarebbe servito, perché Annabeth stava già correndo lungo il corridoio per allontanarsi da me.
“Complimenti Percy”, pensai, “complimenti vivissimi”.

Passai i successivi 4 giorni da solo, con Jeff che mi tirava frecciatine e mi prendeva in giro con i suoi scagnozzi di giorno e gli incubi che mi svegliavano di notte.
Il venerdì, durante il cambio tra la seconda e la terza ora, mentre studiavo con attenzione le incisioni sul mio banco a testa bassa, Talia mi prese dal colletto della maglia e mi trascinò in un angolo, con la faccia scura di rabbia. In quel momento mi resi conto che invitare anche lei nella nuova scuola era stata una pessima,pessima idea. Le Cacciatrici le avevano concesso di restare con noi giusto per controllare che Annabeth stesse bene e si riprendesse a dovere, dopo tutto quello che era successo. Sapevo che Artemide la teneva ancora d’occhio e la cosa mi turbava.
- Hai intenzione di continuare ancora per molto? – mi disse, seccata. Non ero sicuro di sapere di cosa stesse parlando,ma sembrò leggermi nel pensiero perché aggiunse – Sai, con Annabeth, idiota. Sono 4 giorni che la ignori e 4 giorni che la costringo a dormire nella mia stanza, perché se sta da sola ti pensa e sta male. – Sentii una stretta allo stomaco. Guardai Annabeth, china sul suo banco, con le braccia incrociate su di esso e la testa appoggiata sul gomito del braccio destro. Ma che stavo facendo?
Ignorai Talia anche se sapevo che la cosa mi sarebbe costata cara e mi misi in ginocchio accanto alla sedia di Annabeth, guardando il modo in cui i ricci biondi scendevano sulle sue spalle per un po’. Rimasi totalmente incantato, e senza neppure accorgermene iniziai a carezzarli. Uscii dalla trance solo quando mi accorsi che aveva sollevato la testa mi guardava con aria interrogativa.
Aveva gli occhi gonfi e delle occhiaie profondissime, come se non dormisse da molto.
- Che cosa vuoi? – la sua voce era gelida tanto che un brivido mi percorse tutta la schiena.
- Io.. E-ero venuto a.. – non trovavo le parole. Balbettavo. Iniziarono a sudarmi le mani.
- A rinfacciarmi ancora le tue stupide idee secondo cui sarei qui per sopravvivere? – una spada nel petto. Mi faceva male che mi trattasse così, ma sapevo di meritarle. Feci un respiro profondo e continuai la mia frase.
- … Chiederti scusa – sussurrai, abbassando il capo. Per qualche secondo non successe nulla, ed ebbi paura che non volesse perdonarmi. Il suo sguardo si fissò su di me, ne ero certo, anche se non la stavo guardando.
- Perché hai detto quelle stupidaggini, Percy? Sai meglio di me che nessuna di quelle parole è vera. – Il suo tono era duro e freddo, ma sentivo la tristezza nelle sue parole, se pur ben nascosta.
- Perché io non voglio solo “cooperare”, come hai detto tu – confessai, guadagnandomi uno sguardo curioso di Annabeth. – Abbiamo una mezza occasione, io tu e Talia, anche se per poco, di vivere una vita normale,di stare insieme come.. Come degli amici normali. Non mi va di pensare continuamente a battaglie e a come siamo stati costretti ad allenarci per difenderci e salvarci la pelle e non voglio che la presenza di uno di noi provochi all’altro solo ricordi di sangue e pericoli. – non sapevo se quello che avevo detto era all’altezza delle sue aspettative, dato il silenzio che seguì alle mie parole.
- Percy.. Non avevo idea che ti sentissi così.. – la sua voce ora era cambiata, era più da Annabeth, più dolce, così riuscii a guardarla negli occhi. – Vorrei che me ne avessi parlato. – proseguì, un po’ più duramente.
- Lo so. Ma forse questo attiene proprio al fatto che noi, al di fuori del campo, non siamo mai stati amici e.. non so come comportarmi. Non so bene come sia un’amicizia normale e come funziona vedere ogni giorno le persone che rendono la tua vita migliore e non so cosa devo dire e cosa è meglio tenere per me.. Ma ti giuro che quello che ho detto non lo pensavo davvero, Annabeth. Per favore. – la mia voce suonava distante, come se fosse un altro a pronunciarle, e il mio tono supplicante mi fece, per un attimo, immaginare che non fossi nemmeno io a parlare.
D’improvviso, le labbra di Annabeth si aprirono in un sorriso raggiante.
– E’ un po’ difficile essere persone o amici normali se ci sei tu. Non sei proprio la cosa più vicina al “normale” che io conosca. Non credo nemmeno che tu e “normale” possiate stare insieme nella stessa frase –commentò lei sarcastica, facendo aprire anche me in un grande sorriso e scaldandomi il cuore, fino a quel momento troppo teso.
-Allora.. è tutto okay? – le chiesi, speranzoso.
- Tutto apposto. Ma.. – mi irrigidii di nuovo, temendo che cosa potesse esserci dopo quel “ma”, e mi resi conto che avevo ragione a spaventarmi viste le parole che seguirono. – Ti ho rubato tutte le mutande dal cassetto mentre dormivi. Sai, per vendicarmi. –
Sgranai gli occhi e stavolta ero certo di essere un peperone. Non solo perché sapevo che in questo modo Annabeth aveva trovato i miei boxer rosa – in origine erano bianchi ma mamma li aveva messi in lavatrice con un asciugamano rossa … - ma anche perché lo aveva urlato abbastanza da farlo sentire a tutta la classe, che stava ridendo convulsamente senza riuscire a fermarsi.
- Questa me la paghi, Sapientona. – aggiunsi, anche se ero sicuro di non essere molto credibile date le circostanze.
- Vedremo – rispose lei, in tono di sfida.
  
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