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Autore: Silver Shadow    17/04/2014    1 recensioni
Okay questa è la mia seconda fanfiction e io sono tipo "aiuto" (?) La scrivo per tutti gli appassionati di Percy Jackson che è un pezzo della mia vita. E' ambientata fra La maledizione del titano e La battaglia del labirinto, ed è incentrato sul dolore dei ragazzi dopo ciò che è successo in quella vecchia discarica degli dei. In quanto a Percabeth non attiene del tutto alla storia del libro ma a me piaceva così; spero piaccia anche a voi. Chu! >
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Percy Jackson, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le settimane successive furono piuttosto tranquille e senza che riuscissi a rendermene conto aprile passò. Nel frattempo io, Annabeth e Talia avevamo preso l’abitudine di riunirci nel giardino ogni pomeriggio, quando il tempo ce lo consentiva.
- OOOkay uhm.. cos’hai pensato la prima volta che hai visto tua madre? – chiese Talia rivolgendosi ad Annabeth.
Lei ci pensò su, e per un attimo sembrò accigliarsi. Non aveva molti ricordi di lei proprio come me con mio padre, e sicuramente sentiva lo stesso rancore che sentivamo tutti noi semidei.
- Che era troppo alta – ammise lei. Scoppiammo tutti e tre in una risata fragorosa, divertiti.
- Bene Percy, tocca a te.. Obbligo o verità? – Talia mi fissò con quel suo sguardo come per dire “adesso ti faccio fuori”. Sapevo che mi sarebbe andata male in entrambi i casi,così cercai di limitare i danni.
- Verità – le risposi, attenendo la mia fine imminente.
- Ti piace qualcuno? –
Lo sapevo.
Immagino che in quel momento arrossii, perché l’espressione di soddisfazione di Talia me lo confermava chiaramente.
- Ehm.. non lo so. – probabilmente era la risposta più stupida che potessi dare e sicuramente non quella che si aspettava,ma era vero. Era tutto molto confuso, e poi non mi ero mai fermato a pensarci troppo a lungo. Annabeth sembrava improvvisamente molto interessata all’erba che carezzava con cura, tenendo lo sguardo basso probabilmente per non far notare il rossore del suo viso, che tuttavia traspariva benissimo. Perché era rossa?
- Okay okay – Talia alzò le mani e si sollevò da terra con un solo gesto. – Dobbiamo andare in piscina. Ma non credere che l’argomento sia chiuso, Jackson. – Mi sorrise con quel fare malizioso e si voltò per andare verso la piscina. Talia era la persona che più mi spaventava al mondo dopo le Furie di Ade.
Ci incamminammo anche io e Annabeth, dividendoci solo per cambiarci nello spogliatoio una volta arrivati.
La piscina era interna visto che la usavamo tutto l’anno ed era più simile ad una sauna per la temperatura. Era olimpionica, di circa 50 metri, con due trampolini e 4 spogliatoi – due per i ragazzi e due per le ragazze – e due bagni.
Uscii dopo pochi minuti e quasi mi prese un colpo.
Era la prima volta che vedevo Annabeth in costume, e dovetti costringermi ad abbassare lo sguardo prima di mettermi a sbavare sul serio.
Okay, a questo punto penso che certe cose fossero abbastanza normali. Immagino fosse opera degli ormoni o che so io. Ma non avrei retto molto con lei in quel modo senza saltarle addosso. L’ho detto.
Era magrissima. Le linee degli addominali sporgevano un po’, ma senza alcuna esagerazione che la facesse sembrare troppo mascolina. Le sue gambe e le sue braccia erano sottili e la sua pelle era così chiara.. Mi accorsi di essermi incantato a fissarla solo quando Talia mi scosse la spalla da dietro e mi sussurrò – Non sai chi ti piace, eh? – e ridacchiò soddisfatta prima di allontanarsi. Le misi il broncio.
Il professore di educazione fisica ci radunò vicino alla scaletta d’ingresso della piscina e ci invitò a scendere lentamente. Mi sentii subito meglio. Ero nel mio elemento, e ogni volta che mi immergevo nell’acqua mi sentivo come se una strana e invisibile forza si inoltrasse fra le mie membra caricandomi di energia.
Proprio come tutte le cose belle, quell’ora passò in fretta. Dopo piacevoli nuotate e piacevoli visioni – ehm – ci rivestimmo e ci avviammo verso la mensa.
Quando eravamo quasi arrivati al refettorio, giurai di aver visto con la coda dell’occhio un’ombra che si era mossa da qualche parte nel buio. Guardai di nuovo ma sembrava non esserci nulla.
- Tutto bene? – chiese Annabeth. Si era accorta della mia espressione preoccupata, ma la rassicurai, sorridendole.
- Tutto bene – le risposi, forzandomi a non pensarci.
Cenammo nel solito fracasso al quale ormai eravamo tutti abituati, tanto da non farci nemmeno più caso. Purea e pezzi di carne che volavano da una parte all’altra della mensa ormai era pane quotidiano per noi.
- Spero che gli esplodano le mani mentre lanciano quella roba – ringhiò Talia. Annabeth rise divertita, mentre finiva il suo budino.
Scappammo da quel manicomio più in fretta possibile, addentrandoci nel freddo della sera e dirigendoci verso i nostri dormitori.
Fu allora che lo vidi.
Era cambiato. Era passato solo un mese, ma i suoi capelli erano visibilmente più lunghi e la sua espressione da bambino stava cambiando in un’espressione più adulta, forse per la rabbia che gli si leggeva negli occhi. Sentii qualcosa che mi si spezzava dentro sapendo che era colpa mia se era ridotto in quel modo.
- Nico… - provai a dire, ma tutto ciò che uscì dalla mia bocca fu un sussurro spezzato. Vidi che Annabeth aveva gli occhi pieni di lacrime, e Talia era semplicemente incredula.
Non rispose. La sua figura sembrava emanare un’aura  fredda, proprio il suo sguardo tagliente. Non so se per il freddo o per qualcos’altro, ma rabbrividii.
- Abbiamo un conto in sospeso noi due, Jackson. – esordì all’improvviso, facendomi trasalire per quanto era diversa la sua voce, i suoi lineamenti, le vene gonfie che pulsavano sul suo collo, di un blu terribilmente in contrasto con la sua carnagione chiara come il latte. Ero talmente assorto a guardare Nico e quello che era diventato in quell’unico mese, che non mi accorsi che aveva tirato fuori una strana.. cosa dalla cintura. Era una spada. No. Un pugnale. Totalmente nero. Mi chiesi per un attimo dov’era stata foggiata un’arma del genere, perché sembrava essere stata concepita per scopi non molto puri. Poi capii che non volevo davvero saperlo.
Indietreggiai. – Nico, ti prego, dobbiamo parlar… -
Non mi diede il tempo di continuare. La sua velocità in così poco tempo era aumentata in maniera vertiginosa; si muoveva lento e silenzioso come un ghepardo, lo sguardo acceso d’ira, il pugnale sollevato che puntava dritto alla mia testa.. All’improvviso sentii una pressione nella tasca dove tenevo Anaklusmos e come per magia qualcosa deviò il colpo di Nico prima che riuscisse a toccarmi, disarmandolo e facendolo cadere. Mi guardai intorno per capire cos’era successo e vidi Talia, il volto un misto di tristezza, incredulità, rabbia e sensi all’erta tipici dei semidei. Tenni gli occhi sbarrati e le labbra schiuse senza riuscire a muovere un muscolo. Avevo Vortice nella tasca e non avevo fatto nulla per difendermi. Mi sentii all’improvviso debole e impotente. Non riuscivo a credere che quello ora steso a terra su un fianco, sanguinante da un labbro, era lo stesso ragazzino che poco tempo prima giocava alle carte di Mitomagia e aveva uno sguardo così innocente. Non riuscivo a credere di aver infranto la mia promessa e di aver lasciato morire sua sorella, l’unica cosa che gli restava al mondo. A parte il suo adorabile paparino del piano di sotto.
Il rumore dei miei pensieri fu interrotto dalla voce, calma ma visibilmente spaventata, di Talia.
- Ascolta, Nico – iniziò lei – noi non vogliamo farti del male. Quello che è successo a tua sorella è stato terribile.. Non doveva finire così. Ma è morta da eroina, e dovresti esserne fiero. Ma soprattutto, la colpa non è stata di Percy. E’ stata lei a voler prendere il controllo del gigante, ad offrirsi al posto suo … - per una manciata di secondi, mi sembrò smarrita, come se stesse ripercorrendo quella scena nella sua mente. Poi continuò – Ma … Forse doveva finire così. Smettila di farci una colpa di tutto e inizia a farti una ragione di ciò che è successo. Parlarne non porterà Bianca indietro, è vero, ma neppure ucciderci lo farà. – Nico sembrava di nuovo molto spaesato, e dal suo volto intuii che mille immagini gli stavano scorrendo davanti agli occhi, mille ricordi vorticavano nella sua mente. Quando scosse la testa per riprendersi dal suo momentaneo stato di trance, mentre tutti eravamo distratti – Talia compresa – si riprese il pugnale dalla che era caduto a terra, poco vicino, e poi ci guardò. Ma non come se stesse per attaccarci. Il suo sguardo era carico di disperazione, e pensai che non aveva tutti i torti ad odiarmi così tanto. Quello che Talia aveva detto era bello, ed era anche la verità, ma io continuavo a sentirmi responsabile anche senza le pressioni di Nico. Mentre pensavo a queste cose, all’improvviso, senza dire nulla, scomparve. Come inghiottito dalla terra, o dalle ombre. Io e Talia ci guardammo con tristezza, Annabeth che teneva le labbra serrate e si abbandonava a un pianto silenzioso, senza singhiozzi, stringendo i pugni lungo i fianchi.
  
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