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Autore: Iaiasdream    18/04/2014    2 recensioni
IN REVISIONE
I sogni, chi può vivere senza? Non riesco proprio ad immaginarmelo. Possono essere: dolci, lugubri, nascondigli per i tuoi più profondi pensieri, ma fanno sempre parte di te, rappresentano l’io di una persona, e anche se non si vuole credere, loro sono inevitabili... rieccolo lì, il mio passato. Arciere che scocca la freccia nel mio punto debole: l’inconscio. Di sicuro è lui che lo manovra. Lui, con quegli occhi taglienti e beffardi, con quel sorriso strafottente, disegnati su un viso irresistibilmente affascinante, è ritornato repentinamente a invadere la mia vita, lui artefice della sofferenza che mi aveva imprigionato per un po’ di tempo. Perché stava ricomparendo senza alcun pudore? Perché ricordarlo in quegli atteggiamenti? Che cosa vuole da me dopo tutti questi anni, che non sono molti ma, ancora oggi mi sembrano un’eternità?
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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5.
LE CONSEGUENZE DI UNA CADUTA

 
Nell’istante in cui la mano si era poggiata sul mio mento, sentii tutto intorno svuotarsi. Non riuscivo a muovere neanche un dito. Gli avambracci che poggiavo sul pavimento, intenti a sorreggere in posizione seduta il mio busto, iniziarono ad intorpidirsi.
Occhi di ghiaccio continuava a guardarmi con quel sorriso affascinante. Un brivido, dalla sensazione sconosciuta, mi percorse per tutta la spina dorsale e un formicolio divulgarsi al basso ventre. Poi sentii finalmente qualcosa alla mia bocca: la dentatura inferiore toccava delicatamente quella superiore e le labbra le imitarono.
Nessun bacio, nessun incastro di labbra estranee. Quel ragazzo rimaneva con il viso molto vicino al mio ma senza sfiorarmi. A un tratto le sue labbra si dischiusero e lo sentii dire << è meglio chiuderla, non si addice alla tua espressione >>, poi si alzò e mi porse la mano per aiutarmi a imitarlo. Che cosa voleva dire con quella frase? Mi chiesi mentre accettavo il suo aiuto. Quando fui in piedi vidi dietro di lui una sua copia, solo che questo aveva capelli azzurri e occhi ametisti. Li guardai attonita.
Ci vuole molto a capire che sono gemelli? Mi dissi.
<< Armin non sai per niente trattare le donne! >> disse quest’ultimo mettendosi le mani dietro la nuca << c’era bisogno di farglielo notare? >> continuò guardando sottocchio il fratello.
<< Mi dispiace >> rispose Occhi di ghiaccio lasciandomi gentilmente la mano << è che era un po’ imbarazzante >>.
“Notare, imbarazzante? Ma che diavolo stanno dicendo?”.
<< Non ti preoccupare bella >> mi disse l’azzurro avvicinandosi e mettendo una mano sulla mia spalla << non era poi così imbarazzante, avresti dovuto vederti, sembrava avessi visto un’apparizione >>.
In quel momento concepii che quel gesto di poco fa, era dovuto alla mia bocca spalancata nel vedere quella piacevole immagine. Occhi di ghiaccio me l’aveva soltanto richiusa.
<< … chiami? >> percepii ad un tratto.
<< Ehi mi stai ascoltando? >> chiese ancora il moro.
<< C-cosa? >> balbettai smarrita.
<< Ho chiesto: come ti chiami? Sei nuova, non ti ho mai visto prima >>
<< Mi chiamo Rea e sono… >> “Non azzardarti a dire che sei la nipote dell’arpia travestita da nonnina”, l’immagine di me stessa che avevo nella mente fece un gesto con il pollice che passava da un’estremità all’altra del collo come una lama << … sono… sì sono nuova >> risposi sorridendo e accarezzandomi il collo per scacciare via quel dolore immaginario.
Anche i due si presentarono, Occhi di ghiaccio si chiamava Armin e il suo gemello Alexie. Il primo si scusò per essermi piombato addosso. Il secondo ne spiegò il motivo, dicendo che stavano correndo per il ritardo. Questo guardò il suo cellulare e lanciando un’occhiata a suo fratello disse << Ci conviene entrare alla seconda ora, di nuovo! >>
<< Perché mi guardi così? >> chiese Armin.
<< Indovina di chi è la colpa? Tu e la tua stupida mania dei videogiochi! >>
<< Era l’ultimo livello, non potevo non completarlo! E poi, chi è che ha insistito nel volersi fermare al negozio di abbigliamento? >>. Parlando, si dimenticarono di me e si allontanarono spingendosi a vicenda. Scossi la testa un po’ divertita poi, ricordandomi ciò che aveva detto la strega, continuai a cercare la sala delegati. Dopo qualche minuto riuscii a trovarla. Era socchiusa, bussai lo stesso -per educazione-, quando sentii una voce darmi il permesso, entrai. La stanza era occupata da due persone: c’era una ragazza dai lunghi capelli castani e con un’aria timida, vestiva come mia nonna e il ragazzo che avevo incontrato prima, quello dagli occhi e dai capelli color dell’oro.
<< Buongiorno, potreste dirmi dove posso trovare il signor Nathaniel? >>
<< Sono io! >> rispose il ragazzo, con mia grande sorpresa.
<< Ah! >> sibilai come un’imbecille.
<< Serve qualcosa? >> chiese ancora lui << Ah, tu devi essere la nuova arrivata, la nipote della preside? >>
“No per quale caspita di motivo lo sa, e perché deve ricordarmelo?” << S-sì, s-sono io >>
<< Se hai bisogno del modulo di iscrizione ti avviso che è già stato fatto tutto >>
<< Va bene, grazie >> risposi accennando un sorriso << Avrei una richiesta… >>
<< Dimmi >>
<< Vorrei sapere dove posso trovare la mia classe? >>
<< Ma certo, ti accompagno io! >> rispose alzandosi di scatto e, allontanandosi dalla sua scrivania, si volse verso la ragazza taciturna e disse << Melody, continua tu, io torno subito >>. La giovane non rispose, accennò solo un sorriso e annuì lievemente.
 
 
Prima di accompagnarmi in classe, il segretario mi fece visitare tutta la scuola. Guardando l’orologio centrale mi accorsi che avevo saltato ben tre lezioni, ma sembrava che a lui questo non importasse e non capivo il motivo per il quale non importava neanche a me. Dopo la biblioteca, ci fermammo in corridoio e Nathaniel mi indicò l’aula che era a pochi passi da noi. Si scusò dicendo che doveva finire il suo lavoro e mi lasciò sola. La porta della mia classe era aperta e, prima di entrare, cercai di spiare da un angolino, per vedere chi erano i miei compagni.
La prima fila era occupata da una ragazza asiatica e… oh no! C’era la bionda che parlava con l’armadietto! “Ma perché la sfortuna mi perseguita anche qui?”. Vidi l’indiavolata parlare con le sue due amiche. Sospirai esasperata, poi allungai il capo per vedere il resto degli alunni.
Fu un attimo, le mie iridi si riempirono di rosso, rimasi incanta a guardarlo. Era il ragazzo del lago! In quel momento lo vedevo molto più da vicino, e potei definire i suoi lineamenti. Aveva due occhi taglienti dal profondo colore grigio, indossava una maglietta rossa con un teschio, coperta da un giacchettino nero in pelle, le sue mani erano occupate a giocherellare con una penna e i suoi occhi seguivano quei movimenti. Giudicando la sua espressione, sembrava annoiato, ma ero troppo attratta dai suoi occhi e andai a riposare lo sguardo su di essi. Li vidi mentre si allontanavano dalle mani, si giravano intorno quasi infastiditi, poi di scatto si posarono su di me e non si mossero più.
“M-mi sta guardando?
Si, lo sta facendo!
Che cosa faccio?
E che cosa vuoi fare?”. Mi accorsi di trasalire e cercare un modo per fare l’indifferente. Mi sentivo l’imbarazzo strapparmi la pelle, ma successe qualcosa di inaspettato. Il rosso, riabbassò lo sguardo e sbottò lievemente in un sorriso quasi beffardo.
“Per quale motivo sta ridendo?” mi chiesi rimanendoci male. “Forse ho fatto qualche cosa di divertente e non me ne sono accorta?”. Prima che la me stessa potesse darmi una risposta plausibile, sentii suonare la campanella, mi girai velocemente verso l’orologio e mi accorsi che erano le undici e mezza. Mormorii e strilli invasero l’aria. In un battibaleno il corridoio si riempì di giovani che correvano come impazziti.
Mi rannicchiai verso il muro con la speranza di non essere notata, ma fu vana. Mi sentii afferrare il braccio e per fortuna si trattava di una sorridente Iris.
<< Che cosa ci fai qui? >> mi chiese.
<< Be, veramente, io… >>
<< Vieni con me, c'è la ricreazione adesso e abbiamo venti minuti di pausa >>. Senza ribattere la seguii, ci recammo fuori in giardino e lì la rossa mi fece conoscere altre sue due amiche. Si chiamavano Kim e Violet. Feci facilmente amicizia con quel terzetto, ci riuscii perché erano totalmente differenti dalle compagne della mia vecchia scuola, per fortuna, anche loro due erano in classe con me. Questo fu un sollievo. Potevo rassicurarmi. “Menomale, il primo giorno è andato bene” mi dissi, convinta che veramente le cose sarebbero andate a gonfie vele. Ma come al solito, mi stavo sbagliando. Qualcosa mi diceva che il peggio doveva ancora arrivare, e il peggio indossava tacchi a spillo e in cima alla testa una chioma dorata che le arrivava fin sopra i fianchi.
Mentre parlavo con le mie nuove amiche sentii a pochi passi da me dei piagnistei, mi voltai incuriosita e fui testimone di un’azione che avevo sempre odiato: la biondona strattonava un ragazzo occhialuto e gli ordinava di darle i soldi. D’istinto, mi allontanai dal gruppetto e raggiunsi quell’indemoniata che stava per sferrare uno schiaffo all’indifeso. Fortunatamente ebbi dei riflessi pronti e riuscii a fermarla, afferrandole bruscamente l’avambraccio. Lei si girò lentamente lanciandomi un’occhiata fulminante.
<< Che diavolo stai facendo? >> chiese con voce tremante di rabbia << lasciami immediatamente il braccio >>.
Non le diedi retta e continuai a stringere la presa.
<< Non hai sentito ciò che ti ho detto? >> continuò alzando la voce.
<< Non ti vergogni, maltrattare una persona indifesa? >> chiesi con il suo stesso tono. Lei si liberò dalla mia presa con fare nervoso, poi portandosi le ciocche dorate all’indietro, guardò le sue due amiche e scoppiò in una rumorosa e fastidiosa risata.
<< Ma dico, l’avete sentita? Chi diavolo sei tu? Chi ti credi di essere per contraddire la grande e favolosa Ambra? >>
<< Una persona intelligente che detesta le ingiustizie, soprattutto se vengono fatte da una come te! >> risposi sprezzante, non accorgendomi di aver attirato l’attenzione di molti studenti. Continuai a guardare quella strega con occhi di sfida, la vidi illividirsi di rabbia, si avvicinò con aria minacciosa pronta per colpirmi ma qualcosa da dietro la fermò. Fu Kim a farlo e con mia sorpresa notai che la super donna dai tacchi a spillo tremava alla sua vista.
<< Hai fatto già abbastanza Ambra, adesso basta >> Kim la lasciò, Ambra mi guardò per un’ultima volta e mi sussurrò con voce tagliente << Non finisce qui, non catare vittoria! >> poi seguita dai suoi due segugi se ne andò.
<< Ehi signorina? >> esclamò Kim rivolgendosi a me << Non sarai mica il tipo di donzella in pericolo? Ti ricordo che io non sono maschio né tanto meno un principe azzurro! >>
<< Potevo cavarmela anche da sola >> dissi fiera di me stessa.
<< Ti consiglio di stare alla larga da Ambra >> intervenne Iris << quella ragazza porta solo guai >>. Dopo quella frase, suonò la campanella e gli alunni iniziarono ad incamminarsi verso l’entrata della scuola, stavo per farlo anche io, quando mi sentii tirare il lembo della camicia, mi voltai incuriosita, trovandomi davanti due enormi fondi di bottiglia che ornavano un viso bagnato dalle lacrime. Era il ragazzo che la bionda aveva maltrattato.
<< C-che c’è? >> chiesi balbettando.
<< Snif! Snif! >> fu la sua prima risposta << G-grazie! Snif! Sei la prima e l’unica persona che ha preso le mie difese >>
<< Be, non c’è niente di male, io sono fatta così, non sopporto le ingiustizie >> risposi guardandolo bene. Ma cos’è? Un fungo? Mi chiesi.
Il fungo sbottò in un pianto lagnoso e la situazione iniziò a farsi più complicata quando cercò di farsi più vicino a me con una goccia di muco che gli penzolava da una narice. “Bleeak! Ti prego non farlo!”. D’istinto iniziai a correre cercando di seminarlo. Quel senso di disgusto mi aveva fatto perdere il senso dell’orientamento. “Dove caspita sono finita?” mi guardai intorno smarrita, mi trovavo in una specie di giardino colmo di fiori di tutti i tipi. Continuai a camminare cercando di scorgere una via che potesse portarmi all’entrata della scuola, ma per la seconda volta, quel giorno, mi ritrovai scaraventata a terra e questa volta col viso spiaccicato sull’erba.
“Ma in che cavolo sono inciampata?”. Mi faceva male il naso me lo toccai cercando di capire se stavo sanguinando, per fortuna no. Mi misi in ginocchio e me lo strofinai delicatamente.
<< Stai attenta a dove metti i piedi! >> esclamò una voce dietro di me, mi voltai di scatto e sgranai gli occhi quando vidi che ero inciampata sulle gambe del ragazzo dai capelli rubino che stava sdraiato sul prato con le braccia rivolte all’indietro intente a reggere la sua testa.  Mi alzai velocemente scusandomi, ma da lui non ebbi nessuna risposta, si limitò soltanto a chiudere gli occhi.
Mi sentii imbarazzata, cosa dovevo fare? Lasciarlo lì e andarmene? Ma mi ero persa e non conoscevo la via del ritorno. Quindi raccolsi tutto il mio coraggio e cercai di trovare una soluzione.
<< Sai… è suonata la campanella, non ritorni in classe? >> chiesi convinta che si sarebbe alzato dicendomi di seguirlo per far ritorno. “Il tuo cervello non è fatto di materia grigia, ma di una nuvola di fantasia”, infatti il rosso né si alzò né tantomeno si interessò alla mia domanda.
<< E tu perché non lo fai? >> chiese schiudendo gli occhi.
<< Be, ecco, io… >>
<< Cos’è? >> continuò mettendosi a sedere e facendo scorrere il suo sguardo da felino lungo le linee del mio corpo << il segretario, il maniaco dei videogiochi e quattrocchi non ti hanno soddisfatta e adesso vuoi provarci anche con me? >>
“Ma che cazzo sta dicendo? Io non ci sto provando con nessuno!
Un momento, come fa a sapere…?”
Guardandolo sottocchio mi accorsi che il suo sguardo si era fermato sul mio basso ventre e sorrideva. Quel sorriso sembrava tanto malizioso quanto beffardo. Mi voltai dandogli le spalle, sentendomi il viso avvampare e il colpo che avevo subito al naso pulsare.
<< Ho capito, me ne vado! >> esclamai facendo un passo in avanti.
Ad un tratto venni fermata da qualcosa che non mi sarei mai e poi mai aspettata in vita mia. Dico MAI! Mi sentii tirare e poi abbassare leggermente l’orlo del pantalone. Il mio cuore emanò un colpo secco e rumoroso, rimasi impietrita cercando di girare la testa, lo feci lentamente, e incrociai i suoi occhi grigi, affascinanti e beffardi, le sue labbra si erano dischiuse per rivelare un sorriso malizioso. Le sue dita continuavano a tirare di più verso il basso il lembo del mio pantalone.
Non potevo crederci! Stava guardando le mie mutande!
<< Che… >> cercai di parlare, ma qualcosa bloccò le mie parole.
<< Avevo visto bene, allora… >> mormorò lui con voce profonda e quasi sensuale << usi il pizzo >>.
 
   
 
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