Naruto non mi appartiene.
La shot è legata a “Falling
in pieces, forever”, la mia
ultima SakuSasu, ma si può leggere tranquillamente
senza aver letto quest’ultima. Ambientata in un ipotetico futuro.
Per Hipatya. Per
festeggiare i 18 ci vuole un regalone. ù_ù
He’s not
selling any alibis
Once upon a time
you dressed so fine
You threw the bums a dime in your prime, didn't you?
People'd call, say, "Beware doll,
you're bound to fall"
You thought they were all kiddin' you
You used to laugh about
Everybody that was hangin' out
Now you don't talk so loud
Now you don't seem so proud
L’olezzo di fumo era gradevole, nonostante si
intestardisse ad odiarlo.
Mischiato con il forte odore delle calle appena
sbocciate e del mughetto proveniente dalle montagne del Paese della Nebbia, la
nicotina pareva un aroma sottile ed evanescente, zucchero a velo che si
scioglie sulla lingua, addolcendo il sapore amarognolo delle mandorle.
Ino staccò gli occhi chiari dal lungo gambo verde
muschio della calla che teneva in mano, e li levò incrociando il viso deciso di
Shikamaru Nara, sigaretta stretta tra le labbra e capelli disordinatamente
ammassati dietro la nuca da un elastico molle.
« Allora? » gli chiese, appoggiando morbidamente
una mano sul fianco destro, coprendo la porzione di pelle lasciata scoperta dal
vestito striminzito.
Shikamaru inalò fumo e la striscia bianca della
sigaretta si consumò.
« Sasuke è stato scarcerato: dovrà pagare un bel
debito a Konoha attraverso le missioni e sarà sorvegliato da Naruto e Sakura. Questo
è stato il responso del tribunale. »
Ino annuì piano e appoggiò sul bancone il fiore il
cui unico petalo, avvoltolato a spirale, si piegò sciupandosi.
« Capisco. »
Piegò la testa di lato e fece ricadere i lunghi
capelli biondi sulla spalla destra, coprendo il piccolo grembiule color panna.
« Avevo detto che non avrebbero imprigionato
Sasuke-kun! » esclamò con aria saputa, sogghignando.
Shikamaru buttò il capo all’indietro, e cominciò a
massaggiarsi il collo, con aria esausta.
« Già, l’avevi detto. »
Le puntò gli occhi scuri addosso; Ino si sentì
scomoda, e spostò il peso del proprio corpo su un piede soltanto, stringendo il
bancone come per rimanere in equilibrio.
« Sono stato da Kurenai-sensei oggi, prima di
andare al processo. » le disse, con voce leggera.
Lei asserì, e spostò nuovamente il peso del
proprio corpo, ciondolando.
« Le sto preparando un mazzo di begonie da portare
ad Asuma-sensei. » gli confessò, protendendosi verso di lui fino a sfilargli la
sigaretta dalla bocca.
Se la rigirò tra le dita, pensierosa, tastando la
liscia superficie di carta e il tepore sotto i polpastrelli farsi più vicino.
(Il calore della terra quando si era distesi sul prato, sgranocchiando
patatine e nuvole, sogni d’adolescenti. E il sorriso macchiato di sangue del
maestro, a cui si è promesso qualcosa di veramente stupido.)
« Sono contenta per Sasuke-kun, davvero. E anche
per Naruto. Ma Sakura non creda di averla vinta! Dopo la nostra abitudinale
cena mensile del nostro team, ricomincerò a combattere contro di lei! »
Fissò la striscia di tabacco che si consumava
diventando cenere per qualche attimo, poi ne aspirò l’ultima boccata, soffiando
via il fumo dalla bocca.
Un attimo dopo, tossiva piegata in due sul
bancone, mentre Shikamaru ghignava, spegnendo tra le dita il mozzicone.
« Che volevi dimostrare Ino? Che sei forte? »
Ino rimescolò sulla lingua il sapore del tabacco,
chiedendosi cosa ci provassero di tanto piacevole Shikamaru, e più in generale tutti gli uomini che fumavano, in quella
robaccia. Non era zuccherata, né ipnotica, come il fumo che ne usciva a
spirale.
Era solo… soffocante e
amare, come l’aria di settembre.
« Volevo solo fare qualcosa di stupido, che Sakura
non farebbe mai. » spiegò, come fosse cosa ovvia. « E ora vattene, che devo
finire il bouquet! »
Shikamaru esitò, fermò davanti a lei. Gli occhi
scuri la scrutavano attentamente, analizzando il tremore impercettibile delle
lunghe ciglia bionde, le labbra strette in una linea sottile e bianca, le
spalle fin troppo rigide perfettamente allineate.
Un’algida statua di marmo, quelle che aveva visto
sui libri della biblioteca dei Nara e di cui Ino aveva voluto una riproduzione
da bambina, sostenendo di voler mantenere come loro lo stesso fulgore giovanile
di bellezza anche crescendo.
Ma sia lui che Ino sapevano bene che qualcosa si
era già incrinato.
La morte di Asuma l’anno prima – troppo presto,
per tutti loro, avere un fantasma nella testa –, l’arrivo di Sasuke Uchiha al
villaggio completamente diverso – altro fantasma, altro bagaglio di colpe –, la
separazione inevitabile del Team10, ormai un’ombra.
In lei, Shikamaru vedeva un pallore malato di
follia e un sorriso troppo rigido, per essere quello morbido d’una bambina.
Il viso d’una donna le cui labbra erano già troppo
rosse per baci rubati, le cui ciglia sapevano imprigionare lo sguardo di troppi
uomini.
E aveva solo sedici anni, Ino.
(E lui aspettava, aspettava, aspettava che crescesse.)
« Fumare non è sciocco. E comunque di cazzate ne
fai tutti i giorni, non c’è bisogno di impegnarti a trovare un modo per
superarla in questo. »
Gli occhi di Ino guizzarono d’ira, ma, prima di
poter parlare, ecco che Shikamaru le aveva voltato la schiena, lasciandole solo
un mozzicone spento sul bancone, e l’odore di pelle bruciata.
Mentre il chunin si
allontanava dal negozio di fiori, Ino fissò vuotamente la porta del negozio
richiudersi in un trionfo di campanellini dal suono squillante.
Restò così per qualche secondo, poi, armata di
cesoie, recise con un movimento affrettato e rabbioso il ramo della pianta
davanti a lei, abusando della debolezza del vegetale.
(Sei sempre stata forte Ino. Anche troppo, in effetti.)
« Così rovini i tuoi amati fiori. » commentò una
voce dietro di lei, con la solita sincerità passiva che la irritava.
« Che ci fai ancora qui, Sai? » berciò senza
nemmeno voltarsi verso lo shinobi che era sbucato
dalla porta che comunicava con la sua casa, i capelli d’inchiostro arruffati,
le occhiaie incise sotto gli occhi spenti e annuvolati.
« Vattene
via, » scandì, irremovibile « non ti voglio più vedere. »
Sai alzò le sopracciglia e si mise davanti al
bancone, guardandola fisso con due occhi neri incredibilmente inespressivi che
parevano dilatati sul viso di carta bianca.
« Dici sempre così… e
dopo mi salti addosso. » il ragazzo corrugò la fronte, ricordandosi
improvvisamente per associazione un trafiletto di romanzo rosa che aveva letto
tempo addietro, in una delle sue esplorazioni in biblioteca. « Questo è quello
che si chiama amore? »
« No, » sbuffò Ino, irritabile. « Questa è lussuria.
E ora vattene, stai rallentando nel mio lavoro! »
L’altro alzò le spalle e si mise sotto braccia il
blocco di fogli e i pennini.
« Deve avere le sue cose…
» commentò incolore tra sé.
La fronte di Ino si contrasse, mentre tentava di
calmare i suoi istinti omicidi verso l’artista.
« Sai… » ringhiò per
avvertirlo, stringendo i denti.
Il ragazzo parve accorgersi del suo stato d’animo
– cosa piuttosto rara, ma che succedeva sempre più frequentemente – e sorrise,
con un sorriso piatto come un geroglifico.
« Oh, ti sei arrabbiata? Ho capito…
» Sai alzò il blocco, e ne strappò un foglio, porgendolo verso di lei. Ino lo
prese con titubanza, fissandolo con i grandi occhi cerulei leggermente
assottigliati per la sorpresa.
« Naruto dice che per farsi perdonare da una
ragazza, bisogna regalarle qualcosa. » Ancora quel sorriso scomodo, da
marionetta. « Quindi è tuo. »
« Oh, io – » la kunoichi si morse un labbro,
scostandosi dagli occhi girovaghi per la stanza un ciuffo ribelle, esitando. «
– Grazie, Sai.»
Lui, che era già sulla porta, la salutò agitando
piano la mano coperta dai guanti tagliati. « Arrivederci, Miss Beautiful. »
Solo quando fu andato, Ino si concesse di
analizzare il disegno che le aveva regalato, mangiata dalla curiosità e,
insieme, intimorita da quello che ci poteva essere.
Era una sensazione strana quella che le
aggrovigliava lo stomaco, come il premunizione che quella sarebbe stata una
giornata distorta.
(Era settembre; era l’atmosfera delle foglie ingiallite ad inquietarla.)
How does it feel
To be without a home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You've gone to the finest school all right, Miss Lonely
But you know you only used to get juiced in it
And nobody has ever taught you how to live on the street
And now you find out you're gonna have to get used to
it
Mentre si guarda allo specchio, Ino Yamanaka vede
il viso di una sedicenne: gli zigomi alti non hanno grinze mentre sorride, la
bocca è d’un rosso tenue che ben si sposa con la pelle tesa e opaca, il fisico
alto e slanciato, allenato negli anni.
Nel riflesso, intravede la camera da letto dalle
tende di tulle chiaro, ondeggianti come sipari, le lenzuola sfatte, i bicchieri
di sakè vuoti appoggiati sul comodino. Due, per la precisione.
Ino segue con gli occhi lo svolazzare lento dei tendoni,
leggeri e sinuosi, che, seguendo il ritmo cadenzato della brezza autunnale, si
incagliano nelle sedie d’antiquariato che danno un tocco demodé alla camera.
È tutto come ha voluto lei.
Questa camera è stata costruita negli anni con i
soldi guadagnati da missioni segrete quasi suicide, anni sudati ad imparare
l’elaborato macchinismo della mente umana, per carpirne ogni segreto. Anni in
cui si è allenata a correre contro il tempo, sfidando il vento contrario che
scheggia il volto e crea solchi nella pelle di ceramica dei giovani.
Ino ha visto i suoi coetanei cambiare nel corso
dei suoi trentotto anni.
Ha visto Chouji farsi sempre più imponente, le
guance colorarsi di rosso accesso man mano imparava a bere sakè insieme a lei e
Shikamaru le rare volte in cui uscivano insieme, un’abitudine presa per
rimembrare i loro padri – morti.
Ma lo ha osservato sorridendo appena –
ricordandosi per un attimo di poter increspare il fondotinta chiaro – al suo
matrimonio con la dolcissima figlia di Ichiraku, il proprietario del banchetto
di ramen, ed è stata madrina del loro bambino, Shinji
Akimichi.
Ha visto Naruto perdere gradatamente la
spontaneità, farsi più adulto e prestante mentre seguiva con assiduità quasi
inconcepibile le lezioni di Tsunade, che vede in lui il futuro del Villaggio
della Foglia.
Si è fatto bello, Naruto. Una bellezza diversa,
scalfita dalla crescita: la pelle bruciata al sole per gli allenamenti e gli
occhi cerulei scuriti sempre stanchi gli hanno dato un fascino nuovo, permeato
dalla malinconia.
Non si è mai sposato, Naruto, né lo farà mai: il
suo futuro è Konoha e la famiglia Uchiha, nel bene e nel male.
Ino ricorda la notte di nozze di Sakura e Sasuke,
all’alba dei loro diciotto anni, quando Naruto l’ha sbattuta contro il muro nel
mentre della festa, e l’ha scopata con rabbia nel giardino della villa Uchiha
rimessa a nuovo. Ricorda di lui non la violenza, ma il sapore salato delle sue lacrime che le entravano nella bocca,
ammorbidendole il cuore. E le scuse mugugnate che mormorava al suo orecchio,
mentre le stringevail capezzolo turgido.
Ino ha visto Tenten buttarsi a capofitto in una
delle tre guerre contro Oto che si sono susseguite da
quando aveva sedici anni. Ha visto gli occhi castani della kunoichi ardere in
battaglia, spegnersi a Konoha fino ad esaurirsi sotto il peso del proprio corpo
tagliato da parte a parte da una lama nemica.
Ha visto Neji non degnare di uno sguardo la
compagna di squadra, che moriva per lui ogni giorno di più, fregarsene delle
suppliche di Rock Lee, e concentrarsi solo sul proprio Clan, si cui era il
Capostipite ora, accanto ad Hinata Hyuuga. Nel byakugan accecante c’è
un’attenzione particolare alla moglie, nella sua fragile terza gravidanza, e
sotto il ghiaccio stridente delle iridi un tepore primaverile: il riflesso
delle gote imporporate di Hinata, rassegnata a quella prigione di cristallo che
è la tenuta Hyuuga, ma felice nel porgere al figlio la poppa traboccante di
latte.
Ino ha visto Sakura Haruno diventare Eco, la
giovane ninfa che non è ascoltata dall’amato Narciso, poi divenuta bisbiglio
riecheggiante di sogni e sospiri tra le montagne. L’ha osservata mentre si
accartocciava su se stessa come una foglia, maledicendo il vuoto eco del suo
ventre sterile, pregando per una linea che le confermasse una gravidanza che
attende da quando ha diciotto anni e che è destinata a non fiorire. È come se
fosse un vuoto, dove rimangono solo parole, promesse, sogni.
Non ha mai visto Sasuke da quando è tornato. L’ha
sempre evitato, come per paura di rendersi conto di aver rinunciato a qualcosa
di più per il Nulla. Sasuke deve rimanere il ragazzino perfetto che la faceva
sospirare.
Ha visto Shikamaru. L’abitudine del fumo farsi
sempre più presente nella sua vita, ha vissuto da spettatrice la sua storia con
Sabaku no Temari, il consumarsi della loro passione e il suo spegnimento. Ha
visto il viso deciso del ragazzo farsi grinzoso e una grande cicatrice, simile
a quella del padre, tagliare in verticale la guancia sinistra.
Tutti sono cambiati, chi più chi meno.
Solo Ino non pare essere invecchiata. Ancora è un
oggetto di porcellana, emarginato e inafferrabile, uno spirito libero da ogni
legame. Una quercia che sfida il vento, forte e maestosa, che ride di fronte
alla tempesta.
(Allora perché tremi sapendo che lui sarà da te, stanotte? Hai paura
del vento d’autunno, che soffia sempre il ventidue settembre?)
Ino sposta gli occhi di lato, verso un quadro
coperto da un lenzuolo bianco.
Racchiude un ritratto che le fece Sai, ventidue
anni orsono.
Una tela che non ha mai più scoperto, e che ha
maledetto perché racchiudesse la sua immagine invecchiata.
(Ino ha sempre malvisto l’autunno. Le foglie sono troppo stanche e
rugose per lei.)
You said you'd never compromise
With the mystery tramp, but now you realize
He's not selling any alibis
As you stare into the vacuum of his eyes
And ask him do you want to make a deal?
Ino si è abituata alla presenza rassicurante delle
ombre nella notte.
Se le sente addosso, come una seconda pelle
adombrante, che nasconde ogni imperfezione con la mano guantata
di velluto nero.
Ed è abituata all’odore dolciastro e
appiccicaticcio del tabacco, mischiato con quello più dolce dei fiori.
Vede le spirali di fumo salire dalla sigaretta
accesa, verso l’alto.
Shikamaru appoggiato allo stipite della porta con
gli occhi alzati verso il cielo e l’aria pensosa.
E Ino vorrebbe solo strappargli la sigaretta e
fumarla da sola, per sapere se, con quel gesto ribelle, il corpo di lui sparirà
dietro le tende di tulle chiaro, con la solita frase tagliente che la butta a
capofitto nella realtà.
(Ma lei è forte, resiste, resiste.)
«
Ino. »
È un salute incolore, masticato tra denti
ingialliti dal tabacco.
La kunoichi si muove a disagio tra le lenzuola
sfatte, preme la mano sul lato destro, sfregando, senza farsi notare, il palmo
morbido, cancellando l’odore di colonia di un uomo – chi è stato qui, stasera, Ino-chan? – e la macchia di alcol che impegna il materasso.
Non si è mai preoccupata di cancellare la parte
notturna della sua vita; si sente giovane cavalcando ventenni ancora inesperti,
che fremono nell’attesa di avvertire il proprio glande bagnarsi con il suo dolce
nettare.
Ma allo sguardo di Shikamaru, Ino si è sempre
sentita sventrata, e si sente anche smarrita ora, si chiede chi è quella donna
senza rughe e sulle spalle tanti anni monotoni, passati ad inseguire una vita
migliore di quella di Sakura, che è riflessa nelle iridi di notte di Shikamaru.
« Hai trasformato la tua stanza. » commenta pacato
Shikamaru, staccandosi dal muro e incamminandosi verso di lei, la sigaretta
quasi spenta tra le dita.
Ino lo segue e insieme gli sfugge, spingendosi in
un angolo di letto.
« Ho preso l’idea da una rivista con una camera
occidentale. Bella eh? Mi ci sono
voluti almeno cinque anni per arredarla così! »
Ridacchia piano, dandogli le spalle per riempire
due bicchieri di sakè, tirati fuori da chissà dove.
Avverte
il peso di un corpo dall’altro lato del letto, e d’istinto si irrigidisce
appena.
(Eccolo il momento,
Ino. quella brezza d’autunno che hai sentito anni orsono, prendendo il ritratto
di Sai tra le mani.)
« Ecco il sakè. »
Gli porge la tazzina, ad occhi bassi, e si stringe
le braccia attorno al petto, schiacciando il seno prosperoso.
Shikamaru nemmeno abbassa lo sguardo, ma lo tiene
dentro i suoi occhi, senza nessun cedimento.
Aspetta, paziente.
« Oggi ho visto Sakura. Non è ancora incinta… per me non lo sarà mai. » Ino deglutisce, piano, e
stringe la tazzina di ceramica. « È maledetta! »
Shikamaru non si unisce alla sua risata birichina
e triste, a singhiozzo.
« Mi sa che non è l’unica! Sai Shikamaru, mi sono
accorta di una cosa… non sono mai invecchiata. »
Ino si appoggia allo schienale, e allunga la
schiena, che cigola, simile ad un vecchio uscio che nessuno usa più.
« Chissà perché… »
mormora distrattamente, pensierosa. Aggiungendo subito dopo: « Chissà perché
non invecchio, intendo! Voglio dire, anche io ho il mio bagaglio di dolori e
vicissitudini, ma guardami! Sono ancora bella come un tempo! »
Shikamaru prende un sorso di sakè, e appoggia la
tazza sul letto. Il liquido ondeggia, ma non straripa.
« Già… » asserisce,
pacato. « Sei ancora bella. »
Ino si muove, cercando di nascondere la pelle
esposta dalla sottile camicia da notte di seta, che le accarezza le cosce chiare
ed elastiche.
« Credo sia colpa del disegno che mi ha fatto tempo
fa Sai. Racchiude tutta la mia senilità, lo sento con il mio istinto che è
così. È colpa sua. »
Nella notte, Ino sente lo schiocco di una lingua,
e il cigolio del letto.
« Shika…? » mormora
spaurita, sfuggendo al calore del corpo del ragazzo, ormai semi-sdraiato su di
lei.
Sente il
respiro di lui tra i capelli, leggero quando il tulle delle sue tende,
le grandi mani sciupate che sfiorano titubanti le braccia scoperte, ruvide come
il legno delle poltrone antiquate, e gli occhi scuri puntati sulla sua nuca,
esattamente come si sente osservata da quel quadro sempre coperto.
E si accorge che in tutti quegli anni, l’ha
cercato. Disperatamente.
«
Io sono invecchiato, Ino. »
Sente le lacrime agli occhi, le trattiene con fermezza.
Lei
è forte. È una quercia. Resiste al tempo.
« Tu no, perchè non hai
voluto qualcuno che ti accompagnasse in questo viaggio. Ino… non dare la colpa a qualcos’altro. Non cercare alibi. »
Ino non riesce a credere che quella che sente sia una
carezza. Eppure è così, un lieve tocco incerto e titubante, ma rilassato; sente
il peso dei suoi anni gravitarle addosso d’un colpo, e non si riesce a muovere,
tanto è bloccata.
«
Shikamaru… »
Un soffio nell’orecchio le causa un brivido che
non avvertiva dai tempi in cui il bambino di Asuma le aveva stretto un dito
dentro il suo piccolo pugno.
« Siamo due vecchi, e sfidiamo gli anni, Ino. »
Shikamaru digrigna i denti, come se avesse assaggiato uno spicchio di limone. «
Diamine, volevo una famiglia normale Ino, e ci ho rinunciato. E sai per cosa? »
Ino lo sa, ma non risponde.
« Perché non avevo pensato mai a nessun’altra se
non te, con cui dividere il peso del tempo. E ora mi ritrovo l’unico con le
rughe. » Shikamaru deglutisce, qualcosa di amaro in fondo alla gola. « Prenditi
la tua parte. »
La kunoichi si umetta le labbra umide, deglutendo.
« Sei sempre stato il più vecchio tra noi. »
« Ma non il più stupido. »
La ricerca con gli occhi color carbone; e Ino si
sente ancora abbracciata dalle tenebre, una lunga lingua nera di serpente che
la lambisce fluida, terrificante quanto spiazzante.
Ino prende un respiro. E un altro, più profondo,
per calmare il cuore che le batte furioso per la paura.
(Lei che
è forte, prova paura. Null’altro
che la sensazione di un salto nel vuoto.)
«
Abbiamo trentotto anni, Shikamaru. »
« Appunto. Basta parlare per enigmi, Ino, sono
stanco. Voglio solo farti cadere da quel cazzo di trono e rimetterti a posto, stupida. »
Ino si morde le labbra e gli graffia il petto,
allontanandolo da sé.
« Ah, ed ora è colpa mia! Sei tu ad essere andato
da Temari, imbecille! »
Shikamaru ricambia lo sguardo infuocato con lo
stesso ardore, sebbene il tono rimanga quello strascicato di sempre.
« E tu allora? Sei rimasta incinta cinque volte,
come un coniglio. »
La kunoichi sbuffa e si alza dal letto, facendo
scivolare la ciottola di sakè che ora è riversato sul letto e impregna con
l’odore pungente la stanza d’aria viziata.
Prende il lenzuolo tra le mani e, esitante,
osserva il ritratto che le ha fatto Sai.
Ora le vede, le rughe nello specchio.
Ora si accorge di averle, confrontandole con
quell’immagine a carbone.
E Ino si sente di sorridere, nonostante tutto.
Perché dietro lo specchio non vi è altri che Shikamaru, sciupato e pigro, che
l’aspetta come ha sempre fatto.
E sente di aver superato Sakura.
Anche se il patto che stringerà con Shikamaru –
quello che sognava insieme ad un principe che non esisteva nella realtà – le
sembra ancora scomodo. Tuttavia, l’accordo non lo puoi rifiutare.
Però le rughe non sono male, se le si condivide
con qualcuno.
Ino
sorride.
« Ho voglia di fare l’amore, Nara. »
Per la prima volta da quando ha iniziato, sei tu a
spegnergli la sigaretta, e lui ti lascia fare, attendendo che sia tu a
spingerlo sul letto.
Magari, a trentotto anni un figlio lo potrai
ancora avere, no Ino?
Princess on the steeple and all the pretty people
They're drinkin', thinkin'
that they got it made
Exchanging all kinds of precious gifts and things
But you'd better lift your diamond ring, you'd better pawn it babe
You used to be so amused
At Napoleon in rags and the language that he used
Go to him now, he calls you, you can't refuse
When you got nothing, you got nothing to lose
You're invisible now, you got no secrets to conceal.
________________________________________________________________________________
Per chi se lo chiedesse, questa fic non è stata scritta per lo ShikaIno
Day.
È stata una mera coincidenza che cadesse nel
giorno del compleanno di Hipatya: questa shot fa parte del pacchetto regalo, insieme alla SasuSaku.
E, nonostante ci siano un sacco di imprecisioni e
che è decisamente una delle cose più strane che abbia mai scritto (chissà,
magari perché scrivere degli eroi di Naruto da grandi è anormale per me), non
mi dispiace. Perché, lo devo ammettere, come coppia di una certa età ci vedo
bene Shikamaru e Ino. mi sanno di vissuto, perso e guadagnato, non so se rendo
l’idea… probabilmente no, ma va beh! XD
Comunque, per te Tya. La
seconda parte del regalo. Come meglio ho potuto. (Mi starò arrugginendo con
Shikamaru e Ino? Spero di no! sono ancora affezionata a loro! è.é)
La canzone usata è “Like
a rolling stone” di Bob
Dylan, uno dei cantanti preferiti di Tya e una delle
canzoni che lei stessa mi ha consigliato per la coppia! Non mi dimentico nulla
(*ironia-ironia*) io!
Ne ho fatta una lettura un po’ mia…
mischiata un po’ con mitologia e Il ritratto di Dorian
Gray del grande Oscar Wilde. *_* Il dettaglio che
collega la shot al libro è palese per chi l’ha letto,
anche se alla fine le cose sono andate diversamente.
Ed ora vò a studià per la patente… anche se c’è
il sole, per fortuna, fuori dalla finestra.
Grazie a tutti quelli che leggono. Mi raccomando: recensite
anche! :3
Bye,
Kaho