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Autore: Iaiasdream    18/04/2014    3 recensioni
IN REVISIONE
I sogni, chi può vivere senza? Non riesco proprio ad immaginarmelo. Possono essere: dolci, lugubri, nascondigli per i tuoi più profondi pensieri, ma fanno sempre parte di te, rappresentano l’io di una persona, e anche se non si vuole credere, loro sono inevitabili... rieccolo lì, il mio passato. Arciere che scocca la freccia nel mio punto debole: l’inconscio. Di sicuro è lui che lo manovra. Lui, con quegli occhi taglienti e beffardi, con quel sorriso strafottente, disegnati su un viso irresistibilmente affascinante, è ritornato repentinamente a invadere la mia vita, lui artefice della sofferenza che mi aveva imprigionato per un po’ di tempo. Perché stava ricomparendo senza alcun pudore? Perché ricordarlo in quegli atteggiamenti? Che cosa vuole da me dopo tutti questi anni, che non sono molti ma, ancora oggi mi sembrano un’eternità?
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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6.
ALLORA, LO FAI APPOSTA!
 
Quello che mi stava capitando era un atto di perversione! Certe cose le avevo viste soltanto sui manga e mai avrei immaginato di ritrovarmi vittima di queste. Avevo il corpo irrigidito e sentivo qualcosa distaccarsi da quest’ultimo, intenta a reagire.
Che cosa voleva significare quel “Avevo visto bene”? che intenzioni aveva quel pervertito?
Continuava a mantenermi il lembo e non staccava gli occhi dal mio tessuto intimo.
Dopo un po’, si decise a mollare la presa, tipo fionda e il ritorno dell’orlo sulla mia pelle mi fece sussultare. Iniziai a tremare di rabbia e in tale modo dissi << Che… diavolo… stai… facendo? >> non gli diedi neanche il tempo di rispondere che mi accinsi a sferrargli uno schiaffo, ma lui fu abile e mi afferrò il polso prima ancora che la mano potesse poggiarsi violentemente sul suo bel faccino. Mi guardò con quel sorriso beffardo e, alzandosi senza lasciarmi il braccio, si avvicinò al mio viso e mormorò << Non farlo, non ti conviene >>.
I battiti del mio cuore iniziarono ad aumentare talmente forte come se volessero fuoriuscire dal mio corpo. Mi sentii gli occhi bruciare da lacrime che facevano fatica a sgorgare e iniziai a vedere sfocato. Questo mi fece capire che dopo la caduta, mi erano scivolati gli occhiali e, come mi succedeva tante volte, non mi ero accorta di non averli. Il rosso mi guardava e non accennava a voler cambiare espressione, poi tutt’a un tratto, mollò la presa e si allontanò dandomi le spalle. A quel punto, come un automa, dalla mia bocca uscirono parole non comandate dal mio volere.
<< Per chi caspita mi hai presa?! Come ti sei permesso?! Che cazzo sei? Un maniaco, un pervertito? >>
<< Perché ti scaldi tanto? >> chiese lui voltandosi. Non potevo vedere il mio volto, ma sapevo già che la mia epidermide si era arrossata, perché mi sentivo avvampare dalla rabbia e i miei occhi due pozze di acqua cristallina ché le lacrime ne uscivano copiose. Lui divenne serio, poi ancora quel sorriso << … non dirmi che… >> scoppiò in una risata fastidiosa alle mie orecchie. “E adesso perché ride?”
<< Cosa c’è di tanto divertente? >> chiesi con rabbia.
<< Ah-ah-ah-ah… sei… sei vergine? >>.
A quelle parole, le mie lacrime si prosciugarono, dando il posto a un fastidioso palpito sulla tempia destra. Non solo era un maniaco pervertito, ma il suo senso dell’umorismo era alquanto suino.
<< Non c’è niente da ridere! >> esclamai indiavolata << sono affari che non ti riguardano >> continuai voltandomi e mettendo le mani conserte. La sua strafottente risata si placò. Sentii due passi farsi vicini e una ciocca dei miei capelli sollevarsi.
<< Questo… significa che, il primo ragazzo che ha visto il tuo bel sederino… sono io >> mormorò con voce sensuale.
<< Hai visto, cosa? >> chiesi voltandomi e ritrovandomi di fronte il suo petto. Era talmente vicino che potei sentire il suo irresistibile profumo. Non volli farmi incantare da questo, così sollevai la testa guardandolo negli occhi con sfida. << Tu non hai visto un bel niente! >> esclamai << Se vedere un pezzo di stoffa intima, per te significa aver visto l’intera parte del corpo… >>
<< Oh, mia cara >> m’interruppe allontanandosi un’altra volta e incrociando le braccia al suo petto << ho visto più di quanto tu potessi immaginare! >>
<< Ma che caspita stai dicendo? >> mi avvicinai a lui minacciosa << Non mi conosci nemmeno! Cos’hai potuto vedere? >>
<< Perché ti scaldi tanto? Non sono mica io quello che alle sei e trenta del mattino si mette sulla veranda a fare stretching senza pantaloni, noncurante di chi sta intorno >>
La lama di una di quelle tante spade leggendarie narrate nelle fiabe medievali mi trafisse inesorabilmente la mente. “Ecco perché mi stava sorridendo quella mattina, e poi anche in classe, ed ecco spiegato il motivo di quel gesto perverso”.
Avevo esaurito la mia artiglieria, non sapevo più come ribattere. L’unica cosa sensata, era fare l’indifferente e andarsene, allontanandosi il più lontano possibile dalla sua vista. Feci come mi ero ripromessa, ma venni fermata dalla sua voce.
<< Ehi! >>
<< Che altro vuoi? >>
<< Sbaglio o questi sono i tuoi? >> chiese facendo dondolare tra le dita i miei occhiali.
“Perché? Maledizione a me e alla mia sbadataggine!”
<< Ridammeli >> dissi bruscamente avvicinandomi per prenderli, lui alzò il braccio per non farmeli afferrare, sorrideva, poi avvicinò le mani e me li porse delicatamente sul viso, mi aggiustò le stecche dietro le orecchie, e con le dita sfiorò gli zigomi e con una mano scese lungo il mento, lo sollevò e avvicinò il suo viso, chinandolo a un lato.
<< Scommetto che sono anche il primo ragazzo ad averti vista senza occhiali >> disse accarezzandomi la parte bassa del labbro inferiore, con il pollice << la cosa inizia davvero a piacermi >>.
“Ancora enigmi?! Che cosa, sta iniziando a piacergli?”, << Sei… davvero… >> balbettai irritata scostando il suo braccio dal mio mento, poi mi voltai e iniziai ad allontanarmi sentendolo ridere.
Quel rosso non era affatto il ragazzo che avevo visto vicino al lago mentre giocava con il suo cane. Non poteva essere così!
Invece lo era e come. Era irritante, volgare e anche… maledettamente affascinante. “Ma che stai dicendo?” mi chiesi scuotendo energicamente la testa, come potevo essere attratta da uno così? “No, mai! Questo non accadrà mai! Io odio quel ragazzo, lo detesto!”.
 
 
Dopo vari tentativi per ricordarmi la via del ritorno, finalmente mi ritrovai d’avanti la porta di quella che doveva essere la mia classe. Bussai dopo aver sospirato profondamente. Nessuno rispose, così dischiusi lentamente la porta e mi affacciai all’interno. La classe era vuota. Riguardai l’etichetta per essere sicura di non aver sbagliato. No, era proprio quella. Ma allora dov’erano andati a finire tutti?
<< Che ci fai ancora qui? >> mi chiese una voce alle mie spalle. Mi voltai sobbalzando.
<< Ah, Nathaniel! Come mai non c’è nessuno in classe? >>
<< Ma come, non lo sapevi? Oggi la tua classe usciva presto, perché manca il professore >>
<< Non me l’aveva detto nessuno >> “già, neanche quel pervertito! Ecco perché è rimasto in giardino!”. Vidi Nathaniel massaggiarsi la nuca un po’ imbarazzato distogliendo lo sguardo da me. << Cosa c’è? >> gli chiesi incuriosita.
<< Be, ecco… visto che sei ancora qui, devi recarti nello studio della preside… voleva parlarti >>
“No! Dio! Anche lei, no!” << E, c-che cosa vuole? >>
<< Non me l’ha detto, ma dai suoi atteggiamenti deve essere qualcosa di serio, era alquanto nervosa >>
“Perché?” mi chiesi afflitta “cos’è che ho fatto di male per meritare tutto questo?”.
<< Ci vado subito, allora >>. Salutai Nathaniel e mi recai mogia verso lo studio del gangster. La trovai dietro la scrivania intenta a scrivere qualcosa su un blocco di fogli. Gli occhiali le si erano scesi sulla punta del naso, e gli occhi erano concentrati sul suo lavoro.
<< Z-zia Camille? >> mormorai attirando la sua attenzione. Senza fermare la penna, alzò lo sguardo e mi guardò seria. << Mi cercavi? È successo qualcosa? >>
<< Sono andata nella tua classe per presentarti agli alunni come mia nipote, e il professore Faraize, mi ha detto che eri assente. Che significa? >>
<< Be, vedi zia… il fatto è che dopo la ricreazione… mi sono persa e ho… >> “Sì, continua così! Aggiungi anche che hai avuto una discussione sulla tua purezza con il pervertito pittato di rosso!"
<< Non importa! >> intervenne l’arpia.
“Cosa? Ho sentito bene? Ha detto che non le importa? ma che sta succedendo? Devo essere stata catapultata a mia insaputa in un mondo parallelo a quello in cui vivevo.
<< Puoi andare a casa >> continuò << e mi raccomando domani non fare ritardo >>
<< Va- va bene zia… allora a domani >>. Me ne andai allibita. Con il mio trasferimento era davvero cambiato tutto? Se le cose stavano così, allora dovevo abituarmi. Mi chiesi quanto tempo, questo sarebbe dovuto durare.
 
 
Zia Agata non venne a prendermi, questo significava che stava ancora al negozio. Volevo ritornare a casa per sprofondare nella vasca piena di acqua bollente, ma senza le chiavi non potevo andare da nessuna parte. Così, chiedendo informazioni ai passanti, mi feci dire dove si trovava il negozio di Cosplay. Lo trovai dopo una mezzoretta, e mi resi conto che era molto vicino alla scuola. “Come diavolo potevo saperlo? Sono solo passate ventiquattro ore da ché sono giunta in questo strano paese”.
Il negozio di Agata, si divideva in due parti: c’era il reparto abbigliamento e quello di Cosplay. Non appena entrai, ad accogliermi ci fu un ragazzo, di qualche anno più grande di me, che vestiva come il Conte di Montecristo.
Che strani gusti. Pensai.
<< Serve qualcosa? >> chiese lui sorridendomi.
<< Sono la nipote di… >>
<< Leigh falla entrare! >> esclamò mia zia da dietro un bancone colmo di abiti << è mia nipote >>
<< Ah, allora sei tu la famosa Rea >>
<< Sì >> risposi sorridendo.
<< Piacere di conoscerti, io mi chiamo Leigh e sono il collega di tua zia >>. Ci stringemmo la mano.
<< Com’è andata a scuola? >> chiese Agata avvicinandosi.
<< Devo proprio risponderti? >> chiesi guardandola sottocchio. Lei fece spallucce intuendo la situazione.
La zia chiudeva il negozio all’una, così decisi di rimanere con lei. Nel frattempo conobbi Rosalya, la fidanzata di Leigh, una ragazza molto bella e sexy, aveva lunghi capelli argentati e gli occhi che sembravano due raggi di sole. Con mia sorpresa, scoprii che anche lei frequentava il mio stesso liceo, ma una classe diversa.
<< Allora tu sei la nipote della Preside? >> chiese quasi affermando.
<< Come fai a saperlo? >> ribattei irritata.
<< Semplicemente perché la nonnina l’ha annunciato tramite radio >>
Quella risposta fu una scudisciata per il mio orgoglio. Quella maledetta! Cosa le costava tenere la bocca chiusa? I miei afflitti pensieri, furono interrotti dallo strano sguardo che mi lanciò la bambolina dai capelli argentati.
<< Per… perché mi guardi così? >>
<< Sorella mia! Ma tu non hai proprio gusti nel vestirti! >> esclamò storcendo la bocca. “Perché forse i tuoi sono gusti? Sembri uscita da un’opera teatrale!”.
<< C-che vuoi dire? >> chiesi incuriosita.
<< Hai delle belle forme, ma non le sfrutti a dovere… vieni con me! >> mi afferrò il braccio costringendomi a seguirla << Leigh, portami qualcosa che potrebbe andar bene a questa ragazzina… mi fido di te >>
<< Certo dolcezza! >> rispose il ragazzo. Senza che me ne potessi rendere conto, mi ritrovai in un camerino. Rosalya chiuse la tenda dicendomi << Inizia a spogliarti, io arrivo subito >>
<< Ma Ros… >> mi fermai, non poteva più sentirmi. Mi guardai allo specchio, sconfitta, iniziai a squadrarmi il corpo “ha detto che ho delle belle forme. Bah, se lo dice lei”. Iniziai a sbottonarmi il pantalone e sentii delle voci nuove.
<< Castiel, Lysandro, che ci fate qui? >> era la voce di Leigh.
<< Eravamo da queste parti e allora… >> rispose una voce sconosciuta.
<< Ehi Castiel >> intervenne mia zia << sono arrivate quelle maglie che ti piacciono tanto, vieni da questa parte >>.
Castiel. Quel nome non mi era nuovo, ma dove l’avevo sentito? Boh. Ascoltai dei passi avvicinarsi << Rosalya sei tu? >> chiesi mentre mi abbassavo i pantaloni << Cosa vuoi farmi pro… >> le ultime lettere mi si pietrificarono in gola, guardando lo specchio vidi che alle mie spalle c’era qualcuno con lo sguardo rivolto verso la parte bassa del mio corpo e aveva un sorrisetto stampato sulle labbra. Quel qualcuno era il pervertito della ricreazione. Mi voltai di scatto verso di lui cercando di coprire la mia semi nudità.
<< Che… che ci fai qui? >> chiesi sbalordita e imbarazzata.
<< Allora, lo fai apposta! >> sussurrò lui senza togliermi lo sguardo di dosso.
Irritata, afferrai la tenda facendola scorrere velocemente davanti ai suoi occhi << E smettila di guardarmi in quel modo! >> esclamai avvampando per l’imbarazzo.
<< Non fare così >> disse lui beffardo << In fin dei conti ti ho visto solo io >>. Non so perché, ma quelle ultime parole le sentii un po’ troppo enfatizzate.
<< Che diavolo vuoi dire? >> chiesi bruscamente spalancando la tenda e trovandomi Rosalya di fronte che mi guardava allibita. Del rosso non c’era più traccia.
<< Che c’è? >> chiese Rosalya.
<< N-niente, non ce l’avevo con te >>
<< E con chi allora? >> insistette lei.
<< Con il pervertito dai capelli rossi >> risposi.
<< Ma chi, Castiel? >>, mormorò Rosalya osservando un abito da farmi indossare. “Allora si chiama Castiel? Un momento, ora che mi ricordo, questo nome è uscito dalla bocca della biondona! Questo significa che stamattina quella racchia ce l’aveva con lui. Sono fidanzati?”. Decisi di chiederlo a Rosalya senza però farle venire delle strane idee sul mio interesse, che era già dubbio per me stessa. Lei mi rispose che non erano fidanzati.
<< Ambra gli corre dietro, ma per Castiel è la tipica donna da una botta e via. Figurati che lei non ha mai provato a nascondere le sue tresche con quel Playboy. All’inizio sembrava che a Castiel non importasse, ma poi ha iniziato a dargli fastidio l’atteggiamento di Ambra. >>
<< Che atteggiamento? >> chiesi ancora più curiosa.
<< Se uscivano una sera, il giorno dopo tutta la scuola sapeva per filo e per segno ciò che avevano fatto insieme. E anche se Castiel è un Playboy, odia parlare della sua vita privata >>.
“Deve aver avuto proprio un bel coraggio a farlo con quella stronza” mi dissi mentre cercavo di infilarmi un vestitino molto sexy, scelto da Rosalya. Vedendomelo addosso, lei sorrise compiaciuta. Mi guardai attentamente allo specchio e, vedendomi quell’affare coprirmi di poco la pelle, mi fece immaginare gli sguardi maliziosi di Castiel che si poggiavano sul mio corpo e non si staccavano più.
Non capii per quale motivo, ma quella peccaminosa immaginazione, non si allontanò dai miei pensieri molto facilmente, e io non mi sforzai di farlo.  
 
   
 
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