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Autore: Sery_24    18/04/2014    4 recensioni
Katniss è una giovane donna, con un ottimo lavoro, ma pochi amici. Un passato difficile che stenta a superare. La sua vita sembra incentrata solo sulla carriera. Eppure tutto è destinato a cambiare. Modern AU.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Mercoledì mattina lo squillo del citofono la riportò bruscamente alla realtà. Katniss, ancora assonnata guardò l’orario. Erano le 6.00. Sperò ardentemente che chiunque osasse svegliarla a quell’ora fosse in pericolo di vita. Non riusciva ad immaginare un modo peggiore per iniziare quella giornata.
“Arrivo!” urlò verso nessuno dalla sua camera da letto all’ennesimo trillo. Inciampando tra le lenzuola arrancò verso il citofono.
“Chi è?” chiese con tono assonnato. Era troppo presto anche per urlare contro qualsiasi disturbatore.
“Sono io, apri!”
Un sorriso di stupore e gioia le si dipinse sul volto: “Prim! Che ci fai qui? Come fai a stare a New York? E l’università? Quando sei partita? Perché non mi hai avvisato? Sarei potuta venire a prenderti all’aeroporto!”
“Katniss, aprimi!” interruppe la sua serie di domande a raffica il tono divertito della sorella.
La sua Prim. La sua sorellina. Il suo orgoglio. La donna che aveva deciso di dedicare la sua vita agli altri. A salvare la vita delle persone.
Subito la aprì e corse giù per le scale. Non poteva aspettare che salisse. Appena la più giovane varcò il portone d’ingresso la strinse in un abbraccio fortissimo. Le due non potevano essere più diverse. Se la maggiore aveva lunghi capelli lisci e neri, la minore sfoggiava lunghe onde dorate. Dove la prima aveva grandi occhi grigi, la seconda esibiva dei brillanti fanali azzurri.
“Calma, Katniss! Così mi procuri una contusione alle costole.” rispose al suo abbraccio la sorella. Quanto le era mancato il suo tono divertito, allegro, spensierato. Prim, a differenza sua, riusciva sempre a scorgere la felicità e la speranza in ogni situazione. La più piccola di casa era sempre stata la più forte e coraggiosa. Nulla poteva turbarla. Nulla poteva scalfire il suo animo luminoso. Era la luce che rischiarava la sua famiglia.
“Che ci fai qui?” le chiese di nuovo appena varcarono l’ingresso di casa.
“Prima di tutto: buon compleanno sorellina! E poi, avevo dei giorni liberi all’università e quindi ho pensato di trascorrere un po’ di tempo con te.” le rispose allegra.
La mora subito si accigliò: “Sei sicura, Prim? Non devi saltare le lezioni solo perché, magari, sei preoccupata per me.”
La bionda sbuffò fingendosi annoiata: “Il mondo non ruota attorno a te. Non ci vedevamo da tanto, così ho deciso di fare un salto.”
Non convinta del tutto, Katniss lasciò perdere il discorso: “Visto che sei qui e mi hai svegliata molto prima del previsto, colazione da Starbucks?”
Gli occhi della ragazza si illuminarono immediatamente, adorava quella caffetteria e la sorella lo sapeva bene: “Sì!” le rispose con un gridolino eccitato.
Ridendo la mora le scompigliò i capelli con una mano e si diresse verso il bagno: “Vado a prepararmi e scendiamo.”
 
Il locale si trovava vicino casa. Con un po’ di fatica riuscirono a trovare un posto a sedere all’esterno. Era una giornata tiepida ed entrambe amavano l’aria aperta.
“Allora paperella, aggiornami un po’. Sono dure le lezioni?”
L’altra sbuffò comprendoni la fronte con la mano in segno di disperazione: “Non ne hai idea. La mattina seguiamo i corsi e il pomeriggio siamo di turno in ospedale. L’unico tempo per lo studio è la sera. Ciò significa che la mia vita sociale rasenta l’inesistenza.”
Prim era sempre stata una persona amichevole e socievole. Riusciva ad affascinare coi suoi modi gentili chiunque le si avvicinasse. Avere poco tempo per socializzare doveva esserle davvero un grande peso.
“Non dirmi che ancora non sei riuscita a conoscere l’intero campus.” commentò ironica l’altra.
“In realtà no. Riesco a frequentare solo i ragazzi di medicina. Sono le uniche persone con cui trascorro le mie giornate. Incontrare gente diversa mi è quasi impossibile.” le rispose tristemente, per poi arrossire leggermente e aggiungere: “Però, sono, comunque, riuscita ad incontrare dei tipi affascinanti, direi.”
L’altra scoppiò subito a ridere: “Primrose Everdeen, non mi dire che hai di già un nuovo fidanzato?”
La bionda era sempre stata molto corteggiata già dalle scuole superiori. Era bionda, alta, magra, gentile, dolce, intelligente. Cheerleader e reginetta della scuola. Questo l’aveva portata negli anni a collezionare migliaia di appuntamenti deludenti e una sfilza di storie d’amore che erano sempre finite con un cuore spezzato. Mai quello di Prim, fortunatamente. La sorella, infatti, tendeva ad essere piuttosto volubile nei suoi sentimenti. Si innamorava facilmente e quando lo faceva, donava davvero tutta se stessa, corpo ed anima. Il problema consisteva nella scarsa durata del suo stato d’amore. Pochi mesi ed improvvisamente l’affetto spariva. Al ragazzo di turno rifilava sempre la solita scusa: “Mi dispiace, ma i sentimenti che provo per te sono cambiati. Ti voglio bene e te ne vorrò sempre, ma forse sarebbe meglio restare solo amici.”
L’altra scoppiò a ridere: “Che posso dire? Sarà per compensare la mancanza di una figura paterna.” concluse ironicamente.
Ecco un’altra differenza di fondo tra le due. Lei era riuscita a superare il dolore della loro infanzia. Aveva canalizzato la sofferenza e partendo da ciò, aveva deciso di aprirsi al mondo. Non s’era lasciata traumatizzare da quell’avvenimento negativo della loro vita. Non si era lasciata cambiare da ciò. Anzi, la sofferenza l’aveva spinta ancora di più a credere nelle persone, a volersi fidare del mondo, alla ricerca di ciò che non aveva avuto, ma che voleva riuscire ad avere.
“Io ci credo ancora. – continuò ancora la sorella minore. – Io credo ancora nell’amore incondizionato. Un giorno lo troverò. Se non tenti, però, non potrai mai sapere se quella persona è quella giusta.”
La maggiore sospirò pensierosa. Amava quel lato positivo della sorella, ma non riusciva a farlo suo. Solo, non ci riusciva. Quanto avrebbe voluto aprire il suo cuore a qualcuno come lei faceva continuamente. Quanto avrebbe voluto fidarsi di un’altra persona. Quanto avrebbe voluto poggiarsi a qualcun altro. Stare da soli era davvero difficile, e Katniss sentiva sulle sue spalle tutta la fatica. Nonostante tutto, però, non ci riusciva. Non ci riusciva.
Così con un sorriso stanco cambiò discorso: “Allora, parlami di questo ragazzo.”
 
La giornata in ufficio trascorse in modo piuttosto monotono. Katniss svolse le sue normali attività interrotta solo da qualche veloce telefonata di auguri. Da sua madre, che le chiedeva se Prim fosse arrivata e le augurava di trascorrere un piacevole finesettimana assieme. Da Annie, che le ricordava che poi le avrebbe ripetuto gli auguri di persona. Da Gale, che le ricordava che la settimana dopo l’avrebbe richiamata per comunicarle le date della sua visita. Da Madge, che l’aggiornava delle ultime novità in Texas: del suo lavoro d’ufficio, era impiegata in una pubblica amministrazione cittadina, di come le cose con Gale stessero diventando sempre più serie e di come credeva che fosse quello giusto. Questo pensiero la rese inquieta. Per Madge, Gale era quello giusto. Il suo migliore amico era la persona più importante non più solo della sua vita. Ora anche di quella di Madge. Si disse che avrebbe dovuto imparare ad accettare questa situazione. Non erano più bambini. Non erano più la coppia che andava assieme alle feste scolastiche. Non erano più i due sui quali chiunque avrebbe scommesso su di un lungo e duraturo futuro assieme. Ormai si erano allontanati. E lui stava andando avanti. Si stava aprendo ad una persona diversa da lei. Avrebbe dovuto imparare a condividere. Non sapeva se era pronta. Era sempre stata una persona particolarmente possessiva. Non amava spartire i suoi affetti con altri. Ora Gale aveva, però, un’altra persona importante nella sua vita. Forse. Non sapeva per certo che Gale ricambiasse gli stessi sentimenti per Madge. Questa incertezza le bastò per concludere in maniera serena la conversazione con l’amica.
A pranzo Johanna entrò nel suo ufficio e le porse un piccolo pacchettino. Erano solite scambiarsi dei doni per le festività. Solitamente erano sempre piccole cose. Poco costose. Per lo più la ragazza era solita regalarle oggetti imbarazzanti che non avrebbe mai utilizzato. Un anno le aveva regalato un paio di calze color carne con autoreggenti. Le disse che non avrebbe mai potuto sapere quando le sarebbero servite. Fino a qual momento, erano ancora incartate nel suo cassetto della biancheria. Quell’anno la ragazza continuò a non stupirla. Le aveva regalato un completino intimo di pizzo nero. L’amica, sicuramente, non rimase delusa dalla sua scelta: l’espressione del volto di Katniss, un misto tra rabbia, incredulità ed imbarazzo, la ripagò di tutto. Quando anche Finnick entrò nella sua stanza non poté trattenersi dal sorridere radiosa. Il ragazzo le aveva portato una piccola scatola di muffin al cioccolato.
“Li ha preparati Annie. Sappiamo che festeggeremo venerdì, ma non poteva permettere che questo giorno passasse inosservato. Tanti auguri Katniss.”
Subito i due amici iniziarono ad intonare stonatamente la canzone d’auguri e, prima ancora che avesse tempo di soffiare su un piccolo fiammifero arrangiato a candela, Effie e altri colleghi irruppero nel suo ufficio. Inutile dire che la pausa si prolungò ben oltre l’orario solitamente stabilito.
Guardando tutti i suoi colleghi che le porgevano gli auguri, che chiacchieravano tra loro, che si complimentavano con Finnick per i dolci, capì che qualcosa stava cambiando. Fissò gli occhi sul giovane ramato. Se non si fosse mai trasferito a New York, probabilmente avrebbe trascorso la pausa pranzo da sola. Johanna avrebbe speso solo una mezzora per porgerle il suo pensiero, poi sarebbe tornata a lavoro. Lei avrebbe poi continuato a svolgere i suoi compiti e sarebbe stato tutto uguale agli altri giorni. Nonostante l’imbarazzo iniziale per tutte quelle attenzioni che le si stavano rivolgendo, capì che non le dispiaceva affatto quel cambiamento.
Quando Odair intercettò il suo sguardo, gli porse un sorriso sincero. Gale aveva aperto il suo cuore ad altre persone. Se lui ci stava riuscendo, se lui non era rimasto ancorato al passato, forse, avrebbe potuto riuscirci anche lei.
 
“Forza Prim, sto morendo di fame!”
“Non capisco perché tutta questa fretta. Ho i tacchi, non posso correre più di così.”
La mora sbuffò quando, all’ennesimo tombino sull’asfalto, la sorella dovette rallentare per costeggiarlo. Erano uscite quella sera per andare a mangiare qualcosa fuori. Prim aveva trascorso tutto il giorno a casa a studiare, quindi Katniss si sentiva in obbligo di mostrarle la città. Così, invece di scendere alla metro più vicina, aveva deciso di camminare un po’ di più a piedi. Solo dopo pochi metri capì l’errore madornale che aveva commesso. La sorella non era per niente un tipo sportivo. Durante il viaggio non aveva fatto altro che lamentarsi: “Oh mio Dio! Sono Stanchissima. I tacchi! Una pozzanghera! Oh, mio Dio, è un topo morto quello?” Inutile dire che la risposta alla sua ultima domanda era: “Prim, è solo un cappello caduto a terra.”
Con il doppio del tempo, raggiunsero il locale verso cui erano dirette.
“Come è carino questo posto!” subito squittì Prim. La sorella aveva un mezzo dubbio che le sua felicità fosse dovuta più che al locale, alla certezza di essere giunte a destinazione.
“Dai, su. Entriamo.”
Il locale era pieno. Guardandosi attorno entrambe non riuscivano a scorgere alcun tavolo o  divano vuoto.
“Credo che dovremmo scegliere un altro posto in cui cenare.” commentò visibilmente affranta la bionda.
L’altra annuì debolmente: “Okay, saluto qualcuno e andiamo.”
“Chi? Chi conosci?” e la bionda iniziò a scandagliare la folla. Questo era uno dei caratteri che condivideva con la sorella: la curiosità. Solo che, mentre la maggiore cercava in tutti i modi di tenerla a freno, la bionda se ne lasciava completamente sopraffare.
“Conosco il proprietario e suo fratello.” le rispose brevemente, iniziando a guardarsi attorno. Prima li avrebbe salutati, prima se ne sarebbero andate, mettendo a tacere la sorellina. Normalmente non si sarebbe mai preoccupata di loro, ma stasera era stata invitata da Peeta. E lui le aveva promesso le focaccine. Non poteva restare a mangiare, ma doveva comunque ringraziarlo per il pensiero. Ne sentiva l’obbligo.
“Come fai a conoscerli? C’è qualcosa che dovrei sapere?” la guardò maliziosa.
“Il proprietario esce con Johanna.” sperava che in questo modo la sorella concentrasse la sua attenzione su un altro gossip.
Johanna e Rye.
Quando aveva rincontrato l’amica, lunedì  in ufficio, era raggiante. Aveva trascorso il weekend col ragazzo e, a suo dire, era stato tutto perfetto. Katniss ne era davvero felice. Johanna meritava un po’ di serenità. Sperava che questo fosse quello giusto. Che non soffrisse più. Troppe volte l’aveva vista piangere per uomini che improvvisamente l’abbandonavano.
“Oh mio Dio!” esclamò di nuovo la bionda di fronte alla news.
“Oh mio Dio, sì!” le fece il verso la maggiore.
“Oh mio Dio, Katniss Everdeen ha fatto una battuta!” la voce fintamente sconvolta di Rye interruppe i loro discorsi. La mora si trovò ad arrossire, sperava che non avesse capito che stavano parlando di lui.
“Ciao, Rye. Tutto bene?” cercò di rompere il ghiaccio e di scrollarsi di dosso il senso d’imbarazzo.
“Ovviamente sì, benissimo. Tanti auguri tesoro!” e così facendo l’afferrò in un abbraccio soffocante.
“Grazie Rye. – disse staccandosi da lui senza che le sue guance si colorassero di rosa. Non era abituata a queste forme d’affetto pubbliche. – Questa è mia sorella Prim. E’ venuta a trovarmi per il finesettimana.” così il biondo strinse la mano alla più giovane.
“Ciao, Prim. Sono felice di conoscerti. Deduco che sarai dei nostri venerdì.”
La sorella guardò entrambi con uno sguardo confuso: “Che c’è in programma per venerdì?”
Rye lanciò un’occhiataccia verso la mora: “Non mi dire che non gliene hai parlato!”
L’altra subito si difese: “E’ arrivata stamattina, non ci siamo viste tutto il giorno perché ero al lavoro e adesso siamo uscite per venire qui a cena. Gliel’avrei detto! Di certo non l’avrei lasciata a casa da sola.”
L’altro la guardò ancora un po’ scettico per poi rivolgersi alla bionda: “Tua sorella non ama proprio festeggiare, vero?”
La più piccola scoppiò in una risatina annuendo: “Eh, già! Allora, cosa c’è in programma venerdì?”
“Una piccola ubriacata tutti assieme, per festeggiare i ventisei anni della vecchietta qui.”
La diretta interessata gli lanciò un’occhiata torva: “Guarda che tu sei due anni più grande di me. Chi è il vecchietto tra noi, scusa?”
“Si, ma tutti sanno che con gli anni gli uomini maturano, le donne invecchiano.” le rispose subito a tono.
“Prim, mi dispiace. – iniziò la mora con aria fintamente affranta – Non avrei dovuto portarti in questo locale. Non solo non c’è posto per mangiare, ma dobbiamo anche essere derise.”
Il ragazzo non si fece scappare nemmeno questa occasione per ribattere: “In realtà, derido te, non mi permetterei mai di offendere una ragazza bella e dolce come Prim.” concluse facendo l’occhiolino alla più giovane.
“Grazie Rye.” rispose sghignazzando la bionda.
“Ad ogni modo, è meglio andare adesso. Ci vediamo venerdì?” gli chiese la mora distrattamente.
“Dove vorreste andare, scusa?” li interruppe una voce da dietro il bancone. Lì impalato c’era Peeta con indosso un grembiule bianco ed una camicia nera completamente ricoperta di farina. Katniss guardandolo, scoppiò subito in una fragorosa risata. Rye, intercettando il suo sguardo, si accorse del fratello: “Peeta deve aver avuto un incidente con il sacco di farina. Sei fuori allenamento fratellino!” infierì il maggiore.
“Si dia il caso che non è il mio lavoro questo e, ripeto, dovresti essermi grato per tutto l’aiuto che ti offro.” lo rispose offeso il riccio.
L’altro sbuffò come per ignorare un ronzio fastidioso e continuò rivolgendosi alla più piccola delle Everdeen: “Devi sapere che mio fratello oggi è venuto al locale solo per preparare il piatto preferito di tua sorella.” le riferì con tono fintamente cospiratorio facendolo sentire anche ai diretti interessati.
Prim alla notizia sgranò gli occhi e li fissò sul giovane che si trovava più lontano da loro. Con un sorrisetto gli si avvicinò e gli porse una mano dolcemente: “Piacere, io sono Prim, la sorella di Katniss.”
Il giovane un po’ in imbarazzo per la frase del fratello le strinse con calore la mano.
“Visto che oggi è il compleanno di Katniss – iniziò Peeta prima rivolto a Prim, poi estendendo il discorso ad entrambe. – non potevo davvero permettere che questa ragazza rimanesse senza il suo piatto preferito. Mi ha fatto una richiesta specifica e non potevo deluderla.”
“Purtroppo non c’è nessun posto libero. Credo che dovrò mangiare le focaccine un’altra volta.” osservò la mora, per poi aggiungere: “Ma grazie lo stesso, Peeta.”
Il riccio esaminò velocemente il locale, poi con tono mortificato le rispose: “Temo tu abbia ragione.” Poi velocemente prese un contenitore da asporto e iniziò a riempirlo con varie portate.
“Che stai facendo?” gli chiese la giovane.
L’altro la guardò come se pensasse fosse palese la sua intenzione: “Non c’è posto a sedere, ma ciò non significa che non puoi avere il tuo regalo di compleanno. Puoi mangiarli dove e quando vuoi. Tanti auguri.” e con un sorriso dolce, le porse il pacco.
“Grazie. Quanto ti devo?” le rispose spiazzata la mora.
“Mi pare di aver detto che questo è un regalo di compleanno. – le rispose asciutto il giovane. - Ci vediamo venerdì?” chiese rivolgendosi poi ad entrambe le ragazze.
“Ovviamente!” rispose con un sorriso la bionda. Katniss semplicemente annuì ed insieme uscirono dal locale.
“E così… - iniziò con tono cospiratorio la più giovane. – Peeta ha preparato qualcosa solo per te? C’è qualcosa tra di voi?”
“Assolutamente no. Ci siamo parlati forse solo un paio di volte.” le rispose evasiva.
“Quindi vi conoscete a malapena, ma hai organizzato il tuo compleanno con lui?” il tono della sorella era scettico.
“Sì. E’ stato davvero un caso. Il fratello esce con Johanna, quindi siamo stati incastrati assieme per una sera. Davvero nulla di cui dover parlare.”
La bionda era ancora dubbiosa: “Non so te, ma io non mi impegnerei così tanto per qualcuno per il quale non ho alcun interesse e col quale sono stata costretta ad uscire assieme.”
“Ma infatti non si è impegnato per nulla. A malapena mi ha augurato un buon compleanno.” Katniss si maledisse per non aver coperto il tono un po’ deluso.
La sorella la osservò per un po’ per poi immergersi nei suoi pensieri.
“A cosa stai pensando?” le chiese la maggiore dopo qualche minuto di silenzio.
La sorella semplicemente si strinse nelle spalle: “Andiamo a casa?”
 
Non poteva crederci. Come aveva fatto a non accorgersi di nulla? Peeta le aveva inserito nel suo takeaway non solo le focaccine al formaggio ed altre bontà salate. Vi era all’interno anche una piccola scatola bianca di cartone. Subito, una volta alzato il coperchio non poteva credere ai propri occhi.
“Allora, cosa c’è lì, invece?” la stessa Prim era rimasta sbalordita da tutto quel ben di Dio. Avrebbero avuto da mangiare anche per tutta la giornata di domani.
Katniss non riusciva a rispondere. Non ricordava l’ultima volta che aveva avuto qualcosa del genere per il suo compleanno. Semplicemente non ne aveva mai festeggiato nessuno, quindi non ne aveva mai avuto bisogno.
“Katniss, mi stai uccidendo. Spostati. – spingendo malamente la sorella, Prim riuscì a guardare il contenuto della scatola. – Una torta di compleanno.” subito la bionda registrò il significato di quel gesto. Suo padre le regalava ogni anno una torta di compleanno.
“Lui lo sapeva?” subito chiese alla sorella che era ancora in silenzio.
“No, te l’ho detto. Non siamo nemmeno davvero amici.”
“Dovresti ringraziarlo.” le consiglio la bionda.
“Non ho nemmeno il suo numero di telefono.” obiettò subito pensierosa. Avrebbe potuto procurarselo, ma poi avrebbe dovuto spiegare a Johanna perché aveva bisogno del numero di Rye. E a Rye perché aveva bisogno di quello di Peeta. Sicuramente qualcosa che non voleva fare e che, quindi, non avrebbe fatto.
“C’è sempre venerdì.”
 
Venerdì sera arrivò troppo presto per Katniss. Avevano appuntamento per le dieci in un locale a Brooklyn. Il loro piano era semplice: ubriacarsi e passare la notte senza dover pensare al domani. E lei ne aveva assolutamente bisogno. Mercoledì era trascorso e anche quest’anno, non aveva ricevuto gli unici auguri di cui aveva avuto tanto bisogno in passato. Già, in passato. Preferiva mentire a se stessa e credere che, ormai, non aveva più bisogno di lui. Ma in realtà, il senso di frustrazione non l’aveva abbandonata nemmeno quell’anno.
Mentre si guardava alla specchio, quella sera, non riusciva a staccare lo sguardo dal suo riflesso. Si sentiva inadeguata. Si sentiva abbandonata. Si sentiva sola.
“Katniss. – interruppe i suoi pensieri Prim con voce allegra. – Ho scelto il tuo outfit! Starai benissimo stasera, e non voglio sentire lamentele.”
Ma nemmeno quell’anno era sola. Da quando si erano separate anni prima, quando Katniss era partita per il college, non c’era stato un anno in cui la sorella non aveva trascorso questi giorni con lei. La più piccola capiva quanto fossero difficili quei giorni per lei. E mai un anno l’aveva lasciata sola a deprimersi.
Facendo finta di sbuffare, con un sorriso mal celato, seguì la sorella e visionò gli abiti che aveva scelto per lei. Tutto sommato era qualcosa di semplice: un tubino nero e scarpe col tacco.
“Direi che può andare.” commentò soddisfatta.
La più piccola subito esplose in un gridolino di gioia stringendo le mani al petto: “Non sai quanto sono eccitata all’idea di andare per locali stasera! E’ la prima volta che riesco ad uscire con dei tuoi amici, e per festeggiare te! Sarà una serata stupenda!”
L’altra non riusciva a provare il suo stesso entusiasmo. Era vero che Prim non era mai uscita con dei suoi amici. Ma ciò era dipeso soprattutto dal fatto che lei non aveva assolutamente tanti amici. Ad eccezione di Johanna. Ma non si erano mai frequentate spesso durante i weekend. La sorella non aveva mai conosciuto i ragazzi che aveva frequentato nel corso degli anni. Non aveva mai voluto. Non voleva che la sorellina conoscesse questo lato della sua vita.
Nonostante non fosse su di giri per l’evento, si decise a fare buon viso a cattivo gioco.
“Prim, forse questa sera potrei addirittura ubriacarmi.” commentò fingendosi pensierosa.
La più piccola sbuffò scoppiando a ridere: “Come se fosse la prima volta.”
 
Quella sera Katniss mantenne la promessa.
Il locale era un piccolo pub stipato di gente. Si trovava nel seminterrato di un palazzetto a tre piani ed era illuminato debolmente da luci colorate. In sottofondo, una band cantava live musica pop.
“Adoro questo posto!” commentò Annie quando lei e Finnick presero posto al loro tavolo. Il gruppo era al completo. Johanna, Rye e Peeta erano stati i primi ad arrivare ed erano, per un pelo, riusciti ad occupare un tavolo per sedersi.
“La musica è stupenda.” disse Prim ascoltando un vecchio successo commerciale che veniva reinterpretato dalla band.
“Anche io adoro questa canzone.” convenne Peeta.
“Allora dovresti sentire Katniss cantarla. Ha una voce stupenda.”
La mora subito avverti gli occhi del biondo su di lei: “Mi farebbe piacere.” commentò lui educato.
“Non succederà mai, Mellark.” rispose la mora bruscamente. Non si rifiutava per vergogna. Solo odiava cantare.
“Scommetto che, dopo qualche shot, cambierai idea.” si intromise Finnick, facendo segno ad una barista di portare da bere.
Katniss non era mai stata una grande bevitrice. Poteva elencare sulle dita di una mano le volte in cui aveva bevuto così tanto. Un paio di volte al college, un paio di volte con Gale. Quel venerdì, quello del suo ventiseiesimo compleanno, sarebbe presto entrato nella lista. Le bastarono pochi drink per lasciarsi andare. La testa le girava piacevolmente, un sorriso sornione le si era appiccicato al viso e davvero non riusciva a non smettere di ridacchiare alle battute che si scambiavano al tavolo.
“Se avessi saputo prima che bastavano tre shots per vedere il tuo sorriso, t’avrei fatto ubriacare già il primo giorno che ci siamo conosciuti.” commentò divertito Odair.
La mora gli rispose semplicemente ridendo. Normalmente un commento del genere avrebbe fatto guadagnare al giovane un’occhiataccia, ma quella sera si sentiva in pace con il mondo, rilassata. Nemmeno i commenti cattivi dei ragazzi avrebbero potuto rovinarle il momento.
“Io propongo un altro giro!” esclamò un’esuberante Johanna.
“Sì!” urlò rispondendo la mora.  
Alla fine dell’ennesimo bicchiere d’alcol, la ragazza vide la collega scambiare due chiacchiere col ragazzo della band. Mentre tornava al tavolo la Mason aveva un sorriso scaltro dipinto sul volto, gli occhi le brillavano, un misto d’alcol e malizia.
“Mi hanno appena informato dal pubblico che oggi è il compleanno di una giovane donna.” la voce del cantante attirò l’attenzione di tutto il tavolo.
Katniss scorse Peeta passare lo sguardo dalla band a Johanna. La mora iniziava a sospettare quello che stava succedendo.
“Vorremmo invitarla qui sul palco con noi per cantare assieme una canzone! Ragazzi fate tutti un applauso per Katniss Everdeen!” quando il frontman terminò la sua presentazione, i vari avventori iniziarono a battere le mani. I più rumorosi erano Finnick e Rye che, con poca grazia, la costrinsero ad alzarsi dal tavolo e avvicinarsi al palco. Normalmente la ragazza non avrebbe mai accettato di rendersi ridicola a quel modo. Ma quella sera nessun pensiero negativo attraversava la sua mente. Era giovane e voleva divertirsi come ogni ragazza della sua età. Quando prese posto sul palco, il ragazzo della band le mise avanti una lista di canzoni. La mora ne scelse una che conosceva e si girò verso la sala. I suoi occhi incontrarono quelli blu di Peeta. Sembrava divertito dalla scena. Ma non solo. La ragazza non si preoccupò di indagare oltre e iniziò a cantare i versi della canzone scelta.
 
“Look at the stars
look how they shine for you
and everything you do
yeah they were all yellow
I came along
I wrote a song for you
and all the things you do
and it was called yellow
So then I took my turn
oh what a thing to have done
and it was all yellow
 
your skin
oh yeah your skin and bones
turn into something beautiful
and you know
you know I love you so
you know I love you so
 
I swam across
I jumped across for you
oh what a thing to do
'cos you were all yellow
I drew a line
I drew a line for you
oh what a thing to do
and it was all yellow
 
and your skin
oh yeah your skin and bones
turn into something beautiful
and you know
for you I bleed myself dry
for you I bleed myself dry
 
it's true
look how they shine for you
look how they shine for you
look how they shine for
look how they shine for you
look how they shine for you
look how they shine
 
look at the stars
look how they shine for you
and all the things that you do”
 
Katniss si accorse che la canzone era terminate solo quando avvertì il silenzio attorno a sé. Aprì gli occhi, che non si era resa conto di aver serrato, e li fissò nuovamente sulla platea. I vari clienti per un attimo sembrarono ancora assorti nella musica, ma dopo pochi secondi un forte applauso stordì la mora che decise di scendere dal palco e di ritornare al proprio tavolo. A malapena riuscì a sentire il cantante che la salutava col microfono. Al tavolo tutti i ragazzi sembravano sbalorditi.
“Ve l’avevo detto! Katniss ha una voce bellissima.” iniziò con tono orgoglioso Prim.
“Idiota, perché non ci hai mai detto di avere una voce del genere!”
Finnick, Rye ed Annie subito iniziarono a complimentarsi con lei. E a quel punto, si sentì soffocare. Non voleva cantare. Non voleva che qualcuno sapesse che aveva una bella voce. Non voleva che gli altri le ricordassero come era intonata. Con la scusa di volere un po’ d’aria si diresse velocemente fuori dal locale.
L’aria fresca le gelò il viso accaldato. Era un sollievo. All’interno del locale le mancava il fiato, non riusciva a respirare.
“Tutto bene?”
Ancor prima di voltarsi Katniss sapeva a chi apparteneva quella voce.
“Che ci fai qua fuori, Peeta?” gli chiese freddamente.
“Volevo sapere se andava tutto bene. Ho visto che sei letteralmente scappata qui fuori e non volevo che ti sentissi male.” le rispose dolcemente.
“Tutto okay, grazie.” gli disse solo.
Il ragazzo la osservò per un po’ combattuto. Lo vide aprire la bocca varie volte, per poi richiuderla prima di proferire parola.
“Cosa vuoi dirmi, Peeta?” gli chiese allora lei impaziente.
L’altro le sorrise: “Non credo che tu abbia voglia di sentirtelo dire, ma è più forte di me. Dio, Katniss hai una voce stupenda. Forse non ho mai sentito nessuno cantare come te. Giuro, quando eri sul palco, tutti sono rimasti in silenzio, incantati a guardarti. Non un rumore di bicchieri, né di passi, né clacson delle auto. Dio, se ci fossero stati degli angeli, anche loro sarebbero rimasti in silenzio pur di ascoltare la tua voce.”
La ragazza si sentì arrossire. Le parole di Peeta erano cariche di meraviglia e stupore. Le sue labbra erano curvate in un sorriso dolcissimo. I suoi occhi, fissi nei suoi, sembravano illuminare l’intera città. C’era solo una cosa che voleva fare in quel momento. Qualcosa che non avrebbe mai voluto fare. Qualcosa che non avrebbe mai dovuto fare. Qualcosa che non si era mai permessa di fare. Forse era l’alcol, forse era il calore che le parole del ragazzo le aveva acceso dentro, forse era solo attrazione. Ma quando d’impulso strinse le sue braccia attorno al collo del giovane e posò le sue labbra su quelle morbide e calde di lui, sentì quanto tutto quello fosse giusto. Come tutto fosse naturale. Come si sentisse protetta.
E quando quelle sensazioni furono comprese dal suo cervello, le ci volle tutta la sua forza per staccarsi dal ragazzo e mormorargli a fior di labbra: “Questo non è mai successo.”
 

 
Anche questo capitolo è finito! Stiamo entrando nel vivo della storia. Adesso le cose iniziano a farsi più divertenti. Come sempre ringrazio tutti quelli che hanno recensito la mia storia, chi l’ha inserita tra le preferite/ricordate/seguite, o chi l’ha semplicemente letta. Spero che continuate a seguirla, recensirla e leggerla. Vi auguro una buona Pasqua!
Un bacio,
Serena
 
P.S.
Se vi interessa, la canzone riportata nel testo è Yellow dei Coldplay. Ascoltatela se avete tempo, non ne rimarrete delusi! ;)
   
 
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