Libri > 13 - Th1rteen R3asons Why
Segui la storia  |       
Autore: Son of a preacher man    19/04/2014    1 recensioni
«Sono a conoscenza del fatto che questo vi sembri un normalissimo video, ma sapete... chi meglio di me può ricredersi su quanto certe piccole convinzioni possano rovinarti la vita?»
Ispirato a 13, di Jay Asher, con personaggi di un'altra mia storia, ma non è necessario averla letta per capire ciò che succede in questo spin-off.
Genere: Malinconico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Threesome
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
⁞ Terzo video ⁞
“La gente che sputa nel piatto in cui mangia”
 
Con uno schietto movimento di indice, sposto il secondo video e mi ritrovo il terzo davanti ai miei occhi arrossati. Clicco play, istintivamente.
« Le docce. Non sono il posto migliore per stare tranquilli e in pace con se stessi ed il proprio corpo? ».
Merda, sono io.
Una volta abbiamo parlato di quanto mi vergogni a lavarmi in un posto pieno di specchi come gli spogliatoi della palestra scolastica.
Appoggio la tazza di camomilla (ormai fredda ma ancora piena) sul tavolo, prima di leccarmi le labbra screpolate con la lingua, ancora più secca.
« Quando mi riparo sotto quel getto d’acqua, sento ogni singola gocciolina accarezzarmi il corpo. Se è acqua calda, poi, ancora meglio... ma, a volte, ti becchi quella fredda. In quei casi, potevo contare sul calore di Alberto Ferri. Oh, santo cielo, le sue coccole erano le migliori. ».
Sospiro, l’ho schivata.
Le ultime parole sono accompagnate da un rumore: qualcuno ha bussato alla porta.
Guardo l’orologio.
Sono le undici e quaranta, chi cazzo potrebbe essere?
Fermo il video, raggiungendo la maniglia.
La afferro, sperando che sia Dan.
Lo giuro, spero davvero che sia lui. Non mi interessa di Fabrizio.
Voglio sapere che Daniele sta bene, che è vivo. Anche che deve nascondersi da me, non importa!
Invece no, il cuore mi si spezza quando vedo Giulio, completamente fradicio, davanti ai miei occhi.
Sono sorpreso di trovarlo qui; non mi aspettavo proprio che mi seguisse dalla festa fino a casa.
Mi ha visto piangere quando stavo tornando a casa con gli zii, ovvio che sia abbastanza curioso.
Sto per invitarlo ad entrare, quando lui mi abbraccia.
Effettivamente, non devo apparire al massimo della felicità. Non sono neanche presentabile, al momento.
Non voglio nemmeno fissarmi allo specchio, figuriamoci farmi vedere da un bellissimo ragazzo che molto probabilmente ha un debole per me.
I suoi ricci rossastri sono praticamente impermeabili alla pioggia da quel che vedo, quindi non gli dico nulla se non di togliere le scarpe e di parlare a bassa voce.
- Che è successo?
- Daniele. Si è suicidato.
Rimane in silenzio.
Non sa cosa dire, non lo conosceva e a malapena conosce me. Si sente sicuramente fuori posto, ma ho altro cui pensare.
- E il bello sai qual è? Prendendo ispirazione da un libro che gli ho consigliato di leggere, ha deciso di lasciare dei video su Facebook dove spiega quali persone lo hanno condotto a quella scelta.
- ... Tu rientri tra queste?
- Ero uno dei pochi che parlava con lui, quindi sì.
Lui si siede sul divano, mentre io afferro l’I-pad con un allungamento assurdo, che mi fa ritrovare spaparanzato sul tavolo della cucina come un lunghissimo prosciuttone.
Appena mi rialzo con l’aggeggio tecnologico in mano, becco in pieno Giulio intento a fissarmi il sedere.
Porca troia, mi dimentico di indossare una semplice toga con sotto i boxer.
Che figura di merda, Dio mio.
- Vuoi vederli insieme a me? – mi chiede lui, farfugliando e nascondendo il viso dentro il suo maglione color porpora, forse per non far notare il suo rossore imbarazzato.
- Io li guardo, se vuoi unirti fai pure... tanto ormai è diventato un caso di Stato.
- Cosa?
- Ha sputtanato tutto. Dai nomi, ai fatti, ai segreti... tutto, di persone cui sicuramente la vita cambierà d’ora in poi.
- E tu?
- Io ne ho visti due, per ora. Guardali, io intanto mi faccio una doccia.
Lui mi osserva, senza sorridere. Di certo non si aspettava di trovarmi in condizioni simili.
Mi tolgo la toga, dopo essermi assicurato che Giulio avesse iniziato ad ascoltare il video introduttivo e che, quindi, non fosse in grado di guardarmi a torso nudo.
Con delicatezza, mi infilo tra le vetrate della doccia e aziono il flusso d’acqua.
Ricordo ancora quella discussione con Daniele come se fosse avvenuta ieri.
Dan si era dimostrato un ragazzo d’oro.
Il club di teatro aveva appena finito di provare il numero di ballo che avremo inscenato questo inverno per il Festival Invernale di Musical (FIM). La professoressa insisteva per farmi partecipare, nonostante non sia un ottimo ballerino né tantomeno abbia una resistenza di chissà quale atleta professionista.
Dopo due minuti ero completamente sudato, inondato più da gocce di vergogna e pressione piuttosto che di fatica e stanchezza. Perciò, dopo una sclerata assurda da parte della professoressa, sono andato negli spogliatoi, pronto per una veloce doccia.
Non so come mai, ma lui è arrivato poco dopo.
Dan è stato il primo ragazzo a guardarmi negli occhi anche quando ero a torso nudo.
- Dovresti andare male apposta.
Mi girai all’improvviso, coprendomi con una piccola salvietta azzurrissima che, invece di nascondere, metteva in risalto la mia pelle pallida.
- Per il numero di danza. Dovresti tipo cadere ogni volta, così la professoressa non ti farà partecipare.
- Beh, non è che abbia tanto bisogno di fingere.
Ridemmo insieme, per la prima volta. La prima di una lunga serie.
Dan mi aveva colpito per la sua schiettezza. Mi aveva osservato ed era venuto a parlarmi, a darmi un consiglio.
Ovviamente lo cacciai dagli spogliatoi poco dopo, ma era decisamente entrato nel radar delle persone che consideravo interessanti.
Esco dalla doccia assieme all’enorme quantità di vapore che occupa l’intero bagno e le superfici, ormai appannate, dello specchio.
Grazie al cielo, almeno non rischio di vedermi, neanche per sbaglio.
Ritorno in sala, Giulio mi fissa negli occhi.
- Stai pure in accappatoio.
- No, figurati! Non voglio traumatizzarti. – gli rispondo, ridendo.
Lui si alza, lasciando l’I-pad sul divano, e mi raggiunge.
Cosa vuole fare?
Continua a scrutarmi negli occhi come per rendere glaciale la mia iride, già di suo molto chiara.
Mi pietrifica, cosa che Fabrizio non faceva da tempo.
Sorrido, spontaneamente.
Mi scompiglia i capelli, prima di aprire il frigorifero.
Oh sì, fai pure come se fossi a casa tua.
Voglio dire... sono geloso del mio cibo.
- È un malato.
- Cosa?
- È un malato. – ripeto, con insistenza.
- Sì, avevo capito, ma in che senso?
- Fare dei video del genere... distruggere la gente. Non era da lui.
- Finiamoli e basta. – aggiungo poco dopo, sedendomi sul divano e cliccando il Play del terzo video.
- Popcorn? – mi chiede Giulio, estraendo una confezione già aperta.
Lo squadro malissimo, quindi tace e si posiziona vicino a me.
« Alberto è molto conosciuto nella scuola. È stato capitano della squadra di basket, ma quest’anno ha ceduto il titolo al suo amichetto coglione, quel Giorgio. Non ho mai capito il motivo di quella scelta. »
Alberto Ferri lo conosco. Di vista, almeno, dato che quelle volte in cui abbiamo incrociato i nostri sguardi, durante gli allenamenti, mi ha solo sorriso.
Un metro e ottantacinque di ragazzo moro, sorriso smagliante e occhi piccoli, color nocciola. Indossa solo felpe dai colori più anonimi, jeans e scarpe rotte. Non deve navigare nell’oro, ma è una persona su cui ho sempre fantasticato. E non ero il solo, dato che a una festa si è ubriacato e si è fatto una cosa come sette persone, tra ragazze e ragazzi.
Sapere che se la spassava con Dan, santo cielo, mi sconvolge e non so nemmeno il perché.
Alla fine, so un sacco di cose su una persona che neanche sa che esisto. Però quando scopro nuove notizie sul suo conto, ci rimango male.
Conosco meglio alcuni VIP della mia scuola rispetto a me stesso.
Non ha senso.
« Ci siamo incontrati durante l’ora di ripetizione. Non sono per niente bravo in matematica e la cosa mi ha sempre divertito. Voglio dire, ho una mente molto aperta e pronta ai calcoli. Non aritmetici forse, ma sono preparato a calcolare le conseguenze delle mie azioni, in qualsiasi momento. Altrimenti non perderei tempo con voi: mi sarei già spiaccicato sull’asfalto davanti casa mia. »
Giulio si rannicchia: ha freddo.
Apprezzo che sia qui, con me. Non vorrei nessun’altro al suo posto. No, nemmeno Fabrizio o i miei genitori.
Lui. Il suo attento silenzio.
Potrei giurare di averlo visto distratto molto spesso, pronto a fissare ogni singola goccia d’acqua cadermi dal cappuccio fino a raggiungere la punta del mio naso. A quel punto, attende qualche secondo prima di precipitare sulla “v” formata dal mio accappatoio, che lascia intravedere un petto pallido e con la pelle d’oca.
Sono tentato di girarmi improvvisamente e dare conferma alle mie supposizioni, ma sono troppo preso dai video per concedermi tale soddisfazione.
« Praticamente, ogni giovedì pomeriggio ci parlavamo. Parlavamo di tutto, tranne che di matematica. Non è colpa tua, Alberto, tantomeno mia. Quando c’è alchimia, c’è e basta. Sia chiaro: mi pento infinitamente di essermi concesso così, come nulla fosse, sotto le docce degli spogliatoi. Ma, avanti! Sei così bello e colto. Hai fascino, quello che io non potevo riavere dopo ciò che era successo in America. Tu ancora non lo sapevi, nessuno lo sapeva a parte me. Quindi sì, quel giovedì sera, invece di fare matematica prima della verifica che avrei avuto il giorno dopo, sono venuto con te negli spogliatoi. Sapevamo come sarebbe finita. Le voci sulla mia omosessualità erano ormai confermate, tu volevi sperimentare... e ci siamo ritrovati sotto l’acqua, quello splendido contatto cristallino, a baciarci con una passione notevole. Ed è divertente il fatto che in quella verifica mi sono beccato addirittura un sei e mezzo. »
Fermo un attimo.
- Ho voglia di popcorn. – confesso a Giulio, che si alza subito e va a prendermeli.
- Sei molto gentile. – mi complimento poco dopo, guardandolo. Lui arrossisce, sorridendomi.
Riprendo la visualizzazione appena si siede di nuovo al mio fianco, avvinghiandosi al mio braccio.
Sul mio viso compare un sorrisetto esaltato.
È come se fossimo una tenera coppietta intenta a guardarsi l’ennesimo film d’amore, no?
Peccato che il finale, al contrario di molti altri, sarà tutto tranne che lieto.
« Sai, ero convinto, per chissà quale arcana ragione, che il giorno dopo non mi avresti più parlato. Saresti sparito dalla mia vita, nella quale eri entrato solo per una scopata casuale e irripetibile. Voglio dire, ti piacciono le ragazze, no? Me l’hai sempre detto. Allora perché ogni giovedì pomeriggio finivamo per pomiciare nei bagni, nelle aule vuote, dietro ai giardinetti, nello sgabuzzino e nelle docce? Oh sì, ci siamo fatti tantissime volte, Albe. Non negarlo. Ho mantenuto il tuo segreto a lungo. Non avrei detto a nessuno delle nostre “vere ripetizioni”, mentre tu avresti fatto in modo che la squadra di basket mi lasciasse stare. »
- Oh, da qua la so anche io. – avviso Giulio, spostando il braccio.
Lui mi fissa, incuriosito, quindi interrompo il video.
- Vedi, io sono la mascotte della squadra. Cioè, ero parte ma... sono negato per gli sport, quindi mi vesto da porcellino d’india gigante e vado a tifare per il team.
Lui ride.
- Hey, sono molto energico, quando voglio. – gli confesso, sorridente.
Noto poco dopo il doppio senso della frase. Lo leggo nei suoi occhi, dove stanno avvenendo le peggiori porcate.
Non so come faccio a scherzare in una situazione simile. Forse devo ancora rendermi conto che domani non saluterò Dan, né tantomeno parlerò con lui.
Non sarà per un’influenza, nemmeno per un trasferimento.
Potrebbe essere morto. Se solo sapessi cosa intende con “vera casa”... andrei a salvarlo. Non mi interessa di Giulio, della pioggia, del buio. Cercherei di trovarlo e riportarlo a casa.
Perché non permetterò che il “ciao” sia la nostra ultima parola.
- Comunque, Giorgio e altri due compagni della squadra di basket hanno cominciato a sfotterlo. Prima dandogli del “frocio”, poi facendogli trovare le peggio minacce nei libri... addirittura sulle lavagne, prima delle lezioni. Nessuno diceva niente, nemmeno io dato che ancora non era iniziato teatro e quindi non avevo avuto occasione di parlargli – racconto a Giulio, tornando naturalmente serio.
Mancano due minuti di video, poi non so se vedrò gli altri o mi dedicherò a intrattenere l’ospite.
Non in quel senso, sia chiaro.
Sono ancora fidanzato, per quanto sono certo che Fabri non si sia nemmeno accorto della mia assenza.
« Beh, non l’hanno fatto. Sono arrivati a importunarmi anche durante le lezioni. Per qualche strano motivo, hanno avuto il mio numero di telefono e si sono finti un ragazzo gay. Li ho beccati subito, sia chiaro, sono stati così furbi da fingersi prima un “ragazzo molto magro e biondo”  per poi passare per un “ragazzo rosso, con lentiggini e muscoli” ».
A Dan scappa una tenerissima risatina, soffocata dalle lacrime che percorrevano il suo volto fino a un video fa.
Giulio sembra quasi commosso, mentre io sono ancora spaventatissimo di ciò che potrebbe dire sul mio conto.
« Fino ad allora, non avevo intenzione di inserirti tra le ragioni del mio suicidio. In fondo, non eri tu a scegliere cosa facevano gli altri. Sarebbe bello controllare la mente altrui, ma sono sicuro che, anche in quel caso, non li avresti fermati. Una volta, in corridoio, ti ho beccato in pieno mentre parlavi male di me. »
Cazzo, Dan, è ovvio che doveva prenderti in giro! Se ti avesse difeso, la squadra si sarebbe accorta che tra voi c’era qualcosa.
« Ti sei messo a raccontare di quanto mi divertissi a leccare le matite durante ripetizioni, di quanto avessi paura che ti saltassi addosso da un momento all’altro... ma non ti sei dilungato, sai? Non ti sei dilungato, raccontando quanto ti piaceva quando ero io a leccartelo, ogni giovedì, negli spogliatoi. »
Merda, Dan. Questa cosa non la condivido, per niente.
« Sai? Se non ti avessi sentito sputtanarmi, avremmo scopato come conigli ancora e ancora. Sfortunatamente, ho scoperto che anche tu ti divertivi a parlarmi dietro. Ho sempre odiato la gente che sputa nel piatto in cui mangia... quindi, eccoti. Sia chiaro, mi dispiace non essermi fatto trapanare dal tuo aggeggio ancora per un po’, ma sparire dall’attività di ripetizioni era la cosa migliore da fare. E il peggio doveva ancora arrivare. »
Il video si interrompe.
Giulio mi guarda, io guardo lui.
- Cioccolata? – chiedo, imbarazzato, abbassando lo sguardo.
Lui annuisce, mentre ci alziamo.
- Lascia stare, faccio io. – insiste lui, spingendomi delicatamente sul divano.
Io annuisco, sorridendo.
Amo essere viziato.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > 13 - Th1rteen R3asons Why / Vai alla pagina dell'autore: Son of a preacher man