Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Smaugslayer    19/04/2014    3 recensioni
Sono passati due anni da quando Sherlock ha lasciato la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts tra urla di dolore.
Di lui, John Watson conserva solo tre libri e un ricordo che si sbiadisce ogni giorno che passa. Non ha più notizie del suo migliore amico da quando è stato rinchiuso all'Ospedale di San Mungo.
Finché non se lo ritrova davanti alla prima partita di Quidditch della stagione.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 2.



John salì in quota, scambiandosi cenni con Clarisse Weasley. Era una loro abitudine, decidere la tattica da utilizzare a partita già cominciata: John l’aveva proposto dopo averlo visto fare dai giocatori Babbani di rugby, e la sua compagna aveva accolto con entusiasmo l’idea.
 
Optarono per il deflected tackle, pericoloso, disorientante, complicato da attuare ed estremamente efficacie: uno dei Battitori si affianca al Cercatore in possesso della Pluffa, l’altro lancia un Bolide verso di loro, da deviare verso l’avversario più vicino che tendi di rubare la palla.
 
Non riusciva a concentrarsi.
 
Come avrebbe potuto? Sherlock era proprio sotto di lui, immobile. Dov’erano i Bolidi quando servivano?
 
Parte di lui non comprendeva tutta quella rabbia. Si stava accanendo in modo innaturale contro il proprio migliore amico… eppure gli sembrava l’unica cosa giusta da fare. L’unica reazione plausibile. La prima regola della Bibbia del Battitore(*) era “Buttare fuori il Cercatore”, e lui l’avrebbe messa in pratica.
 
“…Hooper passa a Campbell, che viene intercettato da Weasley, che passa a Hawthorne, che schiva un Bolide di Jones e passa a Damon che tira e segna! Dieci a zero per Grifondoro!” urlò Mary Morstan.
 
Ottimo, poche decine di secondi ed erano già in vantaggio.
 
I capelli di Sherlock erano incredibilmente mossi. Così scompigliati dal vento gli donavano un’aria malinconica e letale.
 
Per Merlino, perché non l’aveva nemmeno guardato? Era diventato invisibile, per caso?
 
“Il bolide, Watson!”
 
John si riscosse appena in tempo per non essere colpito, e roteò la mazza a casaccio.
 
Maledetto Holmes.
 
 “Grifondoro segna! Venti a zero!” annunciò Mary Morstan.
 
Sherlock non riusciva ad individuare il boccino, e così nemmeno Charlie.
 
“…Abernathy passa a Damon, che passa a Hawthorne… che passa di nuovo a Damon che segna! Trenta a zero per Grifondoro! Santo cielo, Taylor, coprili quegli anelli!” si lasciò sfuggire la cronista.
 
Clarisse colpì Molly Hooper a una spalla, semi-disarcionandola dalla sua Nimbus. John notò con piacere che l’avversaria non riusciva più a muovere il braccio.
 
“John! La tre-uno-uno!” gli rammentò la compagna.
 
John non la ascoltò.
 
Per tre volte cercò di colpire Holmes. La prima, il Cercatore non fece altro che spostare un po’ la scopa; la seconda sfrecciò semplicemente via prima di entrare nel mirino del Bolide; infine, si avvalse dello Sloth Grip Roll(**), una tecnica che consiste nell’appendersi alla scopa a testa in giù tenendosi stretti con mani e piedi.
 
La verità, che mai John avrebbe ammesso, neanche a se stesso? Era fiero di Sherlock. Il suo vecchio amico si stava dimostrando un ottimo giocatore.
 
“A quanto pare John Watson deve affinare un po’ la mira!” lo prese in giro Mary nell’ilarità generale.
 
Mentre le sue prestazioni erano scarse, la partita stava andando alla grande. In breve tempo erano in vantaggio di almeno cinquanta punti, e continuavano a segnare; Corvonero, invece, arrancava faticosamente per portare dalla sua qualche goal.
 
Non si era neanche accorto di seguire Sherlock. Quando l’avversario prendeva quota, anche lui si alzava. Se si spostava verso destra, lui lo seguiva.
 
Si era completamente dimenticato del deflected tackle, e questo causò non pochi problemi. Ad un certo punto, iniziò accidentalmente a volare accanto a Damon. Notandolo, Clarisse spedì loro un Bolide colpendo John in pieno petto.
 
L’aria fuoriuscì dai polmoni del ragazzo; era come se il Bolide lo avesse svuotato di ogni singola particella di ossigeno, azoto o di qualunque cosa si nutrissero le sue cellule. In qualche modo, riuscì a non cadere dalla scopa.
 
“Vargas a Richard, Richard perde la Pluffa, Hawthorne…”
 
Cosa accidenti fai?” sbraitò Clarisse accostandosi a lui.
 
“Datti una svegliata, Watson!” esplose una voce amplificata.
 
John si voltò verso il podio e vide che Mary era stata scansata da un ragazzo di Serpeverde.
 
“E tu fatti da parte, Moriarty!” protestò la cronista. “E lascia in pace Watson!”
 
Fatti da parte, lascia in pace il Battitore incapace!” la scimmiottò lui. Tutti sembrarono trovarlo molto spassoso.
 
“Ma insomma, quanti pregiudizi!” proseguì lui. “Io non sono qui per Grifondoro, anche se spero seriamente che perda! …
 
Ehi, Holmes! Hai intenzione di cercarlo, quel Boccino, o vuoi solo startene impalato in mezzo al campo a fare la modella per…”
 
“Ora basta!” sbottò Mary, e gridò qualcosa talmente in fretta che Moriarty non fece in tempo ad evocare un Sortilegio Scudo, e si ritrovò pietrificato.
 
“Dunque, novanta a quaranta per Grifondoro!” disse Mary, come se non fosse mai stata interrotta. “Abernathy in possesso di Pluffa, la passa a Damon, che viene bloccato da Hooper, che viene bloccata da un Bolide di Weasley - …Watson davvero, se non ti dai una mossa libero Moriarty, così continua a insultarti.”
 
John si riscosse e corse in aiuto di Clarisse, lanciando un Bolide a un Cacciatore di Corvonero e colpendo la coda della sua scopa.
 
Sherlock si spostava attraverso il campo come se si divertisse un mondo.
 
Poteva persino sentirlo pensare.
 
“In base ai movimenti casuali del Boccino d’Oro…”
 
“Zitto, Holmes.”
 
“È possibile stabilire…”
 
“Secondo il calcolo della probabilità…”
 
“Grifondoro segna! Cento a sessanta, signore e signori!”
 
Il portiere di Corvonero era sempre più demoralizzato.
 
John spedì un Bolide a Sherlock, che lo schivò senza scomporsi troppo.
 
“Piantala di mirare a Holmes e muoviti! Ma dove hai la testa?” gli sbraitò Charlie passandogli accanto.
 
Sherlock era proprio sopra di lui.
 
“Damon ad Abernathy, Abernathy perde la Pluffa e la prende Vargas, Vargas in area di tiro…”
 
Un Bolide sfrecciava pericolosamente vicino a un Battitore avversario. Non potendo proteggere tutti i suoi compagni di squadra, John volò rapidamente vicino a Charlie.
 
Il Battitore colpì Rachel in mezzo alle reni prima che potesse segnare.
 
Mentre John gli era ancora accanto, il Cercatore esclamò: “Il Boccino!”
 
“Vai, corri!” lo incitò lui.
 
Charlie Weasley spronò la sua Nimbus e si gettò in picchiata verso terra.
 
Euforico, e desideroso di dimostrare di non essersi completamente rimbecillito prima della fine della partita, John contò sugli ultimi secondi rimasti per chiamare Clarisse. “Weasley! 2-1-0!”
 
La sua compagna diede un cenno di assenso e indicò il Bolide più vicino. Entrambi si avventarono su di esso, pronti per una delle azioni più fighe che i Battitori potessero compiere, la Dipple
 
Un fischio.
 
 “Duecentodieci a centotrenta per Corvonero!” Mary Morstan era in preda all’euforia.
 
Avevano…?
 
Sherlock Holmes non si godeva la vittoria. Non girava per il campo levando alto il Boccino d’Oro, non si beava degli applausi dei tifosi, non ascoltava il coro festante di “Sher-lock! Sher-lock!” in suo onore. Consegnò il Boccino a Madama Bumb e lasciò il campo, senza nemmeno aspettare lo sciame di fan esaltati.
 
Avevano perso. Avevano perso.
 
Charlie atterrò gettando lontano la scopa. Aveva un’espressione omicida negli occhi.
 
“Ero lì, porca Morgana!” imprecò. “Ero a meno di tre metri dal Boccino e questo si gira e si infila nella manica di quel cazzo di… neanche l’avesse appellato!”
 
“Charlie!” urlò Clarisse. “Seriamente? Corvonero?” La ragazza scese dalla scopa prima ancora di aver toccato terra, e si avventò contro il proprio Cercatore. “Non riesci a prendere un Boccino giocando contro… Corvonero?” l’indignazione rendeva la sua voce acuta e penetrante.
 
“Quello Holmes è un mostro! Perché te la prendi con me?”
 
“Non me la prendo solo con te, Weasley” sibilò lei con voce mielosa. “Me la prendo con te, con Damon che non sa tenere in mano una Pluffa –e , Damon, ti avrei già buttato fuori se almeno non fossi in grado di ficcarla in uno di quei fottutissimi anelli-, me la prendo con Rachel, me la prendo con Abernathy, me la prendo con Denis che ha fatto passare tre tiri, e me la prendo con lui” il Capitano puntò irosamente il dito contro l’altro Battitore “perché non ha fatto un cazzo per tutta la partita, ed è inutile…” ormai stava praticamente sputando le parole.
 
Motivo numero uno per cui Grifondoro era tanto forte: era terrorizzata dal suo Capitano, assolutamente incapace di perdere.
 
“…che tu ti faccia tutti i tuoi schemini se poi giochi di merda… sai quante volte hai mancato quel cazzo di Holmes, Watson? Cinque. E per il novanta percento della partita, se qualcuno non ti avesse avvertito ti saresti fatto buttare giù dalla scopa. È così che hai intenzione di giocare questa stagione? Eh?”
 
Lo stadio si stava rapidamente svuotando.
 
Denis, il portiere, teneva un braccio attorno alle spalle di Rachel; Abernathy era impietrito, Damon stava seduto a terra a strappare ciuffi d’erba, e John e Charlie si scambiavano occhiate.
 
Improvvisamente, Clarisse scoppiò a piangere.
 
Motivo numero due per cui Grifondoro era tanto forte: odiava vedere il proprio Capitano in lacrime.
 
Era una cosa talmente innaturale da risultare insopportabile.
 
“Possiamo ancora vincere…” mugolava Clarisse. “Era solo la prima partita… manca Tassorosso contro Corvonero e Corvonero contro Serpeverde e Serpeverde contro Tassorosso e noi contro Tassorosso e Serpeverde e… e ce la facciamo, vero? Settanta punti non sono mica tanti… ce la facciamo…” Abernathy le si avvicinò con circospezione e iniziò a darle piccole pacche sulla schiena.
 
Damon si alzò e annunciò che sarebbe ritornato in Sala Comune.
 
“Gli allenamenti sono mercoledì alle sei!” gli ricordò John.
 
Anche Rachel e Denis raccattarono le loro scope e lasciarono il campo, seguiti a breve da Abernathy e una Clarisse ancora scossa dai singhiozzi.
 
“Mi spiace” disse Charlie quando furono rimasti soli. “Ma per Merlino, Sherlock Holmes! Ma come mai non ti ha salutato?”
 
“Non lo so, è stato questo a mandarmi fuori di testa… e non so nemmeno perché, era tutto troppo… strano.”
 
“Pensi che parlasse davvero di te, dicendo che uno di noi non sarebbe riuscito a giocare?”
 
“Sì, di sicuro, mi conosce troppo bene. E Clarisse era l’altro, perché noi lavoriamo in coppia: il deflected tackle funziona in due.”
 
“Che cos’hai intenzione di fare, ora?”
 
“Cosa intendi?”
 
“Sai benissimo cosa intendo… con Sherlock. È il tuo migliore amico!”
 
“Non più, a quanto pare.”
 
“Sì, vabbè, come dici tu.” Charlie sogghignò. “Torno dentro anche io, ormai qui non c’è più niente da fare. Vieni? Tra poco inizierà a piovere.”
 
“Tu vai, ti raggiungo. Voglio stare un po’ da solo.”
 
Charlie gli gettò un’ultima occhiata e lo lasciò lì, scomparendo al di là degli spalti.
 
John non si era accorto di non essere l’ultimo. Ritornando verso il castello, Mary Morstan aveva deviato attraverso il campo da gioco e ora gli si era affiancata.
 
“Per quello che vale” esordì, senza alcun cenno di saluto “non sapevo nemmeno io che sarebbe ritornato. Credevo che fosse ancora al San Mungo, non sapevo nemmeno che avessero trovato una cura.” Sembrava sincera, e di questo lui le fu grato. Annuì. “Ci vediamo in giro, John Watson.”
 
Osservò la sua figuretta esile allontanarsi da lui come avevano fatto tutti gli altri.
 
John si distese sull’erba umida, incurante del gelo che gli afferrava le ossa, e fissò il cielo grigio.
 
Sei invulnerabile, tu, non hai il tallone d’Achille,
andrai avanti, e quando avrai prevalso
potrai dire: qui molti hanno fallito.
 
Eliot aveva ragione, dopotutto(***). Sherlock Holmes era invincibile. Aveva sconfitto la malattia, e il suo migliore amico. E lui, il miglior Battitore che Grifondoro avesse mai avuto, si era lasciato distrarre dall’avversario come un banale dilettante… ma perché Sherlock non l’aveva mai degnato di uno sguardo?
 
Non poteva… non poteva aver rinunciato alla sua amicizia. Era una cosa che John mai e poi mai avrebbe tollerato.
 
Presto incominciò a scendere una pioggerella sottile, e il campo fu sommerso dal fango.
 
John rimase lì, ad occhi chiusi, fradicio, incurante.
 
Restò immobile fino all’imbrunire. Da qualche parte nel castello, Grifondoro piangeva la sconfitta.
 
Sentì un rumore di passi simili a risucchi, ma non vi prestò attenzione.
 
Da qualche altra parte, Corvonero e i suoi sostenitori stavano festeggiando la vittoria.
 
Sherlock stava…
 
Davvero aveva rinunciato a lui?
 
“Ti prenderai un raffreddore” disse una voce.
 
John alzò gli occhi verso la persona in piedi dietro di lui.
 
I capelli corvini gli si erano incollati al volto; la camicia aderiva, umida, al suo busto.
 
Sherlock Holmes gli sorrideva dall’alto. Ah, quel sorriso che tanto John aveva bramato di rivedere.
 
John si mise a sedere, e il nuovo arrivato gli si accomodò accanto a gambe incrociate.
 
“Ciao, Sherlock.”
 
John si passò nervosamente una mano fra i capelli.
 
“Sei qui dalla fine della partita?” domandò Sherlock, perplesso.
 
“Deducilo.”
 
“Sì, e hai pure dormito. E sei tutto sporco di fango.” Il giovane Corvonero fece una pausa prima di ricominciare a parlare con tono innaturale. “Non sei felice di rivedermi? Non provi ad… abbracciarmi, o che so io?” chiese infine allargando le braccia.
 
“Non fare il coglione, tu odi gli abbracci. E da come hai schivato quei Bolidi prima, figuriamoci un abbraccio … uno Sloth Grip Roll, Sherlock? Seriamente? A te il Quidditch non interessa neanche!”
 
“Non c’era molto da fare, al San Mungo. L’ho riconsiderato. E poi dovevo parlarti.”
 
“Hai appena fatto perdere la mia squadra per parlarmi?” si accigliò John. Tuttavia, percepì una stretta al cuore al suono di quelle parole.
 
“Sì, più o meno. Be’, a parte per quello Sloth Grip Roll. Ti ho mai detto che è sempre stato il mio sogno eseguirne uno? Tra l’altro, tu e Weasley dovreste cambiare numeri. Sai, per gli schemi. Dubito che Anderson e i suoi Serpeverde ci arriveranno mai, ma noi Corvonero li conosciamo quasi tutti.”
 
“Tipico” sbuffò John.
 
Sherlock distese le gambe e si stiracchiò come un vecchio gatto. Rimase in silenzio.
 
 
 
(*) da “Il Quidditch attraverso i secoli”
(**) insomma, abbiamo capito
(***) riferimento a Th. S. Eliot (e al primo capitolo)
 
 
Spazio autrice:
Insomma, lo sappiamo tutti: Sherlock non ha scuse. Che sia una finta morte o altro, non ha scuse per essersi praticamente dimenticato di John.
 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Smaugslayer