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Autore: Corvo Azzurro    19/04/2014    0 recensioni
Piccoli, dolorosi tagli comparivano lasciando colare sangue misto ad una sostanza nera, dall’odore nauseabondo.
Il silenzio ed il vapore contornavano la figura oramai impietrita della ragazza, che interruppe quel quadro osceno con un urlo.
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Genere: Avventura, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
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L'aria di New York, così intensa e caotica, cominciava a farsi sentire.
Appena scesa alla stazione, Aliki non fece in tempo a guardarsi attorno che un giramento di testa l'assalì e fece per cadere. Una donna lì vicino l'aiutò a rialzarsi e la portò verso una panchina, mentre ripeteva qualcosa in quell'inglese rozzo e sporco.
Quando finalmente la ragazza capì cosa le stava chiedendo rispose in italiano invece che in americano, tanto che la donna la guardò del tutto estranea a ciò che aveva detto. La signora riprovò:
- Sei straniera? - chiese dunque, con un tono piuttosto dolce. Era una di quelle donne che parevano inglesi anzi che Newyorkesi. Capelli bianchi consumati dagli anni, guance rosse, occhi vispi, tutta grassoccia e preoccupata. - Stai bene?
- Sì, ora va meglio.
- Grazie al Cielo. Lì, in fondo alla strada c'è una fontanella. Bevi un po' d'acqua così poi starai meglio. - continuò la donna. - Io ora vado, quest è il mio treno. Fai buon viaggio, cara! - E dicendo queste ultime parole se ne andò, lasciando Aliki totalmente sola.
- G-grazie, credo. - Disse mentre salutava con la mano in lontananza.
Rimase per un po' di tempo a fissare la folla che passava indaffarata. Tutta quella gente presa dai propri pensieri, chissà dov'era diretta ?
Sospirò, alzando gli occhi al cielo, respirando come avesse corso allungo.
" Sta attenta."
Aliki si guardò attorno, chiedendosi da dove provenisse una voce tanto profonda.
Se l'era solo immaginata, forse il mal di testa le faceva brutti scherzi.
Dopo essersi rinfrescata alla piccola fontana e aver percorso qualche metro, senza però allontanarsi dalla stazione, decise di contattare il suo amico Geremy, perchè è da lui che sarebbe andata a stare per il momento.
Da quando i suoi genitori erano venuti a mancare era rimasta in Italia con sua zia, nonostante le sue origini americane. Aveva poi deciso che avrebbe cominciato una scuola professionale di fotografia e arte, proprio a New York, la città originaria di suo padre Lawrence.
Assieme a Geremy, avrebbe frequentato quella stessa scuola. Lui era partito il giorno del suo sedicesimo compleanno, poco prima di Aliki, data la loro differenza d'età che li separava di un anno e mezzo circa.
Poteva essere strano per una ragazzina di sedici anni partire per una grande città totalmente sola,ma dopo la morte dei genitori, sua zia era diventata praticamente menefreghista nei suoi confronti, quindi che lei avesse deciso di drogarsi o di sposarsi, non le avrebbe fatto ne caldo ne freddo.
- Pronto, Aliki?
- Geremy... indovina chi è arrivata con una settimana d'anticipo?
- Aly-chan! Avresti dovuto avvertirmi! - Geremy era da sempre un appassionato dei manga e degli anime, un Otaku vero e proprio, per questo era solito chiamare l'amica con strani soprannomi come " Aly-chan " o " Aly- nyan ". - Dove sei ora?
Sono vicino la stazione del treno, dove c'eravamo messi d'accordo, ' Gerard '.
- Dammi dieci minuti e... non chiamarmi così!- Detto questo riattaccò il cellulare.
Incredibile ma vero, dopo qualche pesante minuto, Aliki avvistò l'amico che probabilmente stava cercando proprio lei; così, senza farsi notare, l'attaccò da dietro, abbracciandolo alla vita.
- Woah! - Geremy sussultò al tocco della ragazza che stava ridendo.
- Ehi. - Accennò lei.
- Wow Aly, un anno e... - Disse scrutandola dalla testa ai piedi. - Non hai guadagnato neanche mezzo centimetro...
- E tu neanche un po' di cervello, a quanto pare.
- Hai fame? - Chiese Geremy che, venne ricambiato da un sorriso.
Si diressero verso un ristorantino lì vicino, "Bistrot" e si sedettero di fianco alla vetrata in modo che, Aliki si sarebbe potuta godere la vista di quell'enorme città.
Ordinarono qualcosa, e chiacchierarono un po' del più e del meno, come si fa tra vecchi amici.
Poi presero il dessert. Lei un gelato banana-split e lui un semplice dolcetto di pasta frolla alla crema con una tazza di caffè nero bollente.
- Allora - disse il ragazzo con la bocca piena di crema al limone - Tu, e la tua vita sentimentale, come va?
- In che senso? 
Geremy alzò gli occhi al cielo - Sei fidanzata? - poi si leccò le dita soddisfatto e sorseggiò un poco di quel miscuglio che, ad Aliki, pareva nauseabondo.
- Ah, ti prego. I ragazzi non mi interessano.
- Sei dell'altra sponda? - avanzò il ragazzo giocando - Wow, che ficata assurda!
- No, Geremy. Sei tu che fai strane fantasie ! - Disse Aliki lanciandogli una mollica di pane ai cereali.
Risero entrambi, poi, dopo aver finito, pagarono il conto e uscirono. 
- Wow, New York è enorme! Ovunque ti giri c'è uno scorcio di città!
- Sì, è vero. Ma città così grandi hanno anche i proprio difetti, cara mia!
- Come ad esempio?
- Come ad esempio, gli stupratori, i mostri, i ladri e i brutti ceffi, come me! - Disse il ragazzo agitando le mani, per far spaventare l'amica che, rimase sconcertata e annoiata. - Faresti meglio a non girare sola dopo le dieci di sera, insomma. Specialmente tu, che sei una donna.
- Ah, e cosa dovrebbero farci proprio con me?
- Non sei così brutta come credi, signorina! - Urlò Geremy mentre scompigliava i capelli ad Aliki.
Ora che, lo guardava meglio, riusciva a guardarlo più come uomo, che come ragazzino sedicenne, anche se erano passati pochi mesi.
I capelli neri gli si erano allungati, incorniciando il viso smunto. Era molto magro e alto, ma sotto la maglietta aderente s'intravvedeva qualche muscolo.
Cose come le ciglia lunghe e gli occhi chiari erano rimasti gli stessi, così come il suo sorriso rassicurante e la simpatia da idiota.
Si diressero poi verso Church St. dove raggiunsero una grande palazzina grigia.
Geremy estrasse dalla tasca un mazzo di chiavi con cui aprì il portone principale, per poi cominciare a salire quell'interminabile scalinata di marmo.
- Non potevano metterci un ascensore? - chiese Aliki esausta dopo la terza rampa.
- C'è,ma è fuori uso, mi spiace.
- Ah no, figurati, fosse colpa tua...
Si fermarono davanti una porta di legno con una targa sul centro che portava il nome del ragazzo.
Geremy dunque mise una chiave nella serratura ed entrò con una spinta.
- Ora, potresti aspettarmi qui un secondo?
- Certamente - rispose la ragazza con un ampio sorriso. Forse Geremy stava solo mettendo un po' in ordine la sua stanza, dato che lei era arrivata senza alcun preavviso.
Era da circa dieci minuti che aspettava fuori l'uscio della porta, così decise di sedersi sulla scalinata lì di fronte, quella che portava al piano superiore. Interruppe la sua quiete un ragazzo, che sbucò dal piano di sotto. Aliki si alzò per farlo passare.
Poteva essere il tizio più strano che lei avesse mai visto : capelli completamente bianchi, occhi di colore diverso dallo sguardo perso. Il tessuto della sua maglia era ricoperto da sangue scuro, ancora fresco, a dire dall'odore orribile che emanava.
Passò silenzioso scrutandola e, dopo aver girato l'angolo, non le rivolse la minima attenzione.
Un brivido passò per la schiena della ragazza che si affrettò ad entrare nell'appartamento, lasciandosi sbattere la porta alle spalle. La prima cosa che vide entrando, fu Geremy con un'interminabile pila di fumetti che, saltarono assieme a lui, con il tonfo provocato da Aliki.
- Sono solo io.
- Ti avevo detto di non entrare, diavoletti!
- Diavoletti? Se dovevi mettere ordine, potevo anche aiutarti, sai?
- È maleducazione chiedere cose del genere all’ospite.
- Certo, e lasciarmi aspettare fuori casa con un vicino omicida e pazzoide?!
- Hai incontrato Stephen?
- Se è un probabile serial-killer allora sì.
- Non preoccuparti, è uno a posto. Lavora nella macelleria qui sotto.
- Contento tu… - Disse la ragazza mentre lo aiutava a raccogliere i manga caduti. Le capitò tra le mani un fumetto che s’intitolava “LovexHentai” e, dalla copertina, non poteva certo essere un fumetto per bambini.
- Ah, capisco perché volevi sbrigartela da solo…-Geremy arrossì d’improvviso e rubò il manga dalle mani di Aliki che si alzò sconcertata. 
- È solo arte! Ts, sciocca umana.
Aliki prese un cuscino del divano e lo tirò all’amico colpendolo in faccia. – Sei un pervertito. – Aggiunse ridendo.
Dopo aver cenato con un cheese burger e Coca-cola , fu come in paradiso farsi scivolare dell’acqua calda addosso.
Era stata una lunga giornata, quasi pesante. Avevano camminato tutto il giorno, riso e scherzato.
C’era una sola cosa che ad Aliki non andava giù. Non riusciva a togliersi dalla mente gli occhi glaciali del ragazzo del piano di sopra, quello Stephen che le pareva troppo ‘anomalo’ per essere un comune ragazzo della sua età, uno per bene, che lavora in una macelleria.
Tanto bello quanto strano e riservato. Una di quelle persone che ti piacerebbe osservare mentre dormono, quando ogni paura è lecita.
Così passò buona parte del tempo a fissare il soffitto, cercando di immaginare una soluzione migliore al “pazzo omicida” come lo aveva chiamato lei.
Le mani iniziavano a screpolarsi sotto l’acqua, così uscì e dopo essersi messa il pigiama, si ficcò sotto le coperte, a fianco a Geremy, che dormiva però a terra, dentro un sacco a pelo.
- Notte Geremy.
- Notte… Aly…- Rispose il ragazzo che già dormiva.​


" Capelli lunghissimi, sin sotto i piedi, d'un bianco opaco. Iridi color della luce, contornati dal sangue, occhi malvagi.
« Voglio uscire,ora.»
« Chi sei? »
« Demone di vita, demone di morte. »
Quella figura femminile avanzava verso Aliki, incapace di muoversi,paralizzata.
« Abrahel. Abrahel è il mio nome. »

“ Abrahel”

« Abrahel » Ripeteva Aliki « Abrahel »
Quella mattina Geremy era a fianco alla ragazza che s’era accucciata tutta d’un lato.
Il sudore gocciolava dal viso di Aliki che aveva il cuore a mille.
“È stato solo un incubo” Si disse per rassicurarsi “Solo un incubo.” 
Si ributtò giù a fianco dell’amico che cominciò a fissare.
- Che ciglia lunghe. – Fu la prima cosa che disse lei dopo aver visto Geremy sdraiato in una posizione del tutto innaturale. 
Coi capelli scompigliati e le gote rosse sembrava tornato ai suoi dodici anni, quando non aveva neanche i peli sotto il mento. Quelle estati meravigliose, passate sotto il melo di casa sua. Erano stati bei momenti, ma ora erano cresciuti. Lei era diventata una ragazza, almeno per quanto riguardava l’aspetto fisico.
Lui era diventato più alto, più bello, più uomo.
Eppure lei continuava a tornare a quei pomeriggi spensierati, senza riflettere al fatto che quella notte lui aveva dormito con lei.
Continuava a considerarlo il suo amico, la spalla su cui piangere quando era triste, com’era sempre stato.
Ormai sveglia, decise di alzarsi e di andare a preparare due tazze di cioccolata calda.
Così dopo essersi diretta in cucina, prese un pentolino e ci versò dentro del latte con del cacao in polvere, che mise a riscaldare sul fuoco lieve.
- Questa notte non hai fatto altro che urlare – A quanto pare Aliki senza volerlo aveva svegliato Geremy – e piangere, hai pianto molto. – Continuò deconcentrato.
-Così ti sei fiondato accanto a me?
- Sì, so essere molto dolce. – Rispose lui, grattandosi il capo – continuavi a ripetere “Abrahel”
- Abrahel…
- Sì, cos’è?
- Non ne ho la più pallida idea. Forse ho solo detto qualcosa che mi sono inventata.
Geremy fece spallucce e si sedette a tavola. – Latte caldo? – portava i jeans del giorno prima e una canottiera smanicata bianca.
La capigliatura arruffata e le labbra secche creavano disordine in quel ragazzo maniaco dell’ordine, per quanto riguardasse se stesso.
- Molto meglio, cioccolata calda.
- Mi farai diventare obeso.
- Così poi ti cucino. Senti posso andarmi a fare una doccia, o devi usarlo tu il bagno?
- Certo. Io uscirò un po’, ci vediamo poi.
- Ok. – Rispose Aliki che andò a prepararsi.
Prese dal borsone la biancheria e dei vestiti. Poi caricò dietro la spalla l’accappatoio di Geremy, dato che lei non ne aveva uno proprio.
A lui non avrebbe dato fastidio e poi, lei non avrebbe potuto fare altrimenti.
L’acqua cadeva libera sulla pelle di Aliki.
Quella sua, era pelle pura, con qualche lentiggine qui e li, talmente chiara da riuscire a vedere l’azzurro delle vene sulle braccia.
In quel momento, cominciò a riflettere a cose strane.
Continuavano ad occuparle la mente Stephen, il vicino di casa, e gli strani sogni che continuava a fare, anche da un po’ prima di arrivare a New York.
Aveva detto a Geremy che non si ricordava cosa avesse sognato o cosa potesse essere Abrahel.
In parte era vero, ma lei l’aveva vista:
Ali nere, capelli bianchi lunghissimi. E quegli occhi dalla pupilla color ghiaccio dal contorno cremisi.
“Abrahel” si ripeteva “Abrahel”
Le riprendeva a far male la testa, assieme al petto che le bruciava.
“Abrahel”
“Abrahel”
Quando tornò a guardarsi le braccia, queste si stavano arrossando, su diversi punti.
Sull’avambraccio cominciò ad annerirsi la pelle. Piccoli, dolorosi tagli comparivano lasciando colare sangue misto ad una sostanza nera, dall’odore nauseabondo.
Il silenzio ed il vapore contornavano la figura oramai impietrita della ragazza, che interruppe quel quadro osceno con un urlo.
“Abrahel” Continuava a rimbombarle la testa.
Sul petto, dove le bruciava maggiormente, compariva, incisa sulla pelle una mezza luna.
Presa dal panico Aliki cominciò, oltre che ad urlare, a scalciare, schizzando acqua e sangue nero ovunque, finché, non riuscì ad aprire lo sportello della doccia.
Si aggrappò senza forze all’accappatoio, appeso nel mobiletto davanti la cabina, che macchiò di nero.Poi cadde, fivole, completamente ricoperta dal vapore, col sapore del sangue in bocca.




 
  
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