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Autore: Bruli    19/04/2014    0 recensioni
Pioggia, fango, sudore: il profumo della libertà.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Il profumo della libertà


La pioggia scende dal cielo impetuosa, infracidendo ancor di più i miei vestiti bagnati. Le mie scarpe, che mi sono costate così tanto da non volerci nemmeno pensare, sono completamente imbrattate di fango. Come del resto anche la giacca, i pantaloni, i calzini, e probabilmente anche le mutante. Ho la vista offuscata dalla pioggia, ma la situazione mi è più che chiara. Probabilmente niente è stato così chiaro nella mia vita.
- Allora? - mi chiede visibilmente impaziente l'uomo barbuto. Ha in mano una pistola, ma nel suo sguardo da assassino riesco a cogliere una speranza tutta umana, molto più rispetto agli occhi freddi e distaccati di quegli spocchiosi per cui e con cui ho sempre lavorato e che per tutta la vita ho cercato di compiacere, stando alle loro stupide regole fatte di capricci. Incredibile come bastino poche ore per sovvertire completamente l'immagine che hai della vita. Credevo la realtà fosse quel mondo in cui mi ero ritrovato a vivere fin dalla nascita, rinchiuso tra le quattro mura di questa società succhiavita, fuori dalla quale non avevo mai messo manco la punta del naso. E ora, invece, la quarta parete è caduta, e mi sono ritrovato in uno spazio infinito non con la punta del naso, ma con tutto me stesso. In questa landa di cui avevo intuito l'esistenza, ma da cui ero sempre stato troppo impaurito per volerla scoprire.
L'uomo agita le spalle e muove concitato la mano con cui tiene la pistola, incitandomi a dare una risposta. Nonostante la situazione sia drammatica, nonostante sia consapevole di essere finito in un grosso guaio, nonostante l'uomo che ho davanti sia di quanto più anticonvenzionale e bizzarro io abbia mai incontrato sul mio percorso - soprattutto considerando che fino a stamattina gente come lui mi faceva ribrezzo -, non riesco in alcun modo a sentirmi minacciato. Probabilmente sono completamente impazzito, ma se la pazzia è questa, se la pazzia mi può dare questo senso di libertà e potenza, se è l'unica cosa che in un qualche modo, per quanto assurdo, mi fa sentire bene, allora preferisco essere un folle, piuttosto che trascorrere la mia vita tra quelle quattro luride pareti.
Sento le mie labbra screpolate per il freddo distendersi in un sorriso ironico. Chi l'avrebbe mai detto? Io, il signor Nessuno! Ho voglia di urlare, di gridare ai quattro venti "Guardatemi, guardato cosa sono diventato!". Di quel fallito che ero non è rimasto che un mero ricordo, ormai. Per fortuna.
L'uomo mi guarda interrogativo. Probabilmente si sta chiedendo se io non gli stia giocando qualche brutto scherzo. E se fossi ancora quella persona che stamattina si è svegliata come al solito con la sveglia delle sei e mezza, allora gli darei ragione. Ma io non sono più quell'essere, quella cosa insignificante e senza vita.
Rido. Rido forte. Come se mi fosse appena capitata la cosa più divertente al mondo. E in effetti, a pensarci bene, è così. Se solo ripenso a chi, anzi a cosa sono sempre stato, rabbrividisco. Ma i miei non sono brividi di aborrimento, ma di felicità. Sono il leone cresciuto in cattività che ha sempre conosciuto i limitati spazi di quella gabbia in cui l'hanno rinchiuso, dove hanno cercato ridicolamente di imitare il suo habitat naturale, che improvvisamente si è visto libero di quella pesante catena che gli circondava il collo. Ecco cosa avverto per la prima volta : il profumo della libertà. E sa di pioggia, di fango e di sudore. Ed è semplicemente meraviglioso.
Appena la mia risata sguaiata termina, mi accorgo che lo sguardo dell'uomo ha perso quella confusione che lo aveva assalito inizialmente. Ora mi guarda immobile, le braccia lungo i fianchi, la mano ancora a stringere la pistola. Sul suo volto compare un sorriso sornione. Fa un passo in avanti.
La pioggia continua a bagnarci impetuosa, apparentemente ignara del fatto che io stia decidendo di dire finalmente addio alla mia vita per gettarmi nell'ignoto. Anche se di me tutto si può dire, fuorché che ho vissuto. La mia vita, al contrario, è sempre stata all'insegna della sopravvivenza. Mai ho chiesto qualcosa di più di quello che bastasse per campare decentemente. Ma ora voglio vivere. Per la prima volta sarò io l'artefice del mio destino.
Sento i capelli appiccicati al volto e l'aria fredda della notte penetrarmi fin dentro le ossa, ma per la prima volta nella mia vita non mi interessa di essere nel bel mezzo di un temporale. Non sono più un uomo normale.
- Dentro o fuori? - chiede l'uomo urlando per sovrastare il rumore fragoroso dei tuoni, senza mai perdere quel sorriso di chi sa di avere la vittoria in tasca.
Mi chino recuperando la rivoltella gettata nel fango. Controllo di quanti proiettili dispongo ancora. Mi bastano. Ancora una volta un sorriso ironico mi caratterizza il viso. Mi avvicino piano all'uomo barbuto. I vestiti, resi pesanti dall'acqua, rallentano i miei passi, ma non ci faccio caso più di tanto. Lui sorride ancora. Sorrido anche io. Ormai sono davanti a lui, talmente vicino da poter sentire il suo respiro. Indietreggio di un passo e squadro quella faccia da schiaffi che si ritrova. Faccio ciò che ho desiderato fare fin dal primo momento in cui l’ho visto: gli sferro un pugno in pieno viso. Se fossi ancora quella persona qualunque, avrei ululato per il dolore alla mano. Ma io non appartengo più alla categoria della normalità. Lui indietreggia un po' per il colpo. Si porta una mano al volto che ha perso il sorriso. Si tampona il sangue che gli esce dal naso con la manica della camicia.
- Dentro, stronzo - dico con voce ferma.
Lui sorride di nuovo. Credo che dovrò sopportare questa faccia da schiaffi ancora a lungo, solo che ora probabilmente avrà il naso un po' storto. Pazienza, non farà nient'altro che incrementare il suo "charme".
Si passa la pistola nell'altra mano e mi tende quella libera. Faccio lo stesso e la stringo.
Cazzo, che buon profumo che ha la libertà!
 
  
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