Melene
sembrava
incredibilmente piccola e delicata tra le mie braccia, il suo peso
così leggero,
che la avvicinai ancora di più a me. Stranamente, la sua
testa s’incastrava
perfettamente contro la mia spalla. Sembrava che Melene
l’avesse piazzata lì e
poi si fosse addormentata, non che fosse svenuta. Non potevo credere
che fosse
svenuta.
In
un modo contorto,
l’intera faccenda dello svenimento si stava rivelando utile.
Non avrei dovuto
inventarmi qualche strana scusa per giustificare la mutazione del mio
corpo
alla comparsa della luna. Mi ero trasformato da uomo comune a lupo
peloso. Ma per
fortuna un istante dopo la fuga dell’orso,
le nuvole avevano nuovamente oscurato la luna, ridandomi il mio aspetto
umano. Sopra
di noi, nuvole scure ci avvolgevano. Stava per arrivare un temporale.
Incamminandoci
sulla
via del ritorno, forzai il mio sguardo in alto, invece che su
ciò che
trasportavo, focalizzandomi sul panorama. Alberi – un sacco
di alberi e foglie
a forma di acero, aghi di pino, pochi cespugli … uccelli che
saltavano di ramo
in ramo, scrollando le piume. Uno scoiattolo si stava incastrando nel
tronco di
un albero.
Guardai
in basso.
Folte
ciglia
ravvivavano guance più pallide del normale. In un certo
senso, mi ricordò
Biancaneve. Dio! Quanto suonava patetico. Biancaneve? Ma, le sue labbra
erano
socchiuse alla perfezione, ed erano rosee senza bisogno del trucco.
Il
fulmine esplose e
fummo avvolti dal profumo della pioggia. Mi assicurai che fosse ancora
incosciente come una gattina, poi accelerai. E per quanto mi muovessi
veloce,
la tempesta era imprevedibile. I cieli si aprirono, riversando acqua su
di noi
mentre lei era ancora addormentata.
Mi
ricordò James.
Non sarebbe bastata una bomba atomica per svegliare il mio amico.
Dopo
aver raggiunto
il Platano Picchiatore, rallentai. E scossi la testa, spargendo gocce
di
pioggia in ogni direzione. Con un bastone abbastanza lungo fermai i
rami dell’albero
e scesi nella Stamberga Strillante per prendere il mantello
dell’invisibilità,
che solitamente James lasciava lì per le emergenze.
Raggiunto
il portone
di Hogwarts, mi rilassai. Poi, coprii con il mantello il più
possibile i nostri
due corpi ormai fradici e m’incamminai .
Era
venuto il
momento di appoggiare il suo piccolo sedere su qualche panchina e
andarmene
alla velocità della luce.
Ne
raggiunsi
sospirando una e feci per metterla giù, ma lei si
raggomitolò ancora di più tra
le mie braccia. Mi bloccai, chiedendomi se fosse sveglia. Un rapido
controllo
mi fece capire che no, stava dormendo. Cercai di nuovo di metterla
giù, ma
questa volta fui io a fermarmi. Cosa avrebbe pensato se si fosse
svegliata da
sola?
Perché
m’interessava?
<<
Dannazione,
>> mormorai.
Dopo
aver
ispezionato il porticato con frenesia, come se fossi alla ricerca di
risposte,
ruotai gli occhi e mi diressi verso il terzo piano, nella stanza della
necessità. La stanza era semplice con un divano di pelle e
un tavolino,
d'altronde io avevo semplicemente chiesto “un posto dove
riposare e sistemarsi”
mi sedetti, ponendola di fianco a me. Continuai a circondarla con un
braccio
perché, conoscendo la mia fortuna, Melene sarebbe scivolata
dal divano e si
sarebbe spaccata la testa. E poi Daisy, mia sorella non che sua
migliore amica,
mi avrebbe ucciso.
Rovesciai
indietro
la testa e chiusi gli occhi. Perché ero andato da lei, oggi?
Noia? Se fosse
stato quello il caso, avrei potuto guardare gli episodi di
“Magic Investigator”
che avevo registrato con Sirius. Non avevo neppure riflettuto su quello
che
stavo facendo, fino a quando non le avevo chiesto di accompagnarmi per
una
veloce passeggiata mattutina e lei con un lieve sorriso aveva
acconsentito ed
era stato troppo tardi per pensarci.
Ero
un idiota.
Melene
mormorò
qualcosa e si fece più vicina, avvicinando la sua guancia al
mio petto. Si era
modellata contro il lato destro del mio corpo: coscia contro coscia. La
sua
mano era raggomitolata sotto il mio fianco, ed io iniziai a contare
indietro da
cento. Quando arrivai a settanta, mi ritrovai a fissarla – a
fissarle le
labbra.
Il
suo sopracciglio
si arricciò, le palpebre tremolarono come se stesse
sognando. Qualche ridicola
parte di me rispose ai suoi gesti – all’istante di
disagio che le deformò i
lineamenti, e le fece andare in tensione il corpo. Il mio pollice
iniziò a
muoversi lungo la parte bassa della sua schiena, tracciando pigramente
dei
cerchi. I secondi passavano, e lei si sistemò più
in basso, il suo respiro
profondo e regolare.
Quanto
avrebbe
dormito? Una parte di me non era preoccupata dalla prospettiva di stare
seduto
qui per ore. C’era qualcosa di profondamente rilassante nel
tenerla
abbracciata, ma allo stesso tempo era anche elettrizzante,
perché ogni
centimetro del mio corpo era conscio di quanto s’incastrasse
alla perfezione
contro di me, della posizione delle sue mani, dell’alzarsi e
abbassarsi del suo
petto.
Tutto
ciò era
equamente fonte di pace e tortura.
Quindi
perché non
rimanere semplicemente seduti qui?
Dopo
un po’, dopo
quella che allo stesso tempo mi era parsa
un’eternità e un momento pure troppo
breve, sentii Melene svegliarsi. Fu un processo lento che
iniziò con i suoi
muscoli che si tendevano, poi rilassavano e infine tendevano di nuovo
perché
aveva realizzato di essere sdraiata su di… me.
Le
mie mani rimasero
immobili, ma non le tolsi. Non che lei fosse sul punto di cadere a
terra di
faccia, ma … ma semplicemente non tolsi le dita, e la cosa
non mi rendeva
troppo felice. Serrai la mascella.
Melene
sollevò la
testa. << Che … cosa sta succedendo?
>>.
Oh,
sai, è comparso
un orso ma per fortuna c’era la luna piena è cosi
mi sono trasformato in lupo
mannaro. Aspetta tu non sai che sono un lupo mannaro, vero?
Be’ ora lo sai! Tu,
invece, ti sei afflosciata ai miei piedi come un fiore delicato. Quindi
ti ho
riportato indietro come un vero gentiluomo e sono rimasto seduto qui
per Dio
solo sa quanto e ti ho fissata tutto il tempo.
Sì,
non l’avrei certamente
detto.
Tirai
via il
braccio. << Sei svenuta >>.
<<
Davvero?
>> Si fece più in là, spostando
lievemente la massa di capelli lontano
dalla sua faccia.
Annuii.
<< Immagino
che l’orso ti abbia spaventato. Ti ho dovuto riportare
indietro >>.
<<
Per tutto
il tragitto? >> Sembrava delusa, cosa che
m’incuriosì.
<<
Che cosa …
Cosa è successo all’orso? >>
continuò.
<<
La tempesta
l’ha spaventato. I fulmini, credo. Ti senti bene?
>>
.
<< L’orso è
stato spaventato dal temporale? >>,
I
fulmini, che si
vedevano dalla finestra, illuminarono la stanza spaventandola.
<<
Così penso
>>.
<<
Siamo stati
fortunati, allora >>. Lanciò
un’occhiata in basso, inarcando le
sopracciglia, e quando le sue ciglia si alzarono, fui costretto a
costringermi
a continuare a respirare. C’era classe in quei suoi occhi
grigi – uno scintillio
che mi risucchiava dentro. << Siamo fradici come pinguini
>>.
Diedi
un colpo al
suo ginocchio col mio. << Penso che potresti restare
bloccata con me per
un paio di minuti almeno finche siamo cosi bagnati, non credo sia il
caso di
farci vedere dalla Mcgranit >> esclamai. Davvero, questa
era veramente
una scusa stupida per non andarmene. Avevo bisogno di qualcosa di
meglio – no,
quello di cui avevo bisogno era andarmene da li. Alzarmi e andarmene.
Ma lei
parlò di nuovo.
<<
Sono sicura
di assomigliare a un gatto annegato >>.
Quasi
preferivo i
gattini annegati.
<<
Sembri a
posto. Il look bagnato funziona su di te >>.
Si
accigliò.
<< Non credo proprio!>>.
Ero
un sacco di
cose, ma non un bugiardo. E apparentemente ero anche imprevedibile,
quindi non
mi resi conto di quello che stavo per fare finché non mi
allungai e presi il
suo mento tra le dita, inclinandole il viso verso di me.
<<
Non
mentirei riguardo ciò che penso >> dissi.
Melene
batté le
palpebre lentamente, e il mio sguardo cadde di nuovo sulle sue labbra.
I muscoli
mi s’irrigidirono al pensiero di assaggiarla. Probabilmente
mi avrebbe colpito
in faccia e poi mi avrebbe attaccato con quella sua lingua affilata
come un
rasoio.
Mi
appoggiai
davanti. <
<<
Capire
cosa? >> sussurrò.
La
mia attrazione
riluttante – la provavo.
Non
aveva reagito a nessuna delle
mie cazzate, e questo mi piaceva … un sacco.
Un
lieve rossore le colorì guance. Seguii quel
colore con il pollice.
<<
Mi piace guardarti
arrossire >>.
Inspirò
lievemente e
questo mi distrusse.
Avvicinando
la fronte alla sua,
mi spinsi al mio limite. Questa
era follia ma Melene profumava di vaniglia e fragole, io adoro le
fragole! La
sua
pelle era soffice, e le sue labbra sembravano ancora più
soffici.
Ero
intrappolato in
una rete dalla quale non riuscivo a fuggire. Una rete di Melene
… Posso
dannatamente garantire che non aveva idea di averla intrecciata. Era
una
bellezza ingenua, e ne avevo viste abbastanza nei miei diciotto anni di
vita da
sapere che era una rarità. Qualcosa di cui prendersi cura.
Melene era concentrata su di
me in un modo che
mi rendeva felice, totalmente sotto il mio controllo, e questo mi
stuzzicò in
un modo che non avrei mai desiderato.
Non
avrei dovuto, ma
lo desideravo … Dio, l’avevo sempre desiderato. E
se avessimo continuato,
saremmo finiti in un casino. Sapevo già cosa sarebbe
successo e non mi andava
bene. Non potevo, non volevo che scoprisse che cosa sono. E se avessi
continuato, allora sì, primo o poi lo avrebbe scoperto.
C’erano troppi rischi
che lei mi odiasse. Troppi rischi che mi disprezzasse. E io non lo
avrei mai
sopportato. Troppi per continuare …
Ma
lo volevo ancora.
Le
mie dita
scivolarono lungo la curva della sua guancia mentre la mia testa
s’inclinava.
Me ne sarei pentito – maledizione, c’ero quasi, ma
non mi stavo fermando. Le
nostre labbra erano a solo un respiro …
S’inumidì
le labbra
e il mio corpo fu attraversato da una scarica elettrica, le nostre
labbra si
toccarono. Nel momento stesso in cui le nostre labbra
s’incontrarono un brivido
mi attraversò il corpo e mi scappò un verso tra
il ringhio e il gemito. Avevo ragione
quel bacio era bollente come l’inferno. Cosi dolce come il
miele, così amaro
per quella stana disperazione e foga che provavo: la desideravo ma non
potevo,
volevo assaggiarla e gustarla ma non potevo. Poi quando ci staccammo
per
prendere fiato lei disse << non credevo fosse
così bello baciare un lupo
mannaro, il mio libro non ne parla>> piano come se stesse
parlando più a
se stessa che a me forse era proprio quello che stava facendo. A quelle
parole
m’irrigidii e mi voltai di scatto, la bocca mi si
spalancò << lo sapevi
?>> dissi con voce incredula e rocca. Lei mi guardo e poi
annuii. Mi
alzai subito e le diedi un’ultima occhiata silenziosa e mi
diressi verso la
porta. Non volevo sentire altro ne sapere altro.
Mi
girai verso la
porta. Dio, mi sentivo il più grande idiota del mondo.
Mi
afferrò per mano,
non avevo notato che si era alzata o che si era avvicinata
<< non andare,
per favore!>> mi supplicò, aveva un tono di
voce tremante e incerta ma
continuò << tu mi piaci per davvero e non
m’importa cosa sei>> poi
mi baciò. Quel bacio fu così tenero e dolce che
non potei non contraccambiare.
In
fondo a chi
volevo prendere in giro, io lo volevo eccome, lo volevo con tutta me
stessa.
<< e questo ?
>> le chiesi, quando
ci staccammo.
<<
questo è
per farti capire che voglio stare con te che non m’importa
chi sei o cosa
>>. La baciai.
<<
e questo
? >> lei disse.
<<
questo è
per farti capire che ci sto, fin quando tu mi sarai vicino io ci
sarò >>
esclamai.
<<
poiché io ci
sarò per sempre, tu ci sarai …>>
disse avvicinandosi con cautela.
<<
per
l’eternità >> conclusi io
sfiorandole le labbra con le mie e attirandola
a me.