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Autore: Melitot Proud Eye    19/04/2014    2 recensioni
[vecchio titolo -> Doveri]
«Thor, tu hai bisogno di una moglie.»
«Io ho già una moglie» dice lui. «E un marito, e un fratello e un amico. E sei tu. Non ho bisogno di sconosciuti nel mio letto.»

Doveri e desideri di due sovrani.
{Presso fuochi di campo e troni di re incoronati - XII}
[future!fic post-Avengers/TDW] [Thorki-Thunderfrost + Jarnsaxa/Thor]
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Presso fuochi di campo e troni di re incoronati'
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Nota: questo capitolo doveva introdurre la sostanza del prossimo... come no *ride* Sarà che amo tormentare questi due... I regret nothing
Scritto utilizzando il prompt Avengers, Loki, Jötnar e pittura rituale del corpo @piscina di prompt.
Breve glossario:
- bera e geta sono termini molto usati nelle fic estere per indicare "padre" e "madre" fra gli Jotnar; sono forme norrene antiche dei verbi "to bear" (portare, generare) e "to get" (ottenere, procurare) e non hanno vero genere, indicano piuttosto chi partorisce e chi ha iniziato la vita nel corpo dell'altro. Ahem.
- kýn = kin ("gente", "popolo")
La Linea d'Oro è farina del mio sacco, anche se la scintilla è partita dalle pitture di Avatar.
Buona lettura!
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Decisioni



I




Dal momento che Asgard è il regno dell'eterna primavera, svegliarsi coi brividi lascia Thor disorientato.
È steso sul suo letto, sopra le coperte; ha un braccio di traverso sul torso e le altre membra spiegate a volo d'aquila, la postura dei suoi sonni profondi.
Sopra di lui si innalzano le volte della camera reale. Nota distratto che qualcuno ha tolto la copertura del suo baldacchino, forse per pulirla. Non sta affatto male senza: con l'ultima lanterna viva, c'è un bellissimo gioco di luci sulle tarsie dorate del soffitto. Batte le palpebre. I suoi pensieri si focalizzano.
Non ha ricordo di essere andato a dormire.
Ripensa alla serata, e gli tornano impressioni di un sorriso, di suggestive schermaglie verbali. La profferta di Járnsaxa, esplicita in tutto tranne che in nome. Rammenta di aver preso degli incartamenti dallo studio per declinarla con giusto pretesto, questioni in sospeso da giorni... Dev'essersi messo a leggere a letto invece che alla scrivania. Sì, è andata così. Poche cose sono tanto soporifere.
Járnsaxa è impaziente; lo vuole ed è abituato a essere esplicito sui propri desideri – come del resto tutti ad Álfheim, dove non c'è vergogna nell'aperta sensualità. Presto la sua perspicacia avrà la meglio sull'infatuazione. Lo affronterà, e Thor non è pronto per fargli il torto di quel rifiuto. I bei giorni trascorsi insieme pugnalano la sua coscienza, il passato di un'altra vita gli sussurra promesse.
Ha la pelle d'oca. Da dove entra quel freddo?
Con un grugnito, si alza a sedere. Dal suo petto cade una cascata di papiri che planano qua e là.
Sospira, poi si stropiccia la faccia e si guarda intorno. Corruga la fronte. Prima si è sbagliato, non ci sono lumi accesi: i riverberi che ha osservato sul soffitto non hanno sorgente visibile; si muovono dolcemente, come la luce di una luna. E quel freddo...
Apre la mano e Mjölnir è con lui.
Che si tratti di un agguato teso con la magia?
È allora che, oltre l'arco d'accesso all'anticamera, vede le vetrate della terrazza socchiuse, e si chiama stupido per non aver guardato prima. Lo spiffero viene da fuori, benché sembri assurdo. Da quando suo padre ha lasciato il regno le antiche magie con cui costruì le difese si sono indebolite, è vero, e Loki rafforza sempre meno quelle che cristallizzano le stagioni in una lunghissima tarda primavera; ma Asgard è ancora il mondo dei giorni tiepidi. Non dovrebbe fare gelate.
Raggiungendo il vestibolo coglie un baluginio.
Avanza, sale con circospezione gli scalini che danno sull'esterno, protende un braccio e spalanca la porta a vetri. Mentre lo investe una folata d'aria pungente, i suoi occhi si alzano verso uno spettacolo inatteso.
Aurora, pensa.
Esce col capo gettato all'indietro.
Aurore boreali. Vivide e brillanti e alte su tutto il cielo di Asgard, come e più di quelle che ha visto a Midgard nella sua giovinezza. Là sono provocate dal potere di Sól. Ma qui... qui non esistono. Non dovrebbero esistere.
Jötunheim ha qualcosa di simile, un fenomeno che si manifesta quando le tempeste di seiðr incontrano i cristalli di ghiaccio sospesi nella sua atmosfera. Molti lo credono un segno di buona fortuna, o di cambiamento imminente. Possibile che...?
Oh, ne sarebbe capace.
Avanza sino al centro della terrazza, rilassando il braccio che tiene Mjölnir. Sul blu profondo del cielo, screziato d'argento, danzano festoni di luci: nascono fievoli sull'orizzonte marino per serpeggiare sopra le onde fino alla città, dove si dispiegano in pieno fulgore, proiettando colori su ogni palazzo, canale e giardino. Sul Válaskjálf rifulge la più bella, una corona degna della grandezza del regno. Thor inarca il collo per ammirarne tutta l'estensione, mentre il suo fiato sale in un soffio effimero verso il firmamento.
La gloria azzurra di quell'aurora muta dal verde in turchese, in acquamarina, per baluginare d'oro e rame verso le grandi montagne.
È uno spettacolo mozzafiato. Un messaggio venuto dal freddo insieme al freddo.
Thor inspira profondamente e si sente sorridere.



II


È pronto, ma non è pronto.
Vuole e non vuole. È il suo vecchio estenuante paradosso.
Angantyr ha ragione per più motivi di quanti non pensi; Loki deve prendere l'iniziativa, a beneficio del suo corpo, del suo trono, della sua salute mentale, ma soprattutto della sua felicità eterna, per la quale è indispensabile riprendersi Thor e metter fine a quell'inutile tortura.
(Oh, cosa gli era venuto in mente? Perché si è preoccupato della politica?)
Basterà presentarsi a Thor con le carte giuste. È per questo che gli ha lasciato quel manoscritto sulla scrivania: perché nel momento della verità sappia fino a che punto Loki fa sul serio e lo riaccolga a braccia aperte. Thor lo ama ancora. Lo amerà per sempre.
L'ha giurato.
Ma... ma. La Linea d'Oro sarebbe molto più di un simbolo, se chiusa ora – Loki sa che il capo guaritore dice il vero. Il suo corpo concepirà.
C'è poco da scherzare.
Loki osserva il suo riflesso nel ghiaccio solido delle pareti e si vede tirato in volto. È terrorizzato. Non è pronto per avere un figlio, non lo sarà mai, e quella paura è complicata da un groviglio inestricabile di vecchie percezioni, preconcetti e tradizioni. Quello che diranno i suoi vecchi nemici. (Argr. Ergi.) Quello che accadrebbe se la vita mostratagli dal Sonno delle Norne lo raggiungesse attraverso il tempo e le incarnazioni. (Madre di mostri.) Quello che dirà un giorno suo figlio, quando l'avrà deluso per l'ultima volta...
Non può generare nessuno ora, pensa. Probabilmente non ne ha neanche il diritto.
Ed è un uomo, non ha mai veramente smesso di considerarsi tale–
Ma allora come fare con Thor, come convincerlo senza usare la Linea? A meno che...
Alza la testa, muovendo lo sguardo sugli spazi e il mobilio sparuto del vecchio studio mentre pensa freneticamente.
Thor non sa niente della sua situazione. Non sa neppure quale sia il rituale intero della cerimonia, perché sul volume non ne è contenuto che un accenno. Lui soltanto lo conosce, poiché è lui il solo a custodire codici creduti persi.
Loki si sente risollevare l'animo. Può temporeggiare. Mostrerà a Thor la Linea, si unirà a lui davanti all'universo intero, ma gli impedirà di prenderlo come si prende una donna finché farlo non sarà sicuro. Usare la magia come prevenzione potrebbe non esser sufficiente, e non vuole correre rischi.
Sarà necessaria una buona forza d'animo, considerato lo stato in cui è, ma ha fatto cose ben più difficili e ci riuscirà, perché così avrà vinto. Niente più Járnsaxa intorno, un'unione anelata e niente figli. Thor non sospetterà.
È un piano perfetto.



III


Jàrnsaxa vede il libro, e al calare del buio il cielo è striato di luci eteree.
Pensa che sarebbe il momento perfetto per cercare Thor. E' l'atmosfera ideale, intima e romantica. Ma il tempo passa veloce mentre lui osserva dal balcone, pervaso da uno strano presentimento.
La seconda notte la sua risoluzione è più forte. Ignora la stranezza delle aurore e decide di andare, perché la fortuna favorisce gli audaci. Sgattaiola via per i tetti e rintraccia a memoria l'architettura degli appartamenti reali, arrampicandosi sui cornicioni e sulle spire lisce del Válaskjálf (chi impara a scalare i ghiacciai di Jötunheim non dimentica più come ci si arrampica senza cadere). Non è un viaggio lungo, in ogni caso. E quando arriva ha persino una gradita delegazione d'accoglienza.
Thor l'ha sentito arrivare. E' sotto l'arco centrale della terrazza, Gungnir in pugno e un'espressione esterrefatta sul viso. Lo guarda saltare sul pavimento, poi poggia la lancia contro il muro e si fa avanti, aprendo la bocca.
Jàrnsaxa lo bacia prima che possa rimproverarlo. E prima che qualsiasi cosa possa interromperli lo spinge dentro la camera, goffamente giù dagli scalini. È il quarto giorno da quando Loki-Re li ha visti attraverso lo specchio: se sono ancora vivi vale la pena approfittarne.
Alza le braccia e circonda il collo di Thor, gomiti sulle sue spalle poderose, petto contro il suo petto a premerlo contro una delle colonnine che sostengono l'arcata interna. Per pochi istanti il suo bacio viene ricambiato. Il suo corpo prende vita.
Poi Thor lo scosta con gentilezza.
Quando apre gli occhi lui sta guardando fuori, oltre la terrazza. Járnsaxa segue il suo sguardo e trattiene il fiato, perché le aurore si si stanno moltiplicando; sfolgorano con intensità quasi abbagliante. Ci sono fiaccole per le strade e sagome affacciate alle finestre.
Anche il freddo è aumentato, abbastanza da esser percepibile sulla sua pelle di Jötun. Il fiato di Thor è visibile.
«Siete voi?» chiede Járnsaxa.
Fortuna o cambiamento. Gioia o sgomento, diceva il suo geta guardando le aurore, e in un modo o nell'altro aveva sempre ragione.
Thor scuote la testa.
«Cosa accade, allora? Credevo che le Chiome di Ýmir non comparissero su Asgard.»
«Infatti» dice Thor, fronte increspata. «È molto inusuale. Molto.» Prende un respiro profondo, e quando continua il suo tono è quello risoluto di chi ha preso una decisione. «Járnsaxa» lo guarda, posandogli una mano sulla spalla «andresti a chiamare mia madre, per favore? Io andrò dai seiðrmaðr di palazzo. Abbiamo bisogno del loro consiglio.»
Adesso?, vorrebbe rispondere, deluso.
Ma Thor sembra preoccupato. Járnsaxa abbassa lentamente le braccia, lasciandolo andare.
«Dove volete che la conduca? Qui?»
«Il vecchio osservatorio. Te l'ho mostrato, ricordi la strada?»
«Sì.»
È il prototipo dell'osservatorio di Heimdall, una torre aperta millenni fa su tutte le direzioni, alla sommità del Válaskjálf. Per fortuna non ne sono lontani.
«Ti ringrazio.»
Járnsaxa lo scruta un istante, corpo che fatica a calmarsi sotto la semplice tunica color rame; poi annuisce e si avvia, uscendo stavolta – orgogliosamente – dalla porta principale.
Qualcosa non va, e non è solo il cielo di Asgard.



IV



E' la seconda notte di aurore, e fa molto più freddo. Le galassie sono nascoste alla vista.
Ai sensi di Thor l'atmosfera risulta pacifica. Ma se tenta di prenderne il controllo e disperdere le aurore, non risponde e rivela... un brusio di energia. Un potenziale. Per cosa? In attesa di quale scintilla?
Sta osservando il fenomeno con preoccupazione crescente dall'uscio della terrazza quando sente un rumore, e un attimo dopo Jarnsaxa entra nella sua visuale, saltando da un cornicione all'altro del palazzo con l'agilità di un equilibrista.
Thor si libera di Gungnir e a malapena ha il tempo di aprir bocca, allarmato. Járnsaxa lo raggiunge di slancio, gli prende il viso fra le mani e lo bacia, usando quell'impeto per spingerlo indietro, nell'anticamera. Inciampano nei gradini. Distratto, Thor dedica tutta la sua attenzione a tenere in piedi entrambi e gli ci vuole un po' di tempo per rendersi conto che sta ricambiando il bacio con un certo trasporto, Járnsaxa appeso al suo collo nonostante la discreta statura.
No.
Deve fare uno sforzo per non scostarlo bruscamente.
Se Loki sapesse. Se Loki vedesse – lui che ha occhi dappertutto...
E il suo sguardo scivola di nuovo verso il cielo.
«Jàrnsaxa...»
Quando lui è uscito in cerca di sua madre Thor si passa le mani sul viso, stanco. Spera che non ci siano cattive notizie. Spera sia solo un fenomeno passeggero dell'atmosfera, nata da un errore benigno delle rotazioni di Yggdrasil. E spera con tutto, tutto il cuore che Loki torni presto da lui.
La sua mente è sempre un aiuto inestimabile, e la sua compagnia un conforto che gli manca.
Ha appena finito di pensarlo che un rumore di carta fruscia per la stanza. Là, sulla mensola dello scrittoio. Un piccolo rotolo di pergamena sta finendo di arricciarsi sul legno d'ebano, volute di magia che si estinguono sui bordi con bagliori blu. Thor si avvicina, riconoscendo l'incantesimo. Dovrebbe essere inutilizzabile con le barriere di Asgard attive... a meno che non ci sia una breccia o, più probabilmente, che Loki non abbia trovato una scappatoia. Ma perché contattarlo in quel modo quando hanno gli specchi?
Gli basta toccare la pergamena per sapere che non viene da lui. Quella magia ha un'altra identità.
Fronte aggrottata, apre il messaggio; sono poche parole.
Il mio re e signore deve conoscer primavera, Padretutto. Usate questa informazione con saggezza, quando gli parlerete. A.
Non si sofferma neanche sulla firma.
"Conoscere primavera". È una vecchia espressione della Jötunheim nomade per indicare il periodo di figliatura delle mandrie. Se non fosse per il senso completo della frase Thor scoppierebbe a ridere, perché è anacronistico e assolutamente ridicolo, considerato a chi si riferisce. Ma le sue implicazioni...
"Deve", dice, non "può". Thor appoggia le reni contro i cassetti dello scrittoio e riflette, facendosi strada tra confusione e stanchezza.
Deve. Pensa a quel che sa degli Jötnar, della loro natura e delle loro tradizioni. Nella loro terra la fertilità è un dono ricoperto di toni sacri. E' anche una sorta di compulsione, a volte... perlopiù al disgelo, se le voci sulle feste delle tribù orientali sono vere. Dicono che non assecondare il bisogno di generare sia una tortura, per il corpo. Dicono.
Thor ha sentito anche troppe battute volgari quand'era una recluta di caserma, ma gli Jötnar sono riservati su questi argomenti e, per amor di diplomazia, non ha certo indagato. E non ha mai avuto l'impressione che Loki... a meno che finora non–
Scuote la testa, sconcertato. Loki non è un ragazzo, è un uomo da molto tempo, non può trattarsi della prima volta.
Ma è anche un'ívidja, ribatte il suo lato deduttivo, diverso. E ha trascorso secoli in un'altra forma.
Inoltre, quel "deve" potrebbe alludere alla necessità di cementare una volta per tutte l'alleanza fra gli Aesir e gli Jötnar. Quale pegno migliore di una discendenza comune?
Abbassa il messaggio.
Se davvero gliel'ha inviato Angantýr, il capo guaritore di Utgarð, è veritiero. Per un attimo il suo sangue si accende di gelosia, pensando a Loki in quello stato in mezzo a fior di guerrieri, gli stessi che vorrebbero eliminare Thor dal futuro di Jötunheim. Poi cerca di calmarsi e di riflettere.
Come dovrebbe usare quell'informazione? Trattare? Metter Loki alle strette?
(Come se non fosse pronto a volare da lui e marcare il territorio a qualsiasi prezzo.)
La pergamena gli si stropiccia fra le dita. Thor si stupisce che Angantýr sia riuscito a mandargliela a distanza di mondi, ma di sicuro gliene è grato. E' una conoscenza preziosa.
Un presagio di rivoluzione in mezzo alle mareggiate, come al solito.
Il messaggio gli brucia contro il palmo, arricciandosi fino a scomparire. Thor non ha più tempo di farsi domande. Sa di non essere solo ancor prima che i rumori del mondo esterno attutiscano, smorzati dalla magia. Si gira, lasciando cadere la cenere a terra.
La stanza è tutta un bagliore di aurora e lanterna. Il suo cuore accelera.
«Mostrati, Loki.»
Loki emerge dalle ombre che fiancheggiano l'armoire delle asce. Indossa il suo mantello di piume nere, chiuso dalla gola ai piedi, e ha il suo aspetto Jötun, il volto... macchiato?
Si guardano senza proferire parola. Poi Loki alza il mento e con un gesto altero si getta il mantello oltre le spalle.
Al riverbero delle lanterne, il suo corpo si accende di luce.
È quasi nudo: un kjálta di pelliccia argentata gli fascia il bacino sotto il ventre, ha gioielli a ogni dito e ogni più piccolo angolo del suo corpo è dipinto d'argento. L'incoronazione a re di Jötunheim aveva messo in mostra le linee del suo kýn, i segni coi quali gli Jötnar si identificano e che trasmettono alla progenie, per glorificare il suo diritto al trono. Queste invece sono linee della Vita. Seguono le forze e i flussi cardinali del corpo, e solo un seiðrmadr è in grado di tracciarle. Si chiede chi abbia avuto l'onore di assistere Loki. Forse le ha tracciate lui stesso.
Il suo busto cattura in pieno il bagliore e Thor la vede. Parte dal centro della fronte, sotto il rubino circondato di simboli, scende fra gli occhi, lungo il naso e sulla bocca, fino alla gola, e poi più giù, sul petto, dove si allarga. La sua traccia pura termina al centro del ventre, fiancheggiata da nastri d'argento.
Thor conosce quei segni. Li ha già visti miniati.
E' la Linea d'Oro dei re.
«Valoroso guerriero e sovrano» dice Loki, voce bassa e occhi ardenti. «Thor, figlio di Odino e di Frigga, noi ti salutiamo.»
Avanza lentamente. Thor trattiene il fiato.
«Noi, Loki-Re, siamo qui per farti grande onore. Noi ti offriamo il privilegio di esserci compagno, il dovere di esserci sostegno, e il diritto di darci eredi... senza competizione.» Frasi rituali. Loki inspira, unico segno del suo nervosismo. «Questo abbiamo detto, a questo attendiamo e pretendiamo risposta.»
Non ci saranno lotte, nessuna cerimonia pubblica. Solo il fatto compiuto: il sovrano che compare davanti ai suoi sudditi in piena panoplia d'accoppiamento reale, già avvenuto, linee distorte sul corpo.
In quel preciso istante, Thor vuole. Vuole Loki e un figlio. Era un desiderio senza nome lontano nel futuro finché non ha decifrato quel messaggio e visto coi propri occhi la Linea d'Oro – la linea che le sue mani rovineranno cingendo i fianchi del consorte. È a portata di mano. Può avere tutto: deve solo accettare.
Non può impedirsi un moto d'affetto al pensiero che Loki non smetterà mai di violare le regole. Al consesso degli anziani di Jötunheim verrà un colpo apoplettico per la sorpresa. Non ne sarà felice neanche il concilio di Thor, visto che prende i matrimoni di stato molto sul serio, soprattutto quelli interplanetari, soprattutto quelli del sovrano di Asgard. In particolare se sono col sovrano di Jötunheim.
Thor incontra lo sguardo di Loki, ma qualcosa lo trattiene. Attraverso le nebbie del desiderio ha abbastanza lucidità da capire che Loki progettava questa sortita da qualche giorno. E' stato lui a lasciare quel codice miniato sulla sua scrivania... tre giorni dopo che Járnsaxa è arrivato ad Asgard, il giorno dopo che si sono visti allo specchio. Angantýr doveva saperlo, ecco perché ha mandato il messaggio. La Linea d'Oro è un passo notevole, incredibile, quindi Thor cerca sotto il luccichio dell'oro.
La mossa tattica è facile da vedere. Loki non gli sta offrendo tutto, sta solo facendo la mossa più forte nel momento in cui la minaccia di Járnsaxa è maggiore. Deve ammettere che ne ha scelta una sconvolgente, nel suo stile migliore.
E' impossibile che sia passato dalla loro separazione politica alla celebrazione più totale e indissolubile della loro unione.
Da un lato, Thor è felice di averlo portato ad accettare il matrimonio; dall'altro deve combattere un'irritazione crescente.
«Mi stai dando tutto?» chiede.
L'esitazione di Loki è infinitesimale. «Sì.» E poi, mordente: «È abbastanza?»
Thor sorride. «È ciò che ho sempre desiderato. E riceverai altrettanto da me. Vieni qui.»
Protende un braccio. Lentamente, quasi incredulo, Loki si avvicina alzando la mano destra.
«...E dacci un figlio.»
È come se Loki pietrificasse. La sua mano resta a mezz'aria sopra quella di Thor, dita contratte, mentre il suo viso diventa una maschera.
Thor chiude il pugno sul suo.
«È il momento, vero? Ora sarà facile. Il tuo corpo è pronto.»
Non si accontenterà di un simbolo. Se Loki offre tutto, dovrà dare tutto. Posa gli occhi sul suo ventre e il cuore gli galoppa nel petto.
Loki impallidisce sotto uno strato di brina. «Come lo sai?»
E' vero, tutto vero.
«Importa? L'importante è non accetterò di meno... anche per la tua salute.»
«Presuntuoso bastardo» sibila Loki, livido. «Cosa credi di sapere?»
«O così o niente» ripete Thor, più gentile, cercando di attirarlo vicino. «Dico sul serio. E' tempo che ci apparteniamo come dovremmo: completamente.»
Dopo una lunga, silenziosa guerra di sguardi, Loki sussurra: «Sei crudele.»
E forse ha ragione, ma Thor non ha mai conosciuto altro che vittoria in battaglia. Questa – soprattutto questa – sarà sua. Perché in verità sarà loro.
«Non puoi chiedermi questo. Non sono pronto.»
Forse non lo sarò mai, è quello che non dice.
«Sei secoli sul trono di Jötunheim e ancora non ti sei riconciliato con la natura degli Jötnar?»
«Non è solo quello – anche se vorrei vedere te partorire piattole» sbotta Loki. «La verità è che non sono stato un buon fratello, tanto meno un buon figlio, e se vogliamo parlare di buoni esempi–non ho avuto neppure quelli!» 
«Stai parlando di mio padre.» La sua risposta è un ghigno amaro che Thor non vedeva da tempo. «Ma dimentichi che nessuno di noi due è lui.» Cerca di attirarlo più vicino. «E io sarò al tuo fianco ogni giorno, per impedirti di commettere errori, per far sì che tu m'impedisca di commettere errori...»
«Come se avessimo il potere di scongiurarli tutti!»
«Allora rimedieremo.»
Ma Loki indietreggia, guardandolo con l'aria di un cervo messo alle strette.
«Non chiedermelo.»
Thor esita.
«Non te ne senti degno» dice. È una rivelazione che avrebbe dovuto avere molto prima, in fondo. Scuote la testa. «Perché? Le mancanze di mio padre non si riflettono su di te, Loki, e quanto dovevi risolvere l'hai risolto molto tempo fa.»
Loki lo guarda col volto deformato.
«E se fallissi? Se rovinassi tuo figlio?» chiede. «Se partorissi un mostro? Hai già dimenticato cos'ero in quella vecchia vita, i figli che ho avuto?»
«Non si ripeterà» dice Thor, e la sicurezza nella sua voce è tanto forte che in un'altra situazione Loki sarebbe convinto.
«Desiderare qualcosa non lo rende vero
«Non si ripeterà.»
Loki lo fissa, occhi dilatati, petto che si espande e contrae affannosamente. I pugni che stringe contro i fianchi tremano e Thor è sicuro che lotteranno con ferocia, qui, subito, distruggendo ogni cosa come ai vecchi tempi.
Ma sebbene dalla gola di Loki erompa un grido di pura frustrazione, è su se stesso che muove. Si volta bruscamente e rientra nella linea d'ombra della camera.
«Loki–!»
Troppo tardi. È già svanito, assorbito dall'oscurità.
Thor lascia ricadere il braccio e sospira. Poi si passa una mano fra i capelli, tirando. Maledizione. Maledizione.
Fuori, l'aurora boreale danza su Asgard fino all'alba.



V


Come fa Thor a sapere–chi ha tradito il segreto–
Davanti a Loki, una fiaccola squarcia l'oscurità bronzata del corridoio. Ricorda la camera di Thor. Rivede il suo volto amoroso e implacabile, la mano profferta.
Perché è finita così?
Si ferma, e l'ira battagliera lo abbandona insieme a un respiro. Resta solo lo shock dell'esser stato colto di sorpresa, con la sua sensazione pungente di vulnerabilità. La detesta. Ogni volta se ne crede immune e immancabilmente qualcuno o qualcosa lo riporta coi piedi per terra, deridendo la sua superbia.
Lo scopo di Thor non era deriderti, dice una voce nei recessi della sua mente. Ti ha offerto un futuro...
Alle sue condizioni, pensa, ringhiando. Sempre e solo alle sue condizioni–
E tu non hai cercato di fare lo stesso? Su una questione così importante...
Era una decisione ponderata.
Ma quale delle due scelte è la più ragionevole?
Dalla gola gli sale un altro ringhio.
In quel momento non vuole esser derubato della sua rabbia; è l'unica difesa che ha, in questo corpo che freme per il tocco e il seme di–
Si gira verso il muro e taglia l'aria con un movimento del braccio, aprendo un passaggio nel tessuto di Asgard. Tornerà a Jötunheim, si sfogherà e quando sarà stanco forse, finalmente, rifletterà su tutto a mente fredda. Ma i suoi propositi hanno breve durata. Si infila nella breccia interdimensionale a passo sicuro – e sbatte la faccia contro una barriera.
Barcolla indietro, tenendosi una mano sul naso. La sua schiena incontra il muro bronzato del corridoio.
«Ugh.»
Cos'è? Una barriera – lì?
Da secoli controlla insieme a Thor le protezioni di Asgard; lo riconoscono e non possono rivoltarglisi contro. E se... fosse quell'imbecille di Thor che lo vuole trattenere? Ma non ha mai avuto finezza nel controllare barriere e affini; non ci riuscirebbe.
Apre gli occhi, continuando a massaggiarsi il naso. Le lacrime che gli son rimaste sulle ciglia rifrangono la luce delle torce, confondendo il punto dove aveva aperto la breccia.
Riprova più avanti, poi cambia piano, poi esce dal Válaskjálf. Niente. E' impossibile passare: l'accesso è sbarrato.
Che sta succedendo?
Lo coglie un pensiero: forse è colpa sua; forse la sua magia è impazzita per regalargli l'ultima umiliazione di quella pazzia. Di sicuro Asgard non è isolata – Heimdall se ne sarebbe accorto.
Forse dovrebbe andare all'Osservatorio, partire da lì e farla finita. Ma c'è una strana disturbanza nel tessuto magico di Asgard. Una disturbanza familiare, che gli asperge la bocca d'amaro nonostante non sia in grado di darle un nome. Che cos'è? Come ha fatto a non sentirla prima?
Poi i suoi occhi, finalmente, vedono. Si guarda intorno, cerca l'orizzonte.
Lo sovrasta un cielo infuocato di verde e viola.





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Magnifiche foto by Trichardsen @ trichardsen.deviantart.com

Fatemi sapere cosa pensate del capitolo - siete in tantissimi a seguire, e le recensioni sono il carburante che velocizza gli aggiornamenti! ;)

   
 
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