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Autore: Iaiasdream    20/04/2014    3 recensioni
IN REVISIONE
I sogni, chi può vivere senza? Non riesco proprio ad immaginarmelo. Possono essere: dolci, lugubri, nascondigli per i tuoi più profondi pensieri, ma fanno sempre parte di te, rappresentano l’io di una persona, e anche se non si vuole credere, loro sono inevitabili... rieccolo lì, il mio passato. Arciere che scocca la freccia nel mio punto debole: l’inconscio. Di sicuro è lui che lo manovra. Lui, con quegli occhi taglienti e beffardi, con quel sorriso strafottente, disegnati su un viso irresistibilmente affascinante, è ritornato repentinamente a invadere la mia vita, lui artefice della sofferenza che mi aveva imprigionato per un po’ di tempo. Perché stava ricomparendo senza alcun pudore? Perché ricordarlo in quegli atteggiamenti? Che cosa vuole da me dopo tutti questi anni, che non sono molti ma, ancora oggi mi sembrano un’eternità?
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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8.
VOCI INGANNEVOLI
 
<< … enti? Ea… senti… mi senti, Rea? >> continuavano le voci che riuscivo a malapena a distinguere. Avevo una nebbia fitta davanti ai miei occhi e nelle orecchie tappi d’acqua. Quando iniziai a sentire un formicolio espandersi nel mio corpo, i sensi iniziarono a riprendersi. La nebbia stava scomparendo e vidi la colorata chioma di mia zia in primo piano. L’acqua nelle orecchie scivolò via e i suoni si fecero più acuti.
<< Si è ripresa, menomale! >> era la voce di Rosalya. Mi accorsi di muovere le labbra, ma non sentivo la mia voce.
<< Ma cosa ti è successo Rea? >> chiese mia zia tremante, aveva gli occhi lucidi.
<< Ch’è s-successo? D-dove sono? >> chiesi sibilando.
<< Sei a casa, nella tua camera >> mi rispose.
<< Per l’amor di Dio, Rea! >> esclamò Rosalya << per quale motivo non mi hai detto che non sei mai stata ad un concerto? Se avessi saputo non avrei insistito! >>
<< Non importa, Rosalya >> risposi cercando di mettermi a sedere, ci riuscii a fatica sentendomi ancora la testa frastornata. Vidi Rosalya uscire dalla camera ed esclamare << Ragazzi, non preoccupatevi, si è ripresa! >>.
<< Chi c’è? >> chiesi incuriosita a mia zia.
<< I gemelli e Lysandro, ti hanno accompagnato loro >>
<< Cosa?!? >> chiesi trasalendo << questo vuol dire che hanno interrotto il concerto? >>
<< Non preoccuparti >> mi rispose Lysandro entrando in camera << domani ci sarà l’altro >>
<< Oh, ragazzi non sapete quanto mi dispiace. Mi sento in colpa >>
<< Non devi farlo! >> m’interruppe Armin inginocchiandosi vicino il letto e afferrandomi una mano << è molto più importante la tua salute >>
<< Ha ragione mio fratello >> intervenne l’azzurro sorridendomi.
La mano di Armin era liscia e calda, guardando i sui occhi sorridenti, mi sentii rincuorata e senza accorgermene strinsi la presa del moro, ricambiando il suo sorriso.
Ero ancora frastornata dall’evento che non mi ero accorta dell’assenza di una persona. C’erano i due gemelli, c’era Lysandro e Rosalya, ma del pervertito neanche l’ombra. “Che ti aspettavi? Di trovartelo ai piedi del tuo capezzale a pregare con un rosario in mano? Pff… figurati… avrà sicuramente accalappiato qualche pollastrella, e in questo momento chissà dietro quale cespuglio si sarà nascosto?
Ma che pensieri del cavolo hai? Non ti vergogni? E poi, che t’importa se non è qui? Meglio, altrimenti avrai dovuto sopportare le sue beffe del cavolo!”. Già cosa mi importava? Però, nel mio cuore sentivo la mancanza delle sue frecciatine e ci rimasi male.
 
 
Il giorno dopo, il mio sesto senso mi incitava a rimanere a letto, ma non ci feci caso.
“Che diamine! Non sono un animale, non posseggo il sesto senso, a meno che, non fu proprio un animale ieri a farmi svenire a mia insaputa, per trasmettermi i suoi poteri… ma Rea! Si può iniziare una giornata con questi strani pensieri nella testa?”.
Tirai un lungo respiro e spinsi il portone centrale per entrare nell’androne della scuola. Non appena vi misi piede, venni scambiata per un tirassegno, poiché le occhiate lanciate dai ragazzi intorno a me sembravano freccette dalla punta molto appuntita. Mi strinsi nelle spalle cercando di capire che cavolo stava succedendo.
I mormorii iniziarono a invadere il mio udito e tra questi percepii una frase che diceva << È lei? Non sembra proprio un tipo del genere >>, e ancora un’altra << invece è così, è svenuta interrompendo il concerto! Tutte mosse per far attirare l’attenzione su di se >>.
“Ma cosa sta succedendo? Va bene, ho interrotto il concerto, ma non vi sembra di stare esagerando?”. Alzai il passo per raggiungere la sala delegati e farmi dire da Nathaniel dove si trovava il mio armadietto. Vidi il biondo venirmi di fronte, lo fermai chiedendo l’informazione.
<< In fondo al corridoio l’ultima fila a sinistra >> mi rispose sfuggente. Cosa gli era preso? Perché aveva reagito in quel modo? Sospirai rassegnata e mi diressi verso l’indicazione data. Per fortuna trovai subito il mio posto e, spalancando lo sportello, mi nascosi dietro di esso cercando di non farmi notare. “Ti prego, fa almeno che il secondo giorno non sia peggiore del primo” pensai unendo le mani a mo’ di preghiera.
<< Non provi alcuna vergogna? >> chiese una voce dietro lo sportello. Guardai in basso, e vidi due gambe di lato vestite da jeans scuri. Lo riconobbi dalla voce.
<< Di cosa dovrei vergognarmi? >> chiesi indurendo la voce.
<< Pff… come si può svenire a un concerto? >>
<< Perché non lo chiedi alla tua musica? >>. Lo sentii sbattere qualcosa nel suo armadietto. Trasalii. Mi accorsi che lo sportello del mio armadietto si muoveva, mi voltai e lo vidi spostarsi per rivelare il solito sguardo del rosso.
<< Che vuoi? >> chiesi con una smorfia. Lui fece scorrere i suoi occhi lungo in mio busto e li fermò sulla vita.
<< Sono curioso di sapere che tipo di intimo hai oggi… posso darci un’occhiata? >>
Bruscamente, afferrai lo sportello e lo rimisi nella posizione di prima dividendo la nostra visuale << prova a toccarmi, e ti strappo le dita con i denti! >> mormorai minacciosa. Lo sentii ridere e vedendolo allontanarsi, tirai un respiro di sollievo. Chiusi l’armadietto e mi ritrovai circondata da sguardi e mormorii fastidiosi. “Ma cos’hanno tutti in questa scuola?”, cercai di non pensarli e mi diressi verso la mia classe, per mia fortuna di fronte la porta, trovai Kim che rideva con Armin, mi avvicinai a loro mostrando un sorriso.
<< Ciao ragazzi >>
<< Ehi, Rea! >> esclamò Kim, << Ho saputo di ieri, ti senti bene? >>
<< Certo, non preoccuparti, sono un osso duro >> risposi accennando un lieve sorriso. Mi accorsi che Armin mi stava guardando e sorrideva.
<< Che c’è? >> chiesi incuriosita.
<< Stavo pensando… >> rispose lui << che somigli molto alla Dea del mio nuovo videogioco >>
<< In che senso? >>
<< Anche se viene attaccata, lei rimane in piedi e continua a combattere fino alla morte >>
Ma che stava dicendo?
<< Ah, Armin, non iniziare con i tuoi paragoni! >> lo interruppe Kim << entriamo la campanella è suonata >>.
Entrammo in classe. Armin e Kim si diressero ai loro posti, e io cercai di trovarne uno libero, fu Armin a indicarmelo, era vicino il suo e dietro di me, con mia instancabile sorpresa, c’era Castiel, intensamente immerso nei suoi pensieri.
Mi andai a sedere, la cosa buona però era la vicinanza ad Occhi di ghiaccio. Non appena mi fui seduta, entrò il professore e mi chiamò alla cattedra per lasciarmi presentare. Detestavo quelle cose, non sapevo cosa dire. Iniziai la presentazione, ma fui subito interrotta dai bisbigli che invasero l’intera stanza. Mi guardai attorno smarrita, poi volsi lo sguardo verso il professore Faraize.
<< Che cosa succede? >> chiese lui dando due rumorosi schiaffi sulla cattedra per attirare l’attenzione degli alunni, che si zittirono subito. Continuai la mia presentazione, e quando mi accinsi a ritornare al mio posto, passando di fianco ad Ambra la sentii dire << Che schifezza! >>. “Ce l’ha con me? Credo proprio di sì… e cos’avrà voluto dire? Boh!”.
<< Bella presentazione >> mormorò beffardo Castiel, non appena mi sedetti.
<< Idiota >> sussurrai tagliente.
<< E allora dimmi… >> continuò accarezzandomi la schiena con una penna << se sono un idiota, per quale motivo non mi hai tolto gli occhi di dosso neanche per un attimo? >>
Mi girai irritata << Non dire idiozie! Non ti stavo guardando >> risposi bruscamente rigirandomi. Da dietro sentii una ciocca di capelli sollevarsi e lui ridere. Stava giocherellando indisturbato. Quei lievi movimenti mi fecero rabbrividire e forse lui l’aveva notato perché lo sentii sbuffare leggermente.
Quando suonò la campanella per annunciare l’ora di ricreazione, mi unii a Violet, Kim e Iris e ci dirigemmo in giardino. Intanto gli sguardi e i bisbigli continuarono a infastidire il mio udito. Allora cercai di trovare una risposta, chiedendo alle mie nuove amiche se sapessero qualcosa. A rispondermi non fu nessuna di loro, bensì Ambra che si avvicinò pavoneggiandosi e portando i capelli dietro la spalla.
<< E lo chiedi anche? Fai tanto l’eroina e poi sotto sotto… >>
<< Sotto sotto, cosa? >> chiesi innervosendomi.
<< Ma come, adesso fai la finta tonta? Sappiamo il motivo per cui sei svenuta al concerto, Castiel ce l’ha detto! >>
<< E che cosa vi avrebbe detto, Castiel? >> ribattei alzando la voce.
Quello che uscii dalle labbra della stronza fu più doloroso di quanto avessi mai potuto immaginare. Rimasi impietrita a guardare Ambra e le sue civette. Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Perché? Continuavo a chiedermi nella mente. Che razza di calunnia aveva inventato quel bastardo e perché l’aveva fatto? Forse per vendicarsi dell’interruzione del concerto? Ma si può arrivare a tanto?
Ambra continuava a sghignazzare, a fare smorfie disgustate e ad offendermi. Ma tutto questo non mi scalfì. Volevo solo una cosa: captare l’immagine di Castiel per sfogare su di lui tutta la mia frustrazione.
Senza dire niente, mi allontanai dal gruppetto ignorando i richiami di Kim.
Entrai nell’androne e iniziai a guardarmi intorno nel tentativo di scorgere quel maledetto. Purtroppo le mie ricerche furono interrotte da una comunicazione data alla radio da parte della preside, che mi diceva di recarmi nel suo studio.
“Maledetta arpia che diavolo vuoi? Non ti ci mettere anche tu!
E se ha scoperto la calunnia che Castiel ha messo in giro?”. Non volevo neanche pensarci, mi diressi velocemente nel suo studio, e cercai di mantenere la calma.
<< Cosa c’è, zia Camille? >> chiesi quasi tremando.
<< Dopo la scuola non ritornare a casa >>
<< Perché? >> ribattei ansiosa.
<< Be, semplicemente devi scontare la punizione di ieri, per non esserti presentata a lezione >>.
Rimasi allibita. Eccolo il mostro a due teste ridestarsi dall’oltretomba. La vera Camille stava risorgendo dalle acque del Cocito.
<< E… che punizione dovrei scontare? >>
Prima di rispondere sorrise beffarda, poi disse << Dovrai badare al mio adorato Kiki fino a quando non sarà finita la riunione… ah e mi raccomando, alle tre devi preparargli la pappa… >>
“Nonna, ma come hai fatto a tenere una sorella così… grrr… che rabbia!”. Dopo la lunga lista delle cose da fare per curare al meglio Kiki, ritornai in classe, decidendo di dissipare, per quel momento, la rabbia cresciuta repentinamente contro Castiel. Quando entrai lo vidi giocherellare con la penna, e quando volse lo sguardo verso di me, lo ricambiai con uno minaccioso.
Mi sedetti e lo sentii sussurrare << Perché sei in ritardo? Ti sei persa di nuovo o mi stavi cercando? >> non gli risposi, e mentre finiva la frase, rivolsi lo sguardo ad Armin chiedendogli di che cosa stava parlando il professore. Lui non contento, mi afferrò di nuovo la ciocca dei capelli, e io prontamente, gliela strappai di mano facendo attenzione a non farmi male, e raccogliendo i capelli me li portai ad un lato, poi per fargli capire meglio che doveva lasciarmi in pace, mi feci avanti con la sedia. Né lo sentii né lo vidi reagire. Se l’era capito?
 
 
All’uscita da scuola, Armin si offrì di accompagnarmi a casa, ma risposi che per mia sfortuna dovevo badare al cane della preside. Scorsi uno sguardo di disapprovazione nei suoi occhi, ma lui disse solo << Sarà per un’altra volta >> e se ne andò.
Mogia, mi incamminai verso il mio armadietto e prima di arrivarci mi trovai di fronte Castiel, con la cartella appoggiata a un lato della spalla, intento ad andarsene, lo sorpassai facendo finta di niente e mi recai all’armadietto. Non appena misi mano alla maniglia per aprirla, una mano bloccò il mio gesto fermando lo sportello. Era Castiel. Lo guardai sottocchio.
<< Togli quella mano >> mormorai fredda.
<< Mi stai evitando? >>
<< Ho detto togli quella mano! >> ripetei alzando la voce.
<< Dimmi perché mi stai evitando? >>
<< Hai anche il coraggio di chiedermelo? Spostati, o accanto a me rischierai di farti male >>
<< Ma che diavolo stai dicendo? >>
<< Io… io mi chiedo perché… >> continuai dando anche spazio alle lacrime che bruciavano per essere state trattenute da ore << Perché l’hai fatto? Mi ero anche scusata… non l’ho fatto apposta a svenire, non era mia intenzione interrompere il vostro concerto! >>
<< Cazzo, ti vuoi spiegare?! >> esclamò lui innervosito, afferrandomi le spalle.
<< Non mi toccare! >> urlai divincolandomi bruscamente. Lui non si arrese, mi afferrò il braccio stringendolo e ordinandomi di spiegargli.
<< Sei un bastardo Castiel! Perché hai detto a tutti quanti che sono svenuta perché avevo assunto stupefacenti? Perché mi hai calunniato in questo modo? >>
<< Che cosa?!? >> chiese lui allibito mollandomi il braccio << Cosa avrei detto io agli altri? >>
<< Adesso fai anche il finto tonto? Mi fai schifo! >> gli urlai spingendolo, e cercando di colpirlo sul petto, ma lui fermò le mie gesta bloccandomi i polsi con una forte stretta. Mi guardò con occhi che non avevo mai visto in quei pochi giorni che l’avevo conosciuto.
<< Sei patetica! >> mi disse mollando bruscamente la presa e andandosene.
Rimasi di ghiaccio. Perché quella reazione, ero io la vittima non lui, cosa voleva significare il suo sguardo? Non mi ero immaginata la sua reazione in questo modo. Forse mi era sfuggito qualcosa?
 
   
 
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