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Autore: Lullaby_Esteimer    20/04/2014    0 recensioni
La mia era una storia come tante altre, avevo avuto una normale vita, serena e tranquilla, insieme ad amici e familiari che mi volevano bene, con cui parlavo di tutto e di tutti. Ha volte, come in questo momento, ripetevo nella mia testa questa filastrocca in modo da auto convincermi, da renderla vera, da non pensare a ciò che era veramente vero. Tristezza, dolore, solitudine, disperazione, questo è stato ciò che ho passato, questa è e sarà per sempre la dura e cruda VERITÀ.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che questo è un testo del tutto inventato, non volevo offendere e prendere in giro nessuno, non mi permetterei mai. É una semplice prova, un esperimenti , spero che vi piaccia. Lulu

 

Mi guardavo e non vedevo niente. Toccavo, ma non sentivo niente. Mi pizzicavo, ma non provavo niente. Un corpo apparentemente impassibile, immobile, insofferente si mostrava davanti a me.

I capelli lisci o mossi, non sapevo neanch'io come definirli, ricadevano in castane ciocche scomposte e crespe sulle mie spalle. Ormai erano morti causa gli anni passati tra una piastra e l'altra, schiuma e lacca, inutili tentativi per renderli accettabili.

Il volto triste e malinconico, tempestato da piccole macchioline rosse che non riuscivo a contrastare, da punti neri accusatori, da sopracciglia appena rifatte e da quella bocca dalle dimensioni ambigue (labbro inferiore troppo esteso in larghezza e labbro superiore inesistente), insomma, il mio volto abituale, addolorato e sconvolto, nascondeva un dolore ancora più intenso all'interno.

La mia era una storia come tante altre, avevo avuto una normale vita, serena e tranquilla, insieme ad amici e familiari che mi volevano bene, con cui parlavo di tutto e di tutti. Ha volte, come in questo momento, ripetevo nella mia testa questa filastrocca in modo da auto convincermi, da renderla vera, da non pensare a ciò che era veramente vero. Tristezza, dolore, solitudine, disperazione, questo è stato ciò che ho passato, questa è e sarà per sempre la dura e cruda VERITÀ.

Gli unici momenti felici, avvenuti principalmente nella mia infanzia, erano stati cancellati, non ricordavo niente, avevo solo una strana sensazione, dolce e soave, ma nessuna immagine compariva nella mia mente, come se io stessa mi volessi del male, come se volessi autodistruggermi con sola sofferenza. Un'ultima cosa non rammentavo...quel giorno...quel Primo giorno.

Non sapevo con esattezza cosa fosse successo, i particolari, le azioni non erano presenti nella mia piccola devastata scatolina della memoria, però l'accaduto non mi lasciava mai. Me l'avevano raccontato molte volte, ma le parole era come se entrassero da un orecchio e uscissero dall'altro, ogni singola volta mi dimenticavo tutto, come se non volessi sapere cosa fosse successo, come se inconsapevolmente volessi rimanere allo scuro di tutto ciò.

Appena nata, così dissero, avevo un problema, forse respiratorio, forse cardiaco (questo è uno dei particolari andati perduti). Mi hanno trasportata in un reparto di terapia intensiva, rischiavo di morire senza nemmeno aver visto la luce. I dottori dicevano che era grave, ma poi da un giorno all'altro le condizioni sono migliorate fino ad arrivare alla stabilità. Penso spesso a questa storia, penso a cosa sarebbe successo se non ce l'avessi fatta, penso al dolore altrui che avrei potuto risparmiare. É un pensiero strano, lo so, ma è l'unico che mi tiene in vita.

 

Davanti allo specchio c'era un corpo ricurvo su se stesso, quasi volesse nascondersi dai miei occhi scrutatori. Loro, l'unica parte immune dalle emozioni contrastanti dentro di me, l'unica certezza che accompagnava il mio viaggio, l'unica cosa VIVA presente nel mio corpo. Erano un oceano grigio-verde di speranza, felicità sottratta, ma non perduta, pronti per partire, cominciare un'altra avventura, pronti per convincermi ad andare avanti, a non abbandonare la battaglia a metà strada.

Fissavo tutte le mie imperfezioni, tutta la mia diversità, perché sì, lo ammetto, ero diversa da tutti gli altri, ma a me piaceva essere differente, non sottostare alle stupide regole della società, peccato che ciò provocasse solo ribrezzo e disprezzo da parte dei miei coetanei. Mi piacevano i 'classici' della Disney, Cenerentola, Nemo, Winnie the Pooh ed altri, ma allo stesso tempo amavo i film 'vecchi', i primi a colori, ma anche in bianco e nero. Cose non comuni per un'adolescente, ma era così, anch'io a volte stentavo a crederci.

Il senso di diversità mi trasportava anche in altro mondo, fatto di ragionamenti e pensieri. Ragionavo sugli amici che non avevo, preparavo, come in una recita, le parole che avrei detto l'indomani, le scuse da usare nei casi più svariati. Ragionavo anche sulla mia esistenza, sul mio modo di essere, sulle mille personalità che mi caratterizzavano. A volte credevo di avere qualche malattia, qualche sindrome strana, giustificandola anche con miei specifici comportamenti e azioni, ma li tenevo tutti per me, per quando mi annoiavo ed ero da sola.

Nessuno riusciva a capirmi o forse io non davo loro la possibilità, ostinata a rimanere nella mia gabbia di vetro, rinchiusa da me stessa per PROTEGGERMI. Un giorno dirò questo a qualcuno, un giorno tirerò fuori tutto quello che ho dietro. Un giorno mi sentirò VIVA e non vedo l'ora che arrivi.

  
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