L’Angelo
Jem mi afferra il braccio, costringendomi a voltarmi verso di lui.
“Non sei costretto a farlo, William. Posso andare io.”
Non esito neanche per un secondo. Jem ha già abbastanza grane a cui pensare, se posso alleviare il fardello che porta sulle spalle, di certo non mi tirerò indietro.
Stringo forte il sacchetto con le moneto che Jem mi ha consegnato poco fa, consapevole che non saranno abbastanza per lo yin fen e pensando alla somma aggiuntiva che porto in tasca, a sua insaputa. E’ il mio parabatai, faccio qualunque cosa sia necessaria per il suo bene.
“E io ti ripeto che andrò io, James.” Ogni volta che ci chiamiamo con il nome completo, entrambi capiamo che siamo seri o, al contrario, che ci stiamo prendendo in giro bonariamente. Jem sa che io non potrei mai trattarlo come gli altri. Jem sa che, nonostante il mio atteggiamento, io non gli riserverei altro che rispetto.
Arrivo al covo degli ifrit, stregoni senza poteri, e mi rivolgo alle conoscenze che mi sono procurato in questi anni, durante i quali non ho mai permesso che Jem si avvicinasse a Whitechapel a meno che non si trattasse di cacciare i demoni. James Carstairs è una persona forte, e lo dimostra quotidianamente, ma non posso sopportare che il suo essere, tutto il buono che fa parte della mia vita, venga contaminato dal degrado dei Nascosti in cerca di piaceri passeggeri e corrodenti.
E’ un essere umanoide, con le mani palmate, le branchie e il colorito grigiastro, a porgermi il sacchetto di yin fen e ad attendere il pagamento. Una sensazione spiacevole e irritante, ma che devo sopportare per tenere in vita il mio amico quanto più possibile.
Ho mandato via Thomas, prima di entrare nella fumeria, così sono costretto a coprire la non breve distanza tra Whitechapel e Fleet Street a piedi, ma mi piace perdere tempo, di notte, e gironzolare, per poi tornare verso l’alba all’Istituto. Ho sempre il tempo di inventare una storiella nuova che mi faccia apparire ogni giorno più corrotto; tuttavia, ultimamente, mi sto rendendo conto che Charlotte fa sempre meno attenzione a ciò che dico, ignorando le provocazioni o il linguaggio scurrile. E’ lei a cui, più di tutti, temo di far del male … temo di condurla verso un danno irreversibile, per il quale alcuna runa ha effetto.
Si comporta come una madre, o una sorella maggiore, nei confronti miei, di Jem e di Jessamine … sono andato via per proteggere la mia famiglia: non ne voglio una nuova.
Nulla. Nulla. Nessuna informazione utile. Neanche una maledetta riga su come rendere reversibile l’effetto dello yin fen. Scaglio lontano l’ennesimo volume di medicine e cure per i veleni demoniaci. Mi sento un bambino: sconsolato e impotente, così come lo sono stato subito dopo che Marbas era uscito dalla Pyxis, o che Ella era morta.
Ella.
Lei al mio posto saprebbe cosa fare. Lei sapeva sempre tutto, e il sangue Nephilim scorreva in abbondanza nelle sue vene: era nata per la missione dei Cacciatori, non come me, che ho imparato ma mai accettato del tutto questa vita, anche se, pensandoci bene, non riesco ad immaginare chi sarei senza le rune, senza le armi e senza un parabatai.
Ovviamente, non mi sono limitato alle risorse della biblioteca. Mi sono anche guardato intorno, chiesto in giro … ho visitato decine e decine di negozi gestiti da creature del Popolo Fatato. Ovviamente, in ognuno di questi, il mercante ha cercato di convincermi a comprare, per cifre esorbitanti, rimedi garantiti. Persino io, che di magie e pozioni capisco ben poco, mi sono reso conto delle truffe e che quelle boccette contenevano nulla più che acqua colorata.
Non so più dove sbattere la testa, ma non posso fermarmi.
“Perché Jem non è sceso per la colazione?” Giocherello un po’ con il coltello da burro, dopo aver spalmato un paio di fette di pane ed essermi versato il tè. Io AMO il burro, ma non credo che Charlotte approvi questo mio sentimento, a giudicare dallo sguardo di rimprovero che mi lancia, quando si accorge che il piattino, che un tempo conteneva il burro, è ormai vuoto.
“Sta troppo male.” Risponde a mezza voce la direttrice, preoccupata. “Ad ogni modo, mi piacerebbe che tu svolgessi un paio di commissioni lo stesso, stamattina.”
“Qualsiasi cosa, purché mi faccia uscire da questo covo di folli.” Indico con un cenno del capo Henry, tutto assorto a mangiare uova e a borbottare calcoli.
“E io invece cosa devo fare?” La voce annoiata di Jessamine, seduta all’altro capo del lungo tavolo, giunge inaspettata alle nostre orecchie. E’ una strana ragazza, Jessamine: a volte si estranea completamente dalla situazione, altre, invece, presa da chissà quale voglia, si intromette nei discorsi. Suppongo sia un modo per combattere la noia.
“Sarebbe gradito se ti chiudessi in biblioteca a studiare un po’ di sanscrito. Ho dato un’occhiata alla tua scorsa traduzione: non hai capito il senso nemmeno di una riga.” Charlotte parla pacatamente, ma il suo è un ordine.