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Autore: Death__Kitty    16/07/2008    0 recensioni
L'anoressia.
Genere: Triste, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tre mesi prima


Aprii lentamente gli occhi cercando di assaporare ancora per qualche istante i ricordi del sogno appena fatto.
Era strano ritornare a sognare dopo un sacco di notti passate ad urlare ,a sudare freddo e a svegliarmi nel cuore della notte soffocando il respiro ,cercando di riacquistare un po’ di colore in viso.
Solitamente sognavo persone che mangiavano. Persone felici che cucinavano. Principalmente persone grasse che diventavano magre o viceversa.
Eppure ora avevo sognato un prato verde,cosparso di piccoli fiori di mille colori. Io correvo in questo prato,spensierata,sorridente. Ma ero sola.
Scacciai quel pensiero dalla mente e aprii seriamente gli occhi.
La stanza era ancora nella penombra. Un piccolo raggio di sole filtrava tra una fessura che si era formata tra la tapparella,ormai dell’anteguerra.
Illuminava un piccolo diario,sgualcito con il passare del tempo. Sorrisi ripensando a tutto ciò che aveva caratterizzato. I miei primi amici,il mio primo amore,le mie prime vacanze senza genitori.
Argomenti insignificanti per gli altri.
Mi alzai svogliatamente dal letto,arrotolando il piumone nel lenzuolo e facendo cadere a terra il cuscino.
Sobbalzai appena i piedi nudi furono a contatto con il pavimento gelido. Era come se qualcosa li trafiggesse.
Cercai invana un paio di calzini puliti,ma alla fine rinunciai ricordandomi di dover lavare un ammasso di roba accatastato nella lavanderia.
Scesi lentamente le scale facendo meno rumore possibile.
La casa era ancora al buio. Se non avessi visto l’orologio,avrei pensato fosse notte.
Sorrisi all’idea della giornata che mi aspettava. Nuovo lavoro. Nuova vita. Così diceva il proverbio.
Aprii il frigorifero e ne estrassi un cartone di latte.
Mi sedetti sulla sedia,trangugiando quel liquido fresco che riusciva a schiarirmi la gola. Riusciva a risvegliare quella voce sottile e melodica che in pochi conoscevano.

**

Chiusi con foga la portiera della macchina e riuscì a stento a mettere le chiavi in borsa. Stavo tremando. Mi stavo facendo prendere dalla paura,dall’agitazione un’altra volta.
Scossi la testa più volte,sperando che tutti i pensieri negativi e tutta la tensione,scomparissero dal mio corpo.
Procedetti a passo svelto fino a quell’enorme edificio.
Alzai la testa e mi sentì profondamente minuscola. Un enorme grattacielo si ergeva davanti a me. Li stavo andando a lavorare?
Un parallelepipedo alto non so quanti metri?
Sforzai un piccolo sorriso. Non avrei nemmeno convinto un cane. Cercai di non pensare a tutti i piani che possedeva.
E se fossi morta con un semplice attentato? Sorrisi. Non ero a New York e non erano le torri gemelle il posto in cui stavo andando a lavorare.

**

Riaprii quella maledetta porta incurante del fatto che fosse mezza scassata e che facesse rumore. Solitamente riuscivo a controllare la rabbia su me stessa,ma in quel momento avrei preferito che mi chiudessero dentro una stanza piena di cuscini e mi lasciassero sfogare con nulla. Avrei preferito ascoltare la musica che più detestavo.
Il mio gatto mi passò affianco lamentandosi del cibo ancora non servito nella ciotola ormai ingiallita con il tempo.
Non ci diedi peso. Mi richiusi in camera e lasciai che le note di Lullabies mi trafissero nel petto. Non mangiai.
Non bevvi. Mi abbandonai a quel dolce suono che ormai era una parte di me. Non sentivo il bisogno di mettere qualcosa nello stomaco. Stavo bene,ma al tempo stesso stavo male.
Non riuscivo a piangere. Non ne avevo bisogno. Sentivo solo un grande vuoto lacerarmi il petto. Senza sosta.
Chiusi gli occhi immaginandomi nella mia stanza da letto,pochi anni prima. L’adolescenza. Mi addormentai con quel ricordo. Ma non sognai.

**

Forse sognai qualcosa. Forse ricordai la mia giornata.
Storpiai qualche ricordo e pensai al passato. Ma non lo saprò mai.
D’altronde,i sogni sono la parte inconscia dell’uomo. Ciò che non si vuole accettare di se stessi o degli altri.
Qualche sentimento nascosto,qualche ricordo dimenticato.
Non mangiai. Non ne avevo bisogno.
Per dimenticare ci va troppo tempo. Per ricordare ci va poco. Un piccolo istante può far sanguinare nuovamente tutto.
Appoggiai delicatamente la maglia sul letto e mi sedetti sul pavimento,giocherellando con alcuni fili del tappeto,regalatomi dai miei genitori per la nuova casa.
Era strano come una giornata partita bene,fosse finita male,tra dolore e piccole ferite in petto. Lui.
Era riuscito a farmi abbassare lo sguardo di nuovo. Con le sue parole. Con i suoi gesti. I suoi modi di fare.
Lei.
Abbracciata a lui,anzi,avvinghiata a lui.
Scossi la testa cercando di eliminare quel piccolo ricordo,ovviamente invana.

Già,lui. Lui il mio capo di lavoro,o dovrei dire,ex fidanzato?
Davide. 25 anni.


note dell'autrice
: non ho pienamente in testa la storia. La farò susseguire lentamente penso.
Non ho vissuto sulla mia pelle questa esperienza,ma ho conosciuto persone che l'hanno vissuta.
  
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