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Autore: Mariange7a    22/04/2014    0 recensioni
A volte i postumi della sbornia ci portano a vivere, inconsciamente, le nostre paure. Ciò che ci rassicura, al risveglio dai nostri brutti sogni, sono le dolci parole della persona che amiamo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Paure e Realta'

Non si erano mai visti eppure ai loro occhi, loro, erano familiari. Incontroscontro. Occhi che non avevano più colore, si fondevano, facevano l’amore di continuo. Di quella stanza buia lui era il mio unico raggio di luce, il più forte.
Non c’erano parole per aria, i nostri corpi stavano distanti, eppure quei nostri sguardi si giuravano il per sempre e le nostre anime si stringevano forte, fino a fondersi. Io era ancora distante, in quella stanza che ai miei occhi diveniva quasi infinita. Eppure il mio cuore già scoppiava, come in una festa di paese in cui i botti scoppiano e forse spaventano ma colorano il cielo e più fanno rumore più emozionano. I miei passi divenivano sempre più certi ed il mio naso si affinava, il suo profumo era già nell’aria e tutto sembrava essere perfetto. L’emozione mi impietriva ma cercavo di annullare il battito naturale delle palpebre per non perderlo, per la paura che tale perfezione, che tale fortuna, fosse solo un meraviglioso sogno. Perché a me? Perché in quel momento? Mi chiedevo, e nel silenzio di quella stanza quelle parole rimbombavano in testa quasi a tagliarmi il petto come un brutto ricordo che non vuole andare via, tutto era costante ma mai ripetitivo, scontato e noioso. Ciò che ci legava ormai era scritto, era una promessa che nessuno avrebbe mai potuto sciogliere.
Finalmente a separarci era solo qualche palmo di mano. I nostri visi adesso erano vicinissimi e avevano messo a nudo quegli animi che risultavano, ormai, intimiditi dagli occhi che l’osservavano da tempo. Abbassammo lo sguardo e accennammo un lieve sorriso che celava l’allegria più grande, la gioia più maestosa, la voglia di urlare che tutto l’amore del mondo ci aveva investiti e che noi glielo avevamo permesso.
Le nostre mani si sfiorarono delicatamente ed ai nostri occhi il mondo scomparve, nessun contorno era più presente, esistevamo solo noi che divenivamo sempre più invincibili, sempre più forti giorno per giorno. Ci accarezzavamo quasi involontariamente e ad ogni cenno, ogni gesto, l’altro moriva ed i nostri occhi si spegnevano quasi come a ricordarci, gelosamente, che adesso ci appartenevamo.
Ma la perfezione che investiva da sempre quella stanza, piena di silenzi e premure, iniziava a sgretolarsi come sabbia che pian piano asciuga al sole.

Era sicuramente inverno, lo si percepiva dall’umidità che abbracciava le vetrate e dal fumo che affannoso usciva dalla mia bocca, quasi come avessi corso per ore, il mio cuore ancora una volta scoppiava. I nostri ricordi ci avvolgevano e facevano da tetto a quella realtà che ci stava allontanando. Stracci di vita mi martellavano la testa, lo fissavo ma non avevo il coraggio di aprire bocca, non era possibile, speravo vedesse quello che io vedevo, speravo sentisse quello che io sentivo. Lui era ancora la mia certezza. Sgranai gli occhi e ancora più affannata tenni la bocca aperta cercando di ritrovare il battito regolare del cuore e sperando in una sua reazione. Mi girai lentamente verso le vetrate, da una goccia d’umidità, che aveva rigato il vetro, penetrava un raggio di luce, circondato da verde e da alberi che alludevano alla libertà più pura. Fuori tutto luccicava, dentro, la grandine mi stonava, mi stuzzicava, mi distoglieva lo sguardo da lui che continuava ad ignorarmi pur sapendo di essere la chiave alla mia quiete. Inarcai le sopracciglia incredula, il tutto mi uccideva ma dovevo chiedergli il perché. Il battito del mio cuore improvvisamente tornò regolare e l’affanno divenne quasi assente, lui continuò a restare impassibile eppure non ebbi bisogno di chiedergli nessun perché, mi iniziò a pizzicare la punta del naso, il mento divenne sempre più tremolante, il mio viso arrossì e con esso anche i miei occhi che presto si riempirono di lacrime calde fino a traboccare. Cercai di rifugiarmi nella più marcata impassibilità ma tutto, ormai, era troppo evidente.. anche il mio cuore singhiozzava eppure non gli avrei mai portato rancore perché al suo per sempre, io, non avrei mai smesso di credere. Ormai tutto era chiaro, iniziai a piangere e stupidamente mi sentii come una bimba che lascia la propria madre per il primo giorno di scuola, abbandonata dalle proprie fondamenta. I miei piedi sembravano quasi inchiodati al pavimento ed io iniziai a strattonarmi, stendendogli una mano, come a supplicargli aiuto, fissai la sua incantevole compostezza, fissai quel raggio di luce che le illuminava i capelli e parte del viso fino a renderlo ancora più bello di quanto non lo fosse già. Soffrivo, mi disperavo ma i miei passi stavano immobili ed il pavimento ai miei piedi si moltiplicava. All’improvviso tutto divenne pesante e gli occhi si appesantirono, guardai le pareti sembravano volessero sciogliersi, adesso non c’erano più, ne le pareti e ne il fuori, era rimasto solo un lungo corridoio e lui che di quel corridoio costituiva il mio orizzonte diveniva sempre più sfocato, come un fotogramma, gridai aiuto ma fu del tutto inutile e poi… ad un tratto uno scoppio, il mio petto bruciava, le mie orecchie erano confuse, tutto girava e l’azzurro dei suoi occhi ormai era perso, perso per sempre. Tutto si fece nero, buio pesto ed io caddi per terra in un sonno profondo.
Non so precisamente quanto tempo passò, riaprì gli occhi che impastati dalle lacrime e dal sonno facevano fatica e riaprirsi del tutto, ma fecero presto. Quella stanza non era la sola adesso, la luce di fuori era anche dentro e c’era un tavolo, delle sedie e persino una tv, le mie gambe erano sempre più leggere adesso e dalle orecchie sentii il battito regolare del mio cuore. Uscì da quella stanza e mi imbattei in un breve corridoio. Iniziai a sentire un profumo intenso al quale mi venne istintivo seguirne la scia così entrai in un’ altra stanza. Adesso nessun fotogramma, Lui era lì, dormiva beato tra quelle lenzuola che erano obbligate ad abbracciarlo tutte le notti. Il suo profumo era così intenso che sorrisi naturalmente, cercai di non fare rumore ma il mio cuore lo preferiva sveglio. Lui era di nuovo lì, lui non era andato mai via. Finalmente si svegliò, mi avvicinai e gli raccontai tutto quasi elemosinando il suo amore, mi guardò, sorrise, mi baciò la fronte e accennando un’aria maestra esclamò:
<< Hai fatto brutti sogni perché hai bevuto! >>
ma io fino ad allora non ci avevo creduto.
  
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