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Autore: breaking free    22/04/2014    0 recensioni
Blaine è un donnaiolo, frivolo e stronzo. Ah, anche coglione. Spreca la sua vita in bar e discoteche, bevendo e correndo il rischio di vivere troppo velocemente; Kurt è sensibile, ma allo stesso tempo forte, dice di non avere paura di niente quando sta scappando da se stesso. Ah, è anche malato.
Due persone completamente diverse, ma così dannatamente uguali.
Due persone che per scoprire loro stessi, dovranno perdersi del tutto.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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E' inutile, tanto non si innamora.

«E così lui ha urlato, ti rendi conto?»
E invece Kurt rideva. Si portava le mani vicino alle labbra e scoppiava in una di quelle risate che ti toglievano il fiato. Gettava la testa all’indietro e ci mancava poco che si trascinasse con sé tutta la tovaglia del bar, perché diceva che quella era la sua barzelletta preferita. E quando rideva, a Blaine gli si illuminavano gli occhi. E non perché avesse una qualche luce puntata contro, o perché era semplicemente stanco e gli occhi sembravano più lucidi de solito. A Blaine gli si alluminavano perché sentiva che qualcuno o apprezzava per quello che era e per come era: per il suo costante ritardo, per il suo orrendo modo di vestire, per i suoi rutti o per i suoi battibecchi contro i vecchietti dietro ai bar.
E Kurt doveva sempre trascinarlo via con la solita frase: “Scusatelo, ha bevuto parecchio!”, quando Blaine non aveva toccato alcool.
E quando la sera pensava al giorno successivo o precedente non c’era momento in cui non gli tornasse in mente Kurt, o i pantaloni di Kurt, o ma sua maglia, o il suo sorriso, o alle sue mani che Blaine, qualche volta, aveva provato a sfiorare. Pensava a cosa stesse facendo Kurt, a cosa mangiava a pranzo (quando non lo facevano insieme) o a cosa sognasse la notte e se anche lui lo sognasse come ormai Blaine faceva da un paio di giorni. Ed era quando sorrideva ad un suo messaggio, o ad una sua telefonata, o a quando rivedeva nel cellulare alcune loro foto, o quando era in ritardo e correva veloce, anche se sapeva che Kurt l’avrebbe aspettato- erano in quei momenti che Blaine pensava che no, quello non era per niente colpa dell’alcool.


Blaine aveva un calendario, appeso in camera sua, che gli ricordava, puntualmente, lo scadere dei giorni. Erano cerchiati in rosso quelli che erano già passati e Blaine li guardava come se fossero la sua morte. Dieci giorni nel mese di maggio erano volati stando con Kurt e ne mancavano davvero pochi fino al loro addio. A volta Blaine si chiedeva se Kurt sapesse del suo trasferimento programmato o del suo amico programmato. E alcune volte si sentiva in colpa. E beveva, per sentirsi di nuovo in forma, perché a lui di questo piccolo particolare non doveva importarsene, perché tutto quello che riguardava Kurt sarebbe scomparso da lì a poche settimane. Quello era l’undicesimo giorno che i due avrebbero passato insieme e Blaine non era mai stato così eccitato e allo stesso tempo spaventato.
I due sarebbero andati in un nuovo bar nella traversa in cui Blaine abitava e il loro coprifuoco scadeva alle dieci, più tardi delle volte precedenti. Blaine non era abituato al coprifuoco o al dover rispettare le regole, ma Burt gli aveva fatto capire che, essendo il baby-sitter di Kurt, le regole valevano anche per lui.
Kurt era stato alquanto difficile da convincere, ma alla fine aveva ceduto e si era preparato, pronto per passare una sera all’insegna di cosa?, non lo sapeva neanche lui.
A Blaine mancava l’aria dura dei bar serali, o il sapore dell’alcool e il divertirsi senza farsi domande e senza aspettarsi nulla in cambio, perché a pensarci bene questo lavoro di badare a Kurt era alquanto stancante. Quando i due entrarono nel locale, tutto cambiò radicalmente. Era come se il suono dei bicchieri che tintinnavano tra di loro, o le grida sguaiate di qualche ragazza che la svendeva a poco prezzo, o il pompare della musica nelle casse accanto ai bagni avessero risvegliato Blaine da un completo tepore. Quello era il vero Blaine, e non si sarebbe lasciato sfuggire l’idea di divertirsi, non questa sera.
Kurt fu abbandonato in qualche tavolino con un paio di bicchierini per alleviargli la serata, mentre Blaine si diresse al centro della pista.
Beccò un paio di ragazze, forse lesbiche o forse no, e le tirò a sé.
E non aveva importanza il fatto che fosse gay, o che non si eccitava più per delle ragazze da anni ormai, ma voleva fare sesso, o almeno un qualcosa del genere.
Si avvicinò ad una e, senza guardarla neanche negli occhi, la portò con sé nella sala privata, che si chiamava così per un motivo ben preciso. La spogliò avidamente, strappandole quasi i vestiti da dosso, con foga e bisogno: le baciò il collo, prima con la lingua e poi mordendola piano piano, come se non ci fosse nessuna fretta.
Aspettò che la ragazza prendesse in mano la situazione per continuare e, infatti, quando si ritrovò senza maglietta, le slacciò il reggiseno. Il seno era piccolo, quasi inesistente e Blaine si pentì di non aver scelto l’altra ragazza che forse aveva dimensioni più accettabili. Ma poi si ricordò di essere gay e che, i gay, di questi particolari non se ne fottevano.
Fottere, era il verbo adatto perché, bentornato vecchio Blaine!, era quello che stava per fare.
Allora le baciò i seni e mordicchiò i capezzoli , pensando che non era questo di cui aveva bisogno perché, dannazione, era fottutamente gay!
Le tolse la minigonna e non si stupì del fatto che non avesse le mutandine: si abbassò e continuò a leccare e a mordere, facendo sì che la ragazza lanciasse qualche gridolino di piacere. E poi la ragazza venne in bocca a Blaine. E fu allora che si accorse che quella ragazza, non era altro che una ragazzina arrapata e che gli faceva pena e, che schifo!, lui se la stava per scopare! E le era venuta in bocca, dannazione! E non era neanche come piaceva a lui, poi.
Un leggero brivido gli salì lungo e spalle e sentì che la ragazza ne voleva ancora, visto che si muoveva freneticamente su di lui, strusciando le sua mani sui suoi pettorali. Blaine si alzò e la lasciò lì. Sul divanetto rosso e si rimise la camicia, uscendo da quello schifo. Fece un paio di passi e mandò qualche messaggio a Sammy, raccontandogli di quello che stava per fare e sentì che stava per vomitare, perché galline in calore del genere gli facevano accapponare la pelle. E pensò che anche lui era un gallo in calore, ma poi si consolò del fatto che, almeno, lui lo faceva con stile.
E mentre digitava vari tasti sul telefonino, su quest’ultimo apparve la scritta chiamata in corso da parte di King Kong.
«Cazzo, cazzo, cazzo!»
Fu allora che si ricordò del suo amico nel bar, di Kurt chissà dove lì’ dentro, alle prese con qualche maniaco che magari stava facendo con lui la stessa cosa che Blaine stava per fare a quella ragazzina.
E non rise neanche pensando che King Kong era davvero un gran bel soprannome per Burt Hummel.
 Il punto è che Kurt sapeva prenderlo, sapeva condurlo sulla giusta via quando Blaine non aveva modo di arrivarci da solo. Ed erano completamente gli opposti, e lo sapevano entrambi ed entrambi se ne fregavano, perché senza l’altra nessuno andava avanti.
Il punto è che  Blaine si era dimenticato di Kurt, che lo aveva abbandonato come si era promesso di non fare, come era stato abbandonato lui dai suoi anni prima e come il mondo stesso aveva fatto. Ed era un vero coglione, Blaine, mentre correva indietro verso il bar, urlando al telefono un oh, ciao Burt che- che piacere vederti e come sarebbe a dire che Kurt è ubriaco perché al cellulare ti ha detto che vede gli unicorni, non lo sai che un unicorno è stato avvistato proprio un giorni fa?
  
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