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Autore: Hermes    17/07/2008    2 recensioni
Una ragazza senza ricordi, un castello, le rose e una chiave...chi mai si nasconde dietro quella porta?
Genere: Dark, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Walking in the nightside of Eden.

I’m walking trough the fall, with the snow lost like the sound of my steps,
Cause I’m waiting for the rain.

I miei passi non fanno alcun rumore.
Nevica.
C’è solo silenzio.
Un abbagliante silenzio nel quale m’immergo, camminando.
I fiori stretti fra le mani.
Davanti a me il Castello. Il mio maniero di pietra e tristezza, abbandonato a se stesso e mai visitato da altri.
Lì il tempo è immobile…tutto rimane uguale nei giardini, niente scompare.
I corridoi sono silenziosi e ombrosi, le porte sono tutte chiuse.
Una racchiude delle risate, l’altra dei pianti, dietro alcune si odono sospiri e altre rimangono mute, senza tradire il proprio segreto.
Di tutte queste porte…solo una non posso aprire…quella delle rose.
Di essa non ho la chiave.
E mentre salgo i gradini che mi porteranno al suo corridoio, già il profumo inebriante di quei fiori violenta i sensi come un veleno.
I petali blu come la notte. Il gambo nero. Le spine d’acciaio.

Me ne sto lì seduta assente, con un capello sulla fronte,
e cose strane che mi passan per la mente.
Avrei una voglia di gridare, ma non capisco a quale scopo,
poi d’improvviso piango un poco, rido quasi fosse un gioco.
Se sento voci non rispondo, e vivo in uno strano mondo,
dove ci son pochi problemi, dove la gente non ha schemi.

Da dietro quella porta si sente una dolcissima musica, soffocata dal legno…una voce sottile ed imponente, che pesa sullo spirito come un macigno.
E desidero solo gridare, per coprirla con la mia voce…non riesco mai a sovrastarla.
Il suo canto si fa più forte ogni volta che sono triste, mai si estingue.
Gli echi di questo motivo maledetto raggiungono il giardino e i pendii circostanti al castello.

Non ho futuro nè presente, e vivo adesso eternamente.
Il mio passato è ormai per me distante.
Ma ho tutto quello che mi serve,
nemmeno il mare nel suo scrigno ha quelle cose che io sogno…
e non capisco perché piango!
Non so che cosa sia l’amore e non capisco il batticuore.
Per me un uomo rappresenta chi mi accudisce e mi sostenta.

Non ricordo da quanto mi trovo qui, non ricordo nulla.
Solo di essermi risvegliata sopra ad una tomba con il mio nome scolpito nella pietra sbiadita e segnata dal tempo.
Ho vagato fino ai piedi delle rovine di questo castello. Sono entrata. Sono rimasta.
Tra queste mura ci sono cose che mi appartengono.
Ricordi perduti, allegria falsa, desideri sparsi, dolci perdoni, passioni sfumate, opinioni piene di fiele.
Dietro quella porta c’è la risposta a tutto questo.

Ma ogni tanto sento che gli artigli neri della notte,
mi fanno fare azioni non esatte.
Ad un tratto sento quella voce,
e qui comincia la mia croce.
Vorrei scordare e ricordare…la mente mia sta per scoppiare!
E spacco tutto ciò che trovo, ed a finirla poi ci provo!
Tanto per me non c’è speranza di uscire mai da questa stanza.

Le notti passate nei giardini del maniero sono dolci e piene di ricordi.
La brezza gentile ti accarezza il volto calda, al tenue chiarore di una luna che mormora dolci frasi all’orecchio. L’oscurità diventa amica, ti abbraccia. Da saggia compagna, ti guida nei sentieri della notte, e ti ama come una sorella.
Ma non credere mai che le tenebre sembrino confortanti. Nelle notti senza la luna, che tinge d’argento le chiome degli alberi, tutto accade. Le belve si svegliano, il vento si alza impetuoso, i demoni dell’anima tua tornano in vita…
…e la voce ricomincia a cantare sempre più forte!
I suoi suoni diventano più acuti e ostinati…e si impazzisce.
Il dolore e il rimpianto scoppiano nel petto al posto del cuore.
La sofferenza diventa inconsolabile, e la pazzia prende il posto della ragione.
In quelle ore buie desidero solo darmi la morte…o quella chiave d’argento.

Sopra ad un lettino cigolante, in questo posto allucinante,
io sogno spesso di volare nel cielo.
Non so che male posso fare, se sogno solo di volare.
Io non capisco i miei guardiani perché mi legano le mani!
Ed a tutti costi voglion che indossi un camice per me.
Le braccia indietro forte spingo, ed a questo punto sempre piango…

Tra i rovi di quelle rose venefiche si nasconde…e niente pare valga per estrarla…
Ai miei tentativi disperati la voce diventa ironica, come se il soprano volesse ridere di me.
Voglio liberarmi da questa maledizione!
La ragione non esiste più, non sento dolore, mentre affondo le braccia fra i rovi senza curarmi delle spine che mi lacerano la pelle.
Il sangue caldo inizia a gocciolare sul pavimento di pietra, ma la mia mano si chiude tremante sul freddo metallo della chiave.
La serratura scatta e finalmente vedo cosa c’è dietro quella porta…

Mio Dio, che grande confusione, e che magnifica visione…
Un’ombra chiara mi attraversa la mente.
Le mani forte adesso mordo, e per un attimo ricordo
che un tempo forse non lontano qualcuno mi diceva
“T’amo”
In un Addio svanì la voce, scese nell’animo una pace.
Ed è così che da quel dì, io sono seduta e ferma qui!

C’è il mio cuore.
Un cuore che ha smesso di battere da tempo perché se n’é dimenticato.
Da quello si diramano i rovi delle rose blu.
In un angolo della stanza, siede il muto Conte sul proprio trono spezzato e mi fissa con i suoi occhi inespressivi.
Sono occhi che da tempo non vedono la luce del giorno, ma scintillano come braci.
Tende una mano verso di me, in un silenzioso invito dal quale niente traspare.
E comprendo che il mio cuore non è più lo stesso. È stato avvelenato. È morto.
Lacrime mi bagnano il volto, mentre mi avvicino al silenzioso Conte che tutto sa.
La mia voce rotta mi esce di forza dalla gola.
“Avevi detto che mi avresti lasciato in pace…”
Il fantasma di un sorriso gli attraversò i lineamenti per un momento, si alzò e percorse gli ultimi passi che ci dividevano. Parlò.
“Tu hai scelto il tuo destino, Contessa. Io non ho interferito. Ora desidero avere ciò che mi appartiene.”
Il mio volto si mosse da un lato come se tenuto da due mani invisibili, i miei occhi puntati su di lui con chiaro terrore.
Le sue grandi mani si posarono sulle mie spalle, ed il Figlio della Morte posò il suo volto accanto al mio.
La sua voce, un sussurro gelido all’orecchio.
“Voglio il tuo calore.”
In quell’attimo capisco…chi cantava era il mio spirito, rimasto senza cuore.
Le sue labbra gelide si sono posate sul mio collo, chiudo gli occhi.
Posso solo pregare…mentre sento che me ne sto andando.
Domine lesu, dimitte nobis debita nostra,
salva nos ab igne inferiori,
perdoc in caelum omnes animas,
praesertim eas, quae misericordiae tuae
mazime indigent

In nomine Patris, et Filii, et Spirictus Sanctii.
Amen

Note:
Vecchio esercizio...a dir la verità è la prima cosa che io abbia mai veramente partorito sui vampiri...creature affascinanti! ^^
A proposito...i versi in corsivo derivano da due canzoni: Labyrinth di Elisa, e Sognando di Mina. Ditemi cosa ne pensate...
Ciao e grazie a tutti!
Hermes

  
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