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Autore: Avah    22/04/2014    1 recensioni
Al molo di Portland, una donna fa una scoperta raccapricciante: un uomo è stato barbaramente ucciso e bruciato. Sembrerebbe un normale omicidio se non fosse per un dettaglio: dal corpo parte una lunga spaccatura nel cemento e prosegue per un centinaio di metri. Non c'è nessuna spiegazione logica, e Nick e Hank devono trovare una risposta prima che quel qualcuno (o qualcosa) colpisca di nuovo...
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nick Burkhardt, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nick e Hank avevano rinunciato; avevano cercato la ragazza con i capelli rossi per tutto il molo, ma di lei non c’era più alcuna traccia. Ovviamente era riuscita a scappare; non era difficile scomparire in quel labirinto dalle pareti di metallo.
Alla fine, non senza delusione, fecero ritorno alla macchina e tornarono indietro, verso il parcheggio abbandonato dove giaceva la roulotte, come sempre chiusa a chiave per evitare intrusioni di sconosciuti. Hank si fermò a pochi metri di distanza e scese, subito imitato dal collega che tirò fuori una chiave e aprì la porta della roulotte.
Come la prima volta che aveva messo piede lì dentro, Hank si guardò intorno con un’aria a metà tra l’ammirato e il terrorizzato. Nick si diresse con passo sicuro verso il tavolo su cui giacevano gli enormi libri antichi di proprietà della sua famiglia da generazioni; con un cenno invitò il collega a sedersi e insieme iniziarono a sfogliarli, guardando attentamente le figure fatte a mano decine di anni prima.
-Che stiamo cercando esattamente?- chiese Hank a un certo punto, rompendo il silenzio.
-Qualunque cosa che sia in grado di provocare danni del genere e che sappia controllare il fuoco- rispose il Grimm, senza staccare gli occhi dalla pagina davanti a lui.
Non passò nemmeno un minuto che Hank riprese a parlare, girando il libro verso di lui -Potrebbe essere questo?-.
Nick posò lo sguardo sull’immagine a carboncino che risaltava sulla carta ingiallita: ritraeva una creatura che poteva essere associata a un drago. Aveva la pelle squamata come quella di un rettile, lunghe corna sulla testa, un naso aquilino e dalla bocca spalancata usciva una lingua biforcuta che nascondeva in parte i piccoli denti aguzzi.
-No, non è un Daemonfeuer- disse Nick, scuotendo la testa -Ne ho già incontrato uno, e non fa questo tipo di cose. Però potrebbe essere qualcosa di simile-.
Non fecero nemmeno in tempo a rimettersi sui libri che il cellulare di Hank vibrò nella tasca della giacca; lo tirò fuori e rispose -Griffin-.
Seguì una breve conversazione con il sergente Wu dall’altra parte, dopodiché riattaccò.
-Che succede?- chiese Nick, che aveva guardato il collega per tutto il tempo della chiamata.
-Abbiamo un altro cadavere- rispose lui, alzandosi -Credo sia un regalo del nostro amico-.
-Andiamo a vedere- anche il Grimm si alzò e uscì dalla roulotte -Torneremo più tardi, magari stavolta ha lasciato qualcosa dietro di sé-.
-Chiamo la Ward, vorrà sapere gli ultimi sviluppi-.
 
La ragazza era riuscita, dopo un’attesa interminabile, a tornare nella sua stanza al motel. Il sopralluogo sulla scena del crimine non aveva rivelato dettagli utili per risalire alla specie di quella creatura, ma non si era persa d’animo. Sapeva che prima o poi l’avrebbe catturato, era una sua capacità innata.
“Dono o dannazione, sta a te decidere come considerare questo sesto senso”. La voce del suo mentore le rimbombò nella mente mentre si sciacquava il viso. Erano state tra le ultime parole che il vecchio le disse prima di passar a miglior vita, sempre che ce ne fosse davvero una. Ricordava benissimo il volto di quell’uomo che per lei era stato come un padre, che l’aveva accolta nella sua misera dimora quando era solo una bambina, che le aveva insegnato tutto ciò che sapeva riguardo alla caccia. Molto presto era diventata più abile di quanto il vecchio si aspettasse, e ogni volta che la vedeva tornare era una gioia.
Scacciò quei pensieri dalla mente; non poteva abbandonarsi ai ricordi, non mentre era immersa nell’ennesimo caso. Era una delle sue regole: non farti distrarre, o sarà l’ultima volta che aprirai gli occhi. Le era già capitato, le prime volte che andava a caccia, di perdere la concentrazione, e se non fosse stato per quell’uomo a cui era così legata probabilmente non sarebbe mai arrivata a oggi.
Mentre usciva dal bagno con qualche goccia che ancora scivolava sul volto bagnato, il suo cellulare squillò sul letto. Lo prese in mano e lesse il numero che lampeggiava sul display; schiarendosi la voce, rispose.
 
Nick e Hank arrivarono a Willamette Park venti minuti più tardi; lasciarono l’auto in Macadam Avenue e si inoltrarono a piedi lungo il vialetto sterrato che si addentrava nel parco sulla riva dell’omonimo fiume.
Il corpo si trovava all’interno di un’area piuttosto boscosa, che lo proteggeva agli occhi dei passanti sul sentiero che si snodava di lì a un centinaio di metri, ma abbastanza vicino alla riva da poter sentire lo sciacquio delle piccole onde che si infrangevano sulle rocce poco più in là. Quando arrivarono, c’era già una buona squadra di poliziotti che stava mettendo al setaccio la zona, oltre a un piccolo gruppetto di vigili del fuoco che stava finendo di caricare le attrezzature sui loro camion. Superato il nastro giallo, il sergente Wu andò loro incontro.
-Non sembra anche a voi un deja vu?- disse, scortandoli fino al punto in cui giaceva il cadavere carbonizzato.
A differenza del precedente, questo era disteso carponi, ma con il volto rivolto leggermente verso destra, come se fosse inciampato e si fosse guardato indietro per vedere la morte scagliarsi contro. Teneva le mani chiuse a pugno, come se volesse conservare qualcosa di prezioso.
-Avete notato come sono le mani?- disse Hank, che fu il primo ad accorgersene.
-Sembrerebbe che stringa qualcosa fra le dita- rispose Nick, inginocchiandosi, e rimanendo sovrappensiero per un momento.
-Già, ma sarà impossibile recuperarlo senza rompergli qualche dita- commentò Wu, con voce appena cinica.
-A cosa stai pensando di Nick?- lo richiamò Hank.
-Forse possiamo risalire alle impronte- rispose, alzando lo sguardo verso i colleghi -Forse la pelle non è stata bruciata dalle fiamme-.
-Chiamerò la Harper per avvisarla della vostra ipotesi- concluse il sergente, allontanandosi.
Mentre l’uomo faceva ritorno alla volante, si fece largo tra la folla l’agente Ward, appena arrivata. Aveva i capelli scomposti rispetto a qualche ora prima, e si era cambiata il tailleur nero con uno sui toni del grigio. Immediatamente si avvicinò ai due per essere ragguagliata circa il nuovo corpo.
-Questo non me l’aspettavo- disse, guardando il corpo -Almeno non così presto-.
-Sa dirci qualcosa di più? Ha chiamato a Washington?- chiese Nick.
-Sì, ma non c’era niente da aggiungere a quello che avete letto nei fascicoli- fece una pausa -Voi che mi potete dire?-.
-Sconosciuto, stessa modalità dell’omicidio di questa mattina- le rispose Hank.
Fece vagare lo sguardo intorno al cadavere, fino a trovare ciò che cercava -E c’è anche la stessa spaccatura nel terreno-.
-Sì, stavamo per esaminarla-.
La donna fece un cenno di assenso, poi seguì la fenditura, assorta nei suoi pensieri; un centinaio di metri più in là, si inginocchiò, notando una traccia strana rispetto al contesto.
Senza che lei se ne accorgesse, Nick e Hank la seguirono; nel momento in cui si accucciò a terra, il tessuto della giacca si alzò, rivelando il disegno di un tatuaggio. I due si scambiarono uno sguardo, sapendo già cosa fare. Cautamente le si avvicinarono, disponendosi uno di fronte e uno dietro di lei.
-E’ sicura di non aver niente da dirci, agente Ward?- iniziò Nick.
Lei sobbalzò, sorpresa, e alzò lo sguardo verso l’uomo dinnanzi a lei -Non capisco a cosa si riferisce, detective-.
Hank, rimasto dietro, si accorse di una piccola ciocca di capelli rossi sotto alla massa bionda; istintivamente, allungò una mano e le strappò di dosso la parrucca, facendo scivolare fuori un’acconciatura fulva e una ciocca azzurra che le ricadde sull’occhio destro.
-Mi riferisco a questo, Ellen. Sempre che questo sia il suo vero nome-.
Lei sospirò, amareggiata dal fatto di essere stata scoperta -Mi chiamo Amber Moore e sono una cacciatrice-.
  
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