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Autore: DanzaNelFuoco    23/04/2014    2 recensioni
Questa storia ha partecipato al contest "La ragazza e... la spada" indetto da darllenwr sul forum di efp - fuori podio.
- Intro:
Dorotea ha dieci anni quando il padre viene a mancare e il suo fantasma condizionerà i suoi sogni per tutta la vita.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Medioevo
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 Carne e ferro
 
1 - Quando suo padre era morto, non era stato possibile riportare al castello la salma. Un messo era stato inviato dall'accampamento, tra le mani soltanto il suo mantello e la sua spada.
La madre di Dorotea non aveva pianto, aveva preso il mantello e aveva ordinato che fosse accomodato perché fosse femminile, aveva preso la spada e l'aveva appesa al muro della sala.
La guerra era guerra, si poteva tornare o no.
Dorotea aveva dieci anni, quando il suo mondo era cambiato, ma neanche poi di tanto. Il padre di Dorotea aveva ben altro a cui pensare che non perdere tempo dietro la sua unica figlia femmina. Se almeno quell'inutile donna che aveva sposato gli avesse dato un maschio!
Così la presenza del padre, che non aveva mai avuto un gesto sgarbato nei suoi confronti solo perché non aveva mai conversato con lei, si era infiltrata nel suo cervello, creando, anche a causa del passare del tempo, una figura meravigliosa e idealizzata che non sarebbe mai concisa con la realtà.
Dorotea, ogni volta che passava nella stanza principale del castello, si fermava ad osservare quella spada a una mano, dall'elsa finemente decorata e dalla lama affilata.
Immaginava suo padre, vittorioso su schiere di forti nemici, immergere la punta nel ventre di bestiali e rozzi incivili.
 
2- Dorotea aveva tredici anni quando aveva deciso che avrebbe imparato a combattere. Non aveva un particolare talento per il telaio, cucire le riusciva malamente, in cucina non riusciva mai a dosare gli ingredienti che la cuoca doveva usare e al mercato si lasciava facilmente distrarre dai venditori, lasciando spesso il fianco della madre attirata come una falena dalla luce verso i misteri di oscuri saltimbanchi.
Invano la madre aveva cercato di renderla una castellana in grado di prendere il suo posto un giorno. Ormai era già in età da marito e non poteva permettersi di non conoscere queste tecniche di vitale importanza.
Dorotea invece si immaginava a cavallo brandendo la spada contro robusti nemici e combattendo.
Ci pensava ogni volta che passava davanti a quella lama temprata dai migliori fabbri del paese.
 
3- La serva finì di sistemare il filo di perle tra i capelli di Dorotea.
"Sorridete, mia signora. Oggi è un giorno gioioso."
No. Non lo era.
Dorotea aveva passato quattro anni a sognare combattimenti, tende e accampamenti e ora il suo sogno stava per essere distrutto.
"Mia signora, è tardissimo. La carrozza vi aspetta. Rischiate di arrivare tardi al vostro matrimonio."
Forse avrebbe potuto essere una fanciulla guerriera, nascondersi sotto una corazza metallica che ne nascondesse le forme, ma non sarebbe mai potuta essere una sposa guerriera.
"Mia signora, il broccato." La cameriera le raccolse lo strascico, accompagnandola fino alla carrozza che l'avrebbe portata dall'entrata del castello alla cattedrale, inglobata dalle mura.
L'ultima sala la salutò con uno balenio.
Dorotea volse il viso verso la spada appesa al muro.
 
4- "Lasciatemi sola."
La cameriera l'aveva guardata, non sapendo cosa fare.
"Lasciatemi sola qualche momento."
La ragazza si allontanò impercettibilmente da Dorotea.
"Fuori dalla stanza, ho detto." disse alterata.
Quattordici anni e i suoi sogni erano infranti.
Si avvicinò lentamente alla spada, un passo alla volta come avrebbe dovuto fare nel tragitto verso l'altare, quasi come se il suo sposo fosse quella spada.
Si fermò davanti alla parete, il volto a pochi centimetri dal metallo lavorato. Poteva vedere il suo fiato caldo appannare la fredda lama.
Se avesse sposato quella spada non l'avrebbe scaldata di notte, fredda come il ghiaccio.
Se avesse sposato il suo promesso sposo avrebbe tradito la memoria di suo padre.
Fece scorrere le dita sulla lama piatta, quasi con reverenza.
Quattordici anni e i suoi sogni erano infranti.
Forse no.
 
5- Dorotea staccò la spada dal suo sostegno.
Che cosa pensava di fare?
Come sarebbe riuscita a fuggire?
La spada pesava più di quanto pensasse.
Provò ad impugnarla con una sola mano, come aveva visto fare agli uomini durante gli allenamenti e i tornei, ma il peso del metallo la trascinava verso il basso.
Neppure con entrambe le mani riuscì a tenerla sollevata per più di qualche secondo.
Se quella spada, che gli aveva promesso grandi cose, grandi duelli, grandi battaglie, gloria e onori, le aveva mentito, cosa era reale nella sua vita?
 
6- Nulla era reale.
Dorotea si rese conto di essersi cucita una favola dorata addosso e di averla trasformata nella propria pelle.
Non avrebbe mai potuto combattere, non sarebbe nemmeno riuscita a uscire da quella stanza, nemmeno a cambiarsi d'abito senza una serva connivente.
Inutile.
Si sentiva inutile e sciocca.
Come aveva potuto credere che lei, donna, avrebbe mai potuto prescindere dal suo ruolo femminile?
Aveva imparato svogliatamente ciò che la madre le aveva insegnato, convinta che non le sarebbe mai servito davvero.
Ora che la sua falsa illusione si era crepata e si era infranta a terra, non le rimaneva che il vuoto.
Spada traditrice.
 
7- Il dolore la investì come una raffica di vento.
Non poteva essere vero.
Non poteva aver gettato i suoi sogni e le sue aspirazioni di vita. Non poteva aver davvero creduto che alla fine dell'arcobaleno ci fosse una pentola d'oro.
Dorotea aveva quattordici anni e i suoi sogni erano infranti.
Disperatamente negava a sé stessa la verità.
Doveva esserci qualcos'altro.
"Cosa fate?"
La domanda allarmata della cameriera la riscosse.
Si trovò a guardare con occhi vacui la donna.
"Cosa fate con quella spada!"
Abbassò frastornata gli occhi sull'arma metallica tra le sue mani.
Le sue mani bianche e pallide, che si confondevano con il broccato del vestito da sposa.
 
8- Un fiore rosso.
Un urlo agghiacciante che fu udito fin dalle mura.
Un fiore purpureo.
Fluidi petali cremisi su campo bianco.
Un rumore metallico.
Poi il corpo di Dorotea si accasciò al suolo.
La spada pesante non aveva potuto fare altro che incidere il polso della ragazza con la forza con cui lei era riuscita a premere il polso contro la lama affilata.
Non aveva sopportato la vista del sangue ed era svenuta.
Si era dissanguata sul pavimento lentamente, mentre la serva correva a cercare aiuto, goccia dopo goccia.
Invano avevano cercato di fermare l'emorragia.
Aveva coronato il suo sogno.
Aveva ucciso con la spada di suo padre il suo nemico, sé stessa.
Si era ingannata con talmente tante bugie...
Eppure in quel breve momento di lucidità si accorse di aver indissolubilmente unito carne e ferro.
                                                                                                                                
  
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