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Autore: Taila    17/07/2008    0 recensioni
Cent'anni dopo il mitico scontro tra il Signore degli Inganni e Jerle Shannara, Allanon si presenta a Cho Black, una ragazza che da sei anni vive da sola isolata dal resto della civiltà, nelle Foreste di Streleheim: ha bisogno del suo potere per sconfiggere Sorgon, un essere magico più antico del Re del Fiume Argento, che, alla testa di un formidabile esercito di Incubi, sta progettando la conquista delle Quattro Terre.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allanon, Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi qui con il secondo capitolo delle avventure di Cho Black ed Allanon alla ricerca del Labirinto di Specchi. La protagonista di questo capitolo è Cho. Ho cercato di attenermi quanto più possibile alla Paranor originale, ma alla fine ha prevalso la mia visione del castello dei Druidi. Ho anche innalzato il livello della rocca per poter ottenere quelle viste panoramiche che adoro, ma forse ho un po’ esagerato… ^^’’’ Piccola confessione: non sono molto brava a descrivere scene di combattimento, ma ho voluto lo stesso provarci, spero quindi che il risultato sia accettabile ^^’’
Ringrazio tutti coloro che hanno letto il primo capitolo.
Non mi resta che augurarvi buona lettura, al prossimo capitolo ^.^



Capitolo 2.



- E così questa è Paranor! È stupenda!- esclamò Cho Black sorridendo entusiasta.
Allanon si fermò un attimo ad osservarla di sottecchi, prima di rivolgerle uno guardo perplesso.
- Ho sempre visto Paranor dall’esterno, non sono mai riuscita ad entrare all’interno, era come se fossi stata bloccata da una barriera che mi impediva l’accesso.- spiegò lei rivolgendo al Druido uno sguardo titubante, come se temesse la sua reazione.
- Sei riuscita a salire fin quassù evitando le trappole tese attorno alla base della rupe?- chiese Allanon stupito: forse quella ragazzina era più potente di quello che pensasse.
- Certo! Usando la mia abilità sono riuscita a scorgere le siepi avvelenate e tutto il resto, ed a trovare il passaggio nascosto dal lato dei Denti del Drago, certo ho dovuto penare alcuni giorni, ma alla fine ce l’ho fatta e l’ho trovato, così sono riuscita a salire fin sulla cima della rupe.- .
Il Druido la osservò a lungo, scrutando nelle profondità di quegli occhi verdi come smeraldi e limpidi come pozze d’acqua, cercando qualcosa che solo lui poteva vedere, mettendola fortemente a disagio. Finito il suo esame Allanon le diede le spalle e si incamminò verso un portone di legno scuro chiuso.
- Devo consultare le Storie dei Druidi per trovare notizie su dove sia stato costruito il labirinto di specchi.- dal tono usato sembrava volerle dire che a lei era precluso l’accesso al luogo dove si stava recando.
Ma Cho era più che soddisfatta: aveva l’occasione che stava aspettando da anni di entrare dentro Paranor e non se la sarebbe fatta scappare.
- Posso fare un giro per il castello mentre tu fai la tua ricerca?- chiese con un tono così speranzoso che Allanon si fermò sul primo gradino che aveva sceso per chiedersi a cosa fosse dovuto tanto interesse per quelle quattro mura fredde e vuote.
Le accordò comunque il permesso, raccomandandole di essere prudente perché i vecchi poteri erano ancora vivi li dentro, un po’ perché non ci vedeva nulla di male un po’ perché in questo modo avrebbe fatto la sua ricerca da solo senza dover dare spiegazioni né subire interferenze.
- Grazie!- esultò Cho con un sorriso così solare che Allanon si sentì come se l’avessero frustato.
Quindi sapeva ridere anche in quel modo…
Subito la ragazzina si allontanò correndo per il corridoio vuoto, i suoi passi che risuonavano sulla pietra. Ascoltò quello che gli sembrava un allegro scalpiccio che ridava vita a quel castello morto finché non scomparve e poi scese le scale fino a raggiungere la biblioteca.

Cho Black passeggiava per gli enormi corridoi vuoti guardandosi intorno con aria estasiata: le pareti erano in blocchi di pietra squadrata incassati uno sull’alto e salivano per almeno tre metri, il soffitto formava una volta a botte con capriate a vista stranamente intatte, di un legno scuro e lucido su cui risaltavano il monaco e la staffa in ottone. Ad intervalli regolari finte colonne con capitelli corinzi spuntavano dalle pareti per sorreggere maestosi archi a tutto sesto. Cho si avvicinò alla parete e la sfiorò con le dita: dopo un lampo di luce bianca che l’abbagliò, il corridoio si riempì di figure incappucciate che sfilavano in un frenetico andirivieni, alcune trasportando pesanti tomi dalla copertina consunta, altri camminando con una postura altera e ieratica. Le figure scomparvero appena lei scostò le mani dalla pietra. Era riuscita a vedere uno sprazzo della Paranor di cent’anni prima, quando ancora i Druidi vi vivevano ed operavano. Cho Black era sempre stata affascinata da quel luogo mistico, non sapeva perché ma aveva nutrito una profonda attrazione per quel maniero dalla prima volta che lo aveva visto. Ricordava ancora benissimo quel giorno, era come impresso a fuoco nella sua mente: si nascondeva nelle Streleheim da un paio di settimane ed aveva deciso si addentrarsi maggiormente nella foresta; muovendosi nell’ombra nata dall’intreccio di rami e foglie degli alberi, saltando radici sporgenti e cespugli di rovi, evitando animali selvaggi, era arrivata ad una radura in cui gli alberi si aprivano a cerchio lasciando libera la vista di una grossa fetta di cielo. Cho allora aveva sollevato lo sguardo lasciandosi accecare dall’azzurro intenso di quel cielo simile a lapislazzuli, solo quando lo aveva spostato aveva incrociato la rocca di Paranor: il castello con i suoi pinnacoli che svettavano verso il cielo, le sue potenti guglie, e la sua mole rigida e perfetta, staccandosi netta e cupa sullo sfondo lucente del cielo. Con il sole alle spalle sembrava che tutto il castello risplendesse della luce dorata di mezzogiorno. Quella visione l’aveva soggiogata, da quel momento Cho aveva tentato in ogni modo di superarne le difese ed entrare nella rocca, ma fino a quel momento non c’era mai riuscita. Sorridendo si avvicinò alla gigantesca finestra ad arco acuto trilobato: ai suoi piedi si stendeva la parte meridionale delle Streleheim, più in la spuntavano i picchi aguzzi e minacciosi della catena dei Denti del Drago, ad est, in lontananza, poteva addirittura scorgere il fiume Mermidon tagliare la pianura del Callahorn come un nastro argenteo. Era una vista mozzafiato, di quelle che davano la sensazione di poter dominare il mondo intero, ed era pronta a scommettere che quella stessa sensazione dominava le emozioni dei Druidi quando l’osservavano. Provò una netta fitta d’invidia al pensiero che i Druidi potessero goderne ogni volta che volevano mentre lei si sarebbe dovuta accontentare del ricordo che avrebbe conservato dentro di sé. Si allontanò dalla finestra dopo un ultimo sguardo, ritornando a percorrere il corridoio. Non riuscì a contare le stanze che si aprivano sui corridoi, rimase a bocca aperta quando entrò nella sala del consiglio, con il lungo tavolo di legno e gli scranni ancora bene allineati, il tutto inondato dalla luce del sole. Paranor era magnifica, era un tesoro in quelle terre! Continuò la perlustrazione stupendosi per il lusso degli ambienti comuni che si alternava a quello severo ed austero di piccoli studioli assegnati a ciascun Druido. Evitò il locale caldaie ed i livelli più bassi come le aveva detto Allanon, e si dedicò completamente a quelli superiori. Ad un tratto arrivò in un corridoio stranamente in penombra, in cui la temperatura era notevolmente più bassa rispetto al resto del castello. Si guardò intorno ed alla fine scorse una lama di luce illuminare la parete di fronte in un disegno trapezoidale. Senza fare rumore si avvicinò, man mano si rendeva conto della presenza di un brusio di sottofondo, poi le vide: le ombre di due figure ripugnanti, ingobbite e contorte, che sibilavano tra loro in maniera inquietante. Non avvicinandosi troppo e tenendosi nascosta, riuscì a cogliere una parte della conversazione.
- Sei riuscito a scovare il Druido?- chiese impaziente l’ombra a destra.
L’altra figura tremò appena, poi sollevò la testa e si decise a rispondere.
- L’ho perso quando ha abbandonato il Perno dell’Ade.- rispose titubante, temendo la reazione di quello che doveva essere il suo capo.
- Sei solo un buono a nulla!- ringhiò.
Non aveva urlato né lo aveva minacciato, ma in qualche modo aveva trasmesso tutta la collera che provava, e Cho si trovò suo malgrado a rabbrividire di terrore, come l’ombra sul muro.
- Non preoccuparti Padrone: ho già provveduto a mettere a punto una trappola dalla quale non potrà scappare!- ghignò l’ombra a sinistra come se già avesse la sua preda morta.
- Attento! Il Druido è molto potente ed astuto, ricorda che è stato allievo di Bremen, il Druido che ha creato la Spada di Shannara!- lo ammonì l’altro.
- Neanche lui potrebbe sfuggire alla trappola che ho preparato per lui!- la risata che seguì alle sue parole fece accapponare la pelle a Cho.
- Lo spero per te: dobbiamo assolutamente evitare che il Druido contatti quella ragazzina, con il suo aiuto riuscirebbe a trovare lo scrigno, ed è una cosa che dobbiamo evitare a tutti i costi!- .
Cho Black sussultò appiattendosi ancora di più contro il muro: sapevano anche di lei! Voleva andare via da li, scappare da quel castello e tornare nella sua foresta, dimenticare tutta quella storia…
… ma sapeva che era impossibile: una volta intrapresa quella strada non poteva tornare indietro! Quindi rimase acquattata al buio, cercando di scoprire cosa avessero architettato quelle cose contro Allanon.
L’ombra a sinistra riprese a parlare, con la sua voce sibilante e stridente.
- Sono sicuro che il Druido verrà prima qui per cercare notizie sul Labirinto di Specchi, solo dopo andrà dalla ragazza: non vorrà certo perdere tempo in ricerche una volta che l'avrà convinta, vorrà partire immediatamente. Ed è per questo che ho ordinato alle mie creature di aspettarlo nella biblioteca. Quando avranno finito di lui non resterà niente!- rise.
Una risata che si insinuò sotto la pelle della ragazza, scatenando la sua ansia: Allanon era in pericolo, doveva andare ad avvertirlo immediatamente! Si alzò in piedi con un movimento tanto rapido quanto imprudente: i tacchi dei suoi stivali batterono sul pavimento di marmo, ed il suono secco rimbombò nel corridoio vuoto rivelando la sua presenza. Le due ombre si interruppero all’istante comprendendo che un intruso aveva spiato la loro conversazione. Nella penombra del corridoio appena rischiarato dalla pallida luce che proveniva dall’interno della stanza, Cho vide una creatura ricurva, asimmetrica, piena di bozzi, fissarla con il suo stesso terrore stupito dalla soglia. Cho Black vedendo quell’essere riuscì a recuperare abbastanza presenza di spirito da costringersi a voltarsi ed a scappare. Questo fece risvegliare anche l’essere.
- La ragazza delle Streleheim!- lo sentì urlare alle sue spalle per poi ordinare a qualcuno di seguirla.
Nel giro di pochi secondi avvertì la presenza di qualcosa dietro di sé, che correva battendo i pesanti passi sul pavimento, ansimando pesante e rauco, respirandole gelido e fetido sul collo. Continuando a correre senza mai voltarsi, la ragazza usò quell’istinto da cacciatore che aveva sviluppato ed affinato nei sei anni che aveva vissuto nella foresta di Streleheim e riuscì a contare che i suoi inseguitori erano almeno dieci. Decisamente troppi per lei sola, nonostante la sua abilità. Demoralizzata iniziò a scendere l’enorme scalone il più velocemente possibile, saltando anche alcuni scalini. Ma quando si rese conto che la distanza tra lei ed i suoi inseguitori era diminuita, scavalcò il passamano e saltò nel vuoto atterrando al piano di sotto. Solo mentre percorreva un corridoio che curvava ad L e per poi ritornare bruscamente verso l’alto con un altro scalone, si rese conto che nella corsa aveva sbagliato strada e perso l’orientamento, e che ora si trovava in una parte di Paranor che non conosceva. Digrignò i denti maledicendo la sua stupidità e quei cosi che la stavano seguendo. Era questo che le aveva insegnato il vecchio Baruk? Aveva speso mesi per inculcarle che gli appostamenti si basavano sulla discrezione ed il silenzio assoluto, che ogni volta doveva muoversi lentamente con piccoli movimenti, che non doveva essere brusca o avventata altrimenti sarebbe stata scoperta e la preda sarebbe scappata. E lei cosa aveva fatto? Appena aveva sentito che Allanon era in pericolo si era dimenticata di ogni prudenza ed era scattata su per correre da un uomo che probabilmente aveva già sistemato i suoi avversari. Era solo una stupida. Una stupida che rischiava di fare un brutta fine, per giunta! Cho Black aumentò la velocità della sua corsa nella disperata speranza di aumentare la distanza tra lei ed i suoi inseguitori e seminarli. Tutto inutile. Più lei correva più loro avanzavano. Ormai era allo stremo, sentiva i muscoli delle gambe bruciare come se fossero immersi nell’acido, le articolazioni cominciavano a cedere alla stanchezza e più di una volta era inciampata rischiando di cadere e finire tra le grinfie dei suoi inseguitori. Correndo in un corridoi decorato da una fila di nere armature lucide da un lato e dall’altro aperto per tutta la sua lunghezza da una vetrata, gettò uno sguardo al di fuori della finestra, la sua corsa si spense lentamente per la disperazione per ciò che stava guardando: in lontananza si ergevano le oscure punte delle montagne della Lama del Coltello, avvolte da una sinistra coltre di nebbia, separate dal nastro grigio cupo del fiume Lete dalla propaggine settentrionale delle Streleheim, a sinistra risaltava opaco il Deserto di Kierlak, a destra si stagliavano impenetrabili le vette dei Charnal. Era finita nell’ala settentrionale del castello! Per ritornare da Allanon avrebbe dovuto tornare indietro, nella parte meridionale, e questo significava due cose: o continuava a correre cercando un passaggio che portava in quell’ala e che sicuramente esisteva, oppure tornava indietro ed affrontava quelle cose che la inseguivano nella speranza di eliminarle tutte ed uscirne sana quel tanto che bastasse a trovare il Druido ed avvertirlo del pericolo che correva. Un ruggito richiamò la sua attenzione: i suoi inseguitore avevano raggiunto la metà corridoio e per la prima volta si concesse di osservarle. Il sangue le si gelò nelle vene: erano creature mostruosamente deformi, alcune avanzavano correndo sui quattro arti come lupi, altri strisciando e contraendosi sul marmo gelido, erano rivestiti da una specie di sostanza gelatinosa nera che acquisiva riflessi violetti sotto la luce che filtrava dalla vetrata e che rivelava più che nascondere le escrescenze sotto le loro pelli. Sentì il coraggio dentro di lei affievolirsi fino a spegnersi, e dovette richiamare tutto il suo coraggio e la sua volontà di sopravvivere per riprendere quella folle corsa, chiedendosi ancora una volta in che guai si fosse cacciata.
Svoltando l’angolo di un altro corridoio si trovò davanti una figura enorme completamente avvolta in un mantello nero. Cho si arrestò bruscamente portando le mani sulle else dei lunghi coltelli, pronta a sguainarli al primo movimento della persona davanti a sé, consapevole della presenza sempre più vicina dei suoi inseguitori. La figura, con un movimento rapido e fluido, scostò il cappuccio dalla sua testa rivelando il volto di Allanon. Cho sospirò sollevata abbandonando subito la sua presa sui coltelli.
- Dannazione a te Druido: mi hai spaventata a morte!- protestò lei vivamente.
Allanon le scoccò un’occhiata così gelida che avrebbe fatto arretrare impaurito anche l’uomo più coraggioso e sfrontato delle Quattro Terre, ma che lei ignorò completamente, continuando ad inveire contro di lui. Il raspare di ansiti nell’aria e di artigli sulla pietra le ricordò che fino a pochi istanti prima creature ripugnanti stavano inseguendola per ucciderla. Afferrò il Druido per il braccio con l’intenzione di spingerlo avanti per correre insieme e trovare una via di fuga da quell’incubo. Ma appena toccò il corpo dell’altro una scossa le percorse la spina dorsale, facendole rizzare i capelli sulla nuca in un muto avvertimento. Lentamente frenò la sua corsa e la presa sul braccio dell’altro diminuì di intensità, si volse lentamente fronteggiandolo con i suoi occhi ora divenuti di un intenso color oro che le svelavano la vera natura dell’essere in piedi davanti a lei: sotto le sembianze del Druido si celava una creature simile ad un crostaceo privo di corazza, molle e trasparente, con lunghe braccia e gambe, che la fissava con occhietti di un azzurro pallido trasudanti malvagità. Ora Cho Black era davvero nei guai: alle sue spalle si accalcavano le creature che l’avevano inseguita per mezzo castello, davanti c’era quell’essere che aveva tutta l’aria di non volerla lasciare passare. Pian piano arretrò impugnando i coltelli che dondolavano ai lati della sua cintola e ne estrasse le lame dal fodero in uno stridio fastidioso che risultò ancora più forte nell’eco prodotto da quel luogo silenzioso. Si mise in posizione di guardia e fronteggiò i suoi avversari sperando davvero di uscirne viva.
Le creature si contrassero come se fossero percorsi da un unico brivido, emettendo contemporaneamente uno sbuffo che alle sue orecchie assunse una tonalità decisamente divertita. Non la temevano, per loro era solo un insetto con cui divertirsi un po’ prima di schiacciarla definitivamente. Il falso Allanon le si avvicinò con andamento flemmatico e sicuro, ghignando sinistramente.
- Avresti potuto avere una morte rapida ed indolore se solo non mi avessi toccato, ma ora…- lasciò la frase a metà, ma il sorriso che gli aprì le labbra spiegava accuratamente il suo pensiero.
- Non è così facile eliminarmi!- ribatté lei spavalda.
- Non lo metto in dubbio…- rispose sarcasticamente – Ma come pensi di farcela contro tutti loro?- e con un gesto teatrale indicò gli esseri che scalpitavano attendendo il momento in cui avrebbero ottenuto il permesso di divorarla.
Quella volta Cho non rispose, si limitò a restare immobile nella posizione assunta ed a fissare torva il falso Allanon, cercando di convincerlo e convincersi che non aveva paura. Il sorriso sul volto dell’essere si accentuò assumendo tinte inquietanti e malvagie.
- Se è questo quello che vuoi…- e si scostò di lato con un gesto veloce facendo frusciare il mantello.
Ottenuto l’assenso gli altri esseri invasero il corridoio gemendo di soddisfazione. Cho Black si impose di stare calma, di rilassare i muscoli e rallentare il respiro. Se prima si era comportata avventatamente, ora non voleva assolutamente ripetere l’errore. Non aveva mai combattuto realmente contro qualcuno, solo delle simulazioni durante l’allenamento con Baruk, aveva usato quello che aveva imparato sempre e solo per cacciare, non per altro. Quando quelle cose erano ormai a pochi passi da lei si chiese se fosse veramente in grado di sopravvivere ad un simile scontro…
… ma ormai era tardi per qualsiasi riflessione o ripensamento, poteva solo rammentare gli insegnamenti ed i trucchi appresi e buttarsi nella mischia senza ripensamenti.
L’impatto fu terrificante. Le sue lame erano cozzate contro i loro artigli violentemente e si sentì scuotere fin dentro le ossa, mentre l’urto la spingeva indietro, le suola dei suoi stivali stridevano sul marmo lucido del pavimento. Cho strinse i denti forte e facendo leva sulle ginocchia si spinse avanti cercando di respingerli indietro. Erano così vicini che poteva sentire il puzzo del loro alito, e lei aveva bisogno di spazio per muoversi. Scartò di lato il più rapidamente possibile, puntando la lama destra in modo che durante lo spostamento ferisse quelle cose. Si allontanò quanto più possibile cercando di riprendere fiato e di ragionare il più lucidamente possibile, ma aveva appena toccato il muro con le spalle che si ritrovò nuovamente circondata da quelle cose affamate. Un sorriso increspò le labbra di Cho: il vecchio Baruk non le aveva sempre ripetuto che la miglior difesa è l’attacco? Strinse la presa sulle due else e, rapida come un felino, partì alla carica, ma quando una delle sue lame sprofondò nella massa gelatinosa di uno di quei corpi, si rese conto che non sortiva alcun effetto, anzi: quell’essere ripugnante continuava a fissarla tranquillo e divertito, come se non avesse un pugnale piantato nel petto.
- Gli Incubi non possono essere uccisi dalle comuni armi umane, solo la magia può distruggerle!- le spiegò la voce divertita del falso Allanon.
Intanto la sorpresa l’aveva distratta talmente tanto, che Cho non si rese conto dell’Incubo che le era strisciato alle spalle. Tutto quello che avvertì fu un intenso bruciore in tutto il corpo e qualcosa di appiccicoso che le stava lentamente impregnando la pelle. Abbassò titubante lo sguardo e vide quello che non avrebbe mai voluto vedere: il suo corpo era stato trapassato da parte a parte da una massa di tentacoli induriti come punte di lance, vedeva quelle estremità verdastre e trasparenti, dure come diamanti, che le spuntavano da ogni parte del corpo. Il sangue le stava fuoriuscendo velocemente dalle ferite, imbrattandole i vestiti e succhiandole via le forze. Con uno sforzo immane riuscì ad ordinare ai suoi arti di contorcersi e piegarsi in una serie di acrobazie che le permisero di liberarsi e battere in ritirata. A fatica raggiunse il muro e ci si appoggiò contro, imbrattandolo con diverse strisce cremisi. Aveva il fiato corto e la vista appannata, sentiva il mondo scivolarle dai sensi mentre le forze l’abbandonavano sempre più velocemente. Il sorriso sulle sue labbra si accentuò, diventando strano, vuoto, forse ancora più inquietante di quello che aleggiava sul volto del falso Allanon, mentre prendeva la sua decisione: era ferita gravemente ed il tempo a sua disposizione stava scivolando via ad una velocità stupefacente, stava perdendo troppo sangue e doveva sbrigarsi ad arginare l’emorragia; purtroppo per lei quelle creature erano invulnerabili alle armi umane, quindi i suoi coltelli non le servivano a molto in quell’occasione…
Aveva paura! Non voleva morire per mano di quelle cose!
Ad ogni passo avanti degli Incubi avvertiva la paura crescere dentro di lei, gonfiarsi come un’onda sotto l’influsso della marea, ingigantirsi fino a diventare terrore.
Avvertiva le sue membra tremare violentemente, il cervello era come congelato, mentre un sottile senso d’angoscia e paura le dilagava nel petto paralizzandola, in una replica già vista e vissuta. Quando l’onda di terrore toccò e superò l’apice, qualcosa dentro di lei si spezzò, mentre panico e follia si mescolavano in una miscela esplosiva. Quando riportò lo sguardo sugli Incubi, che ormai erano a pochi passi da lei, le iridi di Cho avevano assunto un colore nero pece, denso e colloso, così simile a quello degli abissi privi di fondo.
E poi fu tutto come quella volta a Varfleet!
Cho digrignò i denti fino a far sanguinare le gengive, mentre la sua magia traboccava dal suo corpo come un velo di un color perla trasparente, e si modellava, pian piano, in un paio di enormi e deformi mani, protese verso la massa febbricitante degli Incubi. Appena questi furono sfiorati da quelle dita invisibili, iniziarono a dimenarsi furiosamente, urlando deliranti per un dolore che non avevano mai sperimentati prima. Cho serrò ancora di più la presa della sua magia su di loro, moltiplicando quelle mani ed insinuandole nelle loro teste. Con i suoi occhi di pece poteva vedere la grigia carne pulsante che sembrava quasi ritrarsi davanti a lei. Tese ancora di più le mani, fino a stringere in una debole presa quei cervelli, ancora un attimo di stasi, poi esplodendo in un urlo rabbioso, ordinò alla sua magia di stritolarli. Gli Incubi tesero i loro corpi in archi innaturali, in un ultimo grido di vita, prima di accasciarsi sul pavimento in tante forme esanimi. Dopo Cho rivolse il suo sguardo nero all’essere che aveva cercato di ingannarla prendendo le sembianze di Allanon ed i suoi occhi promettevano solo una morte ancora più lenta ed atroce di quella che aveva riservato agli altri. Ma fu sono un istante, era la prima volta che usava la sua magia in quel modo su tante persone, ne aveva usata troppa e le forze le mancarono di colpo: cadde sulle ginocchia come una marionetta dai fili tagliati, mentre il sudore ed il sangue le si asciugavano addosso creando una crosta umida ed appiccicosa sulla sua pelle, lo sguardo opaco fisso davanti a sé, il cervello intasato da immagini e domande senza risposta, il fiato spezzato: in quel momento Cho Black si sentiva svuotata completamente! Il falso Allanon avanzò ghignando: contro la magia di quella mocciosa non avrebbe potuto fare molto, doveva approfittarne ora che era senza forze ed eliminarla. Estrasse la mano destra dalle pieghe dell’ampio mantello nero e, dopo una lieve contrazione della pelle, le unghie si allungarono di parecchi centimetri, divenendo taglienti come rasoi. Si fermò davanti alla ragazza e sollevò la mano pregustandosi il momento della sua morte e le calò su di lei velocemente, dopo aver disegnato un arco invisibile a mezz’aria.
Cho Black neanche si rese conto di quanto le fosse vicina la Morte in quel momento.

  
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