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Autore: Link93    23/04/2014    3 recensioni
Questo mio fantasy parla, in poche parole, di un gruppo di persone capaci di fare patti con dei demoni e assumere con essi una specie di rapporto simbiotico. La storia si svolge in un paesino del sud che si ispira alla mia città natale, e i due protagonisti sono due ragazzi, Arthur e Pietro, amici fin dall' infanzia, ma Arthur nasconde all' amico un oscuro segreto, Pietro verrà catapultato in un mondo a lui sconosciuto che cambierà per sempre la sua vita.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
Era una tipica sera estiva del sud. Caldo torrido e umidità alle stelle, ma quella sera in particolare soffiava una leggera tramontana che rinfrescava l’aria tanto da renderla lievemente sopportabile.
Arthur era in bagno a sistemarsi i capelli perché quella stessa sera sarebbe uscito. Poco prima aveva ricevuto un messaggio, da Pietro il suo miglior amico, che riceveva ogni sabato sera, alla stessa ora, con lo stesso testo:
 
“alle 8 in piazzetta puntuale”
 
Ogni volta che leggeva quel messaggio pensava - un po’ di fantasia no eh … sembra una specie di segreteria telefonica preregistrata! – e, come ogni volta, lui rispondeva con un chiaro e semplice
 
“ok”
 
Finito di domare i suoi soliti due ciuffi ribelli -uno per ogni tempia a mò di corna- aveva preso le tre cose fondamentali per uscire da casa: chiavi, cellulare e portafoglio, preferibilmente con soldi annessi.
Durante il tragitto che divideva la sua casa dalla piazzetta, circa mezzo chilometro, Arthur scopriva nuovi dettagli delle viuzze e delle stradine del borgo medievale. Ormai riusciva a distinguere se gli archi erano fatti di tufo o di pietra leccese, se gli affreschi si erano ancora inesorabilmente deturpati, sia per il tempo, sia per i quattro o cinque teppistelli di strada che si sentivano dei duri solo perché scrivono con le bombolette i propri nomi da writers.
Arrivato finalmente nelle vicinanze della piazzetta, cominciò a scrutarla per individuare Pietro, ma non ce ne fu bisogno poiché udì una voce chiara e squillante di Pietro:
-sono qui! Cosa sei? Cieco?-
Era Pietro, suo amico da tempo immemore, erano amici da così tanto tempo che ormai la storia di come si erano conosciuti era persa tra le nebbie del tempo. La leggenda narra che si conobbero già in sala parto nelle rispettive pance delle madri, compagne di stanza e amiche a loro volta.
- ceco sarai tu e tua sorella!-
-e quella brava donna di tua madre!-
-pensa alla tua di madre!-
Era uno dei tipici saluti affettuosi che ormai avevano rimpiazzato il tipico “ciao, come va?”; dopo essersi scambiati qualche altro “complimento” iniziarono a parlare del più e del meno, i discorsi andavano da come si era svolta la giornata, alle ultime cazzate di facebook, ai risultati sportivi. Poi seguivano un’altra miriade di discorsi che, presi singolarmente, avevano un senso, ma uniti insieme formavano un’accozzaglia di idee e pensieri senza capo né coda e, soprattutto, senza una fine; giacché si passava da un discorso a un altro come un’ape che passa da un fiore all’altro senza pensarci troppo.
 Dicevano tutti che erano molto simili tra loro, cosa che i due negavano, anche perché a prima vista erano simili per corporatura, colore scuro della pelle e il resto dei parametri che possiede un ragazzo medio del sud, ma da vicino si notavano i dettagli che li distinguevano:
Arthur era sul metro e settanta, capelli lunghi e ondulati di un color castano, così scuro che sembrava nero, che arrivavano fino alla base del collo, occhi color nocciola tendenti al verde, almeno così sosteneva la madre, e un accenno di barba da cinque del pomeriggio, risultato della sua non curanza per l’estetica.
Pietro, anche lui sul metro e settanta, aveva dei capelli ricci di un castano chiaro, ma non troppo, occhi molto scuri rispetto all’amico e uno strato di peluria sul viso che stava a indicare la fase adolescenziale in corso.
Anche i loro caratteri erano diversi, Arthur era più chiuso, anche se appena iniziava a prendere confidenza e parlare sembrava un treno a vapore a pieno regime, mentre Pietro era notevolmente più incline alla favella con gli estranei, il che portava a due risultati: o ti era simpatico o lo trovavi assillante.
Mentre continuavano a parlottare tra loro il cielo, prima limpido per via della tramontana che allontana le nubi, si coprì di nuvoloni neri, che non presagivano niente di buono, la piazzetta cadde in un’oscurità totale squarciata in alcuni punti dal flebile bagliore dei lampioni appena accesi.
Pietro dentro di sé si chiese cosa stesse succedendo, quando a un tratto si voltò verso l’amico e osservò che la sua espressione da spensierata, si trasformò in una smorfia di terrore misto a sorpresa, però di una brutta sorpresa.
Prima che Pietro potesse proferire parola, Arthur incalzò con una frase che trasformò la preoccupazione dell’amico in ansia:
- andiamocene, presto! Non c’è tempo da perdere!-
Pietro lo scrutò e non vide nulla nell’espressione di Arthur che facesse pensare a uno scherzo precongegnato.
- forza sbrigati, corri!-
Pietro non capi, finché non udì un ruggito animalesco, qualcosa di mai udito prima, che squarciò l’aria fresca di quella sera facendola diventare pesante come il piombo.
Guardarono nella direzione da cui proveniva quel verso agghiacciante, e a quel punto videro spuntare dal nulla, sulla sommità di un palazzo, una creatura che definire imponente e terrorizzante era a dir poco sminuente.
Mentre contemplava quella visione di puro terrore, Pietro udì una voce provenire, sembrerà strano a dirlo, dall’interno di Arthur! Quella voce era gutturale, dura, profonda e diceva:
-carceriere fammi uscire è troppo forte per te!-
-sai che non posso farlo! Non davanti a lui!-
-devi invece! È un rischio che devi correre! E lo sappiamo entrambi!-
Pietro ascoltava quella strana conversazione, mentre osservava il suo amico che accennava un consenso quasi forzato con la testa e, dopo quel gesto, fu travolto da un’onda d’urto, come se all’improvviso davanti a lui fosse esploso di un ordigno, ormai sepolto da anni e dimenticato.
Mentre si riprendeva dallo shock e dalla brutta caduta che lo aveva scaraventato a terra, Pietro udì due parole che gli fecero gelare il sangue nelle vene:
-sono libero!- 
  
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