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Autore: Soul of Paper    23/04/2014    6 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell’autrice: Lo so che sono in un ritardo pauroso, ma il capitolo che leggerete è lunghissimo, il più lungo che ho mai scritto, sono praticamente tre capitoli insieme. Avrei potuto separarlo a metà ma ho deciso che avesse più senso così, nella sua compiutezza e che fosse più giusto lasciare la possibilità a voi di decidere se leggervelo tutto in una volta o se dividerlo a “tranche”. Non vi faccio perdere altro tempo e vi auguro buona lettura, dandovi appuntamento alle note a fine capitolo ;)!



 
Capitolo 28: “Eva – seconda e ultima parte”



Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà dei rispettivi proprietari/detentori di copyright. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


 
“È stato divertentissimo! Lo rifacciamo?” proclama Tommy entusiasta, non appena scendono dal gommone delle Jungle Rapids, nonostante sia abbastanza bagnato, come tutti loro del resto, o forse proprio per quello.
 
Eva che, ovviamente, per la sempre valida Legge di Murphy, era stata quella più inzuppata di tutti, essendo seduta proprio sul seggiolino che aveva ricevuto in pieno l’ondata più forte, oltre alla doccia delle proboscidi degli elefanti, dopo essersi strizzata i capelli e la maglia, fulmina Gaetano con l’ennesimo sguardo accusatore.
 
Era stata già una mezza lotta convincerla a salire sull’attrazione, dopo una lunga disquisizione su quanto fosse pericoloso per un bambino dell’età di Tommy, dato che Eva temeva non solo che si bagnasse e si prendesse un malanno, ma soprattutto che potesse essere sbalzato fuori dal gommone, nonostante superasse abbondantemente il limite minimo di altezza.
 
Alla fine Gaetano le aveva fatto notare, a denti stretti, che se era quasi arrivata a portarsi dietro Tommy nella foresta pluviale, con tanto di paludi, coccodrilli, animali pericolosi in genere, nonché una sfilza di possibili malattie da far spavento, non ci sarebbero dovuti essere problemi per una giungla finta e un po’ d’acqua. E così erano riusciti a convincerla a mettersi in fila.
 
“Fatti vedere,” esclama infine, preoccupata, abbassandosi per ispezionare il figlio, “sei bagnato fradicio! Andiamo in bagno a cambiarci prima che ti ammali.”
 
“Ci troviamo qui?” chiede Gaetano con un sospiro, rinunciando persino a tentare di farla ragionare sul fatto che Tommy fosse solo lievemente bagnato e non zuppo e che con il caldo e il sole si sarebbe asciugato di lì a poco. Forse anche perché un time out da Eva non è una prospettiva così sgradita.
 
“Sì, dopo voglio andare sul Mammut!” dichiara Tommy, indicando l’attrazione lì di fianco, una specie di incrocio tra un trenino e le montagne russe.
 
“Dopo vediamo,” sibila Eva, prendendo il bimbo per mano ed avviandosi verso le toilette.
 
“Presumo che fosse un sì?” domanda Camilla con un sospiro, guardandosi intorno per capire cosa fare nell’attesa, a parte lasciare che il sole asciughi i vestiti.
 
“Guarda mamma: c’è una gelateria. Che ne dici se ci mangiamo un cono mentre aspettiamo?”
 
“Ma sai che quasi quasi mi hai fatto venire voglia?” risponde Camilla, seguendo la figlia verso il chiosco, “tu Gaetano ti unisci a noi?”
 
“Dai, che almeno ci addolciamo un po’ la bocca, prima di riaffrontare la Strega Bianca,” lo incita Livietta, mentre la madre cerca i soldi nella borsa.
 
“Livietta!” la ammonisce Camilla, fulminandola con  lo sguardo.
 
“La strega bianca?” domanda invece Gaetano, cercando disperatamente di non ridere.
 
“Ma sì, quella di Narnia… Specie nella versione del film… Non l’hai mai vista? Tutta vestita di bianco, con una corona di ghiaccio in testa tipo regina delle nevi?”
 
“Livietta…” sospira di nuovo Camilla, “non devi parlare così di Eva: è la mamma di Tommy e dobbiamo cercare di trattarla con rispetto e-“
 
“Proprio come lei fa con noi, no?” obietta Livietta, sollevando gli occhi al cielo, “comunque mamma, va bene tutto, e, per la carità, davanti a lei o a Tommy non direi mai nulla di male su di lei, non solo perché ci tengo a Tommy ma anche perché ci tengo alla vita, ma è davvero insopportabile: sembra che si nutra di yogurt inacidito dalla mattina alla sera! Sinceramente mi vengono anche dei dubbi sul perché a Tommy piaccia tanto Rapunzel: non è che inconsciamente nota una certa somiglianza tra lei e Gothel?”
 
“Livietta!” esclama di nuovo Camilla, anche se deve anche lei trattenere le risate, amare. Perché al paragone tra Gothel ed Eva sinceramente ci aveva già pensato. Ma sente anche che l’iperprotettività di Eva, la possessività di Eva, a differenza di quella di Gothel, sono dettate dall’amore sincero che nutre per suo figlio e dalla paura di perderlo. Anche se lo manifesta in modo sbagliato.
 
“Ma è la verità: ci tratta come se stessimo sempre per fargli del male o per ucciderlo. Ed è apprensiva da morire: e questo no, e quello no! Sembra che siamo in una zona di guerra più che in un parco divertimenti, in tutti  sensi,” sbuffa, aggiungendo, dopo un attimo di riflessione, rivolta a Gaetano, “ma fa sempre così?”
 
“Più o meno, ma oggi è peggio del solito. Credo che sia un mix tra la stanchezza del viaggio, il non vedere Tommy da tanto e il fatto che ce l’ha con me e tua madre per la nostra convivenza e per averci trovato tutti insieme stamattina.”
 
“Credo ce l’abbia su a morte anche con me per aver dormito con Tommy: stamattina quasi mi ha fatto venire un infarto… Oltre che per essere figlia tua, mamma.”
 
“Va beh… Più che altro mi chiedo come pensasse di portarsi dietro Tommy nelle Filippine, apprensiva com’è,” commenta Camilla, esprimendo ad alta voce ciò che Gaetano si chiede da qualche ora a questa parte.
 
“Non lo so… secondo me quella era una decisione istintiva, una dimostrazione di forza e anche un po’ una ripicca nei miei confronti. Non credo ci avesse pensato bene nemmeno lei e secondo me se l’avesse fatto sul serio sarebbe poi andata nel panico. Ma del resto Eva è sempre stata tanto intelligente quanto piena di contraddizioni.”
 
“Già… infatti mi domando anche come una donna capace di resistere per settimane nella foresta pluviale, immagino in quali condizioni igieniche, possa dare di matto per un po’ d’acqua,” mormora Camilla, quasi tra sé e sé.
 
Arrivano alla fine della breve coda e analizzano i gusti di gelato, quando Livietta posa gli occhi su una macchina familiare, che sa di infanzia e di ricordi spensierati.
 
“Mamma, c’è anche lo zucchero filato: sono secoli che non lo mangiamo. Ti andrebbe? Quasi quasi lo preferisco al gelato!”
 
“In effetti… ma sì dai! Tu Gaetano lo vuoi?”
 
“Perché no! Uno per noi due e uno per Livietta?”
 
“Ok. Ne prendiamo uno anche per Tommy? Mi sentirei in colpa a mangiarlo senza di lui,” ammette Livietta con un sorriso, per poi aggiungere con un sopracciglio alzato, “e magari uno anche per la tua ex moglie, che almeno si addolcisce un po’.”
 
“Livietta!” esclama Camilla, in quello che è ormai quasi un urlo, lanciandole un’occhiata eloquente, “adesso basta però! Non voglio più sentire lamentele o battute su Eva, chiaro? E poi dobbiamo capire che per lei la situazione non è facile: in mezzo a tutti noi si sentirà come un pesce fuor d’acqua e non ha visto suo figlio per tanto tempo.”
 
“Ok, ok,” concede Livietta, sospirando.
 
“Per quanto riguarda lo zucchero filato, invece, va bene per Tommy ma per Eva lasciamo stare: non mangia i dolci,” chiarisce Gaetano con un sospiro, ricordando il regime dietetico rigorosissimo a cui si atteneva Eva e a cui aveva cercato di convertire anche lui. In quei mesi di convivenza aveva finalmente capito come si doveva essere sentito Torre quando si era fidanzato con Giulietta, l’integralista salutista.
 
“Chissà perché lo sospettavo,” mormora Livietta, per poi aggiungere, dopo un’altra occhiataccia della madre, cercando di correggere il tiro, “ok, ok, hai ragione. Ma intendevo anche che, dato il fisico, è evidente che sta molto attenta all’alimentazione.”
 
“Eh sì, Eva è stata una modella e certe regole ferree le sono state martellate in testa da quando aveva boh, forse 13 anni,” conferma Gaetano con un altro sospiro.
 
Prendono lo zucchero filato, si siedono sulle panche lì vicino e aspettano. Gaetano sorregge lo stecco di Tommy, mentre allunga la mano verso la massa candida che Camilla tiene in mano per staccarne qualche boccone, operazione che si rivela più complicata del previsto, data la collosità dello zucchero. Con un sorriso Camilla, dopo qualche morso, ne preleva un altro pezzo e, senza quasi pensarci, allunga la mano verso Gaetano, imboccandolo e facendolo ridere.
 
“Eh, no, per favore, voi due!” esclama Livietta, alzando gli occhi al cielo e scuotendo il capo, “cioè, va bene tutto: capisco che siete innamorati persi e l’amore rincitrullisce e capisco pure che dovete approfittarne finché Eva non c’è, ma almeno il tempo delle mele, per favore, risparmiatemelo. È imbarazzante!”
 
“Va bene, scusa, scusa, hai ragione!” ammette Camilla, ridendo a sua volta ed arrossendo.
 
Stanno ancora ridendo quando vedono di nuovo sopraggiungere Eva con Tommy, perfettamente cambiati ed asciutti, capelli a parte. Tommy non appena li vede percorre gli ultimi metri di corsa per raggiungerli.
 
“Tommy, non correre e non ti allontanare da me!” lo richiama Eva con tono deciso.
 
“Ma andavo da papà, non mi sono allontanato…” prova a fare notare Tommy, con sguardo innocente.
 
“Non c’entra: ti ho già detto che nei luoghi affollati non si corre. È pericoloso!”
 
“Ok, mamma, scusa, non lo faccio più!” ribatte Tommy, abbassando il capo un po’ mogio.
 
Poi però si gira verso Gaetano, Camilla e Livietta e, vedendo cos’hanno in mano, recupera il sorriso.

“Zucchero filato!” esclama felice, battendo le mani.
 
“Tieni, Tommy, questo è per te,” proclama Gaetano, passandogli lo stecco ancora intatto.
 
O almeno provandoci, perché Eva subito lo intercetta.
 
“Eh no, Gaetano: te l’ho detto mille volte che non voglio che Tommy mangi schifezze e questo è zucchero puro! Lo sai che lo zucchero raffinato è come una droga, crea dipendenza e-“
 
“E rovina i denti,” termina lui la frase, già sentita mille volte, “lo so, lo so, ma non mangia mica zucchero dalla mattina alla sera. Siamo in un parco divertimenti e Tommy è un bambino: mi dici che c’è di male se si gode un po’ di zucchero filato, come tutti i bimbi del mondo?”
 
“C’è che tu stai stravolgendo tutte le regole che ho insegnato a mio figlio in questi anni, Gaetano,” ribatte Eva, in un tono talmente alto che sembra quasi un urlo trattenuto, brandendo lo zucchero filato come una spada, “e non mi va che tu fai la parte del buono, che lo riempi di vizi e a me invece tocca fare la strega cattiva!"
 
Livietta lancia una rapida occhiata verso la madre, tra lo sbigottito e il malinconicamente divertito, mentre Camilla le dà una lieve gomitata nel fianco come avvertimento.
 
“Non faccio nessuna parte, Eva e non riempio Tommy di vizi. Porca miseria, guardalo: ti sembra un bimbo obeso o in cattiva salute? A me sembra energico e vitale come sempre, come prima che tu me lo affidassi. E i denti, guarda un po’, sono ancora tutti al loro posto. Inoltre non mi sembra che sia diventato maleducato, né che abbia sviluppato cattive abitudini, anzi, è un bambino vivace ma buono che merita ogni tanto un premio, senza che per questo caschi il mondo o sia necessario farne un caso di stato!”
 
“E invece è necessario, perché associare il cibo, soprattutto i dolci, a un premio o una gratificazione è pericoloso ed è il primo passo verso disturbi alimentari e un rapporto compensativo con il cibo e-“
 
Camilla viene bruscamente ridestata dalla filippica di Eva quando nota improvvisamente qualcosa, o meglio qualcuno che manca: Tommy!
 
Si guarda intorno e finalmente lo vede allontanarsi deciso e veloce, nonostante le gambe corte, verso il villaggio west. Senza pensarci due volte si alza e lo rincorre, agguantandolo infine per un braccio e trattenendolo.
 
“Tommy! Ma sei matto? Lo sai che cosa succede se ti perdi in mezzo a questa folla di gente?” gli domanda, mentre sente il cuore ancora rimbombarle all’impazzata nel petto, abbassandosi per guardalo negli occhi.
 
“Lasciami!” urla il bimbo, cercando di divincolarsi, ed è allora che Camilla nota i lacrimoni che strabordano dagli occhi e gli rigano le guance.
 
“Tommy…” sussurra intenerita, mentre il cuore fa un altro tuffo, dimenticando ogni rimprovero e abbracciandoselo stretto al petto.
 
“Camilla,” singhiozza, scoppiando a piangere e stringendole le braccia intorno al collo a morsa.
 
“Shhh, tranquillo, va tutto bene,” lo rassicura, accarezzandogli la schiena.
 
“No, non è vero!” esclama tra le lacrime, “loro litigano sempre ed è colpa mia!”
 
“Tommy, non è colpa tua, non lo devi nemmeno pensare, chiaro?” afferma decisa Camilla, mollando lievemente la presa per guardarlo negli occhi ed asciugargli le lacrime, “la tua mamma e il tuo papà hanno opinioni diverse su tante cose e per questo discutono spesso, ma ti vogliono tantissimo bene tutti e due e si preoccupano per te, di darti solo il meglio.”
 
“Appunto, è colpa mia. Litigano per me,” ripete Tommy, tirando su col naso.
 
“No, Tommy: la tua mamma e il tuo papà la vedono diversamente su tantissimi argomenti e quindi discuterebbero comunque anche se tu non ci fossi. Non è colpa di nessuno: semplicemente ognuno è fatto a modo suo,” spiega dolcemente per poi aggiungere con un sorriso, “anzi, al contrario tu sei ciò che li unisce e li unirà per sempre, la cosa più importante del mondo per entrambi e la cosa più bella che hanno fatto in tutta la loro vita.”
 
“Davvero?” domanda il bimbo, guardandola con quell’espressione piena di fiducia che le spezza sempre il cuore.
 
“Davvero, davvero,” conferma, prendendolo in braccio e voltandosi, pronta a tornare dagli altri.
 
Ma non serve: Eva, Gaetano e Livietta sono lì, a pochi passi, congelati come statue di sale, il senso di colpa e la tenerezza evidenti sul viso di Gaetano, mentre la svedese li osserva intensamente, con un’espressione indefinibile, impugnando ancora quel povero stecco di zucchero filato, che ha decisamente visto tempi migliori.
 
“Tommy…” sussurra infine Gaetano, avvicinandosi al bimbo e a Camilla e allungando le braccia, “vieni qui.”
 
Tommy sembra esitare per qualche secondo ma poi si butta in braccio al padre.
 
“Scusami Tommy: non volevo farti stare male. Però non allontanarti mai più così, chiaro? Mi hai fatto prendere un colpo,” sussurra al bimbo, stringendoselo forte forte e lanciando un’occhiata piena di gratitudine a Camilla.
 
“Tommy…” mormora anche Eva, toccando la schiena del bimbo per farlo girare verso di sé, per poi porgergli lo zucchero filato, “tieni, dai, e non piangere.”
 
“No!” esclama il bambino deciso, scuotendo il capo e spingendo via la mano della madre, “non lo voglio! Non voglio mangiarlo se poi ti arrabbi e vi litigate per questo.”
 
“Tommy…” sussurra Eva, mentre Gaetano la trafigge con uno sguardo furioso e più che eloquente, dato che, se Eva continua così, c’è sì il rischio che Tommy soffra di disturbi dell’alimentazione in futuro, ma non di certo compensativi. Al contrario, la paura di Gaetano è che Tommy arrivi ad odiare e rifiutare il cibo, almeno in presenza di Eva.
 
“Senti… sai cosa facciamo? Questo zucchero filato ormai è rovinato: che ne dici se prima andiamo a fare un giro sul Mammut e poi ne compriamo un altro? Ti garantisco che non mi dispiace se lo mangi e che non me la prendo, però mi devi promettere che non scapperai mai più in quel modo: è pericoloso,” lo rassicura Eva, accarezzandogli i capelli con la mano libera.
 
“Ok,” conferma Tommy, guardando tra sua madre e suo padre come per avere una conferma che non discuteranno più.
 
E così, dopo aver gettato i poveri resti di zucchero filato in un cestino lì vicino, si avviano tutti insieme verso l’attrazione, ognuno immerso nei propri pensieri, un’atmosfera malinconica quanto pesante che aleggia nell’aria.
 
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Dopo la quasi fuga di Tommy il clima non si era rasserenato, ma era diventato sicuramente molto più civile. Eva aveva contenuto al minimo battutine, rimostranze ed obiezioni.
 
Scesi dal velocissimo treno del Mammut, un Tommy esaltatissimo per la sua prima corsa su un’attrazione “da grandi” aveva avuto il suo zucchero filato, come promesso, ed Eva si era trattenuta al massimo, evitando le espressioni schifate o contrariate, lasciandolo mangiare in pace. Erano poi andati a fare un giro su “Ramses: il Risveglio”. Gaetano aveva, come prevedibile, ottenuto un punteggio stratosferico con le pistole laser, ma anche Livietta e Tommy avevano fatto registrare ottimi risultati, probabilmente grazie a tutto l’allenamento fatto con i videogame.
 
Era poi venuto il momento di un pranzo un po’ tardivo e, di nuovo, Eva non aveva sollevato obiezioni al fatto che anche Tommy si godesse, come gli altri, un bel trancio di pizza con patatine, sebbene lei si fosse ovviamente orientata su un’insalata ipersalutistica e ipocalorica.
 
Eva aveva quindi suggerito che fosse meglio che lei accompagnasse il figlio all’area delle giostre per i bambini, dato che Tommy voleva andare a visitare la casa di Prezzemolo, la mascotte del parco, mentre Gaetano, Livietta e Camilla potevano dedicarsi alle attrazioni precluse ai più piccoli.
 
Gaetano, intuendo che fosse la cosa migliore da fare e che la tolleranza dell’ex moglie fosse una recita tenuta in piedi con sommo sforzo e destinata a rompersi di lì a poco, aveva acconsentito ben volentieri a concederle e a concedersi un time-out, nonostante Tommy non fosse proprio entusiasta all’idea di doversi separare da loro.
 
Una volta soli, c’era stata una lunga contrattazione tra Livietta e Camilla su quale delle montagne russe provare. Alla fine Gaetano aveva fatto notare alla sua amata che, dopo tutte le situazioni pericolosissime ed assurde in cui si era andata a cacciare negli anni, non avrebbe dovuto di certo spaventarsi di fronte ad un paio di giri della morte ed a qualche discesa in picchiata. Per tutta risposta aveva ricevuto un pizzicotto nel costato, seguito, quando Livietta dava loro le spalle, da uno rapido ma deciso sul sedere che lo aveva fatto sobbalzare quasi più del precedente.
 
Si era voltato ed aveva incrociato due occhi scuri che brillavano ed un sorriso birichino e malizioso insieme, i denti a morderle delicatamente il labbro inferiore. E mentre il desiderio di caricarsela in spalla e portarsela direttamente in hotel, tanto irrealizzabile quanto lancinante, si era nuovamente impadronito di lui, non aveva potuto evitare di restare, per l’ennesima volta, completamente ammaliato da questo lato di Camilla: giocoso, disinibito, inspiegabilmente innocente e tremendamente sensuale. Una sensualità naturale, vera, senza artifici, senza bisogno di pantomime che, se per tanti anni si era dovuto contentare di intravedere ed intuire tra le righe dei loro scambi di battute e di sguardi, oltre che da qualche fugace contatto, poteva invece adesso scoprire ed ammirare liberamente in tutto il suo splendore.
 
Era una sensazione che non cessava di meravigliarlo e di scombussolarlo e a cui sperava sinceramente di non abituarsi mai, mentre non poteva fare a meno di chiedersi come una donna così passionale e così… viva come la sua Camilla avesse potuto soffocare per tanti anni qualcosa di così potente, istintivo e… naturale come il sentimento e il desiderio che da sempre li aveva inesorabilmente attratti l’uno verso l’altra. Quanta forza di volontà, quanto senso del dovere, quanto autocontrollo ci dovevano essere voluti. E, viste col senno di poi, quella rincorsa e quella fuga decennali contro l’inevitabile apparivano insensate, quasi inconcepibili. Gli sembrava talmente assurdo adesso anche il solo pensare di non poterla accarezzare, toccare, abbracciare, baciare, sentire, di non poter fare l’amore con lei. Pensare di reprimere qualcosa di così innato, di così spontaneo, era come pensare di negarsi il cibo o il sole o l’aria che respirava: semplicemente, completamente assurdo ed impossibile.
 
Camilla invece, non si era affatto sorpresa al sentire, dopo qualche passo, Gaetano renderle pan per focaccia. Si era limitata a trattenere la mano malandrina con la sua, appoggiarsela sul fianco e cingergli poi la vita con un braccio. E non aveva potuto trattenere un sorriso sollevato quando aveva sentito i muscoli dell’uomo rilassarsi ed aveva spiato i contorni del viso distendersi: se era riuscita a distoglierlo anche solo per un attimo dai problemi con Eva, poteva ritenersi assolutamente soddisfatta.
 
Così, mezzi abbracciati, avevano seguito Livietta verso l’ottovolante classico del parco, cercando di sfruttare al massimo ogni istante di pace che rimaneva e di ricaricare le batterie per poter affrontare il resto del weekend senza impazzire.
 
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“Mamma mia: non è stato fighissimo!!!???”
 
Gaetano e Camilla non possono evitare di sorridere di fronte all’entusiasmo di Livietta, mentre cercano di riprendere fiato dopo il Blue Tornado: sentono ancora le gambe traballanti, il sangue alla testa e l’adrenalina a mille in corpo.
 
E se, da un lato, la luce sul volto della ragazza li intenerisce e ricorda ad entrambi la Livietta di qualche anno prima, la bambina vivace e spensierata che esultava per una cena a base di hamburger e patatine o per una nuova mossa imparata a judo, dall’altro lato le sensazioni che provano riconducono entrambi a ricordi di ben altro genere. Del resto la scarica di adrenalina ha sempre avuto su di loro effetti collaterali di un certo tipo, da ben prima dell’esplosione con quel bacio disperato e rovente in mezzo ad una piazza.
 
“Sì, è stato molto divertente, ma dopo due ottovolanti di fila ho bisogno di una pausa: se non vi dispiace andrei in bagno,” proclama Camilla, decidendo che è più prudente mettere un po’ di spazio tra lei e Gaetano fino a che i suoi parametri fisiologici non saranno rientrati nella norma.
 
“Ok, ok, ci troviamo qui?” concorda Livietta.
 
Camilla si limita ad un cenno affermativo col capo e si avvia rapidamente verso le toilette.
 
“Ti va qualcosa da bere?” le domanda Gaetano, avviandosi verso un chiosco lì vicino, sentendo il bisogno di una bibita gelata.
 
“Ma sì, perché no…”
 
E così si mettono a sorseggiare due tè freddi, osservando la fiumana di gente che affolla il parco, soprattutto gruppi di giovani e famiglie con bimbi al seguito.
 
“Livietta… non sono molto bravo in queste cose…” esordisce Gaetano dopo un silenzio lungo ma stranamente gradevole, “però volevo, voglio ringraziarti per tutto quello che stai facendo e che hai fatto in questi giorni: da ieri sera con Tommy ad oggi… Lo so che non deve essere molto piacevole per te trovarti in mezzo a questa specie di campo minato e lo so che stai sopportando tutto questo perché vuoi molto bene a Tommy. E volevo solo dirti che lo apprezzo più di quanto immagini e che sono consapevole che ti devo molto più di un favore.”
 
“In effetti sì: tu e mia madre potete pure considerarvi in debito con me fino a che diventerò maggiorenne, sempre se sopravviviamo al weekend,” ironizza lei ma con tono affettuoso, aggiungendo poi con un sorriso, “e comunque lo faccio volentieri, e non solo per Tommy.”
 
“Livietta…” sussurra commosso, osservandola bere fin troppo rapidamente un altro sorso ghiacciato.
 
“Sai, credo di dovertelo io un ringraziamento per… per come rendi felice mia madre: erano anni che non la vedevo così… In realtà non so se l’ho mai vista così, rimbambimento da tempo delle mele a parte… anche se un po’ mi fa male ammetterlo, ma è la verità. E anche per tutto quello che hai fatto per me, per come ti comporti con me e soprattutto perché sento che non lo fai per farti bello di fronte a mia madre, ma che sei sincero.”
 
Questa volta è Gaetano a mandare giù una sorsata di tè per cercare di snodare il groppo gigantesco in gola: non è capace di fare altro, nemmeno di parlare. Si limita a scambiare uno sguardo grato e acquoso con la ragazza e capisce dal sorriso di lei, che si fa ancora più ampio, che non c’è bisogno di dire nulla.
 
“E comunque, la sai una cosa? Mi chiedo se questo weekend non sia anche una specie di castigo karmico o divino nei miei confronti… tipo legge del contrappasso,” proclama con autoironia, per stemperare la commozione, “devo riconoscere che non è piacevole avere a che fare con una persona costantemente aggressiva e ostile: me ne rendo conto adesso che mi trovo dall’altra parte. Non deve essere stato facile per mia madre sopportarmi negli ultimi mesi e anche con te non mi sono comportata sempre bene.”
 
“Ehi, innanzitutto tu hai 16 anni e sei in piena adolescenza, mentre Eva è adulta e poi ti garantisco che tu in confronto ad Eva eri gentile, calma e conciliante,” replica con un sorriso e con tono leggero, dato che non vuole che la ragazza si senta in colpa, “però sono felice che tu ti sia riconciliata con tua madre: lei ti vuole davvero un bene dell’anima, Livietta, e so che anche tu gliene vuoi altrettanto.”
 
“Adesso basta, però: così non vale!” proclama Livietta dopo un’altra sorsata di tè, dandogli un colpo sul braccio ed asciugando rapidamente una lacrima sfuggitale a tradimento dall’occhio destro, “anche se devo ammettere che dopo aver visto la tua ex moglie in azione non potrò mai più lamentarmi di mia madre e del fatto che sia pesante. Lo so che non dovrei dirlo, ma è così.”
 
Gaetano si limita a sospirare e a scuotere il capo: sa che dovrebbe protestare o tentare di difendere Eva, ma con Livietta non gli riesce proprio di essere ipocrita o di dire cose che non pensa.
 
“Anzi, lo sai che cos’è che mi stupisce di più? Che mia madre ed Eva sono diverse come il giorno e la notte. Certo, hanno tutte e due un carattere tosto, la testa dura come il granito e quando si mettono in testa una cosa è impossibile smuoverle, ma mia madre è sempre stata un po’ folle, in senso buono, casinista. Ci sono poche cose su cui non transige ma per il resto è tollerante e aperta, anche un po’ anarchica. E si affeziona in fretta alle persone, quasi le adotta quando le vede nei guai, e poi è solare e vive tutto di pancia, fin troppo. Mentre Eva è molto fredda, rigida e somiglia ad un sergente maggiore alla Full Metal Jacket. Invece tu, anche se sei un poliziotto, mi sembri più un tipo alla vivi e lascia vivere, finché non c’è un crimine o un qualcosa di veramente grave di mezzo.”
 
“Lo so… Diciamo che ho sempre avuto una tendenza a scegliere donne dal carattere forte. E con Eva all’inizio è stato un caso di opposti che si attraggono ma poi…”
 
“Ma poi esplodono?”
 
Si guardano nuovamente e nemmeno in questo caso c’è bisogno di parole. Stanno finendo in silenzio gli ultimi sorsi di tè, quando vengono raggiunti da una vocina familiare.
 
“Papà, Livietta!”
 
Tommy ed Eva li raggiungono: la donna sempre con un’espressione seria ed indecifrabile, mentre il bambino sembra felice e sorridente.
 
“Allora, ti sei divertito?”
 
“Tanto, papà: la casa di Prezzemolo era bellissima! E anche il trenino e la fattoria e-“ comincia a raccontare, chiaramente entusiasta.
 
“Tua madre non è con voi?” domanda Eva a Livietta, mentre Tommy continua con il suo resoconto dettagliato al padre.
 
“No, è andata in bagno,” spiega la ragazza, sorpresa da quella domanda.
 
“Dovrei andarci anche io. Curate voi Tommy un attimo?” chiede di nuovo con nonchalance, voltandosi per avviarsi verso le toilette prima ancora di ricevere risposta.
 
Gaetano e Livietta si scambiano uno sguardo preoccupato mentre Tommy, ignaro di tutto, prosegue come una macchinetta a fare la cronistoria di tutto ciò che ha visto e fatto in loro assenza.
 
“Rieccomi! Scusate, vi ho fatto aspettare? C’era coda e…”
 
“Mamma!” esclama Livietta, sollevata, vedendosela comparire di fronte all’improvviso.
 
“Tommy, sei tornato dalle giostre? Ma la mamma dov’è?” chiede la donna, stupita dal tono della figlia: come se fosse appena tornata da una guerra e non da una toilette.
 
“Eva è andata in bagno. Credo vi siate mancate di poco,” risponde Gaetano, con uno sguardo più eloquente di mille parole.
 
“Capisco,” sospira Camilla, “beh, allora la aspettiamo qui. Tommy, che ne dici se anche noi ci beviamo qualcosa?”
 
Il bambino fa segno di sì con la testa ma poi la sua espressione si illumina di colpo.
 
“Guardate, c’è Prezzemolo! Ci facciamo una foto con lui, tutti insieme? Per favore!” li implora, indicando la mascotte che gira per il parco con il suo costume verde, facendo foto con le persone che lo fermano.
 
“Ok, dai, ci proviamo,” concorda Gaetano, provando in cuor suo un moto di compassione per il poveretto che deve indossare quello scafandro peloso con questo caldo.
 
Dopo un po’ di coda finalmente riescono ad avvicinare la mascotte. Camilla propone di scattare lei la foto ma una signora più anziana gentilmente si offre di fare uno scambio: lei scatterà la foto a Tommy, Camilla, Gaetano e Livietta mentre loro la scatteranno a lei, a suo marito e alla loro nipotina, una bimba che sembra avere più o meno l’età di Tommy.
 
E così, dopo qualche tentativo con le rispettive macchine fotografiche, entrambi i bimbi hanno la tanto ambita foto ricordo con il drago.
 
“Cosa si dice alla signora?” domanda Gaetano a Tommy, facendogli l’occhiolino.
 
“Grazie mille, signora!” proclama il bimbo con un sorriso, come gli ha insegnato il padre.
 
“Ma che bambino beneducato: di questi tempi è raro, purtroppo! Come ti chiami?”
 
“Io sono Tommy, molto piacere!” risponde, tendendole la mano.
 
“E io sono Agata, il piacere è mio. E questa è mia nipote Gaia, ma è un po’ timida,” replica l’anziana, indicando la bimba che si nasconde dietro alle sue gambe.
 
“Ciao Gaia!” la saluta Tommy, agitando la manina, mentre la bimba dopo un attimo di esitazione ricambia.
 
“E tu come ti chiami invece?”
 
“Io sono Livietta,” risponde la ragazza, divertita dal tono curioso dell’anziana, porgendole a sua volta la mano.
 
“Eh, ormai tu sei grande,” proclama la signora, contraccambiando la stretta per poi aggiungere, senza perdere un colpo, rivolta a Camilla e Gaetano, “eh i figli crescono così in fretta: sembra ieri che sono piccoli e dopo poco se ne vanno di casa… ma almeno poi ci si consola con i nipotini.”
 
“Beh, per i nipotini c’è tempo…” abbozza Camilla cercando di sorridere: la sola idea di Livietta incinta a 16 anni le provoca un attacco di panico.
 
“No, no, certo… e poi voi avete fatto bene a distanziare, così vi godete ancora per un po’ questo piccoletto,” dichiara l’anziana con un altro sorriso, per poi scrutare di nuovo bene lui e Livietta e affermare, dopo un attimo di riflessione, “certo che avete proprio dei figli bellissimi: complimenti! Tu piccolino assomigli di più alla tua mamma, mentre tu al papà: soprattutto gli occhi.”
 
Gaetano e Camilla si guardano e si rendono conto per la prima volta che in effetti i colori dei propri figli, per una specie di strano scherzo del destino, sono più simili a quelli dell’altro.
 
“La ringrazio signora, ma in realtà-“ prova a spiegare Camilla, ma non fa in tempo.
 
“In realtà Tommy è MIO figlio,” interviene la voce di Eva alle loro spalle, facendoli sobbalzare e sottolineando il mio in un modo che non fa presagire niente di buono.
 
“E Livietta invece è mia figlia,” aggiunge Camilla, cercando di mascherare un po’ l’entrata a gamba tesa di Eva.
 
“Ah… capisco… cioè in realtà con queste famiglie allargate moderne si fa sempre confusione,” ribatte l’anziana, chiaramente a disagio, avendo colto perfettamente il tono di Eva, “bene, allora vi ringraziamo ancora per la foto e andiamo. Arrivederci!”
 
E, a passo rapido considerata l’età, lei, il marito e la piccola Gaia spariscono di lì a poco tra la folla.
 
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“Come sarebbe a dire che non ci sono altre camere??!!”
 
La voce di Eva, tuonante più di quella di Zeus dalla cima dell’Olimpo, riecheggia per la hall, mentre il povero receptionist la guarda quasi spaventato.
 
L’incidente della foto ricordo fatta senza di lei e dello “scambio di maternità” aveva di nuovo inasprito il clima e da lì era stata tutta un’escalation, forse anche perché Eva era visibilmente stremata. Ma quando Gaetano aveva provato a suggerirle di andare a riposarsi in albergo aveva ricevuto un’occhiata degna di Shining, seguita da un tagliente “non penserete di liberarvi così facilmente di me, vero?”, che, agli occhi di Gaetano, parevano mille volte più minacciose di qualsiasi intimidazione avesse mai ricevuto dai vari criminali che aveva avuto il dispiacere di conoscere negli anni di onorato servizio.
 
Dopo aver ritrovato per pura fortuna un’altra mascotte di Prezzemolo, avevano tentato di convincere Eva a farsi questa benedetta foto col figlio, ma ovviamente per lei era diventata una questione di principio.  A nulla erano serviti i loro tentativi di spiegarle che era già difficile riuscire ad avvicinarsi alle mascotte, con la calca che c’era, e che quindi convincerle a fermarsi ad aspettare qualcuno era praticamente impossibile.
 
Dopo un giro sul brucomela e sulle tazze rotanti e le relative code, per fortuna abbastanza brevi, in un’atmosfera da thriller psicologico, si era fatto finalmente tardi ed erano riusciti ad andare in albergo, promettendo a Tommy che il giorno dopo ci sarebbe ancora stato il tempo per visitare qualche altra attrazione.
 
Ma, ritirati i bagagli al deposito e arrivati alla reception, ecco l’amara scoperta: non c’erano altre camere libere, tutto prenotato, quindi avrebbero dovuto adattarsi con le due camere già riservate. Una matrimoniale e una doppia a tema subacqueo, che doveva essere destinata a Livietta e Tommy.
 
“Te l’ho detto che dovevamo venire qui subito stamattina!” esclama Eva furiosa, rivolgendosi all’ex marito.
 
“Ma il check-in iniziava oggi pomeriggio, Eva,” prova a farla ragionare Gaetano, con un sospiro.
 
“E poi signora non sarebbe cambiato nulla: tutti i posti sono prenotati da giorni. Nei weekend d’estate siamo quasi sempre al completo,” spiega il receptionist, probabilmente avendo pietà di Gaetano.
 
“E quindi che facciamo, eh?” domanda Eva, esasperata, incenerendo tutti i presenti con lo sguardo, “in ogni caso io voglio dormire con MIO figlio!”
 
Camilla e Gaetano si guardano, indecisi su cosa fare. È evidente che ci sono solo due soluzioni fattibili e non troppo imbarazzanti: o Livietta divide la stanza doppia con Eva e Tommy oppure…
 
“Gaetano, se vuoi andare nella doppia con Tommy e con Eva, per me non ci sono problemi,” propone Camilla con un sospiro, per nulla entusiasta all’idea, ma non sentendosela di costringere la figlia a sopportare Eva pure per la notte e sapendo benissimo che Gaetano non l’avrebbe mai suggerito per rispetto a lei, anche se, tutto sommato, lui ed Eva probabilmente nei giorni successivi avrebbero condiviso nuovamente il suo appartamento fino alla partenza della svedese e del bimbo per Los Angeles. Una notte nella stessa stanza ma in due letti separati non avrebbe fatto molta differenza e poi ci sarebbe stato anche Tommy con loro.
 
Sia Gaetano che Eva la guardano sorpresi, soprattutto Gaetano che, dopo la scenata di gelosia nei confronti del medico legale della sera precedente, non si sarebbe mai aspettato una simile proposta.
 
“Camilla, mi stupisce! O lei e Gaetano siete sostenitori della – come si dice? – coppia aperta?” chiede Eva con un sorrisetto sarcastico e tono tagliente, “in effetti, dati i precedenti di Gaetano, forse è una saggia decisione per non impazzire. Era questo che intendevi quando dicevi che tu e lei eravate compatibili?”
 
“Eva…” sibila Gaetano, mentre Tommy con tono innocente chiede che cosa sia una coppia aperta e il receptionist assume ancora di più l’aria di chi vorrebbe essere dappertutto ma non lì.
 
“No, non siamo una coppia aperta. Anzi, se Gaetano provasse ad aprire io chiuderei immediatamente con lui. Ed immagino che Gaetano farebbe, giustamente, lo stesso nel caso contrario. Però innanzitutto mi fido di lui ed inoltre perché succedano certe cose bisogna essere in due a volerle, e, dati i pregressi che lei cita e dato il suo atteggiamento, presumo che da parte sua non ci sia alcun interesse o pericolo in tal senso. O sbaglio?” domanda Camilla trafiggendola con uno sguardo eloquente.
 
“Certo che no!” esclama Eva con aria di superiorità, come se la sola idea di andare a letto con l’ex marito fosse per lei nauseante.
 
“Benissimo, e allora-“
 
“Se per voi va bene, starei io con Eva e Tommy,” si offre Livietta, interrompendo la madre prima che possa finire la frase.
 
“Sei sicura?” domandano praticamente in contemporanea Camilla e Gaetano, guardandosi e poi guardando la ragazza, mentre Eva alza gli occhi al cielo.
 
“Beh, sì, certo, se non è un problema per lei,” aggiunge la ragazza, rivolgendosi alla svedese.
 
“Fate un po’ come volete: io tanto dormo con Tommy. Però voglio andare a letto presto e non essere disturbata!” proclama Eva, squadrando Livietta con sufficienza e sospetto.
 
“Beh, anche io sono stanca, quindi non c’è problema,” replica Livietta, straordinariamente paziente.
 
E così, prese le chiavi e sbrigate le formalità, si avviano verso le loro stanze. Prima che Livietta sparisca nell’ascensore insieme alla svedese e a Tommy, Camilla e Gaetano le fanno un ceno di intesa colmo di gratitudine.
 
“Secondo te basterà come ringraziamento comprarle un’automobile quando avrà 18 anni?” sussurra Gaetano ironico, beccandosi per tutta risposta un colpo sul braccio.
 
“Basta che non ci tocchi pagarle anni di analisi per superare i traumi provocati da questa gita,” mormora Camilla di rimando, scuotendo il capo, “anzi, chissà se fanno uno sconto famiglia? Perché potrei averne bisogno anche io.”
 
“A chi lo dici…” sospira Gaetano, rassegnato, prima di passarle un braccio intorno alle spalle, prendere i loro borsoni ed entrare nell’ascensore.
 
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“Davvero non ti avrebbe dato fastidio se io ed Eva avessimo passato la notte insieme?”
 
Camilla alza gli occhi dal cellulare – stava finendo di rispondere ad un messaggio di Andreina – e guarda verso il letto matrimoniale: Gaetano, in boxer, è già seduto sotto le lenzuola, dal lato sinistro, come al solito, anche se poi durante la notte spesso le posizioni si invertono.
 
“Definiscimi ‘passare la notte insieme’,” ribatte Camilla con un sopracciglio alzato, avvicinandosi al letto, depositando il cellulare sul comodino e sedendosi al suo fianco, ma sopra le lenzuola.
 
“E dai, professoressa, lo sai cosa voglio dire,” replica Gaetano sorridendole ed allungando una mano per accarezzarle i capelli, “e poi c’è una sola definizione possibile e basta.”
 
“Sarà meglio!” esclama lei sorridendogli di rimando, ma con una nota di avvertimento nella voce, dandogli due colpi con il dito indice all’altezza dello sterno.
 
Per tutta risposta, il sorriso di Gaetano si fa ancora più ampio, mentre le afferra la mano e la usa come leva per trascinarla a sedersi sulle sue ginocchia, anche se con il lenzuolo di mezzo.
 
“Che c’è? Sembri quasi soddisfatto,” gli fa notare lei, fissandolo negli occhi.
 
“Mi prendi per matto se ti dico che il fatto che tu sia gelosa di me un po’ mi fa piacere, anche se non ne hai motivo?” le domanda Gaetano, dopo un attimo di esitazione, affrettandosi poi a precisare, “non quando per questo arriviamo a litigare o non se tu stai male, come ieri sera. Ma sapere che la cosa non ti sarebbe stata indifferente mi rassicura, in un certo senso, capisci cosa intendo?”
 
“Ti capisco benissimo e non sei matto per nulla,” risponde lei, intenerita, approfittando della posizione per dargli un rapido bacio sulle labbra, “e ti garantisco che, ci fosse stata chiunque altra al posto di Eva, non mi sarei mai sognata di proporre una cosa simile. O se non ci fosse stato Tommy con voi. Però mi fido di te e so che non saresti mai così masochista da provarci di nuovo con Eva, visto come sono andate le cose tra voi e visto come ti tratta. E poi la situazione con Eva è talmente delicata e c’è il rapporto con tuo figlio di mezzo, quindi nei limiti del possibile non voglio crearti più problemi di quelli che già ci sono.”
 
Anche a cena l’atmosfera era stata così tesa che a tutti era sembrato di camminare appesi ad un filo sopra ad un burrone. Eva aveva ordinato per sé e per Tommy due piatti tristissimi, quasi da ospedale, e si era dopo poco ritirata nelle sue stanze con il figlio, nonostante le proteste del bimbo di non avere ancora sonno. Il modo in cui Tommy aveva adocchiato il carrello dei gelati da cui si stavano servendo altri bimbi aveva stretto ad entrambi il cuore. Si erano intrattenuti con Livietta fino a che avevano potuto e poi la ragazza era andata stoicamente incontro ad una nottata non facile, augurandosi che Eva dormisse già.
 
“Tu non mi crei mai problemi, mai,” la rassicura lui deciso, accarezzandole il viso, “anzi, mi aiuti ad affrontarli e a risolverli. Non so come avrei fatto oggi se non ti avessi avuta al mio fianco: mi dai una forza che nemmeno immagini.”
 
“Gaetano…” sussurra lei commossa, accarezzandogli il viso di rimando, “anche tu mi dai tanta forza… E io non so come avrei affrontato le ultime settimane, gli ultimi mesi senza di te. Quando sei con me sento di poter superare qualsiasi ostacolo ed è sempre stato così, sempre, da quando ti conosco.”
 
Un sorriso, un bacio, un “vieni qui!” sussurrato, un tuffo sotto le lenzuola. Fuori il resto del mondo.
 
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“Non dormi, vero?”
 
La voce improvvisa, anche se bassa, poco più di un sussurro, la fa sobbalzare: spalanca gli occhi e si volta, notando che la luce fioca del comodino del letto accanto al suo proietta ombre quasi oniriche sulle pareti decorate della stanza, una riproduzione quasi perfetta di una barriera corallina, insieme a quella che viene dal maxischermo che funge da finto acquario.
 
Sarebbe stato divertente giocarci con Tommy, vedere il suo entusiasmo e sentirlo ridere: aveva di recente scoperto che, per qualche strano motivo, riuscire a far divertire Tommy, guardarlo sorridere, le provocava una strana sensazione di soddisfazione e di pace che era una delle cose più belle che avesse mai provato in vita sua. E poco importava che lei ormai fosse grande per i giochi o per una stanza come questa, anche se, fino a qualche anno fa, sarebbe stato un sogno poterci passare una notte.
 
Invece aveva dovuto prepararsi e mettersi a letto cercando di essere più silenziosa di un ninja, per non svegliare Tommy e, soprattutto, Eva, che sembravano dormire placidamente nel letto a conchiglia.
 
Ma ora la svedese è seduta nel letto e la osserva con quei suoi occhi di ghiaccio che brillano nella semioscurità, mentre Tommy riposa ancora tranquillo accanto a lei, sotto le lenzuola azzurre. Livietta sbircia l’ora sul suo orologio digitale: le due di notte.
 
“No, non dormivo,” conferma Livietta, mettendosi anche lei a sedere: il rumore delle onde di sottofondo dovrebbe rilassarla e forse normalmente sarebbe stato così. Ma dopo una giornata con i nervi a fior di pelle e data la compagnia, il fruscio dell’acqua non fa altro che ricordare al suo inconscio che non è nella tranquillità della sua stanza, ma in territorio, almeno in parte, decisamente ostile.
 
Un pochino si pente di essersi messa di traverso e di aver suggerito questa sistemazione per la notte. In realtà non sa bene nemmeno lei perché l’abbia fatto, ma dopo aver sentito le battutine di Eva nei confronti di sua madre e di Gaetano era stato più forte di lei.
 
“Lo sentivo dal respiro,” proclama la svedese, in un modo che a Livietta provoca una certa inquietudine, “io mi sono svegliata, colpa del cambio di fuso orario, credo.”
 
Livietta si limita ad annuire, non sapendo bene come rispondere.
 
“Mi potresti togliere una curiosità, Livietta?” domanda, pronunciando nuovamente il suo nome come se fosse una parola difficile ed assurda, “che ci fai qui?”
 
“Come?” chiede Livietta, interdetta.
 
“Che ci fai qui? In questa stanza, in questo parco, qui. Hai 16 anni e alla tua età il weekend si passa di solito in altro modo, non badando al figlio del nuovo amico della propria madre o andando in giro con loro e con l’ex moglie del nuovo amico della propria madre per un parco divertimenti. È vero che voi italiani siete più mammoni e meno indipendenti di noi svedesi, ma mi sembra strano perfino per i vostri standard.”
 
Livietta sospira, mentre alla voglia di strozzare la donna per i suoi giudizi sparati con quel tono di superiorità divina si unisce la consapevolezza che in fondo non ha tutti i torti. Se fino ad un mese fa qualcuno le avesse detto che avrebbe accettato di trascorrere un weekend del genere invece che stare con i suoi amici, gli avrebbe riso in faccia. Ma tra le strane scoperte di queste ultime settimane c’era il fatto che anche passare un po’ di tempo con Tommy, con Gaetano e con sua madre non era affatto male, anzi, poteva essere molto divertente. C’era una vocina che continuava a sussurrarle all’orecchio che l’adorabile impiastro le sarebbe mancato tantissimo nei prossimi mesi a Los Angeles. E la sola idea di deludere Tommy le faceva venire un nodo in gola.
 
“Ma soprattutto di solito quando i propri genitori si separano i figli non sono contenti, anzi, e spesso provano rabbia o risentimento verso i nuovi compagni dei propri genitori. Invece tua madre molla tuo padre per Gaetano e tu non solo non ce l’hai con lui o con lei, non sembri arrabbiata e delusa, ma anzi ti offri perfino di dividere la stanza con una sconosciuta per permettere a loro di passare la notte insieme. A me sembra una cosa completamente assurda e senza senso!”
 
“Sono stata arrabbiata e delusa, molto, ma… come posso spiegarle? I miei si erano già separati qualche anno fa, poi sono tornati insieme ma non ha funzionato. Le cose tra loro non andavano più da tempo e Gaetano c’entra solo in parte,” chiarisce Livietta con un sospiro, “anzi, Gaetano rende molto felice mia madre e… anche quando lui e Tommy sono stati ospiti da noi all’inizio non ero entusiasta all’idea ma poi non ho potuto non ammettere che il clima in casa è molto migliorato: più sereno, disteso. Mentre con mio padre c’era purtroppo sempre tensione e un’atmosfera pesante.”
 
“Gaetano rende felice tua madre?” domanda Eva con una mezza risata amara, per poi aggiungere, caustica, “non ne dubito, Livietta, ma mi chiedo e dovresti chiederti anche tu per quanto.”
 
Livietta si limita a sospirare, capendo benissimo dove voglia andare a parare la donna.
 
“Non so quanto tu conosca realmente Gaetano,” incalza l’altra donna, notando il silenzio della ragazza, “ma il mio ex marito non è esattamente noto per la durata delle sue storie o per la sua fedeltà. Che poi è proprio il motivo per cui è il mio EX marito.”
 
“Lo conosco abbastanza da sapere che ha avuto tante donne, sì. Ne ho anche conosciute alcune. Ma quando è con mia madre lo vedo sincero e penso che sia davvero molto innamorato di lei,” spiega Livietta, dopo un profondo respiro, pronta ad affrontare la reazione che è certa ne seguirà.
 
“Sincero? Innamorato?” ripete Eva con tono canzonatorio ed una mezza risata, “come si dice in Italia? Beata innocenza? Gli uomini come Gaetano non cambiano, Livietta, anzi, di solito con l’età peggiorano.”
 
“E allora perché l’ha sposato e ci ha fatto un figlio?” domanda Livietta di getto, di istinto, richiudendo quasi di scatto la bocca, atterrita, quando si rende conto di cosa ha detto.
 
Si aspetta un’esplosione che non arriva, forse anche perché Tommy dorme ancora placidamente accanto ad Eva, ma la donna la osserva in silenzio per qualche secondo prima di sollevare un sopracciglio ed un angolo della bocca in un’espressione stranamente divertita, che le ricorda quella del gatto quando gioca con il topo prima di mangiarselo in un sol boccone.
 
“Perché non lo conoscevo e mi sono lasciata ingannare dai suoi modi, da come si comportava. Quando Gaetano si mette in testa di conquistare una donna sa essere davvero convincente: concentra tutta la sua attenzione su di te, ti fa sentire unica, il centro del suo mondo ed è molto difficile resistergli. Anche io credevo che lui fosse follemente innamorato di me e invece… Non so se sia tutta una recita o se lui si convinca sul serio di quello che fa e dice, ma, una volta ottenuto ciò che vuole, dopo poco si stanca e passa oltre. E se hai conosciuto alcune delle sue donne dovresti conoscere anche il suo modus operandi.”
 
“Più che altro ne ho conosciuta una, ma, anche se ero una bambina, ricordo che Gaetano con lei era molto diverso da com’è adesso con mia madre, e poi-“ si tronca bruscamente, mordendosi la lingua.
 
Stava per dirle che Gaetano era stato da sempre innamorato di sua madre ma la vocina dell’istinto, quella che l’aveva tirata fuori dai guai in più di un’occasione, anche se non sempre, purtroppo, le suggerisce che questa è un’informazione che sarebbe troppo pericoloso condividere con Eva, sebbene potrebbe forse metterla a tacere una volta per tutte.
 
“E poi?” la incalza Eva, con espressione curiosa.
 
“E poi non ho potuto vedere invece come si comportava con lei, ovviamente,” corregge il tiro Livietta, sperando che Eva non lo noti, “e in ogni caso non sta a me giudicare. Però se, come ammette lei stessa, si è già sbagliata una volta sul conto di Gaetano, nel valutare quello che provava o non provava, e di grosso, non potrebbe sbagliarsi anche adesso?”
 
Per tutta risposta Eva spalanca gli occhi e poi mette una mano sulla bocca come a soffocare una risata, probabilmente per non svegliare il figlio.
 
“Sei divertente, lo sai? E sei più simile a tua madre di quello che pensavo: avete sempre la battuta pronta e volete avere l’ultima parola su tutto. Ma lo vedremo chi ha ragione e quasi mi dispiace, sai, sapere che tra qualche mese sparirete come tutte le altre amichette di Gaetano prima di voi.”
 
“Non sono un’amichetta di Gaetano e nemmeno mia madre lo è,” sibila Livietta, tra l’imbarazzato e l’indignato per il tono di Eva.
 
“No, no, certo, almeno con le minorenni Gaetano ancora si trattiene, per fortuna. E poi tu lo conosci da quando eri poco più grande di Tommy, mentre Camilla è l’amica di lunga, lunghissima data, giusto?” domanda Eva, non provando nemmeno a celare il sarcasmo sulle definizioni usate per lei e per sua madre.
 
“Sì, è la verità,” replica in tono neutro, deciso.
 
“Ah, non ne dubito, anche se tutta questa conoscenza è servita a ben poco…” ribatte Eva con supponenza, “in realtà mi domando come sia nata questa grande amicizia con tua madre. O era amico di tuo padre? Perché in quel caso sarebbe ironico, non credi?”
 
“No, Gaetano non è mai stato amico di mio padre,” precisa Livietta, trattenendosi dall’aggiungere che, anzi, i due uomini si erano sempre sopportati a fatica, per ovvie ragioni.
 
“Beh, però doveva essere un amico di famiglia, se tu lo frequentavi e addirittura hai conosciuto alcune delle sue donne,” fa notare Eva, celando a fatica la curiosità.
 
“È che ero amica e compagna di scuola di suo nipote Nino,” spiega Livietta, decidendo che, oltre ad essere, in fondo, la verità, è anche la versione meno compromettente da fornire, “e Gaetano per un periodo ha ospitato Nino a casa sua, quindi frequentando Nino è capitato che frequentassi anche lui e… casa sua, appunto.”
 
“Il figlio del marito di Francesca? È vero: più o meno ormai avrà la tua età…” commenta Eva, dopo un attimo di riflessione, quasi tra sé e sé.
 
“Esatto.”
 
“Quindi è così che tua madre e Gaetano si sono conosciuti?” domanda Eva con nonchalance, anche se Livietta capisce che si stanno dirigendo in un territorio molto minato. Ma rifiutarsi di rispondere non farebbe che peggiorare la situazione, anche se in fondo non sono affari che riguardino la svedese.
 
“No, penso si siano conosciuti per un caso di omicidio. Mamma era una testimone, credo, o qualcosa del genere. Ero piccola e chiaramente non mi parlavano di queste cose,” chiarisce, mantenendosi sul vago e lasciando che sia Eva a trarne le conclusioni.
 
“E tutto questo è successo quando i tuoi erano separati?” chiede Eva, con lo stesso tono apparentemente indifferente.
 
“No, no. I miei si sono separati un po’ di tempo dopo, quando vivevamo in Spagna e non frequentavamo già più Gaetano.”
 
Di nuovo sta, tutto sommato, dicendo la pura e semplice verità. Certo, lo sa bene anche lei che non è tutto così semplice e che la presenza di Gaetano aveva contribuito anche allora a peggiorare la crisi tra i suoi. Ma di fronte a questo interrogatorio di Eva, l’obiettività e la schiettezza lasciano il posto all’istinto di sopravvivenza e alla lealtà verso sua madre e verso Gaetano.
 
“E quindi poi con Gaetano non vi siete più rivisti per anni, giusto?”
 
“Sì, esatto. Quando siamo tornati a Roma, Gaetano credo fosse già da tempo qui al nord. Ci siamo incontrati di nuovo pochi mesi fa a Torino, quando abbiamo scoperto che era nostro vicino di casa,” conferma Livietta, ricordando qual era stato il suo primo pensiero nel rivedere il commissario e sua madre insieme: ci risiamo!
 
“E non hai mai pensato che magari quest’incredibile coincidenza non fosse affatto una coincidenza? Che lui e tua madre potessero essere rimasti in contatto negli anni e si fossero probabilmente messi d’accordo?” chiede Eva, l’espressione serpentina di nuovo sul viso.
 
“Certo che me lo sono chiesta. Ma l’appartamento l’ha scelto mio padre: era lui che lavorava a Torino già da un po’ di mesi e che ha insistito tanto perché io e mia madre ci trasferissimo. Ha organizzato tutto lui, quindi mia madre non c’entra, ne sono sicura,” afferma convinta Livietta e questa volta non ha bisogno di omettere o dissimulare.
 
“Com’è che si dice? Scavarsi il fossato da soli?” ribatte la svedese con una mezza risata.
 
“Il fosso. E comunque la presenza di Gaetano non ha fatto altro che accelerare l’inevitabile. I miei non potevano più stare insieme, non è stato facile ammetterlo né per me, né forse per loro, ma è così,” ribadisce Livietta con un sospiro.
 
“E quindi per te va tutto bene e sei contenta di metterti a giocare alla famigliola felice con Gaetano e Tommy?”
 
“Non gioco ad essere felice con loro: con Tommy e Gaetano è difficile annoiarsi e riescono sempre a farmi sorridere, anche quando sono giù di morale. È stato praticamente impossibile non affezionarsi a loro, soprattutto in queste ultime settimane, e voglio molto bene a tutti e due, anche se forse lei non mi crederà.”
 
L’espressione di Eva muta nuovamente: spalanca gli occhi e poi i lineamenti passano dal serpentino al felino. Apre bocca per ribattere ma qualcosa, o meglio qualcuno la blocca.
 
“Livietta…” sussurra Tommy, muovendosi ed aprendo gli occhi, per poi aggiungere con un sorriso, vedendo Eva accanto a lui, “mamma!”
 
“Tommy…”
 
“Ma state facendo un pigiama party? Bello!” esclama il bimbo, balzando a sedere sul letto, alternando lo sguardo tra la madre e Livietta.
 
“No, no, ci siamo svegliate ma stavamo tornando a dormire, giusto?” domanda Eva a Livietta, in un modo che rende evidente che ci sia un’unica risposta possibile.
 
“Giusto!” conferma la ragazza, a disagio, notando l’espressione di Tommy passare dall’entusiasta al deluso.
 
“Anzi, dai Tommy, rimettiamoci distesi, chiudiamo gli occhi e dormiamo che domani sarà una lunga giornata,” propone Eva con un tono che riesce ad essere dolce, affettuoso e autoritario insieme.
 
“Però io adesso sono sveglio e ho bisogno di una storia per rimettermi a dormire!” si lamenta il bimbo, guardando la madre con i suoi occhioni irresistibili.
 
“D’accordo, quale storia vuoi? Rapunzel?” concede Eva, sapendo che è la preferita del figlio.
 
“No, voglio quella di Nemo,” proclama Tommy con un sorriso, indicando la stanza intorno a sé.
 
“Il capitano Nemo?” chiede Eva, stupita dalla scelta del figlio.

“No, il pesciolino!” chiarisce il bimbo come se stesse dicendo un’ovvietà.
 
“È un film della Disney,” spiega Livietta, notando che Eva è in difficoltà e che probabilmente non lo conosce. Del resto era un film di qualche anno prima, ma era uno dei suoi preferiti da bimba ed era stata proprio lei a farlo vedere per la prima volta a Tommy.
 
“Livietta la sa bene la storia: me la puoi raccontare?” domanda Tommy, rivolto alla ragazza, implorante.
 
“Ehm, ok, sei sicuro che non ne vuoi un’altra di storia?” chiede Livietta, spiando la reazione tutt’altro che entusiasta di Eva, che pare fulminarla con lo sguardo.
 
“No, voglio quella!”
 
“D’accordo,” proclama Eva con un sospiro, coricandosi nuovamente nel letto e trascinando Tommy con sé, “dai, sentiamo questa benedetta storia!”
 
Livietta, sospirando di rimando, comincia a raccontare. Mano a mano che illustra le vicende del piccolo pesciolino Nemo che, soffocato dall’iperprotettività del padre Marlin – terrorizzato dalla paura di perdere il suo unico figlio – finisce per fare una bravata per ribellione e per venire catturato da dei pescatori e messo nell’acquario di un dentista, a cui segue un viaggio disperato del padre per ritrovarlo, non può fare a meno di chiedersi se si tratti di ironia della sorte o se Tommy stia, consapevolmente o inconsapevolmente, lanciando un messaggio ad Eva.
 
Va avanti a narrare a grandi linee le vicende del film fino a che sente i rumori e i respiri nella stanza farsi più tranquilli. Si ferma un attimo e osserva madre e figlio che dormono abbracciati stretti-stretti. Non sa se sia il gioco delle luci che si riflettono sulle pareti, scolpite come una barriera corallina, ma le sembra di vedere la traccia lucente di una lacrima rigare la guancia della svedese.
 
Con una strana sensazione dolceamara nel petto e nello stomaco spegne la luce, si corica e, dopo poco, senza rendersene conto, crolla tra le braccia di morfeo.
 
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“Ecco, lo sapevo: nelle mie scarpe potrebbero nuotarci i pesci! Ma voi italiani trovate proprio così divertente farvi sparare litri d’acqua addosso? A saperlo mi sarei messa gli scarponi da trekking come nella foresta pluviale!”
 
Gaetano alza gli occhi al cielo di fronte all’ennesima protesta indignata dell’ex moglie: e pensare che la giornata era iniziata in modo tutto sommato tranquillo. Eva era stata più silenziosa del giorno precedente, pareva quasi immersa nei suoi pensieri. Non aveva nemmeno protestato quando Tommy aveva chiesto di visitare le altre due attrazioni “bagnate” del parco: il “Colorado Boat” e la “Fuga da Atlantide”.
 
Armata di poncho impermeabile per lei e per il figlio, comprato ad un negozio del parco, nonostante il caldo torrido, aveva affrontato di buon grado la prima attrazione. E poi l’unico ad essere “lavato” era stato Gaetano, che si era messo nel seggiolino di fronte proprio per riparare gli altri.
 
Ma sulla “Fuga da Atlantide” le cose erano andate diversamente: tra le ondate e, soprattutto, i cannoni ad acqua, che si era rapidamente accumulata sul fondo della “barca”, ne erano usciti tutti completamente inzuppati, tranne Tommy che era stato messo da sua madre in centro alla “barca”, dove era ben protetto, e che non toccava a terra con i piedi e Livietta a cui un signore molto corpulento seduto accanto a lei aveva, involontariamente, fatto da scudo e che era munita di sandali infradito.
 
“Io devo andare a cambiarmi!” proclama la svedese, strizzando un po’ d’acqua dalla maglietta e togliendosi le scarpe da ginnastica da cui escono due pozze di liquido.
 
“Sì, in effetti forse è meglio,” concorda Camilla, sentendosi pesante come una spugna intrisa d’acqua.
 
“Dai, Tommy, andiamo!”
 
“Ma mamma, io non mi sono bagnato!” risponde il bimbo, mostrando i vestiti e le scarpe perfettamente asciutti.
 
“Se volete posso stare io con Tommy: anche io non mi sono bagnata,” si offre Livietta, aggiungendo poi con un sorriso, “tu Gaetano che fai?”
 
“Se tu rimani con lui io andrei a cambiarmi…”
 
Non solo dopo il secondo lavaggio è talmente zuppo che nemmeno il sole a picco potrebbe asciugarlo in tempi umani, ma soprattutto non vuole lasciare Camilla ed Eva da sole, se possibile.
 
“Va bene, se vuoi rimanere qui con Livietta puoi farlo, ma a due condizioni: niente schifezze che tra poco è ora di pranzo e soprattutto niente giostre pericolose, chiaro? E tu non devi perderlo di vista un secondo!”
 
Livietta, sorpresa dalla concessione della svedese, quasi non fa caso allo sguardo e al tono minacciosi con cui è stata proferita l’ultima “raccomandazione”.
 
“Ok, ok, state tranquilli: staremo attentissimi, vero Tommy?” la rassicura la ragazza, mentre Tommy conferma annuendo col capo.
 
Nel dubbio di cosa la svedese possa ritenere “pericoloso”, Livietta decide di andare sul sicuro e di portare Tommy nella nuova area a tema destinata solo ai bambini: “Prezzemolo Land”.
 
Nonostante le proteste di Tommy evita accuratamente il castello, dato che sparano con i cannoni ad acqua e sa benissimo quanto Eva non sopporti che il figlio si bagni e cominciano a fare il giro degli altri giochi, più simili a quelle di un parco cittadino che di un Luna Park o Parco Divertimenti.
 
Dopo i tappeti elastici e i ponti di corda e gli ostacoli della “catapulta” e delle “tavolozze di colore”, arrivano al “planetario”. Si tratta di una collina che i bimbi devono scalare con l’aiuto di corde. Una versione “asciutta” dei classici palloni giganti che si trovano nelle piscine dei parchi acquatici. Livietta rimane in disparte ad osservare mentre Tommy tenta la scalata.
 
Riceve un messaggio sul cellulare: è Gaetano che la avvisa che stanno tornando dal deposito bagagli e vuole sapere dove si trovano lei e Tommy per raggiungerli. Gli risponde rapidamente, mentre continua a tenere d’occhio il bambino, che sta avendo un po’ di problemi nell’arrampicata.
 
Infatti la parete della collina è in realtà bagnata, e quindi scivolosa, probabilmente perché parecchi bambini ci salgono ancora mezzi bagnati dopo il castello. Dopo un paio di tentativi a vuoto ci riprova per l’ennesima volta, ma il bambino che è salito prima di lui scivola poco prima di arrivare in cima e, cadendo indietro, travolge Tommy, spingendolo e ruzzolando insieme fino al piano.
 
“Tommy!” urla Livietta, preoccupata, avvicinandosi di corsa ai due bimbi, mentre una signora, presumibilmente la madre dell’altro bambino, si precipita insieme a lei.
 
“Tommy, stai bene?” chiede, con il cuore in gola, inginocchiandosi e prendendo tra le braccia il bimbo che piange disperato, “ti sei fatto tanto male? Cosa ti senti?”
 
Il bambino continua soltanto a piangere e a scuotere il capo, mentre Livietta fa la conta dei danni: un ginocchio sbucciato, qualche abrasione nella parte anteriore delle gambe, poco sotto il ginocchio, probabilmente per via delle scarpe indossate dall’altro bimbo, e i palmi delle mani con qualche lieve escoriazione, forse una bruciatura da corda. Il viso sembra intatto e con le dita tremanti si accerta che anche sotto i capelli non ci siano tagli. Del resto la superficie è morbida, studiata appositamente perché si possa cadere senza farsi male: il problema è il peso e l’impatto con l’altro bambino, che per fortuna non sembra essere stato molto forte.
 
“Puoi muovere le gambe e le braccia?” gli chiede, terrorizzata alla sola idea che possa essersi rotto qualcosa e il bimbo, seppur continuando a piangere, fa come chiesto.
 
Sta per tirare un sospiro di sollievo quando sente una voce che le fa gelare il sangue nelle vene. Proprio adesso…
 
“Tommy!” grida Eva, disperata, buttandosi quasi a terra accanto a lei e praticamente strappandole il bimbo dalle braccia, cominciando a parlargli in modo concitato in una lingua che non capisce e che di nuovo presume essere svedese.
 
“Sto bene mamma,” mormora Tommy, tra i lacrimoni, per rassicurarla, mentre la madre continua a passare in rassegna ogni centimetro di pelle, “mi fa male, ma sto bene.”
 
Eva sembra tranquillizzarsi un attimo, fa un profondo respiro, ma poi si volta verso di lei e l’espressione della donna, un misto di rabbia, paura e dolore, è la cosa più terrificante che Livietta abbia mai visto in vita sua.
 
“Tu!” sibila Eva, mentre Livietta di istinto si alza in piedi e fa un paio di passi indietro, spaventata, “ti lascio due minuti da sola con mio figlio e questo è il risultato?!”
 
“Mi dispiace io-“ cerca di spiegarsi la ragazza, ma la donna ormai è una furia.
 
“Ti dispiace? TI DISPIACE??!! Sai cosa me ne faccio io del tuo dispiacere? NIENTE! Non me ne frega niente se ti dispiace!!” urla Eva, alzandosi anche lei in piedi, completamente fuori di sé.
 
“Ma la ragazza non c’entra niente: è stato un incidente,” prova ad intervenire la madre dell’altro bambino, dimostrando un certo coraggio.
 
“Lei non si intrometta!” sibila Eva, fulminandola con lo sguardo, “e ringraziate il cielo, tutte e due che Tommy sembra non essersi fatto nulla di grave, altrimenti!”
 
“Eva… anche io mi sono spaventata molto e mi dispiace davvero, ma… sono bambini, sono cose che succedono giocando,” cerca di farla ragionare Livietta, con tono conciliante e sinceramente dispiaciuto.
 
“Sono cose che SUCCEDONO??” urla di nuovo Eva, avvicinandosi a Livietta in modo minaccioso, fino ad esserle praticamente addosso, afferrandola per la maglietta e strattonandola, sputando fuoco dagli occhi, “non sono cose che possono o che devono succedere! Non A MIO FIGLIO!”
 
“Eva, calmati! Calmati, maledizione: adesso basta!”
 
Livietta sente la donna mollare la presa, alza gli occhi e vede Gaetano che trattiene tra le braccia l’ex moglie, bloccandola.
 
“Lasciami!” urla la svedese, divincolandosi. Riesce in qualche modo a liberarsi ma un’ombra si inframmezza tra lei e Livietta.
 
“Mamma!” esclama la ragazza, tra il sollevato e il preoccupato, guardando Camilla, davanti a lei, a farle quasi da scudo, i pugni stretti e il corpo visibilmente ansante, probabilmente per la corsa fatta.
 
“Non si azzardi MAI PIÙ a mettere le mani addosso a mia figlia o a trattarla in questo modo! SONO STATA CHIARA?!” grida Camilla, affrontando la svedese faccia a faccia.
 
“Ma-“
 
“Ma, niente! Adesso basta, capito? BASTA! Sono due giorni che sopportiamo: sopportiamo le sue battute, le sue frecciatine, i suoi malumori, le sue facce schifate, i suoi musi, i suoi veti, i suoi sbalzi d’umore. E mi pento amaramente di aver coinvolto mia figlia in questa gita, di averla quasi indotta a subire tutto questo! E sa perché abbiamo tollerato, pazientato fino adesso? Mia figlia perché, lo so, vuole un bene dell’anima a Tommy e anche a Gaetano e non voleva deluderli o creare problemi e io, oltre a tutto questo, perché sono una madre e capivo, da madre, che lei si comportasse in questo modo perché ha paura di perdere suo figlio o che gli possa capitare qualcosa di male. Ma adesso, da madre, quello che devo fare è innanzitutto evitare che alla mia di figlia capiti qualcosa di male o che possa pensare che subire un trattamento simile, anche se per amore di qualcuno, sia lecito o accettabile!”
 
“Lei non capisce: lei non sa cosa significa crescere un figlio da sola! Tommy è l’unica cosa che ho e per colpa di quell’incosciente di sua figlia poteva non solo capitargli qualcosa di male, ma subire danni gravissimi!” urla la svedese di rimando, avvicinandosi ancora di più a Camilla.
 
“Io non posso capire? Ma cosa crede, di averli solo lei i problemi? Di aver sofferto solo lei? Io non avrò cresciuto mia figlia da sola nei suoi primi anni di vita, per fortuna, ma sono stata mollata da mio marito per un’altra donna, di punto in bianco, dopo 15 anni di matrimonio, e lasciata sola con una bambina ancora piccola, in un paese che non era il mio, di cui capivo e parlavo a malapena la lingua e dove non conoscevo nessuno! Mi sono dovuta trasferire di nuovo in Italia, ringraziare il cielo di avere ancora un lavoro, perché ero in aspettativa, ed implorare l’aiuto di mia madre per tirare avanti e far quadrare i conti. E cercare di non far mancare nulla a mia figlia, dato che il padre viveva a migliaia di chilometri da noi e si vedevano a volte un weekend al mese. Ma non per questo mi sono mai sognata di comportarmi come si comporta lei! Anzi, non solo ho accettato senza problemi che mia figlia frequentasse il mio ex marito, ma quando Livietta si è affezionata tantissimo alla nuova compagna del padre, che non era una sconosciuta che non mi aveva mai fatto nulla di male nella vita, ma una donna che avevo frequentato e considerato quasi un’amica e che non si è fatta alcuno scrupolo a provarci con mio marito, non mi sono mai opposta e ho cercato in ogni modo di tenermi dentro i miei risentimenti personali e di non farglielo pesare, anche se faceva male. E sa perché? Perché volevo il bene di mia figlia, prima ancora del mio e sapevo che il bene di mia figlia era poter stare liberamente anche con suo padre, poter avere il suo amore, potergli voler bene e fare parte della sua nuova vita, senza doversi sentire in colpa nei mei confronti per questo!”
 
“Anche io voglio solo il bene di mio figlio! E la sua storiella strappalacrime può anche risparmiarsela: cosa dovrei fare, commuovermi per lei?” domanda Eva, sarcastica.
 
“Ma per la carità! Anche perché, pure se avessi avuto la vita più perfetta, più fortunata e meravigliosa di questo mondo, se non avessi mai avuto un solo problema da quando sono nata, questo comunque non le darebbe alcun diritto di trattare me e mia figlia come ha fatto in questi giorni! E lei comportandosi come si comporta non fa affatto il bene di Tommy: lei sta pensando solo al suo di bene, alle sue di paure. I figli non sono oggetti di nostra proprietà, su cui abbiamo l’esclusiva e nulla, NULLA, nemmeno l’aver fatto sacrifici per loro, per metterli al mondo, per farli crescere, fossero anche dei sacrifici enormi, ci da il diritto di avere alcuna pretesa in tal senso. Lei continua a lamentarsi di aver cresciuto Tommy da sola, e di questo mi dispiace per lei e non oso nemmeno immaginare quanto sia stato difficile, sotto tutti i punti di vista, ma adesso che non è più sola, invece di esserne felice mi sembra ce la stia mettendo tutta per ritornare ad esserlo. Lo capisce che non ha senso?”
 
“Lei non può permettersi di parlarmi così! Che cosa crede, eh? Di potermi insegnare a fare la madre?” grida Eva, le vene del collo in evidenza, i  pugni chiusi, come un animale pronto a scattare.
 
“Ma assolutamente no! È lei che ha passato gli ultimi due giorni ad impartirci lezioni di vita non richieste, è lei che pensa di essere detentrice della verità assoluta e si permette non solo di parlare agli altri, ma soprattutto di trattarli come se fossero dei poveri deficienti. Io invece so benissimo che lei è molto intelligente, Eva, e proprio per questo, perché non mi capacito che una donna intelligente, moderna, indipendente come lei, che la donna che ha cresciuto un figlio da sola, un bambino buono, equilibrato e sano come Tommy, possa essere la stessa donna che da in escandescenza per un po’ di zucchero o per un goccio d’acqua o per un ginocchio sbucciato, mi permetto di darle un consiglio, non solo da madre ma da insegnante. Lei vuole avere il controllo totale su suo figlio, pensa di averlo e forse ora che Tommy ha cinque anni ce l’ha anche: Tommy non può fare granché senza di lei, senza un adulto nei paraggi. Ma Tommy non avrà cinque anni per sempre, crescerà e crescerà molto più in fretta di quanto lei possa immaginare. E passerà sempre meno tempo con lei e avrà sempre di più i mezzi per fare ciò che vuole, senza che lei possa impedirglielo. Ma nessuno meglio di lei dovrebbe saperlo, dato che, come non si stanca di ricordarci, voi scandinavi siete molto più aperti e moderni di noi poveri italiani e a 16 anni spesso già andate via di casa, massimo a 18. Nella mia carriera di figli di madri iperprotettive ne ho visti tanti, tantissimi e sa che fine fanno di solito? O sono talmente insicuri, talmente privi di qualsiasi fiducia in se stessi che diventano vittime di ogni bulletto che trovano sul loro cammino, subendo i maltrattamenti peggiori, o, al contrario, sfiniti ed esasperati, si ribellano e o finiscono in brutti giri, o si imbarcano nelle imprese più assurde e pericolose, o addirittura scappano di casa. È questo che vuole?”
 
La svedese, per la prima volta da quando la conosce, non sembra avere la battuta pronta, non risponde, non ribatte e pare quasi sgonfiarsi, mentre alterna lo sguardo tra Camilla, Livietta, immobile come una statua di sale poco dietro di lei e Tommy, che è ancora steso a terra poco distante, con accanto Gaetano e la madre dell’altro bimbo, che le guarda con aria sconvolta ed imbarazzata, come se volesse trovarsi ovunque tranne lì, ma allo stesso tempo non riuscisse a muoversi, quasi ipnotizzata.
 
“Lo so che la sola idea di perdere il proprio unico figlio è… inconcepibile, che preferiremmo farci ammazzare, torturare, che non vorremmo mai che soffrissero, che sbagliassero, che avessero dei problemi, che vorremmo potercene fare noi carico, che vorremmo poterli proteggere da tutto, ma non possiamo. Non possiamo vivere al posto loro: perché è la loro vita, non la nostra. L’unica cosa che noi possiamo fare per loro è dare loro tutti gli strumenti per imparare a cavarsela da soli, per fare le scelte migliori, e stare loro accanto quando avranno bisogno di noi.”
 
Di nuovo Eva sembra paralizzata e si limita a fissarla immobile, un’espressione indecifrabile sul volto. Apre e chiude la bocca un paio di volte ma non ne esce nessun suono.
 
“Va beh, ho già parlato fin troppo. Lei faccia ovviamente quello che ritiene più opportuno per se stessa e per suo figlio e io farò altrettanto per me stessa e per mia figlia. Livietta, vieni con me che torniamo a casa?” domanda, girandosi verso la figlia che la fissa con gli occhi lucidi, altrettanto sconvolta.
 
“Mamma…” mormora Livietta, esitando un attimo prima di annuire e rispondere con un semplice, “va bene.”
 
“Camilla,” interviene Gaetano, riavendosi dalla paresi che l’aveva colpito durante lo scontro tra le due donne ed avvicinandosi a lei, mentre un terrore cieco gli rimescola le viscere, “Camilla, aspetta, ti prego, mi dispiace io-“
 
“Shh,” lo zittisce lei, mettendogli un dito sulle labbra e sorridendogli, anche se con aria malinconica, “non ti preoccupare e non serve che ti scusi: non è colpa tua. Anzi, forse è stata anche colpa mia: Livietta e io non saremmo dovute venire con voi. È stato uno sbaglio.”
 
“Camilla, ti prego, come pensi di tornare a casa con Livietta, da sole? Se non vuoi tornare in auto con Eva, e ti capisco, vi posso accompagnare io, e poi ritorno a prendere Eva e Tommy e-“
 
“E farti tutto il giorno in auto? Ma non dirlo neanche per scherzo: prenderemo un taxi o la navetta e poi il treno, come fanno in tanti! Per Torino c’è anche la linea diretta: non ti preoccupare che ce la caveremo. Tu adesso porti Tommy in infermeria a farsi medicare e poi rimanete qui e finite la vostra giornata tranquillamente. Credo che sia meglio… mettere un po’ di spazio.”
 
“Camilla-“ esclama Gaetano, sempre più spaventato, ma la donna di nuovo gli posa l’indice sulle labbra.
 
“Non tra me e te ma con Eva,” gli sussurra intenerita, sollevando l’altra mano per accarezzargli il viso e aggiungendo, “ci vediamo a casa.”
 
Gli posa un lieve bacio sulle labbra, una rassicurazione e una promessa insieme. Fa un cenno di intesa verso di lui, che annuisce con gli occhi lucidi e la mascella serrata, un mix di rabbia, dolore e rassegnazione sul volto.
 
Lancia un’occhiata verso Livietta che assente a sua volta, quando sente una stretta fortissima intorno alle cosce.
 
“Ti prego: non andare via!” la implora Tommy, guardandola con due pozzanghere al posto degli occhi.
 
“Tommy…” mormora Camilla, avvertendo una pugnalata nel petto e sentendosi uno schifo: per non deluderlo aveva fatto il passo più lungo della gamba e gli aveva fatto solo più male.
 
“Ti prego, ti prego!” continua a supplicare Tommy, piangendo.
 
“Ascoltami,” gli sussurra, abbassandosi per guardarlo negli occhi, asciugandogli un paio di lacrimoni dalle guance e stupendosi quando Eva non fiata e non interviene minimamente, “adesso vai col papà a farti medicare e poi… qui hai ancora un sacco di giochi da fare e di cose da vedere. Vedrai che la giornata passerà in un lampo! Noi staremo insieme un’altra volta, ok?”
 
“Ma io non voglio che andate via, non è giusto!” protesta il bimbo, apparentemente inconsolabile.
 
“Tommy, ci vediamo prestissimo, stai tranquillo,” interviene Livietta, accarezzandogli i capelli, anche se in cuor suo ne dubita. Ma sia per lei che per sua madre la misura è più che colma e capisce benissimo perché sia necessario andarsene ora, prima che le cose sfuggano ancora di più di mano a tutti quanti. E poi la sola idea di affrontare ore bloccati in auto con Eva…
 
“Per favore!” le implora un’ultima volta Tommy, ma madre e figlia, nonostante la morsa al cuore, gli danno un ultimo bacio sulla fronte e si avviano a passo deciso in direzione del deposito bagagli.
 
“Sei cattiva: è tutta colpa tua!” urla il bimbo all’improvviso, rivolgendo ad Eva, ancora bloccata in uno stato semicatatonico, un’occhiata che è come una secchiata d’acqua gelida, prima di scoppiare in un pianto disperato.
 
“Tommy!” esclama Eva, riemergendo dal tumulto paralizzante di pensieri che l’aveva avvolta, ma Gaetano, più rapido, ha già preso il figlio in braccio e sta cercando di consolarlo come può.
 
“Porto Tommy a farsi disinfettare le ferite,” proclama Gaetano, fulminando Eva con uno sguardo carico d’odio e disprezzo, uno sguardo che Eva non aveva mai visto prima, nemmeno durante i loro scontri più feroci, per poi sibilarle in un orecchio, “spero che tu sia soddisfatta, visto che hai ottenuto ciò che volevi.”
 
“Gaetano!” prova a trattenerlo Eva, ma capisce dall’espressione dell’uomo che è tutto inutile.
 
Gaetano, dopo un paio di scuse mormorate alla madre dell’altro bambino, ancora sconvolta, si avvia con lei e con i rispettivi figli verso l’infermeria.
 
Ed Eva, per la prima volta da quando è in Italia, sente il freddo, quello vero, entrarle fin nel profondo delle ossa.
 
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“Aspettate!”
 
Un grido quasi disperato le raggiunge mentre si stanno per mettere in fila con altri turisti per salire sulla navetta.
 
Si voltano e si trovano davanti Eva: il viso arrossato, il fiatone, i capelli al vento e l’aria di chi ha appena corso una maratona.
 
“Eva, per favore, non ricominciamo,” esclama Camilla con un sospiro, lanciando un’occhiata verso il pulmino, come un naufrago osserva la nave che sta venendo a salvarlo, “se ha altre cose da dirmi o da urlarmi addosso credo che possano aspettare fino a Torino. Tanto sa dove abito.”
 
“No, anzi, io… vi chiedo scusa,” proclama la svedese dopo un respiro profondo, pronunciando tre parole che Camilla mai si sarebbe aspettata di sentir uscire da quelle labbra, aggiungendo poi, quasi disperata, “ho sbagliato, ho sbagliato tutto e mi dispiace, però vi prego: non partite!”
 
Camilla e Livietta si guardano, sconcertate, faticando a riconciliare la donna che hanno davanti con l’erinni con cui hanno avuto a che fare negli ultimi due giorni.
 
“Eva, ascolti-“ esordisce Camilla, imbarazzata, ma la svedese è un fiume in piena, in tutti i sensi, con le lacrime a rigarle il viso.
 
“No, vi prego, ascoltatemi: lo so che non posso chiedervi nulla, ma se voi partite sento che Tommy non me lo perdonerà mai. E voi penserete che me lo merito e probabilmente è così, ma io non posso perdere Tommy: è l’unica cosa che ho, l’unica cosa che mi è rimasta, a parte forse il lavoro. Ma preferirei vivere sotto i ponti piuttosto che sapere che Tommy mi odia, rinuncerei a qualsiasi cosa per lui: ho rinunciato a qualsiasi cosa per lui. E lo so che questo non mi giustifica ma… Tommy con voi è così felice, si è affezionato tanto a voi e a Gaetano e sembrate questa… questa specie di famiglia perfetta da pubblicità. E ho sentito invece che si stava allontanando da me, che io non gli bastavo e non gli basto più e ho avuto paura, paura di perderlo e poi l’ho visto lì per terra e… non ho capito più niente e ho esagerato. E mi rendo conto che adesso rischio di perderlo davvero ed è solo colpa mia e… e non so che fare!”
 
“Eva…” sussurra Camilla, toccata dalla sincera e profonda angoscia che emerge da ogni parola di questa donna così perfezionista ed orgogliosa che si mette a nudo fino alle lacrime di fronte ad una folla di perfetti estranei.
 
“Eva, mi ascolti, nessuno qui vuole portarle via Tommy o vuole metterglielo contro, nessuno: né io, né mia figlia, né soprattutto Gaetano. E Tommy le vuole un bene immenso: lei non ha un’idea di quante volte mi ha parlato di lei in questi mesi, delle cose che facevate insieme, di quante volte chiedeva notizie a me o a Gaetano su dov’era, mentre cercava di immaginarsi i posti che stava visitando per lavoro, di come aspettava con ansia ogni sua telefonata,” spiega all’altra donna, avvicinandosi a lei e abbandonando la fila, “e anche se ora vuole molto bene a Gaetano e a noi, questo non significa che ne voglia di meno a lei. Ma se continua a soffocarlo per paura di perderlo, prima o poi lo perderà veramente. In psicologia le chiamano profezie autorealizzanti.”
 
“Tenga,” offre poi, porgendole un pacchetto di fazzoletti di carta che ha pescato a fatica dalla borsa.
 
“Grazie…” mormora la svedese, asciugandosi gli occhi e soffiandosi il naso, aggiungendo, dopo un attimo di pausa, “quindi restate?”
 
“Se mia figlia non ha niente in contrario sì,” risponde Camilla, guardando verso la ragazza che, commossa, fa segno che per lei non ci sono problemi a restare, “ma la avverto che non tollereremo più un trattamento del genere. Pensa di poter mantenere la calma e comportarsi con noi in modo educato e civile fino al nostro ritorno a Torino? Se no è meglio per tutti, Tommy compreso, se saliamo su quel pullman e ce ne andiamo adesso.”
 
Lancia un’occhiata eloquente verso le ultime persone della fila che stanno salendo sulla navetta, alcune che ancora osservano la scena con curiosità e poi ne lancia un’altra altrettanto eloquente verso la svedese, attendendo il verdetto.
 
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“Dai, Tommy, hai sentito il dottore, no? Non è niente, solo qualche graffio.”
 
Gaetano cerca di usare il tono più incoraggiante che possiede per consolare il figlio e tirarlo su di morale, ma sa benissimo che non sono le “bue” il motivo per cui Tommy è così triste e spento.
 
Si sta avviando verso il villaggio west, in mezzo al parco, dove ha appuntamento con Eva, con lo stesso entusiasmo di un condannato a morte che si avvia al patibolo. Se non ci fosse stato Tommy a cui pensare avrebbe mandato Eva definitivamente a quel paese, come si merita, e se ne sarebbe andato con Camilla e Livietta. Ma il messaggio della sua professoressa è stato forte e chiaro e sa che, quando la donna è così decisa, l’unica cosa da fare è rispettare le sue decisioni, anche se gli fa male, da morire.
 
“Che ne dici se ci prendiamo un gelato?” propone al figlio, abbracciandoselo più stretto al petto.
 
“Non ho fame…” mormora il bambino, abbacchiato, senza nemmeno sollevare la testa appoggiata sulla spalla del padre.
 
“E dai, Tommy, su, il gelato è-“
 
“Tommy, Gaetano!!”
 
Per un secondo Gaetano si chiede se sia possibile desiderare tanto una cosa da avere delle allucinazioni uditive ma poi alza gli occhi e vede Camilla e Livietta correre loro incontro, seguite a ruota da Eva.
 
“Camilla! Livietta!” urla Tommy, alzando il capo dalla spalla del padre e facendogli capire inequivocabilmente, con un grande sorriso sulle labbra, che vuole essere messo a terra.
 
Gaetano non se lo fa ripetere due volte e, come i piedi di Tommy toccano l’asfalto, il bimbo si lancia di corsa tra le braccia di Camilla che se lo abbraccia e se lo bacia, commossa.
 
“Non siete andate via…” continua a ripetere il bimbo, estatico, come in un mantra, staccandosi dall’abbraccio di Camilla solo per attaccarsi al collo di Livietta che se lo spupazza ridendo e ripetendogli affettuosamente “impiastro” mentre gli accarezza i capelli.
 
Gaetano guarda Camilla e poi Eva, che assiste a questa scena un po’ in disparte, un’espressione indecifrabile sul viso.
 
“Tutto bene?” bisbiglia a Camilla che annuisce, prima di trascinarla in un abbraccio di quelli che non lasciano respirare, sollevandola praticamente da terra.
 
“Ti amo,” le sussurra all’orecchio, ringraziando per l’ennesima volta il cielo o il destino, che dir si voglia, per averla messa sulla sua strada ormai dieci anni orsono, con il suo vermouth, la sua passione per le indagini e il suo non arrendersi mai. Nonostante tutti gli incidenti di percorso che ci erano voluti per arrivare fin qui, Camilla gli dimostra ogni giorno di più, quasi senza volerlo, quanto sia valsa la pena aspettare, se la ricompensa è avere accanto una donna straordinaria come lei.
 
“Anche io ti amo, ma questa volta, se siamo tornate indietro, il merito è anche e soprattutto di Eva,” sussurra lei di rimando, dandogli un rapido bacio e separandosi da lui.
 
Gaetano fissa gli occhi in quelli dell’ex moglie, sorpreso, fino a che Tommy, dopo essersi goduto un po’ di coccole da Livietta, non si frappone tra loro, guardando le tre donne a turno, con aria solenne.
 
“Ma allora avete fatto pace? E non litigate più?”
 
“La tua mamma è venuta a cercarci e ci siamo chiarite. E per oggi non litighiamo più,” conferma Camilla, non sentendosela di fare promesse più a lungo termine di così.
 
“Promesso?” domanda Tommy, fissandole con uno sguardo che a Camilla ricorda terribilmente quello del padre, tutte le volte che le faceva giurare di tenersi lontano dai guai.
 
“Promesso,” lo rassicura anche Eva, avvicinandosi a lui. Il bimbo per tutta risposta sorride e le abbraccia le gambe.

Camilla non può non notare il lieve tremore nelle labbra dell’altra donna mentre accarezza i capelli al figlio.
 
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“Non è stato fantastico??!!” urla Livietta, scendendo dal Raptor.
 
“Sì, insomma,” bofonchia Camilla, cercando disperatamente di riprendere fiato.
 
“E adesso ci manca solo il Blue Tornado. Forza Camilla, non si vorrà arrendere così presto?” la incalza Eva, piazzandosi accanto a lei, i capelli scarmigliati, il viso arrossato ma senza un filo di fiatone.
 
E dire che erano al secondo ottovolante di fila e, nonostante la coda avesse dato un po’ di respiro a tutti, Eva aveva passato gran parte di entrambe le corse ad urlare cose incomprensibili in una lingua che, di nuovo, Camilla presumeva essere svedese. Ma non ci voleva una gran conoscenza linguistica per intuire che era forse meglio che Tommy non si avvicinasse nemmeno lontanamente all’altezza minima e non avesse quindi potuto salire con loro, dato che era l’unico che avrebbe potuto decifrare quei suoni per loro inintelligibili.
 
Camilla cominciava a chiedersi se urlare non fosse davvero terapeutico ma, finché la svedese si sfogava così e non su di lei o su Livietta, non aveva di che lamentarsi.
 
Perché in quella donna che era salita su quelle montagne russe con loro e che affrontava giri della morte e discese letteralmente da capogiro con il sorriso sulle labbra e senza minimamente scomporsi, riusciva finalmente ad intravedere la stessa persona che aveva resistito per un mese nella foresta pluviale. La donna da cui Gaetano era rimasto irresistibilmente attratto ed affascinato al punto da aver voluto costruire una famiglia con lei, anche se, col senno di poi, era stata una follia.
 
Mentre Eva prende in braccio Tommy, mentre aspettano che anche Gaetano faccia il suo giro, dato che era rimasto “a terra” ad aspettarle con il bimbo, mentre ascolta lei e Livietta raccontare a Tommy le sensazioni appena provate, scambiarsi opinioni sulle differenze tra le queste montagne russe e quelle classiche e progettare il giro sul Blue Tornado che, a detta di Livietta – e anche lei concordava – era probabilmente l’attrazione più adrenalinica delle tre, un sentimento agrodolce continua a batterle nel petto, insieme al cuore che sta gradatamente rallentando il suo correre e tornando nei ranghi.
 
Una vocina che non può ignorare continua a chiederle quale faccia di Eva la spaventi di più: se quella da Idra, da Erinni, da Medusa, verso cui è così facile nutrire avversione ed antipatia, senza per questo provare sensi di colpa, o se il volto umano che riesce ora ad intuire, a scorgere a sprazzi e che le dimostra per l’ennesima volta che, nella vita, non è tutto bianco o nero.
 
E, realizza con un mezzo sorriso sulle labbra, probabilmente anche per Eva è esattamente lo stesso.
 
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“Bene, allora buona notte!”
 
Sono le dieci di sera e sono appena giunti in mezzo al cortile, dopo una giornata lunghissima e sfiancante, ma caratterizzata da un pomeriggio e da un viaggio di ritorno straordinariamente tranquilli.
 
“Aspettate!” le chiama Eva, prima che possano avviarsi verso la scalinata che conduce all’appartamento di Camilla, “forse… forse è il caso che mi cerchi un albergo. Conoscete qualche posto nei paraggi?”
 
“Ma noi torniamo a casa nostra, come le ho già detto quello dell’altra notte è stato solo un caso e-“
 
“No, no, lo so, ma è che… immagino che a lei non faccia piacere se… condivido l’appartamento con Gaetano, no? In fondo l’ultima volta che sono stata ospite qui voi non stavate ancora insieme, o sbaglio?”
 
Camilla e Gaetano rimangono completamente spiazzati, quasi a bocca aperta, da una frase così ovvia ma così straordinariamente… anomala se pronunciata da una donna come Eva, con le sue “improvvisate” – o, per meglio dire, agguati – e la sua tendenza a fare e disfare senza più di tanto curarsi dei disagi che questo potrebbe causare ad altri.
 
“No, cioè, non stavamo insieme, è vero, ma… io mi fido di Gaetano e di sicuro non sarò io a costringerla o a chiederle di cercarsi un albergo. E poi immagino che Tommy preferirebbe stare sia con lei che con Gaetano, dato che non vede lei da tanto e tra qualche giorno non vedrà anche il padre per parecchio tempo,” risponde Camilla, dopo un attimo di riflessione, per poi avvicinarsi ad Eva ed aggiungere in un sussurro, in modo che Tommy non senta, “però Tommy preferisce stare con entrambi i suoi genitori, è vero, ma a patto che non passino il tempo a scannarsi dalla mattina alla sera. Mi sono spiegata?”
 
Eva annuisce, altrettanto sorpresa: il messaggio è stato chiarissimo.
 
“Credo che mi cercherò un albergo e… tornerò qui domattina,” proclama di nuovo Eva, dopo un attimo di riflessione, in un momento di straordinaria onestà intellettuale che colpisce Camilla quasi di più dell’offerta precedente.
 
“Mamma!” protesta Tommy, mezzo addormentato in braccio al padre, “non andare via!”
 
“Magari posso leggerti la storia per farti addormentare, prima, che ne dici?” chiede Eva, accarezzando la testa del figlio.
 
“Senta, visto che è tardi e… se vuole c’è un appartamento al primo piano della mia scala che è libero al momento. L’inquilina è... una collega del mio ex marito e ora è a New York e non so se e quando tornerà, ma aveva lasciato le chiavi a Renzo e quindi in realtà ce le ho ancora io. Credo che non ci siano problemi se ci passa una notte o due, naturalmente solo se vuole.”
 
“Sarebbe… sarebbe perfetto,” concorda Eva, alternando lo sguardo tra Tommy, mezzo addormentato, e Camilla, indecisa su come procedere.
 
“Tommy aspetta la sua storia, io le lascio le chiavi dal portiere,” proclama Camilla, avvicinandosi a Gaetano e Tommy e stampando un bacio sulla bocca del primo e poi uno sulla fronte del secondo.
 
Anche Livietta si congeda da entrambi e, con un ultimo sguardo e un augurio di buonanotte ad Eva, si avviano verso casa.
 
Forse il weekend non è stato una totale catastrofe e forse c’è una flebile speranza per il futuro, pensa Camilla, mentre gira le chiavi nella toppa. Ma non è ancora pronta a metterci la mano sul fuoco.
 



Nota dell’autrice: E per i lettori sopravvissuti a questo luuuungo capitolo, pieno di amore, pace ecc… xD, ma anche di momenti più “sereni”, che, nella mia mente, doveva essere un po’ come un lungo e turbolento viaggio sulle montagne russe ;), vi ringrazio come sempre tantissimo per la pazienza e per avermi seguita fin qui. Spero che il capitolo non abbia deluso le vostre aspettative e non sia risultato noioso: lo so che dato la lunghezza il rischio era alto e come sempre i vostri pareri, anche negativi, mi aiutano a tarare la scrittura e a capire su cosa soffermarmi di più o di meno, soprattutto per evitare di tediarvi ;). Quindi non vedo l’ora di leggere cosa ne pensate, anche su Eva che è sempre una grandissima sfida da scrivere. Il prossimo capitolo segnerà la fine di un’altra fase nella storia e ci sarà un salto anche temporale e poi… tutte le strade portano a ;)… Ringraziandovi ancora tantissimo, colgo l’occasione per farvi i miei migliori auguri di buone feste, anche se ormai in ritardo per Pasqua, ma in tempo per il periodo che ci attende di “ponti” e di bel tempo (o almeno si spera).
   
 
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