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Autore: live in love    23/04/2014    3 recensioni
Seguito della storia "Ritratto di Te"
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Sono, ormai, passati vari mesi da quando Emma ha presentato la sua opera e dallo scandalo del New York Times che ha visto coinvolti la sua famiglia ed Andrew.
Una apparente tranquillità sembra pervadere ora la sua vita, divisa tra amore, lavoro e arte, ma cosa ha in serbo per lei il destino?
Nuovi problemi, situazioni diverse e impresti personaggi sono in agguato, come affronteranno Emma ed Andrew tutto ciò?
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Mia seconda storia originale.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 9




- Perfetto! -

Il trillo esaltato e così acuto da apparire quasi stridulo di Sam, ancora chiusa nel camerino di prova, giunge sicuro e vagamente ovattato alle mie orecchie, probabilmente rivolto all'abito che sta provando, mentre sono intenta a sfogliare la mia agenda in pelle nera, controllando avidamente ed in modo quasi convulso di aver adempiuto a tutti i miei ultimi impegni e, soprattutto, a tutti i preparativi.
Decisamente moltissimi, sospiro leggermente, soffiando mestamente l'aria fuori dalle labbra mentre mi stringo appena tra le spalle sottili, rendendomi simultaneamente conto di come crescano sempre di più, invece di diminuire, man in mano che la data del matrimonio si avvicina.
Ormai incredibilmente prossima.

Esattamente il prossimo sabato, nella cappella di Saint Paul, infatti, Sam e Carter diventeranno finalmente ed in modo ufficiale marito e moglie.

Un sogghigno spontaneo e quasi irrazionale mi coglie impreparata a questa considerazione, l'affetto che provo per entrambi che si mischia ad un sentimento di frenesia che indirettamente coinvolge anche me, scacciando per un attimo le cupe sensazioni dell'ultima pesante e frustrante settimana.
Dopo la discussione tra Andrew e Kate a cui ho involontariamente assistito, difatti, lui è praticamente sprofondato in un mutismo pensieroso quasi sconcertante, disarmante, un rammarico doloroso che non gli ha lasciato, di fatto, scampo, pungolandolo continuamente.
Nonostante l'opportunità di avere più di un confronto con lui e le sue labilissime rassicurazioni sul suo non coinvolgimento emotivo con la donna, così fragili da apparire quasi titubanti, è apparso quasi logorato da un tarlo interiore che non sembra essere in grado di sopire o anche solo scacciare.
Lo stesso che deriva chiaramente da ciò che Kate gli ha rivelato, la notizia della gravidanza e il desiderio di riavere con se i figli, palesando senza mezzi termini la volontà ormai svanita di avere quel bambino, di costruire una famiglia, e mettendo a soqquadro le nostre vite.
Deglutisco a fatica, finendo involontariamente per ignorare il commento della mia amica e continuando ad alimentare il mio mutismo.

Anche a distanza di tempo la sua dichiarazione d'amore incondizionato mi ferisce ancora, infastidendomi sibillinamente, risultando praticamente marchiata a fuoco nella mia memoria, purtroppo indelebile traccia di un rancore che non sembra essersi affievolito.
Tutt'altro.
I miei angosciosi e ansiosi pensieri, tuttavia, vengono interrotti bruscamente subito dopo, proprio quando mi soffermo mutamente su come, però, dal lato opposto Andrew abbia anche poi ricercato in qualche contorto modo il mio conforto, seppur a gesti e silenziosamente, rincuorandomi mestamente.
Colta alla sprovvista e in contropiede, infatti, Sam mi richiama bruscamente alla realtà l'attimo dopo, quando, facendo pressione sulla porta in legno del camerino con il palmo della mano, schiude l'uscio con un piccolo cigolio, comparendo ora nitidamente nel mio campo visivo ed attirando, di conseguenza, corposamente tutta la mia attenzione.

- Ora si che è perfetto – ripete convinta sospirando compiaciuta e quasi sognante, palesandosi dinnanzi a me fasciata dall'abito da sposa, il candore avorio e dalle sfumature quasi argentate e cangianti della stoffa che mettono in risalto la sua carnagione chiara, esaltando la sua corporatura minuta e non troppo alta – Mi calza a pennello! - mi dice ancora strabuzzando quasi gli occhi, così esaltata e fremente da apparire quasi sul punto di scoppiare per la gioia, contagiandomi per un attimo con la sua morbida allegria.

Muovendosi leggermente sul posto in modo irrequieto, il tacco delle scarpe che indossa che producono un piccolo ticchettio sul parquet, deglutisce lievemente nervosa, i faretti posti sul soffitto che la illuminano completamente, permettendomi di cogliere ogni minimo dettaglio.
Istintivamente, alzo subitaneamente il mento, quel tanto che basta per adocchiarla più facilmente, distogliendo di conseguenza le pupille dal rettangolare foglio di carta su cui ho scribacchiato alcuni appuntamenti e che continuo a stropicciare con la punta dei polpastrelli in modo irrazionale, i miei occhi che si scontrano finalmente contro il profilo semplice e sinuoso della sua figura.
La trovo ferma sulla soglia, le braccia, coperte fino ai polsi dal pizzo lavorato e fine che costituisce le maniche, abbandonante staticamente lungo i fianchi mentre esita per un attimo, una ciocca di capelli rossi che sfugge dallo chignon precario in cui li ha legati e che le conferisce un'aria sbarazzina, riproducendo maldestramente l'acconciatura che avrà quel giorno.
Inguainata alla perfezione dal vestito, non troppo aderente o seducente, che la fascia alla perfezione, mettendo sapientemente in risalto le sue forme sinuose e appena accennate, non dice poi momentaneamente nulla, perdendosi semplicemente ad ammirarsi.

Scrutandosi avidamente grazie al lungo specchio dal bordo in metallo che occupa quasi interamente la parete laterale della zona dedicata ai camerini, stringe leggermente le labbra a cuore, arricciandole riflessivamente quasi come se fosse intenta a ricercare anche la minima cosa fuori posto.
Visibilmente emozionata e con gli occhi lucidi di benessere compie poi un paio di passi in avanti, percorrendo lentamente e con la schiena raddrizzata il piccolo corridoio, dandomi così di fatto le spalle e consentendomi di vedere la scollatura a v che scopre parzialmente la sua schiena e che si esaurisce, ricongiungendosi con la stoffa, ad un palmo dal fondo schiena.
La stessa di cui è stata entusiasta fin da subito e che ha desiderato fortemente, non volendo assolutamente ridurla o modificarla.

Sorrido, spronata da questo mix di osservazioni a pronunciarmi, finalmente.
- Sei uno schianto, Sam! - mi complimento sincera ed onesta, realmente felice di scoprirla così raggiante e commossa, uno strano nodo di emotività che mi occlude specularmente la gola, spingendomi irrazionalmente a considerare come ultimamente il mio essere sensibile si sia accentuato.
Forse, mi convinco placidamente, è unicamente colpa di tutto ciò che mi è ultimamente gravato addosso, finendo per tramutare lo stress e l'agitazione in precarietà emotiva.
Non lasciandole il tempo di dire null'altro, ma unicamente di aprirsi in un piccolo sogghigno imbarazzato e lusingato, mi esprimo ancora una manciata di secondi dopo.
- La sarta è stata bravissima, le modifiche neanche si notano – concordo indirettamente con lei, alludendo chiaramente ad alcuni particolari che la sarta dell'atelier ha sistemato abilmente dopo le ultime prove, completandolo.

Seduta sul piccolo divanetto in velluto blu scuro che adorna lo spazio e con la schiena affondata nell'imbottitura della spalliera, incontro per un millesimo il suo sguardo verde e trasparente tramite lo specchio mentre lei annuisce vigorosamente, muovendo determinata su e giù il capo.
Ridacchiando soddisfatta ed in modo quasi frivolo in risposta ai miei apprezzamenti, si volta poi verso di me con una sinuosa e piccola torsione del corpo, il minuto e non troppo lungo strascico con cui termina l'abito da sposa che si increspa appena mentre, ora, posso distintamente guardarla in faccia.
Stendendo la bocca carnosa e velata di lucidalabbra in un piccolo ghigno, mi riserva una occhiatina smaliziata e un po' contrita, la poderosa allegria di poco fa che ora lascia il posto ad una più sottile e velata preoccupazione e che incupisce appena i suoi lineamenti struccati.
- Spero piaccia anche a Carter – soffia apprensiva e quasi ansiosamente, mordicchiandosi sommessamente il labbro inferiore senza aggiungere poi null'altro, la sua occhiata che diventa più vacua e torbida, quasi come se i pensieri prendessero il sopravvento su di lei e non le permettessero di concentrarsi realmente ed in modo totale su di me, vorticandole tetramente nella mente.
Comprendendo alla perfezione la sua insicurezza e riuscendola a leggere come un libro grazie agli anni di amicizia e all'affetto che ci lega, piego in seguito di lato il capo, richiudendo contemporaneamente l'agenda ed abbandonandola stancamente al mio fianco con un movimento minimo della mano, lasciando che rimbalzi tra i cuscini azzurri e la mia borsa in pelle nera.
Desiderando ardentemente farle tornare il buon umore e allontanare definitivamente le tipiche e legittime paure delle future spose, ribatto birichinamente, pungolandola in modo languido e scherzoso insieme.

- Non ho dubbi che sarà così, Sam – mi esprimo con tono caldo e basso, soffiando carezzevolmente le parole tra i denti mentre socchiudo appena le palpebre, il mio interiore nervosismo che si allevia appena, scalzato da una punta di divertimento sincero e dolce che questa visione mi provoca – E poi se ti trova sexy con gli orrendi pigiamoni che indossi di solito, decisamente rimarrà senza fiato a vederti così – rido, non riuscendo a trattenermi ulteriormente dal farlo, causando la sua smorfia, a metà tra l'ilare e l'indispettito mentre il suo viso si chiazza velocemente ed in modo furioso di rosso, facendola avvampare per via del mio alludere nitidamente ai pigiami spessi ed infantili che usa di consueto per dormire.

Punta nel vivo, mi lancia una occhiataccia al vetriolo fiammeggiante, ammonendomi silenziosamente ed in modo per nulla rallegrato.

In ogni caso, io continuo imperterrita subito dopo a prenderla bonariamente in giro, non desistendo assolutamente dal mi intento.

Ignorando bellamente la sua smorfia contrita, infatti, socchiudo sornionamenre gli occhi, rilassandomi maggiormente contro lo schienale del divano.

– Anzi, secondo me faticherà a non strappartelo di dosso prima della fine della serata – ridacchio in modo allusivo e malizioso, stringendomi appena tra le braccia mentre mi riferisco chiaramente alla piu che visibile attrazione che vibra tra i due.

Intanto accavallo simultaneamente le gambe, lisciando con la punta delle dita ed in modo distratto il semplice vestito di cotone blu che indosso.

Sghignazzando leggermente lei scuote unicamente le spalle, facendo ondeggiare i capelli sulla sua nuca mentre arriccia la punta del naso, il nervosismo che fa di tutto per celare, volendo testardamente apparire tranquilla, che, per un attimo, scompare dai tratti del suo volto, rendendola più serena e pacata, ammorbidita.

Tuttavia, una maschera di indispettimento e quasi frustrazione la coglie l'istante seguente, in modo così repentino e veloce da lasciarmi quasi dubbiosa e perplessa.

Non capendo, infatti, a cosa sia dovuto, aggrotto appena la fronte, corrucciandomi lievemente mentre mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, scostandola dalla mia gota bollente con un movimento impercettibile dei polpastrelli.

In ogni caso, è lei stessa a chiarire i miei dubbi immediatamente, facendo chiarezza tra le mie perplessità una frazione di secondo dopo.

- Se continuo di questo passo dubito fortemente che accadrà, Ems – allarga sconsolata le braccia prima di riappoggiare le mani in grembo, sporgendo appena il labbro inferiore mentre incassa cupamente il capo tra le spalle, riferendosi ad un qualcosa che non colgo all'istante.
Persistendo nel rimanere profondamente interdetta e confusa dalla sua asserzione, storco appena la bocca, restando unicamente in silenzio.

Specchiandosi nella mia occhiatina di sottecchi stralunata e compiendo simultaneamente un passo verso il camerino, nuovamente, lei continua il discorso, spiegandosi questa volta in modo più chiaro e limpido.

Gesticolando appena, infatti, mi parla ancora, fermandosi poco prima della soglia della porta.
- Sono in ritardo con il ciclo di qualche giorno – storce le labbra in una smorfia infastidita ed irritata, permettendomi di capire mentre si muove appena sul posto, sferzando l'aria con un gesto vago e stizzito delle dita, quasi come se stesse cercando di scacciare una osservazione particolarmente snervante e petulante.

Alludendo chiaramente al suo ciclo mestruale rotea poi gli occhi verdi verso il soffitto, gonfiando contemporaneamente entrambe le guance con uno sbuffo che concretizza e lascia andare l'attimo seguente, frantumando per un attimo il silenzio quasi tombale dell'ambiente.
Vagamente divertita e deliziata dalla sua smorfia contrita e cupa, mi mordo quasi a sangue il labbro superiore per non scoppiare fragorosamente a ridere, ben conscia di come lei sia permalosa e suscettibili a repentini cambi di umore in queste situazioni.

Tuttavia, lei non mi dà nuovamente il tempo materiale di ribattere dal momento che, allargando frustrata ed abbacchiata le braccia, torna a fissarmi direttamente in faccia, imbronciandosi e sferzandomi con un sussurro strascicato e quasi lamentoso.

- Me lo sento che mi verrà il giorno del matrimonio e che mi rovinerà la prima notte di nozze – piagnucola stridulamente e sinceramente provata da questa eventualità, sbattendo convulsamente le ciglia mentre sporge leggermente in fuori il labbro inferiore, fissandomi in modo implorante quasi come se io potessi modificare il corso degli eventi.

Storcendo la punta del naso e sbarrando appena gli occhi scuri a causa della sua buffa ma più che giustificata preoccupazione, inarco verso l'alto un sopracciglio, lanciandole una occhiatina di sbieco.
Incerta, le rispondo subitaneamente.

- Sei sotto stress per via del matrimonio - la rincuoro dolcemente ed in modo pacato, riferendomi a tutte le pressioni famigliari e lavorative a cui è stata soggetta nell'ultimo periodo - Devi solo non pensarci e vedrai che ti arriverà – le dico ancora, ricordandole indirettamente come, a volte, il pensare troppo ad una cosa finisca per peggiorare unicamente la situazione, influenzando il nostro stato emotivo e mentale e, di conseguenza, anche il nostro benessere fisiologico.

E, in assoluto, questa è una delle ultime cose che io mi sarei mai aspettata di dirle visto la fastidiosità del ciclo mestruale.

Sotto le mie pupille dilatate e vagamente lucide, lei sospira fievolmente, sgonfiando quasi totalmente il petto mentre non mi guarda direttamente in faccia, preferendo puntare il suo sguardo chiaro e intorpidito in una direzione indistinta sul pavimento.

Non troppo convinta o rincuorata, in seguito, si stringe appena tra le spalle sottili, incrociando staticamente le braccia sotto il seno in una posizione quasi abbacchiata senza aggiungere poi nulla, rimanendo chiusa in un morbido mutismo che non sembra far altro che alimentare i suoi pensieri e i suoi tormenti.

Comprendendolo, ma non sapendo assolutamente come poter migliorare il suo umore non dico allora nulla, piegando unicamente il capo di lato mentre adocchio debolmente i suoi lineamenti pallidi.

Riscuotendosi debolmente, rialza poi le pupille l'attimo seguente, quasi pensierosamente, come se realmente stesse rimuginando sul mio consiglio e su una possibile soluzione da adottare.

Ammutolita e afflitta, appoggia il fianco contro il telaio dello stipite con un movimento sinuoso e semplice, spostando con facilità il peso da un piede all'altro, caricandolo tutto sulla gamba destra.

- Stress o non stress – frantuma acutamente la quiete che lei stessa ha lasciato cadere su di noi una frazione di secondo dopo, risultando determinata e quasi ottusamente decisa mentre sporge leggermente le labbra all'infuori – Spero, comunque, mi arrivi il prima possibile – sbuffa nuovamente contrita infine, gonfiando entrambe le guance prima di soffiare seccamente l'aria tra i denti, apparendo stanca e sfibrata da questa situazioni.

Chiudendo leggermente le dita a pugno e strappandomi un irrazionale sorriso complice e carico di spontaneità, continua poi subito dopo, non esitando e palesandomi chiaramente tutta la sua frustrazione, ciò che in realtà la rende apprensiva e irascibile.

- Non ho decisamente intenzione di passare la prima notte di nozze in bianco – sibila alterata ed indispettita ancora, apparendo quasi come un fiume in piena, incapace di arrestarsi mentre mi riversa addosso le sue lamentele.

Inalberandosi buffamente e con le gote arrossate, arriccia poi indispettita la punta del naso, facendo quasi spallucce ed assomigliando terribilmente ad una bambina a cui hanno sottratto il giocattolo preferito e che non sa come riprenderselo.

E questa visione ilare e divertente mette terribilmente a dura prova il mio modo di pormi e la mia compostezza.

Faticando incredibilmente a non scoppiare a ridere, un moto di poderoso e violento divertimento che sorge dentro di me, attirandomi tra le sue spire, infatti, mi mordo quasi a sangue l'interno della guancia nel tentativo di trattenermi drasticamente, riuscendosi unicamente in modo goffo e maldestro, assolutamente poco credibile o discreto.

Muovendomi leggermente sul posto, difatti, non riesco dall'esimermi dal guardarla in modo sbarazzino ed ironico da sotto le ciglia, le guance distese in un sogghigno che non riesco a celarle o nascondere e che attira, di conseguenza, la sua più che totale attenzione.

È più forte di me, in qualche contorto modo.

Cogliendo istantaneamente e con estrema abilità la maschera di maliziosa allegria che distorce i lineamenti del mio viso, Sam inarca scetticamente ed in modo quasi inquisitorio un sopracciglio verso l'alto, per nulla deliziata.

Tutt'altro.

Vagamente incupita e corrucciata, difatti, aggrotta cupamente la fronte mentre mi ammonisce con una occhiataccia bonaria e perentoria al tempo stesso, invitandomi silenziosamente a smetterla di sghignazzare e di prendermi gioco di lei

Cosa che non accade, anzi.

Incapace realmente di trattenermi ulteriormente, infatti, mi lascio del tutto andare ad una fragorosa ed argentea risata, questo semplice rumore che spezza subitaneamente il silenzio catartico e quasi tombale che pervade l'ambiente, mandandolo letteralmente in frantumi.

Con il corpo scosso e le membra vagamente tese da questo sentimento intenso e lieve, sollevante, al tempo stesso, provoco indirettamente la sua occhiata assassina, il suo assottigliare vispamente ed in modo tagliente le iridi verdi che le conferiscono una espressione tra l'inviperito e il scherzoso.

Notando probabilmente la mia incapacità di arrestarmi, lei schiude seccata ed annoiata le labbra carnose l'attimo seguente, sferzandomi con una manciata di parole sottili e quasi profetiche, tentando bonariamente di zittirmi.

- Inutile che ridi, potrebbe benissimo capitare anche a te, guarda – sibila aspra e acre, maledicendomi dolcemente mentre alza orgogliosamente il mento verso l'alto, riservandomi una occhiatina quasi altezzosa e cocciuta, credendo forse di andarmi a colpire su un tasto dolente e sensibile, alludendo alla possibilità assai remota che il ciclo mi venga proprio il giorno del suo matrimonio.

Fatto, sorrido gaiamente, assolutamente impossibile, ora come ora.

Invece che sopire le mie risa, sorprendentemente, però, le acutizza, portandomi a piegarmi quasi in avanti a causa del dolere degli addominali, dovuto assolutamente al troppo ridacchiare.

Con il petto che si alza e si abbassa in modo aritmico e quasi convulso proprio a causa di questo comportamento e con un improvviso rossore a scaldarmi il viso ribatto faticosamente l'attimo dopo, tentando disastrosamente di prendere un respiro più profondo e lento per quietarmi del tutto.

Non riuscendoci, sono allora costretta ad umettarmi il labbro superiore in modo distratto e fievole, deglutendo subito dopo mentre lei persiste a studiarmi dall'alto, l'umore suscettibile che la rende vulnerabilmente divisa a metà dalla serietà e l'ilarità.

- Non penso proprio accadrà e, anzi, potrò approfittare quanto vorrò del testimone dello sposo – soffio mellifluamente ed in modo sfacciata, sorridendo in modo felino e quasi sornione mentre mi pronuncio in modo volutamente allusivo e malizioso, la mia affermazione che risulta impregnata di una lampante punta di languore e voluttuosità – L'ho già avuto, Sam – aggiungo subito dopo con una minuta risatina, spiegandomi meglio e stringendomi appena tra le braccia mentre le faccio sbarazzinamente l'occhiolino, finendo di fatto per farla giocosamente infuriare.

Un po' sorpresa dal mio riferimento e un po' colta in contropiede, la mia amica esita appena prima di ridere compiaciuta e rallegrata dalla mia battuta maliziosa, il mio alludere chiaramente ad Andrew, all'attrazione che ci lega e al modo decisamente poco casto con cui vorrei darvi sfogo che la fa arrossire mestamente mentre socchiude le palpebre, scuotendo in contemporaneamente fievolmente il capo.

Tuttavia, è ben altro subito dopo a balzarmi agli occhi, attirando completamente la mia concentrazione in modo involontario e quasi istintivo, assorbendola in una frazione di secondo e senza una ragione precisa.

Irrazionalmente, infatti, il mio cervello mi spinge a percorrere a ritroso l'ultimo mese, una strana ed inconsueta sensazione a pelle che mi sprona a rifare il calcolo riguardo il mio ultimo ciclo mestruale, facendomi quasi sentire come se avessi dimenticato improvvisamente qualcosa, scoprendomi poi non così certa e sicura a riguardo.

Un vuoto, un tassello mancante in un puzzle che non sono in grado di decifrare.

In modo del tutto spontaneo e istintuale, difatti, mi accorgo di non riuscire a identificare quel preciso momento con assoluta e nitida certezza, un velo di confusione che mi rende quasi interdetta e disorientata mentre una punta di incerto sgomento si riversa a fiotti bollenti dentro le mie vene, entrando velenosamente in circolo nel mio corpo ed iniziando, di conseguenza, a scombussolarmi.

Aggrottando appena la fronte, corrugandomi grevemente, vi rimugino in modo quasi spasmodico e concentrato, le date dei giorni che scorrono velocemente via mentre le passo letteralmente in rassegna, non riuscendo a ricordarmelo assolutamente.

31 Ottobre...24 ...16...10... 2...

Annaspo tra le mie riflessioni, una fitta più limpida e decisa di sconcertante esagitazione e ansia che comincia ad insinuarsi spietatamente dentro di me, trafiggendomi con la sua gelida e concreta stilettata, portandomi a muovermi appena sul posto, non riuscendo, di fatto, a sentirmi a mio agio.

Tutt'altro.
Perchè non riesco a rammentarlo? Possibile che sia stato così indolore da farmelo scordare, facendolo sprofondare nell'oblio? Mi pungolo inverosimilmente quasi presa alla sprovvista e prossima al panico, non credendo assolutamente a questa ipotesi e sgranando sbigottita e sgomenta gli occhi senza riuscire a darmi una risposta certa e vera.

Tuttavia, un'altra possibilità attraversa celermente e rumorosa la mia testa fornendomi una spiegazione inattesa su un piatto d'argento, spezzandomi di fatto il fiato in gola e mandando per un attimo il mio cervello completamente in blackout.

O, forse, non mi è proprio venuto ed è per questa ragione che non riesco a rammentarne la data?
E questo quesito, simile quasi ad una intimorente affermazione, mi inchioda drammaticamente, facendomi impallidire bruscamente ed in modo precipitoso mentre si tramuta quasi in un spossante tarlo.

Raggelandomi letteralmente sul posto, difatti, mi vortica disastrosamente in testa, scomponendosi e ricomponendosi più e più volte, il cuore che pulsa in modo anomalo e concitato nel mio petto sotto il veemente impeto di queste elucubrazioni cupe ed intimamente introverse, producendo un leggero ronzio alle orecchie che mi confonde ancora di più.

Con il petto che si alza e si abbassa in modo frenetico, tento poi maldestramente e a fatica di deglutire, scoprendo la bocca impastata e lo stomaco chiuso da una morsa carica di nervosismo e agitazione mentre cerco, simultaneamente, di ritrovare un briciolo di raziocinio, di aggrapparmici furiosamente, questa probabilità non contemplata che mi manda totalmente nel pallone.

Sono sempre puntuale come un orologio svizzero, annaspo, è assolutamente impossibile che non io non l'abbia avuto.

Imponendomi di rimanere calma e lucida ed ignorando, di conseguenza, per un attimo, la presenza di Sam, intenta a squadrarmi stupita e sconcertata a causa del mio improvviso mutamento di atteggiamento, mi accingo nuovamente a rianalizzare gli ultimi eventi, convincendomi dell'impossibilità derivante dal fatto che non mi sia venuto.

Sospiro pesantemente, facendo mente locale.

Lo stress dovuto alla presenza di Kate... l'influenza... i lavori nell'appartamento di Andrew... i preparativi per il matrimonio...

Dannazione, impreco frustrata e sconvolta, scioccata quasi, nel scoprire alcuna traccia dell'ultima volta che l'ho avuto, considerando l'istante seguente come io debba sicuramente averlo segnato sulla mia agenda.

Si, mi convinco, deve essere per forza così.

Sempre più provata e ansiosa e sospinta da proprio questa considerazione, mi volto poi seccamente alla mia sinistra l'attimo dopo, ricercandola affannosamente con lo sguardo, il bisogno di trovarla e di sfogliarla fino a trovare la rassicurante prova in grado di scacciare definitivamente i miei tormenti che mi dilaniano interiormente, non lasciandomi di fatto scampo.

Spingendomi leggermente in avanti, la individuo subito dopo nascosta dietro un cuscino celeste, la sua pelle nera che compare dietro il guanciale, cozzando morbidamente contro la sua federa ed attirando all'istante il mio interesse.

Con delle petulanti ed agitate palpitazioni a pompare insistentemente il sangue nelle mie vene e con la punta delle dita ghiacciate e leggermente sudate a causa del mio stato emotivo precario e dalla nebbia che sembra pervadere la mia testa, allungo l'attimo seguente in modo celere il braccio.
Scontrando involontariamente la mia borsa con il gomito, posta poco più in là, a causa del gesto brusco e fremente, la faccio inevitabilmente cadere giù dal sofà, il suo tonfo basso e cupo che rimbomba quasi nell'ambiente.

Senza assolutamente prestarvi alcuna premura e con una angosciante apprensione a spezzarmi il respiro in gola, occludendola con un magone carico di timori ed incertezze, la agguanto spasmodicamente, affondandomi i polpastrelli ed appoggiandomela subito dopo celermente sulle mie ginocchia, pronta a sfogliarla.

Sotto le occhiate sempre più allibite e stralunate di Sam, la apro l'istante seguente, ritrovandomi a scartabellare speranzosamente le pagine, ripercorrendo lo scorrere implacabile dei mesi alla ricerca della data corrispondente al mio ultimo ciclo.

Giugno... Luglio... Agosto.. Settembre...

Con estrema meticolosità, infatti, sono usualmente solita segnarlo ogni volta per evitare, appunto, di incappare in questi inconvenienti struggenti e caotici.

Destabilizzata probabilmente dal mio modo di pormi e non intendo rimanere ulteriormente in silenzio, Sam mi richiama al presente una manciata di secondi dopo, cercando probabilmente di fare chiarezza tra i suoi pensieri e di capire, conseguentemente, cosa mi inquieti e affligga così tanto.
- Ems? - mi chiama, infatti, mestamente e con un filo di voce, il tono basso e non troppo strascicato che spezza appena la quiete mentre giunge quasi sbiadito al mio udito, la mia mente che non riesce a captarlo in modo conscio e razionale.

Non degnandola neanche di una risposta, faccio vagare ostinatamente le pupille tra le piccole pagine e le righe fitte che io stessa ho scritto, oltrepassando fugacemente il mese di Settembre ed inoltrandomi in quello di Ottobre, sentendomi sempre più scossa.

Purtroppo, però, le miei iridi non trovano assolutamente alcun appunto tra tutti gli appuntamenti che avevo segnato con qualche scarabocchio, lasciandomi con un pugno di mosche in mano.

Nulla, non c'è nulla.

Boccheggio.

Irritata ed irrequieta, rigida come una statua di sale, riesco unicamente a scorgere la data ipotetica scritta in un angolo della pagina corrispondente al 25 Ottobre, il foglio di carta piegato in un angolo che mi fa letteralmente tremare.

Trattengo istintivamente il respiro, percependo i polmoni bruciare intensamente e il cuore mancare letteralmente un battito, bloccandomi fulminata, un peso insistente che mi grava sul torace e che mi annichilisce, schiacciandomi con la portata di conseguenze che si trascina dietro.
Non ho avuto il ciclo questo mese, realizzo ammutolita, il cervello e la mia volontà che faticano quasi a comprendere questa semplice e al tempo stesso devastante informazione, non riuscendo a processarla, mentre, specularmente, un sordo e acuto dolore mi piega metaforicamente quasi in due.
Istintivamente, chiudo a pugno le dita, i polpastrelli che accartocciano inevitabilmente quel lembo di carta, facendolo scricchiolare sinistramente, mentre il mio sguardo diventa istantaneamente vacuo, un misto di rabbia e paura che mi investono.

- Cazzo – impreco a mezza voce una frazione di millesimo dopo, non accorgendomi quasi di aver pronunciato questo labile impropero fin quando non odo il mio stesso timbro disperdersi nell'ambiente circostante, risultando così teso e rigido da apparire sul punto di spezzarsi da un secondo all'altro.

Annaspo, gli occhi che si velano inevitabilmente di uno strato di lacrime di timore e bruciante agitazione mentre realizzo con un sconcertante attimo di ritardo come io sia palesemente in ritardo di quasi venti giorni.

Non riuscendo a capacitarmene e, soprattutto, a comprendere come io possa aver fatto passare in secondo piano una cosa di tale importanza, resto immobile, ogni riflessione che scompare drasticamente dalla mia testa, lasciando dietro di se una voragine disarmante e destabilizzante.
Disorientandola maggiormente e lasciandola nitidamente confusa e basita, Sam incassa appena la testa tra le spalle, non essendo in grado di comprendere e decifrare la mia espressione imperscrutabile mentre inarca verso l'alto entrambe le sopracciglia.
Ed è proprio ciò, probabilmente, a spronarla a parlarmi l'attimo seguente, chiamandomi sibillinamente in causa.

- Cosa succede, Emma? - mi incalza ancora Sam, compiendo un istintivo passo verso di me senza mai perdermi di vista, il frusciare inevitabile del suo ingombrante abito da sposa che produce un sinistro fruscio mentre mi chiama per nome, risultando così inevitabilmente seriosa e accademica.

Visibilmente preoccupata e interdetta dalla mia smorfia atterrita, mi squadra accuratamente, risultando, contemporaneamente, incredibilmente seria e contrita, quasi come se temesse l'annuncio di un qualcosa di grave.

Con le labbra socchiuse pervase da un leggero tremolio e un violento e negativo stupore a pervadermi, rendendomi quasi rabbiosa e innervosita, alzo faticosamente ed in modo lento lo sguardo, distogliendolo dalla mia agenda e fissandola finalmente in faccia.
Incredibilmente tesa e traumatizzata, quasi senza realmente vederla unicamente questa considerazione che mi riecheggia ripetutamente in testa, portando ad una unica soluzione.

La più drastica e pericolosa, purtroppo.

Potrei essere ...incinta di Andrew.

Fatico quasi a pronunciarlo nei miei stessi pensieri, incertezza e bisogno di negare la realtà che mi sconvolgono vigorosamente, scombussolandomi profondamente senza che io possa fare nulla per evitarlo, il timore che sia così che diventa inevitabilmente dannatamente simile ad una dilaniante e divorante constatazione.

Chiudo per un attimo totalmente gli occhi, il desiderio di scoppiare a piangere e sfogarmi almeno in questo modo che mi porta a farlo, nascondendomi nel rassicurante buio concessomi dalle mie palpebre serrate.

Una improvvisa ondata di emotività, precaria e instabile come non mai in questo momento, mi penetra tagliente e laconica l'attimo seguente, rendendo il nodo alla gola così occludente e denso da impedirmi quasi di respirare mentre non so assolutamente cosa fare o come agire, un corposo panico che mi paralizza le membra.

Con le parole bloccate in testa e aprendo e chiudendo la bocca un paio di volte prima di pronunciarmi, trovo dopo una manciata di minuti finalmente il coraggio e la consapevolezza di esprimermi.

Schiudo così nuovamente le iridi scure, spiegandole frustrata ed in modo strascicato la situazione in cui sono piombata senza preavviso mentre la sua ansietà si scontra contro il senso di dolce amarezza che questa circostanza mi causa, peggiorando drasticamente il mio umore nero pece.

- Ho... ho un ritardo – mastico a fatica mentre lei corruga appena la fronte, quasi come se faticasse a stare dietro al mio atteggiamento sconclusionato e alla giustificazione alogica e priva di apparente senso che le sto fornendo, non capendola totalmente mentre un vortice di elucubrazioni e quesiti danno vita ad un filone sconclusionato ed intricato – Di venti giorni – ansimo ancora, quel peso che rende la mia confidenza quasi più simile ad un sussurro impercettibile ed inudibile.

E, forse, dirlo, concretizzandolo a voce, é ancora più destabilizzante che pensarlo unicamente.
Stupita da questo mio commento, lei sgrana leggermente le pupille, raddrizzando la schiena ed alzando appena il mento senza dire nulla, un corposo e poco piacevole silenzio che ammutolisce spietatamente la stanza, unicamente interrotto dal battito furioso e ardente del mio cuore, così insistente da farmi quasi temere che anche lei possa udirlo distintamente.
In qualche modo, è proprio l'assenza di una sua rassicurazione e il bisogno di sfogarmi in modo anche indiretto, che mi sprona nuovamente a parla l'attimo seguente mentre finalmente tutti i tasselli iniziano a trovare il loro posto, andando a comporre un puzzle disorientante.
Era dovuto a questo la mia emotività? Il mio essere così lunatica ed incline alla vulnerabilità e, poi, subito dopo alla sicurezza? Mi chiedo senza realmente comprenderlo, non riuscendo a ragionare in modo sensato o anche solo vagamente razionale.

E semplicemente scoppio, non reggendo ulteriormente la snervante pressione.

- Non ho avuto il ciclo... questo mese – continuo scombussolata ed in modo quasi isterico, sentendomi sempre più prossima ad una crisi di nervi mentre le rivolgo una occhiata quasi implorante e stravolta, desiderando silenziosamente che lei dica qualcosa, qualsiasi cosa, in grado di quietarmi e calmarmi, di rendermi in qualche modo più sicura.

Cosa più ardua e impossibile che mai al momento.

Capendo ed intuendo all'istante a cosa io stia indirettamente alludendo lei rimane paralizzata per una frazione di secondo, quasi come se faticasse a crederci, trattenendo bruscamente il respiro, fulminata sul posto e limpidamente colta impreparata da questa mia notizia.

Una maschera di meraviglia e accoratezza, distorce i suoi lineamenti un attimo seguente, una piccola riga presente tra le sue sopracciglia che la rende quasi pensierosa e rimuginante.
Sentendomi letteralmente la testa scoppiare mi porto una mano al volto, portandomi indietro il ciuffo con un gesto stizzito e rabbioso mentre espiro non sapendo quasi dove o cosa guardare, un senso di impotenza e, insieme, un bisogno di agire che si scontrano dentro di me, cozzando l'uno contro l'altro.

Intanto, la mia memoria cerca convulsamente di ricostruire i momenti di passionale e travolgente intimità che io ed Andrew abbiamo avuto ultimamente, frammenti di ricordo sfocati dalla lontananza temporale e dalla mia affannositá che non mi consentono di farlo con chiarezza, non lasciando spazio, momentaneamente, ad un briciolo di piacere o felicitá.
Stringendo poi le labbra a cuore in una linea netta, Sam sbatte convulsamente le ciglia, apprestandosi subito dopo a parlarmi precipitosamente, proponendomi l'unico interrogativo, al momento, assolutamente inutile.

- Non prendevi la pillola? - palesa senza giri di parole o mezzi termini il suo dubbio, illustrandolo e sembrando incredibilmente perplessa e scombussolata, il timbro ridotto a poco più di un mesto e greve mormorio mentre lentamente anche lei inizia a comprendere la gravità della situazione.
Con la salivazione azzerata e un disarmante senso di spossatezza, scuoto unicamente il capo, compiendo solo un piccolo gesto come diniego, azzerando la sua vacua affermazione.
Affondando i molari nella mia guancia fin quasi a percepire il gusto ferroso del sangue, ricordando alla perfezione come alcuni fastidiosissimi mal di testa mi avessero inevitabilmente portato a smettere di assumere la pillola anticontraccetiva su consiglio del mio ginecologo per evitare altri problemi.

Deglutisco, torturando con la punta delle dita il bordo dell'abito che indosso, spiegazzandolo più volte senza realmente curarmene, rispondendole vacuamente.

- L'ho dovuta sospendere due mesi fa – soffio solamente, in modo sincero e sibillino senza riuscire a capacitarmi della situazione in cui sono involontariamente sprofondata.
Ma è un dubbio ben peggiore a scacciare tutte le mie considerazioni l'istante seguente, dandomi definitivamente il colpo finale ed infierendo drasticamente dentro di me: come prenderà Andrew questa circostanza? Mi pungolo realmente intimorita dalla possibilità di turbarlo nuovamente e al tempo stesso di un suo rifiuto per una possibile gravidanza, rammentando alla perfezione la discussione che abbiamo avuto quando abbiamo affrontato il discorso di avere dei figli.

E, decisamente, la recente rivelazione di Kate non ha fatto altro che peggiorare la cosa, realizzo storcendo la bocca in una smorfia acre e amara, non riuscendo quasi ad ipotizzare una sua possibile reazione, la paura che la prenda male che mi annichilisce.

Seduta rigidamente sul bordo del divano espiro poi in modo tremolante ed incerto mentre socchiudo di nuovi gli occhi, troppe considerazioni e domande che si combinano tra di loro in modo intricato, impossibili da mettere in ordine o anche solo da capire.

In ogni caso, lei ribatte subito dopo, il tono forzatamente calmo e pacato, volto a tranquillizzarmi, che, però, al contrario, finisce per inquietarmi ancora di più, facendomi quasi tendere fino allo spasimo.

- Forse, il ritardo è solo dovuto allo stress – tenta goffamente di rincuorarmi mentre incrocia le braccia sotto il seno, un'ombra pensierosa e riflessiva che permea i suoi lineamenti e che mi fa chiaramente notare come anche lei fatichi quasi a credere al suo stesso commento – Ultimamente, ne hai sopportato molto – mi dice ancora, aggiungendo questa laconica frase mentre appare ora leggermente più determinata e sicura.

Per nulla convinta o quietata, annuisco, comunque, lievemente, muovendo staticamente ed in modo quasi automatico su e giù la testa, considerando distrattamente come tra tutto ciò che è successo nelle ultime settimane io non me ne sia praticamente accorta, non prendendo neanche in considerazione questo particolare di vitale importanza.

Non ci ho semplicemente pensato, dannazione, inveisco contro me stessa, crucciandomi.

Curvo poi abbacchiata e demoralizzata verso il basso le spalle, sentendomi, insieme, sempre più prossima al pianto e desiderando testardamente di non abbattermi.

- Tra Kate, l'udienza e tutto il resto non ci ho praticamente più pensato – le rivelo sinceramente afflitta, gesticolando appena con la mano mentre piego il viso di lato, inspirando un piccolo respiro senza riuscire a quietarmi, un turbamento interiore troppo profondo ed intenso per essere anche solo accantonato – E ...e ora mi ritrovo ad essere quasi incinta – boccheggio, quel senso di convulsa ansia che torna a montare dentro di me, risucchiandomi tra le sue buie e torbide spirali, facendomi annegare in un mare di incertezze e timori mentre il dubbio di esserlo o meno mi divora, consumandomi.

Adocchiandomi in modo comprensivo e quasi intenerito, lei arriccia verso il basso il labbro inferiore, passando leggermente entrambi i palmi delle sue mani suoi suoi avambracci, le sue iridi verde ora vagamente incupite da una reale e concreta preoccupazione che non fa altro che imbarazzarmi e sottolineare, simultaneamente, l'importanza della situazione, facendomi sentire quasi patetica.

- Senti, Ems, non fasciarti la testa prima di cadere – mi intima perentoriamente ed in modo quasi autorevole, cercando forse solamente di infondermi un minimo di determinazione e positività, senza riuscirvi, mentre mi fissa insistentemente dall'alto, non allontanando neanche per un attimo le pupille dal mio volto pallido ed emaciato – Ora io mi cambio e poi andiamo a comprare un test di gravidanza, ok? - mi domanda ancora, inclinando leggermente in avanti il viso mentre parla in modo lento e cadenzato, quasi come se volesse assicurarsi la mia più totale comprensione.

Non avendo assolutamente la forza e la temperanza di ribattere a voce acconsento solo con un piccolo cenno, quasi impercettibile, sfibrata mentre paure e timori differenti ma al tempo stesso incredibilmente simili mi destabilizzano.

Con ancora il battito aritmico e la postura raddrizzata, deglutisco a fatica mentre lei mi lancia un ultimo sguardo perentorio e confortante prima di voltarsi con una piccola torsione del busto, dirigendosi, per quanto le permetta l'abito, ad ampi passi verso il camerino.

Cercando probabilmente di fare il più in fretta possibile vi scompare l'istante seguente, chiudendosi con un piccolo tonfo la porta alle spalle.

Ed io rimango nuovamente sola, incapace di ragionare in modo lucido e vittima inesorabile di una marea di quesiti e perplessità che non sono in grado di risolvere.

O, forse, semplicemente, ho unicamente paura di darmi delle risposte sincere e vere, della portata di sentimenti che si portano inevitabilmente dietro e di affrontare questa realtà non richiesta e non voluta.

Umettandomi appena il labbro superiore e sopprimendo sul nascere l'ennesimo moto di nervosismo, mi muovo appena sul posto, l'agenda ancora appoggiata sulle mie gambe che si richiude mentre una maschera di durezza e spavento cala sul mio viso, permeandolo sibillinamente.

Scossa ed insieme commossa abbasso poi istintivamente lo sguardo, puntandolo involontariamente sul mio ventre, ancora piatto e perfettamente privo di rigonfiamenti.

Con uno strano senso di emozione e atterrita frenesia, lo fisso insistentemente senza sapere cosa pensare o cosa dirmi, come tranquillizzarmi, riuscendo unicamente ad adocchiare sgomenta la stoffa blu scura, priva di pieghe ed increspature, del mio vestito ricoprire la mia pancia, il solo pensiero che dentro vi possa essere qualcosa di nostro che mi sconvolge violentemente.

Mi intimorisce, realizzo boccheggiante.

E, solamente, rimane una petulante e concreta domanda: sono davvero incinta o mi sto suggestionando?

La stessa che emerge su tutto il brusio caotico che pervade il mio cervello e che mi fa provare una paura piacevole e insieme dolorosa che non avevo mai sperimentato in tutta la mia vita.

Semplicemente, il speranzoso timore di diventare madre.








*****





Immobile e statica, con le mani unicamente appoggiate sul marmo rosso su cui sono incastonati numerosi lavabo in costosa ceramica bianca dal rubinetto in moderno acciaio, mi fisso in modo assente e quasi disinteressato per un attimo allo specchio, che ricopre interamente tutta la parete laterale e che mi ritrovo difronte.

Riflettendo, di conseguenza, l'arredamento scarno, ma elegante che compone il bagno e le porte nere e lucide delle cabine contenenti i sanitari alle mie spalle, è sormontato da alcuni piccoli faretti che consentono una illuminazione totale e soffusa, ma, non per questo, meno intensa e rischiarante.

Fortunatamente sola e avvolta unicamente da un poco piacevole silenzio, così corposo da apparire quasi denso e opprimente, deglutisco, piantando le pupille nelle mie stesse iridi nocciola, lucide e appena sgranate, un timore sotterraneo e bruciante che vi getta un'ombra cupa, scurendole lievemente e facendomi apparire quasi sconvolta.

Fasciata solamente da un semplice ed aderente abito color bordeaux lungo fino al ginocchio dallo scollo a cuore e privo di spalline, espiro poi in modo tremolante ed incerto, il cuore che sbatte convulsamente nella mia cassa toracica.

Frenetico e agitato, pompa sangue e ansia nelle mie vene, il cervello così pieno di dubbi e perplessità da annichilirmi, devastandomi sibillinamente, un peso gravoso che mi appesantisce inevitabilmente.

Pallida e non troppo truccata, piegata appena in avanti e con le spalle curvate impercettibilmente verso il basso non riesco, infatti, a togliermi dalla mente quel petulante e concreto interrogativo.

Sono incinta?

Intanto, i rumori della festa giungono solamente sfocati alle mie orecchie, attutiti e ovattati quasi come se io fossi rinchiusa in una sorta di snervante e nervosa bolla, in un mondo parallelo costituito unicamente dai miei tormenti e dalle mie considerazioni, sentimenti contrastanti che si mischiano intrinsecamente con le mie debolezze.

Le stesse che non riesco a scacciare davvero, l'incertezza perforante di essere in dolce attesa che mi attanaglia tagliente e perforante, chiudendomi lo stomaco così forse da provocarmi un impellente senso di fastidio che mi ha, fino ad ora, impedito di toccare cibo o prendere anche semplicemente un aperitivo analcolico.

O, forse, sono solo le prime nausee dovute alla possibile gravidanza? Mi incalza petulante una vocina spietata e ironica nella mia testa, emergendo dal profondo ed autoalimentandosi con i miei stessi indecisi timori, divorandomi viva, atterrendomi.

Basita e fragile, cerco faticosamente, in risposta, di concentrarmi allora unicamente sull'evento a cui sto partecipando, di riflettere su altre cose e di reprimere violentemente il senso di panico che mi sta nuovamente avviluppando, spezzandomi il fiato in gola.

Dopo vari ripensamenti, infatti, Sam e Carter, non badando a spese, hanno infine deciso di svolgere la cena di prova del loro matrimonio in uno dei migliori ristoranti di New York, un ambiente carezzevole ed intimo che non mi ha permesso, però, di tranquillizzarmi minimamente.

Anzi, tutti i loro parenti e conoscenti, a me quasi totalmente sconosciuti, in qualche modo, non hanno fatto altro che facilitare il mio ammutolirmi e il mio conseguente estraniarmi dal presente, finendo di fatto a rimuginare più e più volte convulsamente su ciò che mi è capitato negli ultimi giorni mentre Andrew si perdeva in futili ed educate chiacchiere.

È, infatti, quasi passato un giorno intero da quando, uscite di fretta e furia dall'atelier, io e Sam siamo andate nella prima farmacia che abbiamo incontrato per strada, comprando due test di gravidanza sotto il mio sguardo sempre più angosciato ed scioccato, negativamente incredulo.

Tremante e con la soffocante possibilità di diventare improvvisamente madre, le avevo, tuttavia, chiesto di farlo da sola, non sentendomela di dover condividere con lei tutte le mie ansie, incontrando la sua più che totale comprensione.

In ogni caso, nonostante il mio stato d'animo tetro, dopo esserci salutate e una volta tornata a casa, non ero riuscita a farlo, un sordo e intenso magone che mi aveva bloccato, paralizzandomi e distruggendomi in un sol soffio gli imperativi razionali del mio cervello.

Codarda e poco coraggiosa ero rimasta in piedi, in bagno, per moltissimi minuti a fissare commossa e frastornata quel piccolo bastoncino di plastica che stava involontariamente tenendo in scacco la mia vita, continuando a ripercorrere gli eventi degli ultimi mesi senza darmi pace, non riuscendo a credere di non aver notato l'assenza del mio ciclo mestruale.

Ero riuscita ad identificare un solo attimo, un momento di fugace e violenta passione in cui avevo chiesto ad Andrew, sotto l'impeto del desiderio, di venirmi dentro, desiderando ardentemente accoglierlo totalmente dentro di me.

Troppo impaurita e spaesata dall'idea di dover, eventualmente, far fronte alla concreta verità dei fatti, mi ero così sottratta, preferendo irrazionalmente non farlo, non sapere, e aspettare ancora, appendendomi alla vacua e labile speranza di un semplice ritardo dovuto allo stress e al nervosismo.

Quasi convincendomene mi ero così, semplicemente, tirata indietro.

Terrorizzata e scossa dall'idea che Andrew potesse trovarlo in casa, in seguito, lo avevo frettolosamente e in modo poco lucido nascosto in una scatola di vecchie scarpe da ginnastica, sistemandolo accuratamente nella mia cabina armadio, un posto in cui ero sicura che non avrebbe mai cercato.

Storco le labbra in una smorfia contrita e corrucciata, lo stesso senso di inadeguatezza e disagio che mi coglie esattamente come allora, i ricordi di quei frenetici istanti che mi vorticano sinistramente in testa, inquietandomi ed irritandomi insieme.

A dispetto delle mie aspettative, però, ciò non mi aveva assolutamente fatto sentire meglio. Tutt'altro.

Guardare, poco dopo, in faccia Andrew, di ritorno da lavoro, conscia del peso e del segreto stritolante che mi portavo dietro, infatti, era stato incredibilmente difficoltoso e doloroso, straziante.

E, ancora, più lo era stato fingere che andasse tutto bene, la sua presenza costante in casa che non mi aveva poi consentito di tornare sui miei passi, lasciandomi con una acre e amara indecisione addosso.

Stanca e provata, scrollo appena il capo, cercando di riscuotermi da questo strano e irritante torpore che mi pervade, sbattendo leggermente le palpebre, finemente truccate di scuro mentre mi rendo distrattamente conto di come ormai debbano essersi accorti della mia assenza.

Forse dovrei tornare alla festa.

Imponendomi di svolgere il mio dovere di damigella d'onore e di non affliggermi almeno per qualche ora, cercando di rasserenarmi almeno un minimo, mi guardo un'ultima volta allo specchio, smuovendomi l'attimo seguente.

Ben decisa a tornare nella sala nonostante non ne abbia decisamente voglia, mi mordicchio poi appena il labbro inferiore, allontanando le mani, fredde e leggermente sudate a causa del nervosismo, dal ripiano in marmo, scostandomi una ciocca di capelli, sciolti e lisci sulle mie spalle, dalla mia guancia, portandomela dietro l'orecchio con un gesto minimo.

Espirando tremolante e spronandomi a stamparmi in faccia un sorriso forzatamente finto ed una espressione calma e quietata, compio poi un passo indietro, voltandomi con una piccola torsione del busto prima di dirigermi verso la porta in legno nero posta sulla parte più corta della stanza, alla mia sinistra.

Appoggiando poi i polpastrelli sulla maniglia in acciaio, vi faccio leggermente pressione l'attimo seguente, aprendola con un gesto celere e lieve, la postura irrigidita.

Tuttavia, prima ancora che io possa schiuderla del tutto e mettere piede nel piccolo corridoio che mette in collegamento la zona dedicata alle toilette e l'atrio del locale, mi blocco sulla soglia, una figura snella e sottile che compare improvvisamente dinnanzi a me, sbarrandomi di fatto ed involontariamente la strada.

Cogliendomi impreparata e costringendomi a rialzare bruscamente lo sguardo dal pavimento grigio fumo, infatti, il mio cuore manca letteralmente un battito, la mia camminata che si arresta mentre le mie pupille si posano istintivamente su un viso pallido e dalla forma a cuore che riconosco con una frazione di secondo, in modo quasi automatico.

Sam, fasciata da un tubino verde smeraldo dalla scollatura squadrata e casta che mette abilmente in risalto le sue iridi chiare e con i capelli raccolti in una elaborata treccia, è, difatti, immobile e statica ad una manciata di metri da me, gli occhi appena sgranati e le braccia abbandonate lungo i fianchi che la fanno apparire quasi preoccupata e scocciata.

Esitando, io non dico assolutamente nulla, non richiamando la sua attenzione e restando chiusa nel mio mutismo mentre la adocchio sbiecamente, lo stupore e la sorpresa dovuta alla prontezza con cui si è palesata che scivolano lentamente via dal mio corpo, svanendo placidamente.

Tuttavia, è lei stessa a parlare una manciata di secondi dopo, interrompendo di netto la quiete che ci circonda mentre inarca contemporaneamente un sopracciglio verso l'alto, adocchiandomi in modo severo e vagamente apprensivo, facendomi sentire quasi sotto osservazione.

- Ti stavo venendo a cercare – mi dice severamente con voce bassa e cadenzata, comprensiva e autorevole insieme, mentre piega leggermente il viso di lato, compiendo simultaneamente una falcata verso di me senza mai allontanare gli occhi da me, una punta di veridicità che inasprisce leggermente il suo timbro, suonando quasi come una rimprovero.

Non propriamente rallegrata, mi contraggo maggiormente, inspirando profondamente mentre arriccio la punta del naso, persistendo a non pronunciarmi.

Notando probabilmente la mia poca loquacità, lei non desiste, esprimendosi ancora ed incalzandomi testardamente.

Pensavo non ti sentissi bene Ems, sei scomparsa da quasi mezz'ora – aggiunge l'attimo seguente, masticando le parole tra i denti mentre si corruccia appena, un'ombra sottile che la oscura in viso mentre allude chiaramente alla mia assenza prolungata dalla festa e alla preoccupazione che deve aver scaturito, quantificandola materialmente in minuti – Anche Andrew ha iniziato ad insospettirsi – conclude infine, stringendosi appena tra le spalle mentre mi rivolge una occhiata eloquente come se questo fatto dovesse allarmarmi particolarmente, una maschera di emozioni criptiche ed imperscrutabili che la rendono quasi illeggibile.

Ancheggiando debolmente sui tacchi alti che indossa, si muove ancora, percorrendo il corto corridoio dalle pareti beige, fermandosi poi al mio fianco, stringendo appena le labbra in una linea netta e vagamente contrita.

Probabilmente indispettita dalla mia mancata risposta, incrocia le braccia al seno, sembrando quasi innervosita dal mio atteggiamento indifferente e introverso.

Al contrario, io mi limito unicamente a muovere su e giù il capo, annuendo flebilmente ed in modo incerto, non troppo convinta.

- Sto bene – la rincuoro subito dopo in modo strascicato e un po' schivo, mentendo sfacciatamente e cercando, al tempo stesso, di non sembrare troppo brusca o contrita, deglutendo e tentando di buttare contemporaneamente giù il magone che mi affligge, denso e composto da emozioni differenti e quasi opposte, per certi versi.

Il desiderio, infatti, di non ferirla si scontra contro il mio umore nero pece e la mia poca voglia di parlare, praticamente ridotta a zero, minimizzata da un grumo di sentimenti offuscanti e istintuali, quasi ancestrali.

Riuscendoci maldestramente, mi stringo allora poi semplicemente tra le spalle, suonando finta e poco convincente alle mie stesse orecchie mentre gonfio il petto con un respiro profondo che rilascio subito dopo sotto forma di un sospiro pesante e quasi stufo.

Non credendomi visibilmente e non lasciandosi assolutamente abbindolare dalla mia asserzione rabbonente, lei socchiude appena ed in modo pericoloso le palpebre, trafiggendomi con una occhiata indagatrice ed insieme ammonitrice che mi scava quasi dentro, scandagliando la mia espressione e il mio modo di pormi scostante, constatando la mia poca veridicità.

Imbarazzata e un po' a disagio a causa del suo osservarmi insistente, distolgo lo sguardo scuro dal suo l'attimo seguente, puntandolo in una direzione indistinta alle sue spalle, su un quadro rettangolare dallo sfondo nero su cui spiccano alcuni stilizzati papaveri rossi appeso sul muro alla mia sinistra, scrutandolo distrattamente.

In verità, però, non riesco a soffermarvici realmente, una angoscia interiore che mi avvelena, corrodendomi lentamente e non permettendo al mio cervello di concentrarsi su altro.

Andando dritta al sodo e senza girarci troppo intorno, Sam, tuttavia, non mi dà praticamente pace, identificando con fin troppa semplicità il nocciolo problematico della situazione e il mio essere poco veritiera, pungolandomi aspramente.

- Emma, non puoi andare avanti così – mi sferza, infatti, con una manciata di termini onesti e sinceri, soffiandoli quasi in uno sbuffo contrito mentre appare diretta e trasparente, quasi dura, nel palesare il suo reale pensiero, sgranando lievemente gli occhi, come a voler sottolineare la sua affermazione impositiva e delicata al tempo stesso.

Sentendomi quasi colpita su un nervo scoperto io mi irrigidisco di rimando, contraendomi fin quasi allo spasimo, non avendo decisamente voglia di iniziare questo discorso frustrante. Di nuovo.

Non è, infatti, assolutamente la prima volta che io e lei abbiamo questa discussione dal momento che non mi ha dato praticamente tregua da quando ha scoperto che non ho fatto il test di gravidanza, spronandomi in più e diversi modi a porvi rimedio e a non rifuggire codardamente dalla realtà.

Non dandole retta, mi sono, comunque, sottratta bruscamente ai suoi consigli, chiudendomi quasi a riccio, demoralizzata e abbacchiata dal dover sopportare anche queste pressioni.

Nonostante io sia assolutamente consapevole che la sua sia la soluzione più giusta e logica, difatti, non riesco a trovare il coraggio per farlo, per superare la paura immane ed immensa di scoprirmi incinta.

Richiamandomi bruscamente al presente e spezzando di netto il filone delle mie elucubrazioni, lei mi tira in causa nuovamente l'istante dopo, insistendo ancora.

- Non puoi far finta che non sia successo niente e fare come se nulla fosse – mi esorta ancora ad agire, il timbro che si acutizza appena, incrinandosi ed inasprendosi leggermente mentre una scintilla di affettuosa furia e di impotenza illuminano sottilmente le sue iridi smeraldine, ora lievemente più cupe e scure – Devi fare il test di gravidanza – si impone nuovamente, quasi affannosamente, il petto che si alza e si torace celermente, lasciando chiaramente intuire tutta l'esagitazione e la rabbia che prova al momento.

Con i lineamenti stravolti da una intensa determinazione e da una evidente e cocciuta testardaggine, lei compie poi un gesto secco con la mano mentre scrolla appena il capo, dissentendo limpidamente in disaccordo con il mio atteggiamento apparentemente menefreghista.

Spudoratamente e senza indorare la pillola, mi sbatte poi in faccia la cruda verità, concreta e reale come non mai, piegando appena la testa di lato nel vano tentativo di incontrare il mio sguardo sfuggente.

Dannazione, non puoi ignorare il fatto che potresti essere incinta! - aggiunge ancora quasi inveendomi contro, inalberata ed autorevole, alterandosi sibillinamente mentre calca volutamente ed in modo quasi volontariamente sprezzante sull'ultima parola, alzando indirettamente il timbro.

E conficcandomi una stilettata invisibile e dolorosa nel petto, deglutisco scossa.

Potresti essere incinta.

La sua schiettezza sferza tagliente l'aria, vibrandovi e rendendola sempre più tesa ed accaldata, nonostante il gelo che mi attanaglia.

Stringendo sdegnata ed impotente le dita a pugno, mi fa alzare bruscamente il capo e raddrizzare la schiena, una ondata di shock che mi investe immediatamente non appena il mio cervello comprende questa sua frase mesta e greve.

Incinta.

Mandandomi quasi totalmente nel pallone e causandomi una imponente allarmismo incontrollato ed istintivo, sgrano sgomenta le iridi, così tanto da sentirle insistentemente bruciare, il suo commento stizzito che rimbomba quasi nel vuoto della mia mente, atterrendomi drammaticamente.

Prima ancora di rendermene razionalmente conto, la trucido con una lucida occhiataccia al vetriolo che lei sostiene senza smuoversi o intimorirsi, alzando appena il mento mentre il mio cuore sbatte convulsamente nella mia cassa toracica, stordendomi.

Solo con un attimo di ritardo, tuttavia, riuscendo faticosamente a controllare il mio stato emotivo, comprendo maldestramente come Sam abbia parlato in modo veemente e acuto, il perforante dubbio che qualcuno possa averci sentito che mi sconvolge, gelandomi il sangue nelle vene. Letteralmente.

- Parla piano, Sam – sibilo stizzita e sconvolta dalla possibilità che qualcuno possa averci udito, una paura petulante e latente che quasi mi paralizza, intimandole indirettamente di abbassare il tono della voce in modo concitato e frettoloso.

Arricciando le labbra in una smorfia spaurita e spaventata mi guardo poi velocemente intorno, le mie pupille che saettano velocemente per l'ambiente, analizzandolo quasi centimetro per centimetro e non incontrando, per fortuna, alcuna figura.

Non c'è nessuno grazie a Dio, mi rincuoro, scoprendo il corridoio totalmente deserto, un chiacchiericcio intenso che giunge sfocato fino a noi dalla sala ristorante e l'ombra di alcuni camerieri, che fanno avanti ed indietro, ignorandoci, che intercetta ogni tanto il mio campo visivo.

Boccheggio, scoprendo la bocca impastata e asciutta a causa della nervosa ansia che mi incupisce mentre mi rassereno un millesimo, l'ombra introversa che continua, però, a rimanere intatta sul mio volto emaciato.

Espirando seccamente, torno poi a guardarla sprezzante in faccia, rivolgendole una occhiatina poco carezzevole e dolce mentre aggrotto appena la fronte, per nulla contenta della sua lavata di testa.

Anzi.

- E non sto ignorando la cosa – continuo furiosa ed incollerita, impuntandomi cocciutamente e masticando le parole tra i denti mentre alludo chiaramente al mio possibile essere in dolce attesa, non riuscendo, però, a chiamarlo con il proprio appellativo, un nodo alla gola che mi coglie al solo pensarci, impedendomelo sonoramente – Solo... non voglio farlo ora – mormoro esitante, il tono che si affievolisce impercettibilmente, rasentando la consistenza di un inudibile sussurro mentre mi riferisco limpidamente al test di gravidanza, palesandole la mio volontà ora in modo più instabile.

Ed così, non desidero farlo ora, a rompere questa bolla di equilibrio che in qualche modo io ed Andrew abbiamo faticosamente ricostruito negli ultimi giorni nonostante tutti gli avvenimenti che ci hanno travolto.

Ne ho timore, realizzo mutamente, non avendo il coraggio di esternarlo.

Commossa e sentendomi quasi sentimentalmente precaria, sul punto di piangere a causa dello stress, mi mordo quasi a sangue il labbro inferiore, affondandovi gli incisivi mentre sbatto convulsamente le ciglia, iniziando a percepire gli occhi inumidirsi.

Dondolando leggermente sul posto mi stringo tra le spalle, incassando appena il capo mentre non la fisso, non riuscendo ad apprezzare il suo modo di atteggiarsi, a tratti comprensivo e a tratti rammaricato.

In ogni caso, il suo sospiro pesante e quasi di sfogo spezza la quiete l'attimo seguente, mandandola in frantumi ed anticipando solo di una manciata di attimi il suo ennesimo commento.

Calmandosi dolcemente ed imponendosi quasi un forzato autocontrollo, si porta una mano al viso, scostando con la punta dei polpastrelli un ciuffo più corto di capelli rossi che le sfiora la fronte, sfuggito probabilmente alla complicata treccia in cui sono stati legati, le sue pupille che non mi perdono mai di vista.

- Emma, devi fare il test e, soprattutto, devi sapere se aspetti un figlio - mi suggerisce nuovamente, in termini più pacati mentre piega di nuovo il braccio sotto il seno, avvicinandosi di un passo verso di me ed annullando definitivamente la distanza fra i nostri corpi - Non puoi continuare così, ti verrà un esaurimento nervoso – afferma ancora, gonfiando appena le guance rosate mentre arriccia le sopracciglia, storcendo la punta del naso e pensando, forse, di rabbonirmi con questo cambio improvviso di comportamento.

Cosa che, invece, non avviene.

Causando in me un moto di violenta irritazione a causa della sua apprensiva petulanza, difatti, roteo gli occhi al soffitto, sentendo in contemporanea l'impellente bisogno di muovervi e di fuggire da questa circostanza.

Satura del suo sottolineare più e più volte questa cosa, allargo poi inquieta le braccia, scrutandola in modo fiammeggiante di sbieco e di sottecchi.

- E poi non è detto che io sia incinta – sbotto infine, pronunciandomi in modo sicuro volto quasi ad autoconvincermi, una menzogna che suona lampante anche alle mie stesse orecchie mentre mi appresto a continuare, illudendomi palesemente – Potrebbe essere semplicemente un ritardo, lo hai detto anche tu – le ritorco contro la stessa prima reazione che ha avuto anche lei all'atelier, usandola quasi come angoscioso appiglio per non sprofondare nel vortice della veridicità della realtà, non volendo ottusamente cedere.

Unicamente, non me lo posso permettere.

Non concordando assolutamente con me, assottiglia minacciosamente gli occhi, trafiggendomi in modo gelido e adirato.

Leggendo benissimo e perfettamente le mie intenzioni protettive e volutamente ingannevoli, difatti, lei inclina, in seguito, il viso, rivolgendomi uno sguardo sottile e penetrante per nulla convinto dalla mia asserzione, inchiodandomi.

- Cosa pensi di fare, allora? - mi assilla, spostando tutto il peso del corpo sulla gamba destra e mettendo di riflesso in evidenza la curva sinuosa del suo fianco, cambiando di fatto strategia e diventando, di conseguenza, più pungente, rivolgendomi un quesito che mi spaventa e di cui non posseggo alcuna risposta – Aspetterai fin quando non avrai un pancione di nove mesi solo perchè hai paura di scoprire la verità? - mi smaschera definitivamente, alludendo chiaramente al fatto che, molto presto, potrebbero, purtroppo, iniziare a vedersi i segni di una possibile gravidanza, innegabili e difficili da nascondere.

Presa in contropiede, indugio ferita, lo stomaco che si chiude maggiormente sotto l'impeto dell'acutizzarsi della morsa stritolante che mi avvolge, ghiacciata e destabilizzante al tempo stesso.

Mi mette così inaspettatamente a nudo senza troppe premure, cogliendo nel segno e abbandonando per un attimo i consigli materni e affettuosi, ora scalzati da una voglia di scrollarmi e farmi rinsavire che risulta incredibilmente decisa e violenta.

Ed incredibilmente ci riesce, facendomi sentire vulnerabile e fragile come non mai, priva di qualsiasi difese o maschere di protezione.

Un qualcosa di indistinto si incrina inevitabilmente dentro di me nel notare come il mio sottrarmi all'evidenza non serva a nulla, il tempo che gioca obiettivamente a mio sfavore. Non posso, difatti, tirarmi indietro all'infinito, fingere che una nuova vita non stia probabilmente crescendo dentro di me.

L'armatura di indifferenza e abbacchiamento dietro cui mi sono stupidamente nascosta si sgretola così di schianto, lasciandomi nuda ed esposta, un tumulto interiore che non sono in grado di sostenere che finisce per schiacciarmi.

Ed emerge unicamente la verità, i miei reali pensieri emergono, riaffiorando dall'angolo buio in cui li avevo volutamente abbandonati e reclusi, non sentendomi pronta ad affrontarli.

Demoralizzata ed in modo mesto faccio solamente spallucce mentre mi stropiccio le dita, torturandomi le mani mentre le parole sgorgano dalle mie labbra prima ancora che io le abbia considerate, trovando immediatamente concretizzazione.

- Sam, non so se voglio saperla – ammetto commossa e provata, finalmente, ad alta voce, quel peso snervate e gravoso sul petto che si alleggerisce impercettibilmente mentre finalmente mi libero, scoppiando e permettendo ad un vacuo senso di sollievo di intaccare appena il mio umore nero pece – Non … non so se sono... pronta – balbetto incerta ed indecisa, rivelandole la mia paura più profonda e sfogandomi nuovamente, ora tremendamente simile ad un fiume in piena incapace di arrestarsi.

Una ondata di destabilizzanti sensazioni mi investono l'istante seguente, impedendomi di continuare a causa di un imponente nodo che mi fa morire drasticamente le asserzioni in gola, rendendomi incapace di continuare.

Risultando dannatamente onesta, per una volta con me stessa e con lei, soffio con tono basso e delicato questa frase, umettandomi poi leggermente il labbro inferiore con la punta della lingua mentre mi accorgo dell'estrema trasparenza insita in questa mia affermazione.

Qualcosa nella sua espressione cambia repentinamente, una punta di dolcezza che rende meno induriti i suoi lineamenti, ammorbidendola mente la preoccupazione viene scalzata dalla tenerezza.

Sciogliendo lievemente la postura, allunga poi, dopo un attimo di rigida esitazione, la mano verso di me, le dita che si posano sul mio avambraccio nudo l'istante seguente.

Sfiorandomi con una leggera carezza, il suo caldo e confortante palmo entra in contatto con la mia pelle fresca all'istante, dando vita ad un vezzeggiamento irrazionale e amorevole che mi fa capire quanto tenga, in realtà, a me e come il suo spronarmi sia volto unicamente al mio benessere, a null'altro.

Spontaneamente, questa considerazione mi destabilizza ulteriormente, disarmandomi e facendomi quasi sentire colpevole, sporca e fuori luogo a causa del mio riversarle ingiustamente addosso tutto il mio nervosismo.

Cogliendomi alla sprovvista e vincendo con fin troppa facilità la presa della mia razionalità, alcune lacrime si addensando così agli angoli dei miei occhi mentre lei non dice unicamente nulla, il suo profilo che appare momentaneamente sfocato.

E reggere la portata di sentimenti che cozzano le une contro le altre dentro di me diventa sempre più difficile, complicato.

- Non so cosa fare – annaspo ancora, boccheggiante e sconcertata, non essendo più in grado di riflettere nitidamente mentre sbuffo spossata, alzando le pupille verso il soffitto nel tentativo di non piangere, non volendo assolutamente farlo e rovinarmi il trucco – Vedo ...vedo i sintomi della gravidanza ovunque, ormai – ansimo questa rivelazione sconclusionata, alludendo a come io oramai trovi segnali di ciò in tutti i miei comportamenti quotidiani, nella stanchezza snervante ed immotivata che provo e la nausea mattutina che mi colpisce a volte al mattino, non riuscendo più a scindere la suggestione dalla realtà – E avere questo segreto mi fa sentire così male nei confronti di Andrew – crollo definitivamente, rivelandole anche l'ultimo mio spossante tormento, deglutendo e guardandola negli occhi mentre li snocciolo uno ad uno.

Comprendendomi Sam muove lentamente su e giù il capo, annuendo e capendomi alla perfezione mentre mi osserva silenziosamente.

In risposta, io non mi sottraggo al suo tocco delicato e rassicurante, non aggiungendo null'altro mentre non riesco a sentirmi specularmente meglio.

In ogni caso, lei non mi lascia il tempo materiale di soffermarmi su altro dal momento che si pronuncia subito dopo in modo serio e quasi saggio, mostrando una pacatezza che mi stupisce corposamente.

- So che sei confusa e terrorizzata – mormora dopo una manciata di secondi di totale ammutolimento, riferendosi alla mia situazione emotiva, isterica e lunatica, ed inquadrandola alla perfezione – Ma non puoi aspettare ancora - mi dice nuovamente, convincendomi del tutto con una lunga occhiata di sottecchi – E devi dirlo anche ad Andrew, deve sapere Emma – soffia infine, curvando verso il basso le spalle mentre storce la bocca carnosa in una mesta smorfia.

Inspirando una profonda boccata d'aria, trova il più che totale assenso della mia razionalità, il suo consiglio che cela cripticamente una sibillina e sincera verità.

Ha ragione, mi dico in un momento di rara lucidità, non posso continuare a nascondergli un qualcosa in cui, positivamente o meno, è implicato.

Positivo... Negativo....

Senza quasi accorgermene, intanto, appoggio poi la mano destra sul mio ventre ancora piatto e liscio, un gesto istintuale e dettato dall'albore di un sentimento di protezione che mi ha quasi spinto a ricercare questo contatto.

Solo con un attimo di ritardo mi accorgo, però, di averlo fatto, sgranando basita appena le iridi, il mio battito che accelera all'improvviso, uno strano senso di vertigini e farfalle allo stomaco che mi lascia senza fiato.

Dura solo una breve frazione di secondo però, i miei polpastrelli che si muovono lentamente, sfiorandomi lievemente sotto l'ombelico mentre una ondata di brividi mi investono in pieno, sollecitandomi.

Tuttavia, prima ancora che io possa alzare gli occhi ed incontrare quelli addolciti e caldi di Sam, che ha chiaramente notato questo mio gesto istintivo, è un mormorio sbarazzino e curioso a richiamare entrambe bruscamente alla realtà.

- Cos'è che dovrei sapere? - ci incalza una voce maschile bassa e leggermente arrochita che il mio cervello, tuttavia, non fatica a riconoscere.

Tutt'altro.

Andrew.

Irrigidendomi all'istante sposto velocemente le pupille oltre la spalla di Sam mentre anche lei si volta in quella direzione con una piccola e fulminea torsione del busto, incontrando la sua figura tonica e snella a metà del corridoio.

Fasciato da un elegante completo nero abbinato ad una camicia immacolata che gli calza a pennello e distante da noi solo una manciata di labili falcate, ci fissa insistentemente, i suoi occhi azzurri e trasparenti che scivolano alternativamente tra me e Sam, scrutandoci con estrema attenzione nel visibile tentativo di intercettare il senso del nostro discorso.

Dannazione, impreco unicamente boccheggiante, trattenendo istintivamente il respiro, i polmoni che bruciano in carenza di ossigeno.

Impallidendo nel notarlo, apro e chiudo un paio di volte la bocca, comprendendo solo con una frazione di secondo di esitazione come si stia chiaramente riferendo all'ultima affermazione della mia amica.

E, questo chiaramente può voler dire solo una cosa: ha assistito alla nostra discussione.

Esagitata e con un improvviso senso di dilaniante panico ad avvelenarmi le membra mi irrigidisco fin quasi allo spasimo, non riuscendogli a rispondere, troppe domande che mi affollano la testa e che non mi permettono di pensare in modo lucido ad una soluzione, raggelandomi sul posto.

Quanto ha udito di ciò che ci siamo dette? Ha ascoltato tutto o solo una parte? Mi chiedo assillante, sperando ardentemente che non sia venuto a conoscenza in questo modo della mia probabile gravidanza, la sua espressione indecifrabile che non mi aiuta a stabilirlo, mandandomi nel pallone.

Con le sopracciglia aggrottate ed una maschera di cripticità stampata cupamente in faccia, infatti, non riesco a leggerlo, l'allarmismo che aumenta ad iperbole e che mi zittisce furiosamente.

Fortunatamente, però, ci pensa Sam a togliermi dall'impiccio di dover rispondere, dimostrando una estrema prontezza nel tirarsi fuori da circostanze spinose e intricate come questa.

Aprendosi in un finto e smagliante sorriso suadente nel tentativo di non apparire atterrita e colta in fallo, piega infatti il capo di lato mentre ricambia il suo sguardo con fare sicuro di se e altezzoso quasi, pronunciandosi scherzosamente.

- Nulla, Dottor Perfezione – soffia divertita, chiamandolo con il soprannome che gli aveva affibbiato subito dopo averlo incontrato in ospedale, dopo la mia operazione mentre inarca entrambe le sopracciglia verso l'alto, non rispondendogli in modo diretto – Pettegolezzi da donne, niente che ti riguardi – lo pungola allegramente, liquidandolo brevemente mentre incrocia le braccia sotto il seno, curvando sottilmente le labbra verso l'alto, evadendo il suo quesito in modo abile e agevole.

Non troppo convinto Andrew, si esibisce in una piccola smorfia mentre la trucida con lo sguardo, non troppo contento dell'appellativo con cui lo ha appena chiamato, la sua postura sciolta che, però, mi porta contemporaneamente a considerare come non debba essere a conoscenza del mio ritardo.

È troppo rilassato e quietato, realizzo sollevata, non smettendo neanche per un attimo di squadrarlo da capo a piedi mentre tiro un lampante sospiro di sollievo.

Nonostante la pressante curiosità che sono sicura lo stia abitando e agognando silenziosamente che non faccia altre domande, lui annuisce leggermente, compiendo subito dopo un passo verso di noi.

In un paio di secondi ci raggiunge mestamente, la suola delle sue scarpe dal taglio classico che produce dei leggeri tonfi sul pavimento mentre sia io che Sam rimaniamo chiuse nel nostro mutismo, scambiandoci unicamente una occhiatina complice e nervosa.

I miei perplessi dubbi, tuttavia, vengono definitivamente scacciati l'attimo dopo, quando lui si ferma al mio fianco, il suo profumo che mi solletica seducente le narici nel momento stesso in cui posa le sue pupille sul mio viso, accarezzando a distanza i miei tratti emaciati senza riuscire ad allontanare i miei demoni.

Muovendo impercettibilmente ed in modo lento la bocca, si esprime poi di nuovo l'attimo seguente, seppur in modo più sbarazzino questa volta.

- Allora, stavate sicuramente sparlando di me – ridacchia leggermente mentre una scintilla di dolcezza illanguidisce il suo sguardo, rasserenandomi sottilmente e permettendomi di tornare a respirare in modo più tranquillo e normale – Ed io che pensavo mi adoraste – aggiunge con tono timbro volutamente drammatico e ferito, fingendosi afflitto

Non così tranquilla da lasciarmi andare ad una risata, tuttavia, riesco unicamente a sogghignare in risposta mentre Sam si esibisce in un piccolo risolino, la loro ilarità che spezza momentaneamente il silenzio che ci avvolge.

Facendo scivolare via la mano, ancora appoggiata sul mio basso ventre, abbandono mestamente le braccia lungo i miei fianchi mentre alzo appena il mento per guardarlo più facilmente in viso, stringendomi tra le spalle, la tachicardia che accenna a quietarsi.

Espirando traballante, mi limito solamente ad adocchiarlo da sotto le ciglia, augurandomi di non apparire stravolta o scossa per non instillare in lui ulteriori dubbi, finendo di fatto per specchiarmi nelle sue iridi socchiuse.

In ogni caso, è nuovamente Sam a richiamarmi alla realtà, interrompendo il breve scambio di occhiatine che io ed Andrew ci stavamo scambiando, congedandosi con l'intento di concederci una manciata di secondi di intimità, probabilmente.

Ed io non posso che essergliene estremamente grata.

- Comunque, io torno alla festa – soffia infatti sibillinamente e con un filo di voce mentre compie un simultaneo passo indietro, smuovendosi ed abbandonando la sua staticità, indicando con un cenno impercettibile del capo la sala ristorante al fondo del corridoio – Non penso che Carter sia in grado di sopportare ancora le chiacchiere di mia madre, meglio che vada a salvarlo – arriccia contrita poi le labbra mentre parla in modo ironico e sarcastico, riferendosi chiaramente alla loquacità quasi esasperante di sua mamma e alla pazienza inesauribile del suo fidanzato.

Sghignazzando leggermente, annuisco con semplicità, rammentando distrattamente quanto la donna possa essere petulante, mentre anche Andrew fa lo stesso, rimanendo immobile al mio fianco.

Deglutendo e cercando di schiarirmi il timbro con un breve colpo di tosse ribatto poi subito dopo.

- Ti raggiungiamo tra poco – affermo in modo strascicato e leggero, desiderando, simultaneamente, non rovinarle la serata e rimanere un attimo in compagnia di Andrew senza avere sguardi indiscreti puntati addosso, una necessità così intensa da risultare quasi un ancestrale bisogno.

In qualche modo, difatti, tutta questa snervante tensione mi porta a ricercare la sicurezza e il labile benessere che solo la sua presenza è in grado di darmi, una serenità che non riesco a trovare in nessuna altra maniera nonostante, al tempo stesso, il segreto che mi porto dentro mi faccia sentire colpevole.

Dedicandole una silenziosa occhiata di ringraziamento carica di gratitudine e affettuosità provo poi a sorriderle leggermente, riuscendo unicamente ad esibirmi in una breve e plastica smorfia.

Ricambiandolo con un piccolo occhiolino, lei si volta l'attimo seguente, dandoci le spalle ed ancheggiando, a causa dei tacchi, verso il fondo dell'ambiente.

Nel tempo di un respiro scompare così dalla nostra vista, lasciandoci finalmente soli e circondati da una quiete densa e corposa, quel peso che rimane però imperterrito ed immutato ad appesantirmi.

Ricalcando involontariamente la stessa identica preoccupata domanda che mi ha rivolto Sam venendomi a cercare ormai molti minuti fa, Andrew mi incalza una manciata di istanti dopo, spronandomi a girarmi totalmente verso di lui e richiamando palesemente la mia attenzione.

- E' tutto ok? - mi chiede difatti realmente interessato e premuroso, scrutandomi in modo attento ed accurato, tentanto probabilmente di cogliere una risposta dalla mia stessa espressione ed alludendo alla mia prolungata assenza.

Un po' deliziata e un po' dispiaciuta, muovo su e giù la testa mentre lo guardo dritto negli occhi e sostengo il suo squadrarmi, la mente che fatica a concentrarsi realmente su questa futile risposta.

Quasi intercettando il mio stato emotivo e mentale scombussolato, corruga poi appena la fronte mentre passa sinuosamente un braccio intorno ai miei fianchi, attirandomi a se con un gesto minimo e privo di alcuna forza che mi coglie impreparata.

Cedevole ed in modo quasi molle, compio un mezzo passo verso di lui per non perdere rovinosamente l'equilibrio, seguendo, di conseguenza, la sua volontà di avvicinarmi mentre appoggio istintivamente una mano sul suo petto, il mio palmo che viene solleticato leggermente dal cotone pregiato della sua camicia.

Il calore della sua pelle mi riscalda immediatamente, coinvolgendomi e rincuorandomi al tempo stesso, aumentando il mio sentirmi divisa in due.

- Si – rispondo poi finalmente a voce dopo un attimo, sospirando pesantemente questo laconico monosillabo, purtroppo a metà tra sincerità e bugia – Ho incontrato Sam e ci siamo fermate a chiacchierare – gli rivelo poi, mormorando unicamente verità, non sentendomela di svelargli il reale discorso che abbiamo avuto e il tarlo che mi porto dentro da un giorno e mezzo.

Non voglio, infatti, incrinare la serenità che sembra essere riuscito a trovare questa sera, mandandola in frantumi, trovando la situazione e la circostanza non adatta e vagamente fuori luogo.

Non è il momento giusto semplicemente, mi dico, giustificando ancora una volta il mio rimandare seppur, questa volta, in modo razionale e sensato.

Lui non ribatte nulla, credendomi o non volendo solamente fare polemica mentre i nostri corpi strusciano teneramente l'uno contro l'altro, una frizione impalpabile che ci unisce mentre con le iridi dilatata e quasi stralunate lo adocchio lievemente dal basso in modo intenso e pensieroso.

Senza che io possa fare nulla per evitarlo, infatti, qualcosa dentro di me, forse proprio l'amore che provo per lui, mi porta ad osservare i suoi lineamenti, ricercando spontaneamente un perfetto mix con i miei, proiettando nella mia testa i tratti di un possibile nostro figlio.

È involontario, fulmineo e annichilente in un modo indefinibile, piacevole e intimorente insieme, una percezione che assolutamente non avevo mai assaporato.

Ignorando la portata delle mie riflessioni, tuttavia, lui passa poi anche l'altro braccio intorno a me, finendo di fatto per avvolgermi in un contatto improvvisato ed inaspettato che mi calma, sedando fiaccamente il turbinio di pensieri che mi ronzano in testa.

Tutti, tranne quello.

Quasi nel tentativo di zittirlo, mi stringo furiosamente e spasmodicamente a lui subito dopo, sbattendo le palpebre nel momento stesso in cui i nostri toraci combaciano alla perfezione e le sue ampie mani vagano sulla mia schiena con movimenti concentrici, i suoi polpastrelli che vengono appena lambiti dalle punte dei miei capelli sciolti e liberi.

Dimostrando lo stesso bisogno di rimanere unicamente vicini e a contatto o, forse, solamente, intuendo un mio dissesto interiore, non mi assilla con altri interrogativi, appoggiando solamente le labbra dischiuse sulla mia fronte.

Riservandomi un tenero e carezzevole bacio, intimo e impregnato di complicità, sfiora appena la mia pelle, un senso di spontaneo piacere che si insinua tra le mie pieghe più sensibili e profonde, mischiandosi a quello scaturito da quella inaspettata fantasia.

La stessa che cozza malamente con tutti i turbamenti che mi hanno impedito fino ad ora di fare il test di gravidanza e di prendere in mano la situazione, ciò che io e Sam ci siamo dette che in qualche modo mi riecheggia contemporaneamente nel cervello, rafforzando l'idea che parlargli del mio ritardo sia la cosa giusta da fare.

Spossata da tutto ciò, sporgo maggiormente il labbro inferiore, prendendo una lunga e ristoratrice boccata del suo odore, buono e famigliare.

Ed è proprio mentre abbasso quasi del tutto le palpebre, abbandonandomi contro di lui e rifugiandomi nel suo confortante e rassicurante abbraccio che una decisione agli albori mi attraversa, fugace e concreta come non mai, rendendomi per la prima volta in queste ore spavalda e coraggiosa.

Sospiro coscienziosamente, le sue braccia che irrazionalmente aumentano la loro forza intorno ai miei fianchi sottili, circondandomi e portandomi ad agognare di rimanere così eternamente, per un tempo indefinito.

E, tutto, improvvisamente, sembra meno spaventoso e terrificante, una punta di melensa dolcezza che intenerisce la circostanza, conferendomi una consapevolezza che non pensavo minimamente di possedere.

Il bisogno di togliermi questo peso dallo stomaco, infatti, e di parlargliene appare adesso meno impossibile, così come esattamente la possibilità di far diventare e tramutare il nostro essere coppia in una famiglia vera e propria, concretizzando il nostro legame.

Sorrido pallidamente, un po' angosciata e un po' sollevata.

Semplicemente, viene meno il timore di affrontare il diventare madre, una nuova e determinata autorevolezza che mi spinge ad agire, a rompere definitivamente la stasi emotiva in cui io stessa mi sono chiusa.

Farò il test.





*****


Una linea blu è negativo, due linee rosa è positivo... Blu... Negativo... Rosa...Positivo...

Per la milionesima volta negli ultimi minuti ripeto silenziosamente all'infinito questa manciata di parole, labili e frammentarie nozioni che, però, fatico incredibilmente ad apprendere, il mio cervello che quasi si rifiuta di assorbirle veramente.
Le stesse a cui è inevitabilmente aggrappato il mio futuro, un filo sottile che potrebbe sconvolgere la mia quotidianità, alzando un ulteriore polverone di timori, o, al contrario, lasciare tutto uguale ad ora, rendendo questa circostanza solo un lontano e sfocato ricordo, incredibilmente simile ad un scioccante spauracchio.
Espiro tremolante, soffiando l'aria tra i denti, il sangue raggelato nelle vene da un insieme intricato di emozioni e riflessioni che mi impediscono quasi di respirare con facile semplicità, appesantendomi.
Negativo... non sono incinta ...Positivo ...Sono incinta...
È diventato ormai una sorta di mantra, spezzoni di frasi che persistono a vibrarmi gelide e bollenti sulla pelle, portandomi quasi all'esasperazione, un qualcosa di rassicurante a cui appendermi e con cui, soprattutto, tenere occupata la mente.
Cosa più complicata che mai ora, storco le labbra dischiuse e screpolate, a causa del mio continuo mordicchiarle, in una smorfia di evidente dissesto sentimentale, il nervosismo, intenso e corposo, che distorce i miei pallidi lineamenti, mentre ondate di incertezze, perplessità e domande mi pungolano, travolgendomi in modo ripetitivo e quasi ciclico.
Cosa accadrà se l'esito del test sarà positivo? E, soprattutto, come la prenderà Andrew? Mi incalzo spasmodicamente senza conoscere le soluzioni, non riuscendo ad identificarle o anche solo ipotizzarle, un senso di soffocante allarmismo e frenesia che mi dilaniano interiormente, devastandomi.
La sua reazione, infatti, se possibile, mi spaventa quasi più della mia, soprattutto dopo ciò che è accaduto con Kate, la sua gravidanza nascosta e ciò che ha scatenato in Andrew che mi aleggia addosso quasi come uno spettro ombroso ed inquietante, incupendomi ed acutizzando le mie fragilità.
Scossa ed apprensiva, sempre più prossima ad una crisi di nervi, incasso il capo tra le spalle, la coda alta in cui sono legati i miei capelli che ondeggia appena, il desiderio che, eventualmente, sia felice di avere un figlio da me che si scontra inevitabilmente con la paura che possa prendere male il mio avergli celato questo ritardo, confondendomi le idee.
Unicamente, il mio nascondergli un qualcosa che riguarda e coinvolge anche lui.
Non sentendomela di rimuginarci ancora sopra, di continuare ad arrovellarmi su queste paranoie forse infondate o forse reali, scrollo poi appena la testa, le mie pupille che si posano irrazionalmente sulle piastrelle azzurre che ricoprono parzialmente il muro dinnanzi a me senza, però, realmente vederle.
Troppo interessata ad altro, vi rivolgo uno sguardo vacuo che accompagna la mia espressione atterrita e sconcertata, intimorita, il mio cuore che pulsa convulsamente nel petto, dando vita ad una tachicardia snervante e stordente che sembra quasi rimbombare nel silenzio assordante della casa, totalmente deserta.
I bambini, infatti, sono con Elinor al parco mentre Andrew, un po' per scaricare la tensione accumulate negli ultimi tempi e un po' per non pensare, ha deciso di andare a fare una piccola corsa, godendosi i due giorni di ferie che si è preso in occasione del matrimonio di Carte e Sam, che si terrà proprio domani.
Ignaro del mio scombussolamento e vezzeggiandomi con un semplice ed intimo bacio sul collo mi aveva salutato morbidamente, promettendomi di non metterci molto e facendomi, di conseguenza, sentire terribilmente colpevole, sporca nei suoi confronti.
Sovrappensiero e con il tempo che pare quasi drasticamente cristallizzato, raddensato in un unico interminabile attimo, rigiro, intanto, distrattamente il test di gravidanza tra le dita contratte, la piccola ed affusolata strisciolina di plastica bianca che rotea leggermente tra le mie dita, scosse da un fievole e delicato tremolio che non riesco a sopire o scacciare.
Positivo... Negativo...
Dopo moltissime incertezze e ripensamenti, difatti, ho finalmente deciso di farlo, di trovare dentro di me il coraggio di scoprire se a breve sarò madre o se, tutto questo caos degli ultimi giorni, è stato unicamente dovuto a delle subdole e ambigue suggestioni.
Con non pochi tormenti e approfittando della mia più che totale solitudine questo pomeriggio, così, mi sono affannosamente chiusa in bagno non appena Andrew si è richiuso la porta di ingresso alle spalle, uscendo, la scatola azzurra del test di gravidanza stretta spasmodicamente tra i polpastrelli e una spossante ansietà a pervadermi sibillinamente.
Con occhiate lucide e un pesante magone ad occludermi la gola, avevo letto ripetutamente il foglietto illustrativo nel tentativo di non sbagliare nulla e di fare ogni cosa nel modo corretto, finendo, però, inevitabilmente, per doverlo rileggere più volte a causa della poca concentrazione della mia testa, l'intossicante apprensione che non mi ha permesso di porvi la giusta e razionale attenzione.
Intimorita e spaesata, superando le ultime rimostranze della mia irrazionalità che mi ha spronato a continuare a far finta di nulla, alla fine l'ho fatto, il beffardo pensiero che la mia vita, nel bene o nel male, sarebbe cambiata di lì a poco, subendo una svolta fondamentale per una donna, che mi ha continuato a vorticare nel cervello, non facendo altro che peggiorare il mio essere spaurita, alimentando la sottile dubbiosità che anticipa sempre una piacevolmente scomoda verità.
Sospiro pesantemente, sgonfiando il petto e dondolando leggermente agitata sul posto senza sapere cosa fare in questo lungo e snervante lasso di tempo.
Devo aspettare dieci minuti prima di sapere l'esito, mi dico, imponendomi quasi a forza di non abbassare le iridi scure per vedere quanto è passato, conscia che mi sottoporrei, così, solo ad una logorante agonia.
Dieci lunghissimi ed estenuanti minuti.
Seduta sull'asse chiusa del water del bagno di camera nostra, rimango immobile e leggermente piegata in avanti, la schiena curvata ed appena insaccata, mentre un senso di latente nausea continua a impastarmi fastidiosamente la bocca, portandomi ad umettarla più volte ed ad arricciare la punta del naso.
Agognando ardentemente di quietarmi e sentirmi un millesimo meglio, inspiro, poi, una profonda boccata d'aria.
Incapace di rimaner ulteriormente seduta e staticamente ferma, tuttavia, scatto in piedi subito dopo, alzandomi con un movimento secco e deciso, quasi di impeto, la semplice felpa nera che indosso, vagamente larga, che mi scopre appena i fianchi a causa del mio improvviso gesto mentre mi convinco a fare qualcosa per distrarmi.
Qualsiasi cosa, boccheggio.
Stringendomi appena tra le spalle, rimango poi per un attimo statica, ignorando questo fatto mentre mi ritrovo nuovamente ed in modo naturale a fissare il test di gravidanza a dispetto dei miei recenti ammonimenti, la palpitazioni che accelerano nel medesimo attimo in cui le mie pupille si soffermano sul piccolo display, ora completamente oscurato e privo di segni.
Nonostante io lo stia fissando angosciosamente, infatti, nessuna traccia di alcun responso compare, disattendendo le mie ardue speranze e rendendomi dannatamente incoerente, lunatica.
È troppo presto, realizzo l'attimo seguente, adocchiando disattentamente il mio telefono, stretto nell'altra mano, e notando come, purtroppo, sia appena trascorso solamente un lentissimo minuto.
Sbuffo sonoramente indispettita ed alterata da questa attesa, gonfiando le guance pallide mentre roteo stancamente gli occhi al soffitto, tentando di reprimere delle immotivate lacrime mentre compio un passo in avanti, maledicendo la mia emotività.
Perché mi sento così? Mi tallono incapace di non farlo, non riuscendo a comprendere e decifrare il mio stesso stato d'animo, tumultuoso e irritabile come non mai.
È come se fossi terribilmente sensibile, sentimenti e percezioni che sfuggono ottusamente al mio controllo, non consentendomi di regolarle come vorrei.
Sono gli ormoni in subbuglio, mi ricorda una acuta vocina dispettosa e petulante, sottolineando dispettosamente un aspetto, ora come non mai, alquanto probabile.
Abbacchiata e, in contemporanea, irritata, sporgo leggermente il labbro inferiore mentre con passi strascicati percorro celermente la stanza, le piante nude e scalze dei miei piedi che aderiscono totalmente alle piastrelle che ricoprono il pavimento, causandomi un piccolo brivido lungo la schiena.
Intanto, i faretti posti sul soffitto bianco illuminano a giorno le pareti di un tenue blu, facendo brillare e risplendere particolarmente il cristallo lindo della cabina doccia e l'intelaiatura in metallo che la circonda.
Sorpassandola, mi dirigo mollemente verso il lavabo squadrato, incassato in un mobile in legno scuro sormontato da un ampio specchio ovale, posto alla mia destra, la confezione del test, aperta e stropicciata malamente a causa delle mie poche premure nel conservarla, che attira istantaneamente il mio interesse, prendendosi quasi gioco di me e sbeffeggiandomi.
Combattendo contro il mio istinto di scrutarlo spasmodicamente, allungo poi subito dopo una mano, appoggiando sulla porcellana la piccola e odiosa strisciolina di plastica e, accuratamente affianco, anche il mio telefono, decidendo autorevolmente di non guardarlo fin quando il timer che ho impostato non mi avviserà che il tempo necessario è scaduto.
Incrociando le braccia sotto il seno mi studio poi brevemente allo specchio, notando unicamente ora le occhiaie che campeggiano lampanti sotto i miei occhi, una espressione sbattuta ed emaciata che lascia chiaramente intendere come io abbia praticamente passato la notte in bianco, rigirandomi più volte nel letto e ritrovandomi frequentemente a fissare Andrew.
Tuttavia, è ben altro subito dopo a riscuotermi bruscamente dalle mie torbide elucubrazioni e a interrompere la mia pacata attesa, fulminandomi sul posto e togliendomi il respiro.
Letteralmente.
Il suono metallico di una chiave che viene infilata nella toppa della porta, difatti, manda in mille frantumi il silenzio tombale che vige nell'appartamento, facendomi tendere irrazionalmente come una corda di violino mentre fatico a realizzare cosa ciò voglia seriamente dire.
Subito dopo lo schiocco di una serratura che scatta, permettendo all'uscio di ingresso di aprirsi, mi raggiunge sfocato ed ovattato dalla lontananza alle orecchie, spingendomi a sgranare, basita e negativamente meravigliata, così tanto gli occhi da sentirli bruciare furiosamente.
Annaspo.
- Cazzo – soffio esagitata a mezza voce imprecando, paralizzata e senza sapere cosa fare o come agire, rendendomi conto, con un secondo di ritardo, che Andrew è appena rientrato in casa, decisamente in anticipo rispetto l'ora che avevo ipotizzato.
Andando totalmente nel pallone e sentendomi pervasa da uno sconcertante e scioccante panico, mi guardo convulsamente intorno, non riuscendo a decidere sul da farsi, il mio cervello che processa convulsamente ed in modo rapido le informazioni senza consentirmi di identificare una via di uscita certa e rassicurante.
E adesso cosa faccio? Mi domando traumatizzata, capendo che, in questa circostanza, si accorgerà del reale motivo del mio strano comportamento non appena metterà piede in bagno, notando il test di gravidanza e i vari foglietti illustrativi sparsi disordinatamente sul lavabo.
Agitata e nervosa, tuttavia, non ho il tempo materiale o la prontezza di provare anche solo vagamente a sistemare e nascondere le prove dal momento che la sua affermazione mi sollecita l'istante seguente, richiamandomi volutamente alla realtà e non permettendomi di sottrarmi.
- Sono tornato – urla, infatti, con timbro basso e leggermente ansante Andrew, alzando appena il tono nel tentativo di farsi sentire e palesarsi mentre il tonfo della porta che si richiude, facendo vibrare lo stipite, mi fa chiaramente capire come ormai sia nell'ingresso e come, in pochi minuti, sarà qui.
Boccheggio sbalordita, decidendo poi frettolosamente di uscire solamente dal bagno e di impedirgli di entrare, guadagnando indirettamente tempo prezioso e agognando, intanto, ardentemente che la mia idea funzioni.
Cercando, allora, faticosamente di apparire serena e tranquilla e di stamparmi in faccia un sorriso affabile e naturale, stendo le labbra, curvandole all'insù nel momento stesso in cui appoggio la mano sulla maniglia in acciaio dell'uscio, abbassandola ed aprendola mentre interiormente mi sento quasi morire.
L'attimo dopo, metto piede nella nostra camera da letto, invasa da un leggero chiarore proveniente dalla finestra, il sole che filtra tra le tende illuminandola ed un profumo di lavanda e pulito che mi solletica famigliarmente le narici, non riuscendo, però, a quietarmi neanche un millesimo.
Prima ancora che io possa rispondergli o muovermi ulteriormente per andargli incontro, Andrew compare all'improvviso sulla soglia della stanza, facendomi irrazionalmente irrigidire e contrarre la postura mentre invade il mio campo visivo.
Così tesa da sembrare, probabilmente, più simile ad una statua di sale che ad una persona in carne ed ossa e con il sangue a ribollirmi nelle vene, lo adocchio sbiecamente, la tachicardia che mi sconvolge mentre passo convulsamente entrambi i palmi delle mie mani sui pantaloni della tuta che indosso, un gesto veloce e istintivo con cui cerco di scacciare almeno in minima parte il nervosismo.
Cosa più impossibile che mai, adesso.
Con le guance arrossate a causa del movimento e i capelli sudati portati sensualmente indietro, mi fissa con una scintilla di adrenalinica allegria ad animargli le iridi ingrigite, la labbra dischiuse e gonfie da cui fuoriesce il suo ansare e il petto che si alza e abbassa in modo irregolare.
Fasciato unicamente da una tuta blu scuro e tenendo in mano una bottiglietta quasi finita dell'acqua mi sorride leggermente non appena mi nota, le cuffiette dell'Ipod che penzolano distrattamente intorno al suo collo che mi fanno limpidamente intuire come debba aver ascoltato la musica durante la corsa, fornendomi un quadro completo della sua figura.
Sudando freddo e sbattendo appena le ciglia, ribatto l'attimo dopo, non volendo apparire inusualmente ammutolita o distaccata, sopprimendo sul nascere tutte le mie incertezze e i timori dilanianti che mi hanno improvvisamente colto spasmodicamente, accompagnati da una imbarazzante sensazione di vertigini.
- Ei – soffio unicamente, masticando lentamente questo semplice monosillabo come saluto mentre socchiudo impercettibilmente le palpebre, dimezzando la distanza tra di noi con una semplice ed ampia falcata, volendomi allontanare il più possibile da quel maledetto bagno.
Con alcune goccioline di sudore ad imperlargli la fronte e lasciandosi andare ad un profondo sospiro, lui inclina, intanto, appena il volto di lato, rigirandosi distrattamente la bottiglietta tra le dita pallide e sottili.
Constando, poi, forse, il mio strano atteggiamento difensivista, aggrotta lievemente le sopracciglia bionde, una piccola e sottile ruga che arriccia la sua pelle proprio sopra l'attaccatura del naso, facendolo apparire corrucciato e quasi pensieroso, come se qualcosa nel mio modo di fare non lo convincesse completamente.
Facendomi trattenere istintivamente il respiro per il pressante timore che mi abbia scoperto e sentire incredibilmente sotto osservazione, deglutisco a fatica, sperando di non aver scritto a chiare lettere in faccia la mia colpevolezza e di apparire un minimo convincente.
Ed è proprio questa paura a spronarmi a parlare l'attimo seguente, un po' per scacciare questa percezione e un po' per disattendere i suoi spontanei dubbi, ancora agli albori, odiando mutamente non essere limpida e trasparente nei suoi confronti.
- Come è andata la corsa? - gli domando febbrilmente una manciata di secondi dopo, pronunciando la prima cosa che mi passa distintamente e sensatamente per il cervello, inarcando entrambe le sopracciglia verso l'alto, non riuscendo, però, ad apparire realmente interessata.
Con il tono che suona inaspettatamente acuto e frivolo, sciolto nonostante l'elettrica tensione che mi serra lo stomaco con una morsa occludente, mi muovo leggermente sul posto, spostando il peso da una gamba all'altra mentre resto in attesa di una sua risposta.
Riservandomi una lunga occhiata da sotto le ciglia e studiandomi di rimando per un millesimo di secondo di troppo, lui non dice niente subitaneamente, limitandosi a prendere solamente una altra lunga boccata d'aria, cercando forse di quietarsi.
Restiamo così a fissarci negli occhi, il terrore che possa scavarmi dentro e trovare la verità con la complice e semplice facilità che lo caratterizza che mi atterrisce sinuosamente, ritorcendosi contro di me e facendomi probabilmente impallidire maggiormente.
In ogni caso, lui scrolla subito dopo con calma la testa, facendo unicamente spallucce con un gesto minimo e noncurante mentre l'ombra interdetta scompare fortunatamente dal suo volto arrossato e stravolto dalla fatica della corsa.
Permettendomi di tirare finalmente un poderoso sospiro di sollievo e di rilassarmi un millesimo, si avvicina poi velocemente a me, ribattendo mentre la suola delle sue scarpe da ginnastica produce dei lievi tonfi sul parquet.
- Bene, non faceva neanche troppo freddo – mormora fluidamente ed in modo carezzevole fermandosi esattamente dinnanzi a me, solo una manciata di labili e sottili centimetri che dividono i nostri corpi ora, il suo profumo, reso leggermente più acre dal sudore, che mi investe in pieno, accompagnando la lieve pausa che fa, umettandosi il labbro superiore in modo naturale – Tu che hai fatto, invece? - mi domanda in seguito realmente curioso, spingendosi verso di me l'istante seguente mentre l'amore che prova nei miei confronti addolcisce la sua smorfia, illanguidendola impercettibilmente.
Cogliendomi in contro piede e piegandosi in avanti, quel tanto che basta per raggiungere agevolmente la mia altezza, mi deposita poi un fugace e veloce bacio sulla guancia, le sue labbra umide di acqua che entrano in contatto con la mia pelle bollente, deliziandomi e facendomi sentire peggio simultaneamente, un mix di emozioni destabilizzanti e che mi privano quasi dell'equilibrio.
Sprofondando in un abbacchiamento destabilizzante, rimango staticamente ferma, le braccia abbandonate lungo i fianchi e una mestizia disarmante che appesantisce le mie membra mentre serro per un attimo totalmente le palpebre, la necessità di dirgli la verità e di conoscerla io stessa che pulsa più forte nella mia cassa toracica.
Negativo... Positivo...
Riscuotendomi faticosamente e con una estremo sforzo di volontà, mi pronuncio l'attimo dopo, arrovellandomi brevemente su cosa ribattere, celando le mie reali azioni e sperando che non mi chieda altro mentre le riapro, tornando a fissarlo in modo vagamente sicuro e determinato.
- Nulla, stavo per fare una doccia – gli sorrido in modo stiracchiato e plastico, mentendogli spudoratamente, purtroppo, nel tentativo di non farlo avvicinare al bagno mentre lui si riallontana da me, permettendomi di specchiarmi nuovamente nelle sue iridi dischiuse, ravvivate forse dall'attività fisica.
Raddrizzando la schiena e le spalle, lui annuisce morbidamente, muovendo su e giù il capo mentre una ciocca di capelli biondi gli solletica ora la fronte, conferendogli un'aria più sbarazzina e smaliziata.
Trafiggendomi con uno sguardo improvvisamente intenso e denso di emozioni che percorre il mio corpo dalla testa ai piedi, lui reclina poi lievemente il viso, sferzandomi con un sogghigno carico di un improvviso languore che mi disorienta furiosamente, stordendomi.
Lasciandomi interdetta e dubbiosa a causa di questo suo cambio repentino di umore e atteggiamento, un velo di confusione mi investe in pieno, offuscandomi la mente e non permettendomi di decifrare il criptico ed imperscrutabile brillio che lo illumina.
Cosa gli è preso?
In ogni caso, prima ancora che io possa osservarlo accuratamente o trovare una spiegazione, è lui stesso a spezzare il breve silenzio calato tra di noi, riprendendo a parlare.
- Potremmo farla insieme, allora – sussurra allettante ed allusivo in modo chiaramente voluttuoso e desideroso, una punta di vogliosità che abbassa il suo timbro di una ottava, rendendolo roco e seducente come non mai, mentre lui non nota assolutamente la mia bugia improvvisata, prendendola per buona.
E le sue intenzioni appaiono più che lampanti, realizzo scioccata.
Pentendomi all'istante di aver scelto proprio quella affermazione come scusa, affondo istintivamente gli incisivi nel mio labbro inferiore, mordendolo quasi a sangue, colta in fallo.
Nessun piacere o sensualità si insinua, infatti, dentro di me, solo uno sgradevole senso di razionale responsabilità che mi raggela, facendomi sentire sporca ed inadeguata, quasi fuori luogo sotto il suo bruciante modo di fissarmi.
Avvampando a causa dell'inquietudine sconvolgente che si agita dentro di me e della mia esagitazione, esito, non sapendo assolutamente cosa ribattere o dirgli, unicamente il certo bisogno di non farlo entrare nella stanza che mi martella la testa come un tarlo, non lasciandomi scampo.
Dannazione, impreco ansiosamente, contraendo appena le dita, i polpastrelli che increspano il cotone sottile dei miei pantaloni mentre cerco convulsamente qualcosa da dirgli, non trovando decisamente nulla di sensato o logico.
Sottraendomi maldestramente alla sua proposta stringo contrita le labbra, assottigliandole tristemente mentre tento di apparire normale, esprimendomi maldestramente.
- No, dai – soffio stringendomi imbarazzata tra le braccia, sentendomi quasi cattiva e bugiarda nel rifiutare il suo invito, un malessere compulsivo che si insinua tra le mie pieghe più sensibili e delicate, annichilendomi..
Portandomi poco a mio agio una mano al volto scosto una ciocca di capelli dal mio viso, portandomela dietro l'orecchio con un movimento impercettibile dei polpastrelli, abbasso poi lo sguardo, allontanandolo dal suo e non riuscendo a sostenerlo ulteriormente.
Con un peso gravoso sullo stomaco, punto così le pupille in una direzione indistinta dietro di lui, non guardandolo davvero, i pensieri che mi assorbono con il turbinio di ansie e tormenti che si portano dietro, risucchiandomi.
Espiro pesantemente, compiendo un irrazionale passo indietro e di conseguenza verso il bagno, distaccandomi da lui, mentre percepisco distintamente le sue iridi ardenti scivolare sui tratti tesi ed induriti del mio viso con una carezza invisibile e indagatrice, trovando probabilmente strano il mio modo scostante di atteggiarmi.
Cercando, tuttavia, di non forzarmi e di risultare contemporaneamente ironico e scherzoso, Andrew parla ancora l'attimo seguente, pungolandomi in modo sarcastico.
- Tu che rifiuti del sesso nella doccia? - soffia mellifluo e con tono quasi cadenzato, limpidamente stupito e meravigliato, quasi incredulo mentre ridacchia sommessamente, portandomi involontariamente a rialzare il mento per fissarlo nuovamente in faccia e pensando probabilmente che il mio sia solo una giocosa ritrosia – Non è decisamente da te – continua sincero ma con una punta di ilare divertimento ad intaccarlo, tentando forse indirettamente di giungere alla veridicità senza violarmi, rendendo sempre più cupo e colpevole il mio umore nero pece – Non è che mi nascondi qualcosa? - mi chiede diretto e onesto subitaneamente, lasciandomi letteralmente senza parole mentre il suo sopracciglio saetta verso l'alto.
Impallidendo furiosamente, lo guardo a bocca aperta, scioccata e sgomenta senza sapere cosa ribattere, colpita su un nervo scoperto e dannatamente dolente, doloroso.
Sgranando furiosamente le palpebre sbianco, trattenendo improvvisamente il respiro, sentendo i polmoni bruciare insistentemente in carenza di ossigeno mentre mi chiedo convulsamente se abbia intuito ciò che realmente sto nascondendo.
È così, lo ha capito? Ha compreso che gli sto celando un segreto? Boccheggio spaurita e destabilizzata mentre lui mi guarda in modo serioso e penetrante, un'ombra scura ed impenetrabile che non mi consente di leggere le sue reali intenzioni o anche solo ipotizzare ciò che sta rimuginando, il dubbio che possa avermi scoperto che mi fa drammaticamente sprofondare nel panico più sconvolgente e soffocante.
Tuttavia, Andrew, prendendomi in contropiede, riprende a pronunciarsi immediatamente, continuando con il suo discorso, sempre più simile ad un monologo.
- Non è che stai nascondendo in bagno l'amante? - scoppia definitivamente a ridere, una fragorosa allegria che spezza la quiete corposa che ci avvolge, scontrandosi drammaticamente con, invece, le mie paure, sottili e taglienti come lame.

Aprendo e chiudendo un paio di volte le labbra, scossa e basita da questa sua asserzione sospettosa e sondatrice, decisamente l'ultima che mi sarei mai aspettata, non riesco a far altro che squadrarlo pietrificata, tentando goffamente di comprendere il suo reale umore.
Solo con un attimo di ritardo, difatti, mi rendo conto che sta semplicemente scherzando, prendendomi bonariamente in giro.
Non notando poi la mia espressione raggelata e con il probabile intento di verificare giocosamente di persona che non ci sia nessuno oltre noi, Andrew compie poi un passo in avanti, affiancandomi per un millesimo prima di superarmi celermente con un movimento semplice e non smettendo neanche per un attimo di sghignazzare compiaciuto, causando un leggero spostamento d'aria.
L'ennesima fitta di allarmismo ed ansietà, questa volta più vera e concreta, motivata, mi perfora l'attimo seguente come una stilettata affilata ed invisibile, non appena comprendo le sue intenzioni, rimanendone folgorata.
Impanicata e non sapendo cosa fare per impedirglielo mi muovo anche io, seguendolo a ruota, intestardita a non consentirgli di entrare in bagno.
Lanciando una febbrile ed angosciata occhiata alla porta semichiusa della stanza, da cui filtra un fiotto di luce, lo oltrepasso velocemente e con il cuore che batte a mille, frapponendomi di fatto tra lui e l'uscio nel tempo di un respiro.
Sbarrandogli la strada ed attirando inevitabilmente la sua sorpresa attenzione, lo fisso dal basso, un turbamento così vorace e annichilente da apparire lampante nel mio sguardo stralunato.
Non sapendo assolutamente come giustificare il mio comportamento apparentemente alogico e colpevole, rimango ammutolita, zittita dalla consapevolezza di non volergli rifilare una bugia ma, al col tempo, di non potergli permettere neanche di varcare la soglia e di venire così a conoscenza dei fatti.
Con solo ormai poco meno di un metro a separarlo dalla drastica e ghiacciata verità, il suo ghigno scivola frettolosamente via dal suo viso, scalzato da un corposo sconcerto e dall'iniziale dubbio che qualcosa non vada davvero bene.
Lo stesso che stravolge la sua espressione subitaneamente, indurendola ed incupendola.
Facendomi sentire terribilmente vulnerabile ed esposta, fragile, mi scocca una occhiataccia, ora più tesa e severa, mentre posso chiaramente intravedere gli albori delle perplessità attanagliarlo, pervadendolo onestamente.
E le sue parole, un secondo dopo, non fanno altro che confermare la mia intuizione.
- Emma, mi stai per caso nascondendo davvero qualcosa? - mi incalza infatti con questo quesito più che giustificato, andando dritto al punto senza girarci troppo intorno, trovandomi impreparata e colta in fallo, apparendo ora terribilmente serio.
Non vi è, difatti, più alcuna traccia di scherzo o ilarità nel suo interrogativo, un sospetto che sembra renderlo apprensivo e preoccupato come non mai.
Guardandolo in modo rammaricato e frustrato, semplicemente dispiaciuta, io non trovo il coraggio di rispondergli o anche solo di negare, il risultato del test di gravidanza che passa momentaneamente in secondo piano mentre il mio cuore viene stretto da una morsa ghiacciata che lo comprime, dolorosa e vera come non mai.
Non riesco, infatti, a trovare la forza di dirgli ciò che realmente sta accadendo, anticipando un qualcosa che avverrà, in ogni caso di qui a poco.
Sempre più irritato dal mio mutismo ostinato lui corruga pensierosamente ed in modo ombroso la fronte, una maschera di alterazione e impotenza che cala sulla sua faccia.
Tuttavia, a togliermi dall'impiccio di rispondere ci pensa uno squillo, ritmico e ripetuto un paio di volte, che vibra nell'aria, la spada di Damocle del responso che mi pende improvvisamente sulla testa quasi come una sentenza di vitale importanza.
Negativo... Positivo...
Sgrano gli occhi, ricordandomi unicamente ora di aver impostato il timer, spossata ed annichilita da tutta questa tensione.
Maggiormente sconcertato e portato a pensare che io stia realmente celandogli qualcosa, Andrew lancia una irrazionale occhiata alle mie spalle, notando la luce accesa e venendo richiamato dal suono acuto e frizzante della mia suoneria.
Senza aspettare una mia risposta o attendere oltre, mi supera bruscamente l'attimo dopo, scontrandomi appena ed entrando direttamente in bagno, il mio corpo che perde per una frazione di secondo l'equilibrio.
Appoggiando, infatti, la mano sull'uscio vi fa pressione, aprendolo con un silenzioso cigolio, dandomi così le spalle e sottraendosi, di conseguenza, alle mie occhiatine allarmate e scioccate.
Arrestandosi per un millesimo sulla soglia si guarda velocemente intorno, ricercando probabilmente sospettosamente una presenza che non trova mentre io mi sento letteralmente sprofondare, tutti i miei vani tentativi di sistemare la situazione che vanno a rotoli, sbriciolandosi inutilmente.
Un violento magone mi coglie come una frustrata, bruciando sulla mia pelle nel momento stesso in cui mi rendo conto che si sta apprestando a conoscere la realtà nel modo peggiore che ci sia.
Lo stesso che non avrei mai voluto e che ho cercato maldestramente e vanamente di evitare.
Non può andare così dannazione, impreco contro me stessa, il destino e la mia incapacità di essere trasparente, maledicendo tutte le mie paure, che mi hanno frenato più volte dall'agire e dal rivelargli il mio ritardo.
Con le iridi piene di istantanee lacrime e una smorfia demoralizzata stampata in faccia mi volto con una veloce torsione verso di lui, sentendomi impotente dinnanzi allo scorrere dei fatti, il bisogno di conoscere il risultato del test di gravidanza che cozza contro il desiderio aspro e dolceamaro di non ferirlo.
Come prenderà la cosa? Mi interrogo, temendo silenziosamente la sua probabile e più che giustificata arrabbiatura, una doccia fredda che lo investirà in pieno non appena si accorgerà in che cosa consisteva il mio segreto.
Annaspo.
Stringo a pungo le dita, così tanto da far sbiancare le nocche nel momento stesso in cui lui sembra notare lo scompiglio e il caos che riempiono il lavandino, il mio cellulare che ha finalmente cessato di squillare, facendoci ripiombare in un drammatico e poco piacevole ammutolimento.
- Che diavolo è... questo – soffia, infatti, improvvisamente Andrew, limpidamente scombussolato e colto alla sprovvista dalla presenza della scatola del test posta sul lavabo, riconoscendola probabilmente con una manciata di istanti di ritardo mentre vi allude e, contemporaneamente, un pessimo presagio aleggia su di noi, spaurendomi freddamente.
Negativo.
Calcando volutamente sull'ultima parola, le conferisce una cadenza interdetta e freddata, consentendomi di notare come anche lui sia scosso e provato.
Compiendo simultaneamente una falcata in avanti lo raggiunge precipitosamente, le mie pupille lucide e dilatata piantate ansiosamente sulla sua schiena contratta e tesa dolorosamente mentre la sua affermazione perde la consistenza interrogativa con cui l'aveva formulata, scemando in un soffio che risulta poco più di un mormorio.
La mia tachicardia manca letteralmente un lungo battito nel medesimo secondo in cui, rigido e tremante, ignora la confezione e il mio telefono, allungando la mano verso il test di gravidanza, abbandonato poco più in là e sul bordo, vicino al portasapone.
E accade, semplicemente la veridicità viene a galla, emergendo inevitabilmente con tutta la sua forza e travolgenza.
Con la testa appesantita, ma improvvisamente priva di pensieri ed una agitazione divorante ad avvelenarmi, entrando sempre più velocemente in circolo dentro di me, lo scruto agguantarlo, stringerlo tra le dita senza dire assolutamente nulla, pietrificato mentre quel persistente dubbio sotterraneo continua a insidiarmi.
Sarà positivo o negativo?
Per un lungo minuto, infatti, cala un pesantissimo silenzio nella stanza, la volontà di muovermi e di raggiungerlo per spiegargli il senso di tutto ciò che viene, però, spazzata via dall'impossibilità di farlo, il terrore, dovuto ad una infinità di cose, che mi paralizza, inchiodandomi sul posto.
Lentamente e inaspettatamente, Andrew si volta subito dopo verso di me, girandosi con una lentezza che mi spaventa intimamente, apparendo troppo controllata per essere spontanea e naturale.
Permettendomi nuovamente di guardarlo direttamente in faccia, di specchiarmi nelle sue iridi, e con la mandibola ridotta ad una linea netta e dura, mi perfora con un lucido e scosso sguardo gelido e duro, carico di sgomento, rabbia, stupore ed una infinità di altri sentimenti.
Gli stessi che forse sto provando anche io, che alimentano il nodo di percezioni che mi disarmano.
Deglutisco a fatica, sentendo quasi il respiro venire meno e le gambe farsi molle a causa del troppo nervosismo, una inquietudine troppo forte da sorreggere e sopportare al momento.
L'incertezza di essere incinta confluisce nella consapevolezza di averlo ferito in qualche modo, una sensazione a pelle che mi fa sentire terribilmente male nonostante io non ne abbia ancora avuto la diretta conferma.
Impedendomi di vedere il risultato del test o, forse, più semplicemente, non avendo il coraggio di abbassare gli occhi, distogliendoli da lui, per farlo, rimango immobile, un sottile singulto che quasi non colgo e percepisco che mi scuote le spalle a causa dell'eccessiva ed innaturale rigidità.
Dannatamente pallido e scioccato, sconvolto, lui schiude subito dopo le labbra, i miei timori che crescono all'istante ad iperbole mentre quasi a rallentatore, come se il tempo si fosse inverosimilmente fermato, noto la sua bocca muoversi nel tentativo di pronunciare le parole.
Positivo... Negativo...
Respiro in modo aritmico e convulso, posando, senza neanche esserne consapevole, la mano sul mio ventre piatto, stringendo spasmodicamente tra le dita la stoffa fino ad arricciarla in un gesto istintuale e necessario, un qualcosa di indecifrabile ed indistinto che mi porta a farlo, a ricercare quel contatto con una presenza di cui non sono ancora neanche certa.
E tutte le mie paure, scoppiano, concretizzandosi celermente in un qualcosa di vero e concreto, disperatamente tangibile e carico di dolci responsabilità.
Unicamente, si tramutano in verità.
- Sei incinta? -




Note:

Buonasera!

Ed eccoci qui con il nono capitolo di questa storia, assolutamente il più importante fino ad ora.

Decisamente, le vicende hanno preso una brusca piega, spero la più inaspettata possibile per chi legge e poco prevedibile.

Come avrete notato tutto ruota intorno alla paura che Emma prova, in diverse forme e modalità, e al test di gravidanza, il suo essere appunto positivo o negativo.

Non vorrei soffermarmi troppo, però, su questo fatto, un po' perchè non credo vada ulteriormente analizzato e un po' perchè ognuno deve autonomamente trarre le proprie conclusioni.

Parlando troppo, io rischierei unicamente di spoilerarvi qualcosa sui prossimi capitoli e, assolutamente, è l'ultima cosa che desidero!

In ogni caso, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vorrete farmi sapere cosa ne pensate, ci terrei davvero moltissimo ad avere i vostri parere visto l'importanza di questo aggiornamento.

Il prossimo aggiornamento avverrà come di consueto Mercoledì 30 Aprile.


Direi che non c'è altro da dire, spero non ci siano errori, ma, per sicurezza, lo rileggerò come sempre per eliminare eventuali ripetizioni.


A presto


Xoxoxo


Live in Love

   
 
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