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Autore: Alley    24/04/2014    3 recensioni
Non è un rumore di passi quello che risuona alle sue spalle; è un fruscio di sottofondo, un sussurro appena accennato, l’eco di una presenza intangibile, leggera come l’aria. Impossibile rilevarla, per i più, fin troppo facile per lei.
È da mesi che l’aspettava.

[post "The dark light in the darkness"] [one-sided Clint/Coulson; Phil&Melinda; Clint&Melinda] [alla mia Lou]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Melinda May
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Lou.
Perchè le nostre messaggiate sono un motivo in più per seguire AoS e perchè, in fondo, è bello soffrire insieme.





Non è un rumore di passi quello che risuona alle sue spalle; è un fruscio di sottofondo, un sussurro appena accennato, l’eco di una presenza intangibile, leggera come l’aria. Impossibile rilevarla, per i più, fin troppo facile per lei.
 
È da mesi che l’aspettava.
 
“Sei fortunato” dice, e la sua voce rimbomba nel silenzio intessuto di gelo e di neve “Se non ti avessi riconosciuto, ti avrei sparato.”
 
“La fortuna non esiste, agente May.”
 
La replica riecheggia da un punto indistinto che Melinda nemmeno si sforza d’individuare. Gli anni le hanno insegnato che è inutile provare a stanare Barton; è lui a decidere quando palesarsi.
 
“Sapevo di poter contare sulle sue doti identificative.”
 
Compare all’improvviso, Occhio di Falco, quasi fosse uno spettro materializzatosi dal nulla. È la prima volta che si ritrovano l’uno accanto all’altra senza indossare alcuna divisa; un’epoca è tramontata e, insieme a lei, un pezzo delle loro vite. Eppure, Melinda ha l’incontrovertibile certezza che siano ancora dalla stessa parte.
 
“Come hai fatto a trovarmi?”

“Tua madre ha un debole per me. E per i miei cupcake.”
 
Melinda lo squadra, legge negli occhi stanchi e slavati quel che già ha capito sentendolo avanzare nell’ombra. “Come l’hai saputo?”
 
Il cosa non ha bisogno di esser specificato.
 
“Solo una persona sarebbe stata in grado di convincerti a tornare sul campo." Il rimorso le morde le viscere al pensiero del motivo – del vero motivo - per cui ha abbandonato la quieta monotonia delle scartoffie “La sua firma sul rapporto della missione in Perù è stata una conferma molto eloquente.”
 
Barton condisce le parole con una smorfia amara. “Doveva essere più discreto, se voleva portare avanti la messinscena.”
 
“Stava solo eseguendo degli ordini.” Per un istante, Phil e Melinda si sovrappongono, si confondono in un vortice in cui giusto e sbagliato perdono senso e valore, annullati da un dovere a cui è impossibile sottrarsi. “Non puoi fargliene una colpa.”

Il modo in cui Barton distoglie lo sguardo sancisce il fallimento della giustificazione – un altro. Evidentemente, non c’è scusante che tenga a fronte di certe ferite.
 
“Perché cerchi la Hill?” le chiede, e la fronte di Melinda s’increspa in un tacito interrogativo a cui lui risponde con una scrollata di spalle.
 
“Te l’ho detto. Tua madre mi adora.”
 
Mia madre sa riporre la propria fiducia nelle persone giuste. E anch’io.
 
“Per farmi perdonare da lui.”
 
È la prima volta che lo dice a voce alta, e l’ammissione è liberatoria. È stanca di nascondersi e mentire, di raccontare bugie a cui nemmeno lei riesce a credere. Mai, in vita sua, ha sentito un bisogno di verità così impellente – forse perché, prima d’allora, le menzogne non le erano mai costate tanto. “E tu, perché lo cerchi?”
 
Barton soppesa la domanda, scruta il vuoto come a volervi trarre la risposta. “Per perdonarlo.”
 
Assolvere ed essere assolti - due obiettivi diversi accomunati da un unico denominatore. La linea che lega il dare e ricevere non è mai stata così spessa.
 
Melinda è disposta a mendicare il perdono come lui a concederlo, perché per entrambi Phil significa tanto troppo tutto, è irrinunciabile e vale qualsiasi prezzo, qualsiasi sforzo, qualsiasi sacrificio.
 
“Puoi dirmi dov’è?”
 
Può ma preferirebbe non farlo, perchè è ricordargli quant'è chimerico quello che insegue.

"Ti prego. Ho bisogno di saperlo."

Può e deve farlo, perchè non è il tempo dei silenzi nè delle illusioni questo - non più.

"Portland."

Un’ombra guizza ad oscurare lo sguardo di Barton mentre serra la mascella e la sua postura s’irrigidisce. È un istante, un battito di ciglia in cui la delusione gli opprime il petto prima che la rassegnazione torni a fagocitarla - per quel tutto sei disposto a anche a relegare te stesso in secondo piano, a restare in un angolo, ad accontentarti di meno di quel che desideri. Melinda lo sa, perché lei stessa andandosene s’è messa da parte, e sarebbe pronta a farlo altre mille e mille volte, se davvero servisse, sarebbe pronta finanche a farsi calpestare il suo stesso cuore, se si rivelasse utile.
 
“Mi sono avanzati dei cupcake. Potremmo mangiarli insieme.” Per condividere qualcos’altro, oltre a un’assenza che sa di vuoto e di sconfitta. "Sempre che la Cavalleria non abbia troppa fretta."

“Solo se mi dai la ricetta.” Sorprendentemente, Melinda riesce a trovare un motivo per sorridere. “Ho sempre cercato qualcosa con cui corrompere mia madre.” 























Note
Come forse s'è notato, quest'episodio m'ha fornito molti spunti e molti sentimenti da sfogare.
Scusami Lou, ma dovevo, perchè sono masochista e perchè ci stava troppo bene. Perdonami e ricorda: aiuloviù e #thecellistisalie, sempre e a prescindere - questo è solo uno scherzo.
  
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