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Autore: alicehorrorpanic    24/04/2014    4 recensioni
[Piccola revisione in corso: fino al settimo capitolo modificato]
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«Senti coso, tu non mi trascinerai da nessuna parte, punto primo» gli puntai un dito contro e presi un respiro «punto secondo, non sono una di quelle che cascano ai tuoi piedi con un battito di ciglia»
«A me sembra che non ti sia dispiaciuto così tanto guardarmi»
Inclinai la testa e lo esaminai.
«Detto tra me e te, ho gusti più raffinati»
Lui rise, tenendosi la pancia con le mani.
«Non inventare cazzate solo per non ammettere la verità»
«Non sto dicendo cazzate»
«Allora vorresti dire che preferisci un tipo come Fiocchi, secchione, occhialuto, basso, a uno come me, alto, bello e affascinante?»
«E arrogante, stronzo, idiota» elencai con le dita «potrei continuare fino a domani mattina» lo fissai inclinando la testa.
«Se passi con me la notte puoi continuare a insultarmi fino a domani» ghignò e cercò di avvicinarsi di nuovo.
Più cercavo di mantenere le distanze più lui era vicino.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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- Questa storia fa parte della serie 'killkisskill'
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[ Ecco a voi il secondo capitolo modificato, spero vi piaccia.
Buona lettura kidz ] 





Bad boys






 

Era ufficiale, avevamo appena messo piede dentro quell'edificio e non vedevo l'ora di uscirne: una folla di studenti ammassati davanti alle aule che urlavano, gridavano e saltavano. 
Piuttosto che stare in mezzo a quegli schizzati mi sarei sparata un colpo in testa.
Percorremmo il chiassoso corridoio fino alla nostra classe, cercando di non farci ammazzare dai primini gasati e dai bidelli inferociti già di prima mattina. 
Arrivati davanti alla porta mi lasciai andare a un sospiro, classe 4A, mancava solo un altro anno alla maturità e mi sarei dovuta impegnare come un leone per acchiappare la preda, cioè farmi in quattro per uscire da questo inferno di liceo. 
Il professore di matematica – un uomo sulla trentina, alto, panciuto, moro e con baffi scuri, sembrava volesse sposarsela la sua materia, tanto la spiegava come se fosse in estasi – non era ancora arrivato quindi decidemmo di fare qualche passo intorno all'aula. 
Per convincermi mentalmente a non fuggire in groppa a un cavallo bianco iniziai a chiedere ad Ari delle sue vacanze da star multimiliardaria. 
«Allora ai Caraibi ti sei divertita?»
Le chiesi, anche se immaginavo già la risposta. 
Vidi i suoi occhi illuminarsi e il suo sorriso accentuarsi, conoscevo quell'espressione, non mi avrebbe più lasciata andare fino a quando non avesse finito di raccontarmi tutto, ogni minimo dettaglio, anche i più trascurabili. 
«Oh si, da matti! La prossima volta ti porto con me, ci sono dei bagnini stupendi! E poi, si sta una favola, non puoi immaginare! E poi, le feste, Dio, sono così pazzesche!»
L'uragano era partito a raccontare ogni cosa che aveva fatto, dal surf alle gite in barca, ai bagnini e ragazzi stile David Beckam, ai negozi e allo shopping, ai party aula spiaggia e all'hotel in cui alloggiava, cinque stelle super lusso, le bastava un castello e poteva essere una principessa.
Non mancarono momenti in cui scoppiammo a ridere come due sceme ma c'era così tanta confusione che nessuno ci prestò attenzione: avevamo già dato spettacolo fuori dalla scuola. 
Passammo davanti ai bagni e mi sembrò di vedere il Ken-Dio greco che ci entrava con una ragazza biondina che gli stava già per saltare addosso, appiccicata con il super-attack, neanche fosse Brad Pitt in carne ed ossa. 
«Cazzo che schifo» feci una smorfia disgustata, quel ragazzo non sarebbe mai cambiato, sicuramente andava fiero della sua situazione privilegiata. 
Arianna non aveva visto la scena quindi mi guardò con aria interrogativa corrugando la fronte con aria confusa.
«Rizzo in bagno con un'altra delle sue troiette» spiegai
«Beh che ti aspettavi?» scrollò le spalle indifferente.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, proprio vero.
Vedemmo arrivare il professore in lontananza quasi correndo quindi ci avviammo verso i nostri posti sbuffando come dei tori incalliti.
Mi sedetti al mio banco, terza fila, nè troppo davanti nè troppo dietro, incrociai le braccia e iniziai a tamburellare le dita nervosamente.
Il professore si sistemò sulla cattedra trafelato e appoggiò la sua odiosa valigietta marroncino scuro sulle sedia, infilò gli occhiali da nerd incompreso e aprì il registro per fare l'appello. 
L'inferno era appena iniziato e io desideravo ardentemente il biglietto per uscirne alla svelta.
Qualche minuto dopo si sentì bussare alla porta e Mister-sveltina-nei bagni fece il suo ingresso trionfale con capelli scompigliati, guance arrossate, sguardo liquido, maglietta più fuori che dentro, per fortuna i pantaloni erano allacciati e al loro posto altrimenti sarei svenuta del tutto.
Quanto cazzo poteva essere sexy uno così stronzo?
«Signorino sei già in ritardo il primo giorno!» la ramanzina del professore mi risvegliò dai pensieri poco casti che il mio cervello stava macchinando per quel divino panorama improvviso.
Deglutii e sentii le guance accaldarsi, tutto il mio corpo stava bollendo e non sarebbe bastato un secchio d'acqua gelida per spegnermi. 
«Mi scusi, ho avuto un imprevisto non calcolato» sorrise malizioso e andò a sedersi nell'ultimo banco, addossandosi tutti gli occhi a forma di cuoricino delle mie compagne.
Alzai gli occhi al cielo e le ignorai, girandomi per non continuare a bearmi di quella vista.
«Secondo me il suo amichetto non ha fatto il suo lavoro, per questo ha ritardato» sghignazzò Arianna avvicinandosi per farsi sentire solo da me.
Ridacchiai e aggiunsi: «almeno così smetterebbe di tirarsela!» 
Scoppiammo in una risata rumorosa senza riuscire a contenerci, finendo per attirare l'attenzione di tutti su di noi.
«E voi cosa avete da ridere adesso?» neanche lo sguardo ammonitore e seccato del professore riuscì a farci smettere di dare spettacolo.
«Niente, scusi» riuscii a borbottare tra una risata e un colpo d'ossigeno.
«Io invece sarei curioso di sapere di cosa ridete lesbicone» ovviamente il diretto interessato doveva essersi accorto che parlavamo di lui.
«Rizzo il linguaggio!» sbraitò l'insegnante che era diventato tutto rosso in viso e si poteva vedere il fumo uscirgli dalle orecchie, un toro inferocito in piedi davanti alla cattedra.
Mi girai verso Ken-stronzo e lo guardai con sfida dipingendomi un ghigno sulla faccia.
«Meglio non saperlo, sai, per la tua reputazione» dissi innocentemente.
«Insisto invece» inclinò la testa e socchiuse le labbra in attesa, appoggiando i pugni sul banco.
Scrollai le spalle indifferente, se voleva saperlo l'avrei accontentato.
«Forse il tuo amichetto ha fatto cilecca in bagno» distolsi lo sguardo fingendo di guardarmi le unghie, ma notai che si era irrigidito e che tutta la classe si stava trattenendo dal ridere. 
Sentii un pugno picchiare sul banco e tornai a guardarlo con la faccia più innocente del mondo, inarcando un sopracciglio vittoriosa.
Mi guardava come se mi volesse uccidere, aveva gli occhi socchiusi per la rabbia e la mascella contratta.
«Il mio cazzo funziona benissimo e come ti ho già detto, non ti dispiacerebbe provarlo» ribattè in un soffio, senza curarsi che tutti ci stavano ascoltando.
Boccheggiai per qualche secondo stupita, prima di alzare il dito medio.
«Rizzo il linguaggio e tu Bucci i gestacci, che devo fare con voi?» al professore sarebbe venuto un infarto, era troppo rosso in faccia e respirava affannosamente.
Si passò una mano sul viso prima di guardarci in cagnesco.
«Voi due» ci indicò e mimò il gesto dello sgozzamento con le dita «fuori, ed é già tanto che non vi mando in presidenza il primo giorno!» concluse, alzando la voce.
Sbuffai infastidita e mi alzai con calma dalla sedia, chiusi gli occhi e respirai.
«Non commettere omicidi là fuori» scherzò Arianna guardandomi di sbieco.
Sorrisi furba e mi incamminai verso la porta, ma qualcuno decise di attentare alla mia vita: Ken-stronzo mi aveva dato una spallata, neanche tanto leggera, per farmi barcollare e stramazzare al suolo.
Peccato che io abbia l'equilibro di Yuri Chechi, e il suo spintone mi fece restare ancora in piedi.
Lo vidi sbuffare e sorrisi prima di varcare la porta per il corridoio, la chiusi alle mie spalle e mi sentii appiccicata al muro.
«Senti stronzetta, hai deciso di farmi incazzare fin da subito?» il tono di voce e la sua espressione infastidita non promettevano nulla di buono.
Alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia al petto.
«Sei tu che hai voluto saperlo» lo guardai con aria di sfida e mi incollai ai suoi occhi: azzurri come il cielo dopo la tempesta.
Deglutii e sbuffai, distogliendo lo sguardo.
Lui sorrise e appoggiò una mano al lato del mio viso.
«Abbi il coraggio di ammetterlo almeno»
«Ammettere cosa?»
«Che non puoi resistermi, si vede da come ti perdi a fissarmi» si morsicò il labbro e seguii quel movimento, a prova delle sue parole.
Porco cazzo, mi ero incantata di nuovo come una cretina.
«A me non piaci neanche un po', ti trovo un essere schifoso» dissi, cercando di avere un tono sicuro, anche se quelle parole suonarono false anche alle mie orecchie.
«Sei una testarda del cazzo, non lo ammetterai mai»
«Perché non ho niente da ammettere» 
«Vorrà dire che ti trascinerò direttamente nel mio letto e da lì non scapperai di certo»
Stupido Ken-arrogante e viziato.
Lo guardai furiosa e gli diedi una spinta, spostandolo di poco, visto la mia insignificante forza contro il suo petto d'acciaio.
«Senti coso, tu non mi trascinerai da nessuna parte, punto primo» gli puntai un dito contro e presi un respiro «punto secondo, non sono una di quelle che cascano ai tuoi piedi con un battito di ciglia»
«A me sembra che non ti sia dispiaciuto così tanto guardarmi»
Inclinai la testa e lo esaminai.
«Detto tra me e te, ho gusti più raffinati»
Lui rise, tenendosi la pancia con le mani.
«Non inventare cazzate solo per non ammettere la verità»
«Non sto dicendo cazzate» 
«Allora vorresti dire che preferisci un tipo come Fiocchi, secchione, occhialuto, basso, a uno come me, alto, bello e affascinante?»
«E arrogante, stronzo, idiota» elencai con le dita «potrei continuare fino a domani mattina» lo fissi inclinando la testa.
«Se passi con me la notte puoi continuare a insultarmi fino a domani» ghignò e cercò di avvicinarsi di nuovo.
Più cercavo di mantenere le distanze più lui era vicino.
«Fermo dove sei» misi una mano a palmo aperto davanti a me, quasi a sfiorare di nuovo il suo petto «non ho detto che mi piace un tipo come te»
«Tanto la risposta è si, ti piacciono i tipi come me, non sei diversa dalle altre»
«E invece si, non mi fai nessun effetto» bugiarda: ce l'avevo scritto in fronte con il pennarello indelebile.
«Vuoi dire che i cattivi ragazzi non ti attirano?» inarcò un sopracciglio sorpreso.
«Esatto» dissi convinta.
Si allontanò da me e mi squadrò dall'alto al basso, mi sentivo a disagio a essere osservata in quel modo.
«Sei davvero lesbica?»
Boccheggiai e alzai gli occhi al cielo «no, cretino»
Sospirò, come se gli avessi tolto un peso dallo stomaco e ridacchiò silenziosamente.
«Allora non hai scuse» mi guardò a lungo prima di girarsi e incamminarsi lungo il corridoio.
«Dove cazzo vai» urlai leggermente.
Si fermò e si voltò di nuovo verso di me.
«Perché, ora ti interessa?»
«Vaffanculo Rizzo»
«Vado a farmi una sigaretta, sei la ben venuta se vuoi» sorrise maliziosamente e mi fece l'occhiolino.
Alzai il dito medio e gli feci la linguaccia.
«Quanto sei eccitante Bucci» e si rigirò, continuando per la sua strada.
Mi sentivo vuota, solitaria in quel corridoio, come se mi mancasse un pezzo, un tassello di puzzle, di quelli che non si trovano mai, perché nascosti per non essere trovati.





  
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