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Autore: alicehorrorpanic    24/04/2014    12 recensioni
[Piccola revisione in corso: fino al settimo capitolo modificato]
**********
«Senti coso, tu non mi trascinerai da nessuna parte, punto primo» gli puntai un dito contro e presi un respiro «punto secondo, non sono una di quelle che cascano ai tuoi piedi con un battito di ciglia»
«A me sembra che non ti sia dispiaciuto così tanto guardarmi»
Inclinai la testa e lo esaminai.
«Detto tra me e te, ho gusti più raffinati»
Lui rise, tenendosi la pancia con le mani.
«Non inventare cazzate solo per non ammettere la verità»
«Non sto dicendo cazzate»
«Allora vorresti dire che preferisci un tipo come Fiocchi, secchione, occhialuto, basso, a uno come me, alto, bello e affascinante?»
«E arrogante, stronzo, idiota» elencai con le dita «potrei continuare fino a domani mattina» lo fissai inclinando la testa.
«Se passi con me la notte puoi continuare a insultarmi fino a domani» ghignò e cercò di avvicinarsi di nuovo.
Più cercavo di mantenere le distanze più lui era vicino.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'killkisskill'
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[ Eccomi qua tra voi comuni mortali a condividere con voi questa nuova storia delirante e cliché, il bad boy che si innamora e perde la testa e i polmoni.
Spero la leggiate comunque, 
Buona lettura kidz
Bacibaci ]






 


Crazy girls






Ma porca troia.
Da una buona mezz'ora mi stavo agitando e rigirando nel letto, senza trovare una posizione abbastanza comoda e non surriscaldata per continuare il mio dolce sonno interrotto proprio quando il mio Ken-principe azzurro veniva a salvarmi dalla torre, stile Fiona e Shrek, mancava solo Ciuchino e potevo fare il remake del cartone.
Sbuffai e mi stropicciai gli occhi, stirandomi e allungandomi molto più elegantemente di Biancaneve stesa sui lettini dei sette nani, in questo momento incarnavo perfettamente Pisolo, sbadigli a manetta, occhi più chiusi che aperti e il bisogno di un cuscino.
Ovviamente i miei piani andarono in frantumi nell'esatto istante in cui la sveglia di Barbie, rigorosamente rosa shocking e con la coroncina da regina del reame, iniziò a saltellare e a suonare come se fosse animata sul comodino di legno bianco.
Grazie a Zeus e alle sue saette, i miei genitori non acconsentirono alla mia strambissima idea di avere la stanza completamente rosa, solo per questo meriterebbero l'Oscar per la carriera.
Tirai indietro le coperte con un calcio e guardai affranta la scrivania nera sulla quale c'era appoggiato il mio amato e usurato eastpack, più nero che rosa.
Al solo pensiero di riprendere in mano quei mallopponi di libri intrisi di cultura mi veniva il volta stomaco e la voglia di alzarmi dal letto ritornava a quota zero meno meno.
La solita e noiosa routine sarebbe di nuovo venuta a farmi visita, sveglia presto, colazione a muzzo, vestiti a caso e la corsa per arrivare in orario a scuola.
Invidiavo da morire i panda, sempre ad  ingozzarsi di cibo e a dormire, che vita da favola.
Mi ero abituta così bene a passare le giornate tra amici, mare, divertimento e repliche di Gossip Girl.
Perché dopo agosto compariva settembre?
Visto che le brutte notizie non arrivavano mai da sole ma in compagnia, la strega cattiva, alias mia madre, varcò la porta intonando quel dolce canto stile Cenerentola insieme a ogni tipo di animaletto miscroscopico.
«Alice, svegliati o farai tardi già il primo giorno» alla faccia della canzoncina felice,  la sua voce stridula e fastidiosa mi fece accapponare la pelle.
Tirò le tende rosa, qualche capriccio me lo potevo permettere, da una parte e la lieve luce del sole rischiarò la stanza e facendo uno strano gioco di riflessi mi arrivò diritta sugli occhi, porco cazzo, ora diventerò pure cieca.
«Solo cinque minuti» annaspai con voce da oltretomba cercando di recuperare l'uso della vista.
«Non se ne parla signorina, muoviti o ti faccio alzare io» 
Fanculo, stupida genitrice insensibile per le disgrazie altrui.
«Su, al mio tre vengo a prenderti» si tirò su le maniche e si mise in posa, stile la Preside Trinciabue, le mancava solo la frustina e potevo considerarmi morta stecchita.
Mi alzai come uno zombie vestita di stracci mentre mia madre usciva dalla camera saltellando qua e là come un grillo in piena fase ormonale.
Alzai gli occhi al cielo e mi trascinai a passo di lumaca verso il bagno,  portandomi dietro la scia di note prodotte dal mio telefono.
«Feels like I’m waken from the dead
And everyone’s been waitin’ on me
‘Least now I’ll never have to wonder
What it’s like to sleep a year away
But were we indestructible
I thought that we could brave it all (all)
I never thought that what would take me out
Was hiding down below»
Forse le mie indiscutibili doti canore avrebbero fatto rabbrividire la stessa Hayley Williams, le stavo storcendo la canzone in modo innaturale.
Mi specchiai e feci la linguaccia al mio riflesso, giusto per entrare di più nella parte di chi è pazza e schizzata già di prima mattina.
Mi sciacquai il viso con acqua gelata e mi gettai i capelli biondo cenere su una spalla, applicai un po' di fard alle mie gote da vampira e truccai i miei occhi quasi verdi con un ombretto grigio scuro.
Sorrisi allo specchio e andai a lottare contro l'armadio per trovare qualcosa di comodo da indossare, ovviamente le mie vans nere erano già posizionate davanti al letto.
Indossai i mie jeans preferiti Levis a strappi e una maglietta lunga bianca con la scritta «marathone mode» che mi ricordò le mie maratone mattutine per arrivare a scuola, meglio di andare in palestra.
Arrivai in cucina attraversando mezza casa e fui ben felice quando vidi la mia amata sedia accogliermi a braccia aperte.
Biascicai un «ciao» a mio padre che stava già tenendo tra le mani il giornale locale e rubai dalla confezione tre biscotti pand di stelle che affondai nel caffè, facendo una smorfia di disgusto per la tazza di Hello Kitty: ma che avevo avuto in testa quel terribile giorno?
Sentii una mano scompigliarmi i capelli e grugnii in aramaico contro mia madre e la sua felicità mattutina insensata.
Conclusi troppo presto quel prelibato cibo e tornai in camera, mi fiondai con riluttanza lo zaino sulle spalle e mi diressi alla porta, facendo un cenno di saluto ai miei che ricambiarono con lo stesso finto entusiasmo.
«Ciao principessa» bofonchiò mio padre alzando per un microsecondo gli occhi dal giornale, quasi rimpiangevo le mie riviste di gossip, come faceva a leggere già alle sette e mezza di mattina?
«Fai la brava bella addormentata» ghignò invece mia madre facendomi sbuffare come un turco. 
Scesi le scale del palazzo come una furia, altro che palestra, facevo gli esercizi fisici già a casa mia, bastava e avanzava.
Il sole mi accecò una seconda volta appena varcato il portone, così presi gli occhiali con le lenti rosa-viola e gli feci il dito medio.
Presi il telefono dalla tasca dei jeans e avviai la musica che partì a tutto volume, facendomi fare diversi tipi di camminata, tanto che una coppietta di vecchietti col barboncino mi avevano guardata male e si erano messi a bisbigliare tra loro.
Scrollai le spalle fregandomene di star facendo la figura della fuori di testa, in mezzo alla strada, e sbuffai rumorosamente appena vidi la scuola in lontananza: Einstein, liceo scientifico.
Dovevo ancora capire perché avevo scelto quell'indirizzo quando potevo benissimo fare un corso per estetista e parrucchiera con meno sbattimento mentale.
Avvicinandomi notai alcuni miei compagni  di classe di cui avrei fatto volentieri a meno per altri tre mesi: Mara, bassa e biondina con ciocche rosa, praticamente la Avril Lavigne italiana ma meno «brava ragazza», capitanava le altre tre pecorelle smarrite che le erano attaccate giorno e notte, Clarissa, Silvia e Francesca; Ginevra e Cecilia, puzza sotto al naso e soldi che uscivano da ogni parte, in definitiva erano un po' tutte «sono bella e tu no, io posso e tu no» ma cercavo comunque di non prenderle a pugni sul naso.
Sorrisi raggiante quando incontrai lo sguardo di Arianna, unica mia complice in quella gabbia di malati mentali. 
Le andai incontro mentre buttava la sigaretta a terra e la calpestava con le sue allstar bianche borchiate.
L'abbracciai con slancio, come se fosse la mia sorella-gemella siamese da cui mi avevano separata alla nascita e le tirai scherzosamente qualche ciocca di capelli castano-rosso.
«Ecco le due lesbiche alla riscossa» affermazione accompagnata da svariate risate a cui avrei posto fine subito.
Mi girai verso quella voce odiosa per incontrare uno schieramento di ragazzi e il «bad boy» più desiderato dell'istituto: Nicolò Rizzo, alias Ken senza cervello e dio greco, a seconda dei casi.
Lo squadrai da capo a piedi facendogli la radiografia, che poteva far invidia a ogni infermiera presente sulla faccia della terra: giubbottino verde marcio aperto, maglietta bianca, jeans chiari, capelli in piedi, sigaretta tra le labbra e lo sguardo più arrogante e fastidioso della storia.
«Cazzo vuoi cretino» ribattei ridacchiando tra me.
Lui alzò gli occhi al cielo divertito prima di rispondermi «Acida già di prima mattina eh?»
«Solo perché tu rompi il cazzo» sbuffai e guardai Ari che se ne stava con le braccia incrociate al petto e guardava da tutt'altra parte.
«Non ti dispiacerebbe così tanto se lo provassi» ammiccò malizioso facendo l'occhiolino e ridacchiando insieme ai suoi amichetti più belli che bravi.
Arrancai una smorfia schifata e gli feci il dito medio: stupido viziato dei miei stivali. 
La comitiva di «cattivi ragazzi» se ne andò soddisfatta e inclinai il viso per dar loro una sbirciatina da dietro.
Deglutii avvampando e presi per mano Arianna, che sembrava non essersi accorta del mio calo di pressione.
«Sei pronta?»
Davanti a noi si stendeva una massa di studenti impazienti di varcare la soglia, forse ignari dell'incubo a cui stavano andando incontro
Lei sorrise complice e alzò un braccio in alto, urlando «andiamo in guerra!» attirando subito gli sguardi curiosi e divertiti degli altri studenti.
Sul portone di legno lessi l'ormai abituale frase che accompagnava ogni giorno dentro quell'inferno: «Lasciate ogni speranza voi che entrate»
Si, che la scuola prenda fuoco.












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Baci al cianuro

[in revisione]

Betta nel mio letto.


  
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