CAPITOLO
13: Vuoto…
Il
tragitto fino al castello era sembrato infinito, ogni
metro percorso era parso come un miglio; il bosco
tutt’attorno era diventato
muto e l’unico rumore che riusciva a percepire era quello del
suo cuore che gli
pompava furioso nelle orecchie. Nemmeno il chiasso degli zoccoli del
cavallo
sul selciato del cortile del palazzo, era riuscito a rompere quella
bolla di
silenzio che lo teneva prigioniero; nulla riusciva a penetrare tra gli
strati
della sua coscienza, né i nitriti dei cavalli, né
gli ordini abbaiati dagli
stallieri, né tantomeno la richiesta di un medico per Anna,
urlata da Rapunzel
nel momento esatto in cui era smontata da cavallo. La sua mente era
piena di
immagini e voci lontane, che offuscavano la sua ragione, di ricordi
talmente
vividi da sembrare realtà. Nel giro di un’ora il
peggio che poteva accadere era
successo, trasformando quel pomeriggio idilliaco nel peggiore dei suoi
incubi,
quell’incubo che lo svegliava angosciato quasi ogni notte da
quando era finita
tutta la faccenda dell’inverno perenne: Anna stretta tra le
sue braccia, a
combattere per la vita e lui inerme a guardarla congelare pian piano,
finché di
lei non rimaneva altro che un involucro freddo e quell’ultimo
soffio di vita
che le sfuggiva dalle labbra esangui. L’unica differenza era
che, ora Anna, non
stava congelando fino alla morte, ma era gravemente ferita e
necessitava di
cure, che lui, come la volta precedente non potava darle. Per questo,
quando
Rapunzel lo accompagnò fuori dalla stanza dove aveva portato
Anna, e richiuse
la porta dietro di sé, si sentì quanto mai
inutile.
Restò
chiuso fuori per almeno un’ora, facendo su e giù
per
il corridoio, lanciando di tanto in tanto occhiate alla porta, sperando
di
vederla aprirsi: avrebbe tanto voluto buttarla giù. Eugene
gli tenne compagnia,
facendo stranamente silenzio, appoggiato alla parete difronte alla
porta, con
le braccia incrociate e lo sguardo puntato su di lui: “Se non
la smetti di
andare avanti e indietro, lascerai un solco nel pavimento. Ed inoltre
mi hai
fatto venire il mal di testa.”- disse bloccandolo, cercando
di sdrammatizzare
la situazione - “Vedrai che andrà tutto bene: una
bella fasciatura stretta al
braccio, qualche punto alla ferita e torna come nuova.”- gli
sorrise
incoraggiante, ma il suo sorriso non illuminò anche i suoi
occhi: Eugene sapeva
benissimo che c’era qualcosa che non andava; erano chiusi in
quella stanza da
troppo tempo.
-“Allora
perché ci mettono tanto?”- sbuffò
Kristoff.
La
domanda rimase a mezz’aria tra loro due, senza ricevere
risposta. Ma, nel momento esatto in cui il tagliatore di ghiaccio
decise che
sarebbe entrato per accettarsi che Anna stesse bene, Rapunzel
uscì seguita dal
medico. Il suo volto pallido, tirato in un’espressione di
sconforto, non
prometteva nulla di buono.
-“Allora?
Come sta? È sveglia? Posso entrare?”- chiese
speranzoso Kristoff, riacquistando un po’del suo colorito
naturale.
Rapunzel
gli rivolse uno sguardo dispiaciuto: “Sta
riposando, il medico le ha dato qualcosa per il dolore al braccio e le
ha
ricucito il taglio sulla fronte. Entro qualche settimana dovrebbe
tornare in
forma...”- gli disse con voce lieve, ma trattenendo il
respiro sull’ultima
parola.
-“Ma?
C’è un ma, vero? Altrimenti non avreste questa
faccia.”- constatò facendo vagare lo sguardo dalla
faccia occhialuta del
dottore a quella spenta della principessa.
Rapunzel
tentennò, abbassando lo sguardo, per non incontrare
i suoi occhi in cerca di una risposta: “Lei non
ricorda.”- soffiò fuori, così
in silenzio che Kristoff dovette affilare le orecchie per cogliere le
sue
parole.
-“Pensavo
peggio. Insomma se non si ricorda dell’incidente
tanto meglio, avrà un ricordo in meno della sua
sbadataggine.”- il sorriso che
gli stava spuntando sulle labbra, svanì in una frazione di
secondo, quando vide
una lacrima scendere silenziosa dagli occhi giada della principessa e
Eugene
passarle un braccio sulle spalle.
-“Kristoff,
mi dispiace. Lei non si ricorda di me, né di
Eugene, né di questo viaggio a Corona; non ha memoria di
quello che è successo
negli ultimi giorni e non ricorda...te.”- disse puntando
improvvisamente lo
sguardo su di lui.
-“Cosa?”-
gli uscì fuori un verso disperato
–“È uno scherzo,
vero? Uno dei tuoi scherzi: Eugene mi ha raccontato che ti diverti ad
inventartene uno ogni giorno per spaventarlo; beh, sappi che questo non
è
affatto divertente!”- le disse con voce tremante.
-“Mi
dispiace. Mi dispiace così tanto.”- la principessa
era
seria e i singhiozzi stavano cominciando a scuoterla.
-“Ma
come…com’è possibile? Lei mi ha
chiamato per nome dopo
la caduta, mi ha rassicurato dicendomi di star bene, perché
ora non si
ricorda?” - chiese disperato, più a sé
stesso che agli altri.
Il
dottore, rimasto in silenzio fino a quel momento, prese
la parola schiarendosi la voce -“La principessa ha battuto la
testa, e a
giudicare dalla ferita che si è procurata,
dev’essere stato un urto davvero
forte. Ha riportato un trauma non indifferente e questo è
quasi certamente la
causa della sua amnesia.”- concluse con tono professionale.
Rimase
in silenzio per quella che gli sembrò
un’eternità,
poi: “Cosa ricorda? E soprattutto riuscirà a
recuperare la memoria prima o
poi?”-
-“I
suoi ricordi si fermano al mattino del giorno
dell’incoronazione di Elsa. Non ricorda nulla dei poteri
della sorella, né del
vostro viaggio assieme. È convinta che Elsa sia ancora
chiusa nella sua stanza
e che non le aprirà mai. Continuava a ripetere di voler fare
un pupazzo di
neve, ma credo che questo stato confusionale sia dato dalla perdita di
conoscenza.”- gli rispose Rapunzel, riprendendo un
po’del suo contegno.
-“Basterà
raccontarle tutto quello che è successo da allora
per riempire i suoi vuoti di memoria, no?”- chiese ottimista.
-“Mi
dispiace, ma non è così semplice. Oberare la
mente
della principessa con avvenimenti che lei non riesce a ricordare
farebbe solo
peggio. La memoria
potrebbe tornarle a
breve oppure…”- il medico s’interruppe
sospirando, aggiustandosi gli occhiali
sul naso adunco.
-“Non
tornarle mai più.”- concluse per lui Kristoff, con
un
peso opprimente che cominciava a schiacciargli il cuore.
-“Già.
Ricordarle il trauma o tentare di farle recuperare i
ricordi perduti, potrebbe acuire la sua amnesia e intaccare la sua
salute
psicofisica. Purtroppo la medicina non ha ancora risposte per quanto
riguarda
la psiche umana. Solo il tempo potrà darci un
responso.”- quelle parole caddero
addosso a Kristoff come una scure, tagliando via ogni minima traccia di
speranza che gli era rimasta.
-“Vostra
Altezza, se i miei servigi non sono più richiesti,
io mi ritirerei. Passerò domattina per dare uno sguardo alla
principessa.”-
detto questo s’inchinò a Rapunzel e si
dileguò lungo i corridoi.
Il
silenzio calò come una pesante cortina tra loro tre, poi
Rapunzel disse: “Invierò una lettera ad Elsa,
raccontandole dell’accaduto e
rassicurandola circa le condizioni di Anna. Di sicuro non potrete
partire a
breve, quindi le dirò che resterete nostri ospiti per
qualche giorno ancora.”-
-“È
tutta colpa mia. Avrei dovuto fermarla, avrei dovuto
impedirle di essere così incauta. Elsa non mi
perdonerà mai: me l’aveva
affidata e io gliela riporto indietro senza memoria.”-
Kristoff cominciò a
parlare tra sé.
-“Incolparti
dell’accaduto non la farà stare meglio. E poi
non è colpa tua, è stata una stupida
fatalità che sarebbe potuta capitare ad
ognuno di noi.”- cercò di rincuorarlo Eugene-
“Vedrai che Elsa sarà
comprensiva.”-
-“Non
credo che la parola clemenza faccia parte del
vocabolario della regina, soprattutto se riferita a qualcosa che ha
danneggiato
Anna.”- sospirò rassegnato.
-“Vedrai
che si sistemerà tutto e Elsa non te ne farà una
colpa.”- disse convinta Rapunzel.
-“Niente
andrà meglio”- sospirò rassegnato
avvicinandosi
alla porta chiusa e poggiando una mano sul legno duro che lo separava
da Anna-
“finché non le tornerà la
memoria.”-
Rapunzel
gli si avvicinò e gli poggiò una mano
consolatoria
sulla spalla: “Kristoff, fidati di me, ogni momento passato
con te, ogni
sorriso che le hai dedicato, ogni singola parola che le hai rivolto,
tornerà a
riempirle la mente; ne sono sicura, sei troppo importante per lei per
scomparire così, come un’ombra nel buio. Vedrai,
il tempo aggiusta tutto, anche
le lacune nella sua memoria.”
-“Grazie.”-
le sorrise mestamente, apprezzando l’ottimismo
della principessa – “Ora potete andare,
rimarrò io a farle da guardia. Nel caso
avesse bisogno di qualcosa chiamerò qualcuno.”
-“Sicuro?
Potrei rimanere io e tu potresti andare a
riposare; d’altronde è stata una giornataccia
anche per te.”- gli propose la
principessa.
-“No,
grazie, non credo che riuscirei a chiudere occhio.”-
-“Come
vuoi. Se hai bisogno di noi, chiama pure, non
esitare.”- si strinse al braccio di Eugene, che gli rivolse
un ceno del capo, e
si avviò per il corridoio.
Kristoff
fece per abbassare la maniglia della porta, ma la
voce di Rapunzel lo fermò, allarmata: “Ah
Kristoff, dimenticavo: forse non è il
caso che tu entri. Sai, nel caso si svegliasse, potrebbe spaventarla
trovare
qualcuno che non conosce in camera sua. Mi dispiace, sai cosa
intendo.”
-“Afferrato.
Io sono un estraneo adesso, lei non mi conosce.
Dovrò abituarmici.”- disse, cercando di fissare
bene in mente quel concetto,
mentre Rapunzel e Eugene sparivano dietro l’angolo.
Si
guardò in giro, recuperò una
sedia posizionata vicino ad una finestra, e la poggiò al
muro proprio di fianco
alla porta della stanza di Anna. Poi si lasciò scivolare
giù, sospirando
rumorosamente, e poggiò la testa alla parete, chiudendo gli
occhi.
Non
ricordava di essersi addormentato, ricordava solo un
dolore sordo al petto che lo stava facendo impazzire e il martellare
incessante
dei suoi pensieri, che ovviamente riguardavano Anna. Quindi, quando un
lieve
tocco, lo richiamò alla realtà,
sobbalzò sulla sedia. Cercò di recuperare un
po’ di lucidità e di mettere a fuoco chi aveva
davanti.
-“Ehi,
scusa, non volevo svegliarti, ma mi sapresti dire
dove mi trovo?”- Anna gli stava davanti, con il braccio
fasciato che le pendeva
dal collo, una benda attorno alla testa e il volto che aveva ripreso un
po’ del
suo solito colorito.
Kristoff
rimase immobile a fissarla inebetito per alcuni
secondi, poi si schiarì la voce: “Sei nel palazzo
reale di Corona, il regno
della sorella di tua madre.”- disse cauto.
-“Oh,
credo che questo me l’abbiano già detto; davvero
non
ricordo come ci sono arrivata, però.”- si teneva
la testa con la mano sana e
strizzava gli occhi- “Oh, la mia povera testa. È
come se mi fosse passata una
mandria di cavalli addosso.”- si lamentò.
-“S-siediti,
prego.”- Kristoff le offrì la sedia, alzandosi
di scatto.
-“Oh,
grazie.”- gli disse mentre si accomodava, poi chiuse
gli occhi, massaggiandosi una tempia con le dita tremanti. Li
riaprì quasi
subito, puntando il suo sguardo luminoso su di lui: “N-noi ci
conosciamo?”-
chiese titubante, aggrottando la fronte.
-“No.”-
sputò fuori, senza pensarci.
Anna
sembrò rifletterci su, mentre faceva vagare lo sguardo
giù per i lunghi corridoi e fuori dalla finestra, dove la
Luna rischiarava il
buio che era sceso totalmente a coprire il regno.
-“Mmm,
e perché se non mi conosci eri davanti alla mia
camera?”-
Cosa
doveva dirle? Lui chi era? Come spiegarle perché era
lì?
Optò
per una mezza verità: “Beh io sono il tuo
accompagnatore, si, diciamo la tua scorta. Elsa…volevo dire
la regina, mi ha
mandato per scortarti in questo viaggio al di fuori del regno. Quindi
ti
conosco, ma non di persona, cioè voglio dire...”-
-“Credo
di aver capito, non c’è bisogno di aggiungere
altro,
grazie.”- lo stoppò prima che cominciasse a
balbettare cose senza senso.
-“Hai
detto regina? Elsa non è ancora regina, la sua
incoronazione avverrà a giorni. Mi stupisce che abbia tanto
a cuore la mia
incolumità da farmi accompagnare da uno grande e grosso come
te. In realtà non
ha mai dimostrato la benché minima traccia di interesse nei
miei confronti.”-
blaterò tra sé, continuando a non guardarlo.
-“Hai
bisogno di qualcosa?”- la interruppe Kristoff.
-“In
realtà si, vorrei mangiare qualcosa, dolce se è
possibile: ho una fame da lupi. So che è notte e che tutti
saranno a dormire,
ma mi accontenterei anche di qualche biscotto o di un po’
di...”-
-“Cioccolata.”-
l’aiuto Kristoff.
-“Si,
si la cioccolata sarebbe perfetta. Puoi portarmene?”-
gli chiese con un sorriso che lo fece sciogliere.
-“Ehm,
vedrò quello che posso fare. Ora dovresti tornare
dentro, mentre io vado a cercare qualcuno.”- le disse
aprendole la porta, mentre
lei si alzava piano.
-“Allora
io rimango qui ad aspettare la mia cioccolata.”-
disse chiudendosi la porta alle spalle –“Ehi, mi
ripeteresti il tuo nome, sai
com’è, ho un momentaneo vuoto di
memoria.”- lo fermò, prima che potesse
andarsene.
-“Kristoff.”-
le sorrise malinconico.
-“Bene.
A dopo, Christopher.”- e chiuse la porta.
Restò
a fissare il legno laccato
per un secondo: “È Kristoff...”-
sussurrò sconsolato alla porta chiusa, poi
andò alla ricerca di qualcuno che gli potesse procurare
della cioccolata nel
pieno della notte.
Il
medico tornò a controllare Anna il giorno dopo e quello
dopo ancora, finchè la mattina del quinto giorno
dichiarò che la principessa
poteva affrontare il rientro a casa, senza aggravare la sua situazione
fisica e
mentale, con lo stress derivante da un viaggio in mare così
lungo. Raccomandò
ad Anna di tenere la fasciatura al braccio per almeno altre due
settimane, di
disinfettare il taglio sulla fronte e di riposare.
La
mattina della partenza, il re e la regina abbracciarono
Anna augurandosi di vederla presto; poi si voltarono verso Kristoff che
osservava la scena in disparte, sentendosi fuori luogo:
“Avremmo voluto che il
vostro soggiorno qui a Corona fosse lieto, ma sono sicuro che ci
rivedremo in
una situazione più piacevole. Tutto si sistemerà,
vedrai ragazzo, la speranza è
l’ultima a morire.”- il re gli strinse la mano e
lui si inchinò riconoscente. La
regina tratteneva a stento le lacrime quando si voltò a
guardare Anna per l’ultima
volta.
Rapunzel
e Eugene li accompagnarono al molo, dove la loro
nave era pronta a partire; il tragitto dal castello al porto fu
silenzioso,
rotto solo ogni tanto dai sospiri di Anna, che seduta composta guardava
scorrere il panorama del regno davanti ai suoi occhi: “Non so
perché, ma credo
che mi mancherà Corona. Ho come la strana sensazione di
essere stata felice qui.”-
sussurrò.
Tutti
la sentirono, ma nessuno disse nulla: si limitarono a
rivolgerle dei muti sorrisi forzati, distogliendo subito lo sguardo.
Rapunzel
non riusciva a darsi pace: nei giorni precedenti si era detta e ridetta
che se
avesse avuto ancora i suoi magici capelli, la cugina sarebbe potuta
guarire in
un battito di ciglia e avrebbe potuto continuare a vivere la sua vita
felice con
il suo vero amore; ma ora Anna era strana, non era più
chiassosa e la luce di
meraviglia che accendeva i suoi occhi ad ogni nuova scoperta, si era
affievolita, fin quasi a scomparire. Era diventata la patetica
caricatura di se
stessa. Inoltre si era allontanata da Kristoff e gli rivolgeva la
parola solo
se necessario; Rapunzel aveva visto il ragazzo diventare sempre
più silenzioso
e distante, quasi come cercasse di nascondersi, con
un’espressione addolorata
dipinta sul volto smorto.
Eugene
l’aveva consolata dicendole che non avrebbe
funzionato, che il suo potere poteva agire solo sulle ferite del corpo,
non su
quelle della mente e lei si era infuriata ancora di più: non
con Eugene o con
se stessa, ma con il destino.
Quando
giunse il momento dei saluti, Rapunzel strinse Anna
per un tempo infinito, chiudendo gli occhi e lasciando sfuggire al suo
autocontrollo due lacrime silenziose, spazzandole via con un gesto
furioso
della mano, pima di rivolgere di nuovo lo sguardo alla cugina:
“Spero di
vederti presto, ricorda, la prossima volta sarò io tua
ospite.”- le sorrise,
evitando di aggiungere che avrebbe voluto tanto vedere il castello di
ghiaccio
della sorella.
-“Oh…ma
certo. Le porte del castello saranno sempre aperte
per voi. Almeno la mia, su quella di Elsa ho i miei dubbi.”-
aggiunse nervosa.
Eugene
s’inchinò ad Anna e poi stringendo la mano di
Kristoff, lo tirò in disparte: “Mi raccomando, non
perdere la speranza.”- gli
disse con voce seria-“ Lei tornerà, intendo la tua
Anna, quella vivace ed
imbarazzante, la versione più divertente di
questa.”- aggiunse, con un
sorrisino appena accennato, per smorzare la palese tensione che
attanagliava
Kristoff.
-“Ci
proverò.”- promise con poca convinzione, mentre
tornavano dalle due principesse.
-“Ehi,
ricordati che quando verremo a trovarvi ad Arendelle
mi dovrai una gara: sono sempre dell’opinione che i cavalli
siano più veloci
delle renne.”- gli diede una pacca sulla spalla, facendogli
perdere l’equilibrio.
-“Allora
alla prossima volta.”- disse Anna, prima di salire
sulla passerella della nave.
Rapunzel
annuì, sopraffatta dall’emozione, senza dire
nulla.
Kristoff le offrì il braccio, ma lei lo ignorò
quasi, correndo sulla nave, con
il braccio che le penzolava dal collo. Poi il ragazzo la raggiunse e
si voltò
per l’ultima volta a salutare i due sposini.
Mentre
la nave si allontanava dal porto, sospinta da una
lieve brezza calda che soffiava da sud, Rapunzel la osservò,
persa nei suoi
pensieri.
-“Credi
che le tornerà mai la memoria? Insomma, torneranno
assieme?”- la riscosse Eugene.
Rapunzel
ci pensò su per un
secondo e poi sorridendo alla nave che era diventata già un
puntino lontano
disse: “Dovrà tornarle prima o poi: lui era il suo
nuovo sogno.”
Una
volta sulla nave, Anna si rinchiuse nella sua cabina,
sprangando la porta, chiedendo di non essere disturbata. Kristoff le
disse di
chiamare se avesse avuto bisogno di qualsiasi cosa e lei lo
guardò per un
secondo di troppo, scrutando i suoi occhi, come se cercasse una
risposta ad un
quesito silenzioso.
Poi
il ragazzo si fece strada sul ponte e raggiunse il
capitano Reider, mettendolo a parte degli spiacevoli avvenimenti che si
erano
consumati nei precedenti giorni, per evitare inconvenienti nel caso in
cui Anna
gli avesse rivolto qualche domanda. Il capitano gli assicurò
che avrebbe tenuto
la bocca cucita e avrebbe misurato le sue parole.
Kristoff
vagò per gran parte del giorno sul ponte,
scambiando qualche parola con gli uomini dell’equipaggio,
evitando di scendere
sotto coperta: vedere quella porta chiusa lo avrebbe distrutto. Ora
capiva come
doveva essersi sentita Anna per tutti quegli anni, chiusa fuori dalla
sorella,
senza sapere dietro quella porta cosa accadeva.
Quando
il Sole si tuffò nell’orizzonte, però,
dovette cedere
ai suggerimenti del capitano: “Non c’è
molto da fare di notte sul ponte, scendi
in coperta a riposare. La tua mente te ne sarà riconoscente,
credimi.”
Sceso
in coperta, si meravigliò di trovare Anna, seduta su
una delle poltrone del piccolo salotto, con un libro tra le mani, ma lo
sguardo
perso fuori dalla finestrella della nave. Sobbalzò quando si
accorse di lui e
chiuse il libro con uno scatto nervoso.
-“Non
volevo spaventarti, scusa.”- Kristoff si
giustificò -“Posso?”-
chiese indicando uno dei divanetti.
Anna
annuì in silenzio, seguendo le sue mosse con lo
sguardo, poi abbassò gli occhi, accarezzando distrattamente
la copertina del
libro.
Kristoff
amava il silenzio, soprattutto quello delle
montagne, quello delle cime più impervie, dove nemmeno gli
uccelli osano
nidificare: il silenzio era stato suo compagno di vita per lungo tempo
ed aveva
imparato ad apprezzarlo. Ma ora, quella quiete innaturale che aleggiava
tra loro,
cominciava a schiacciarlo con la sua insopportabile presenza.
-“Perché
non mi ricordo di te?”- chiese tutto ad un tratto
Anna, riscuotendolo dai suoi pensieri –“ Insomma io
non ti ho mai visto in giro
per il castello, e credimi, sono così pochi gli inservienti
che ormai li
conosco come le mie tasche.”- lo fissò seria, con
uno sguardo interrogativo,
non sembrava nemmeno lei.
Kristoff,
preso alla sprovvista da quella domanda, rimase in
silenzio.
Anna
lo incalzò: “Ricordo che c’erano un
Joseph, un Rolf e
un Marcus che facevano parte della scorta reale, ma di un Kristoff non
riesco
davvero a ricordarmi.”- per la prima volta in cinque giorni
non sbagliò il suo
nome, ma questo sfuggì al ragazzo, troppo preso dalla
ricerca di una risposta
plausibile.
-“In
realtà non faccio parte della guardia reale, io sono il
mastro consegnatore del ghiaccio di Arendelle.”- ammise.
-“Che?
Ma questo titolo non esiste!”- sbottò infastidita
dalla situazione.
-“Anch’io
la pensavo così, ma è stata la regina in persona
a
darmelo.”-
-“Mia
madre, ma lei è…”- cercò di
protestare.
-“Morta,
lo so. Intendevo la regina Elsa.”-
-“Ma
ti ripeto che Elsa non è ancora regina.”- lo
rimproverò, come se fosse lui ad avere problemi di memoria.
-“Ascolta,
Elsa già è stata nominata regina, tu ti sei solo
persa la sua incoronazione.”- le rivelò,
lasciandola basita. Decise di
raccontarle una mezza verità: in fondo prima o poi lo
avrebbe scoperto, lui
aveva solo accelerato un po’ i tempi.
-“Non
è vero.”- affermò convinta.
-“Invece
ti dico che è proprio così. Ma non preoccuparti
non
ti sei persa niente di eccezionale.”- la
rassicurò, ridendo fra sé alla pessima
battuta che lei non avrebbe colto.
Anna
rimase muta, tenendosi la testa con una mano, cercando
di scacciare quel senso di smarrimento che le annebbiava il cervello.
Fece per
alzarsi, ma Kristoff la bloccò per un braccio, temendo di
aver peggiorato la
sua già instabile situazione: “Anna, scusa, non
volevo confonderti è solo che…”-
cominciò a scusarsi.
-“Lasciami.”-
gli intimò la principessa. Il suo tono di voce
lo schiaffeggiò quasi, e lasciò la presa sul suo
braccio, indietreggiando di un
passo.
Anna
si allontanò in fretta e
sbattendo la porta dietro di sé, si rinchiuse di nuovo nella
sua stanza.
Kristoff la osservò andarsene in silenzio e non
cercò di fermarla. Poi una
volta rimasto solo, si sedette sconfitto e si prese la testa tra le
mani,
mentre continuava a ripetersi: che cosa ho fatto?
Quando
al mattino seguente il capitano mandò un uomo in
coperta per avvisare i passeggeri dell’imminente attracco al
porto di Arendelle,
Kristoff era già sveglio e pronto per scendere, mentre Anna
si ostinava a
rimanere chiusa nella sua cabina. Il ragazzo bussò
lievemente per non
disturbarla: “Siamo quasi arrivati. Fra un po’
attraccheremo.”- non sentì
nessun rumore provenire dall’interno, ma prima che potesse
cominciare a
preoccuparsi, Anna uscì fuori, e rivolgendogli un fugace
sguardo, lo sorpassò
salendo sul ponte.
-“Buongiorno
vostra altezza.”- la salutò il capitano
–“Ha
riposato bene?”- s’informò.
-“Splendidamente.
Grazie capitano.”- rispose con un sorriso.
-“Felice,
di essere tornata a casa?”- indagò
l’uomo,
guardando dritto davanti a sé, alla guida del timone.
-“Potrei
risponderle di si, ma sarebbe come mentire. Lo
scoprirò solo quando avrò messo piede sulla terra
ferma.”- disse seria,
osservando il castello davanti a sé, che diventava sempre
più grande man mano
che la nave si avvicinava al fiordo.
Il
capitano rimase muto, riscontrando un cambiamento radicale
nei modi della principessa. Ora capiva il malcontento del giovane
accompagnatore.
Kristoff
rimase in disparte, appoggiato al parapetto della
nave, con lo sguardo puntato sul molo, dove un insieme di piccole
figure
cominciava a prepararsi per l’imminente arrivo della
principessa.
Una
figura su tutte spiccava tra le altre sagome scure in
attesa: la silhouette longilinea di Elsa si stagliava imponente sulla
banchina,
accerchiata dalle guardie. Quando la nave attraccò, e venne
issata la
passerella, Anna scese con calma e si avvicinò alla sorella,
senza osare alzare
nemmeno lo sguardo su di lei; ma la regina la strinse a sé,
dimenticando per un
momento l’etichetta e tutto il resto: “Oh Anna,
quanto mi sei mancata.”- le
sussurrò all’orecchio. Anna rimase congelata in
quell’abbraccio, indecisa sul
da farsi, poi strinse la sorella di rimando, allontanandola subito poco
dopo.
Kristoff
scese qualche istante dopo, venendo ignorato
completamente dalla regina, che sembrava avere occhi solo per la
principessa.
Il ragazzo non si illuse che Elsa potesse aver perdonato la sua
disattenzione
verso la sicurezza della sorella; infatti, quando la regina si
voltò per
tornare nel castello, con un braccio poggiato sulle spalle della
minore, senza
nemmeno voltarsi, lo chiamò: “Kristoff, ti aspetto
tra un’ora nel mio studio.”-
disse con voce atona.
Quando
rimase da solo, immobile sulla banchina, Kristoff si
chiese se Elsa avesse il potere di congelare il sangue nelle sue vene.
AngoloAutrice:
questo capitolo è leggermente più corto dei
precedenti
e me ne scuso; so già che mi maledirete per la piega che ho
fatto prendere a
questa storia, ma non potevo fare altrimenti, è nata
così e non potevo cambiare
la trama in corso d’opera. Mi scuso per eventuali errori, che
sarete così
gentili da farmi notare nel caso ne trovaste; ho riletto più
volte prima di
pubblicare, ma siccome ultimamente questi capitoli che scrivo mi fanno
davvero
pena, evito di indugiarci troppo sopra. Quindi passo ai ringraziamenti,
anche
se penso che dopo la lettura parecchi di voi toglieranno la storia
dalle loro
seguite/preferite/ricordate, comunque GRAZIE MILLE a:
Amberly_1
(Adry, sappi che volevo dedicarlo a te questo
capitolo, ma non mi piace, quindi te ne dedicherò uno
più bello! Grazie x il
tuo supporto! XD); bioshock1988; chiarotti2000; cigliegioinfiore;
DoubleLife; fabyvaniglia;
Feisty Pants; Fox writer; ghire99; gwinny; jaseywantsthiseasy; Kerolo;
Kestler;
Kiaretta _Kudo; LysL_97; Martinastory11; max1995; MiakaHongo;
miranda_anna; Nives96;
Romantic_Dreamer; Siwang; SognatriceAocchiAperti… per aver
inserito la mia ff
tra le vostre preferite.
Inoltre
grazie anche a quelle fantastiche 38 persone che l’hanno
annoverata tra le loro seguite:
AngelVidel14
; bulmettina;
ChrisAndreini; Dark_Chocolate; Fox writer; giascali;
Gioia1998; Herm4ever;
hope14; IreTomlinson; Jacky_chan; Little_Lotte; lunadelpassato; luuuuchi_; MaJo_KiaChan_;
marta_uzumaki86;
Martinastory11; max1995; MiakaHongo; mintheart; Momo98; Nenina46;
Niksss; Nives96;
Potterhead73; Potteriano96; Rainbow_Twily19; Sara JB; Sel Dolce; Silver
Loreley; Siwang; Storm Leonhart; Tamisa24; TeacherElsie; valepassion95;
_Lethe;_SideEffect_;__aris__
(mon amiiii, ci sei anche tu!).
Ps: mi scoccia essere
ripetitiva, ma quando ci vuole ci
vuole… Mi raccomando se avete trovato il vostro nome in
questa lista, mi
farebbe piacere ricevere un vostro parere, anche negativo, non ci sono
problemi. Mi accontenterei anche di un semplice
‘carino!’ oppure di un ‘fa
schifo, te lo dico con il cuore, non scrivere
più!’…afferrato il concetto? Spero
di si. Alla prossima!!