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Autore: ladycaos    18/07/2008    0 recensioni
Le cose non sono più state le stesse da quando June è morto. Il gruppo si è sciolto ed Airon si è ritirato nella sua casa in riva al mare, a condurre una vita fatta di giornate vuote e notti ripetitive. Finchè una sera non incontra in un locale Ken Taira, un giovane cantante che gira il mondo con la sua chitarra. Chi è? Perché assomiglia così tanto a June? E che cambiamenti può portare questo incontro nella vita di Airon?
d.flies può essere scaricato gratuitamente su www.dilettaf.it
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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d.flies - 1: Canzone bianca L'erba profuma ed è morbida sotto le mie mani. Presto sarà estate e probabilmente si seccherà, diventando gialla e friabile, ma fino a quel momento forma il letto più soffice del mondo, e rende indimenticabile il panorama di questo posto sperduto.
I miei occhi si perdono in lontananza, tra le colline ed i campi in cui ho passato la mia infanzia; nonostante siano trascorsi anni, qui il paesaggio non cambia mai. Una macchina attraversa una stradina giù a valle, ma è impossibile sentirne il rumore; sembra un giocattolo in un plastico di bambini, guidato con qualche strano trucco di meccanica.
Mi volto verso June. Ad occhi chiusi, si sta godendo il sole; accarezza distratto la bottiglia di birra che si è fermato a comprare prima che venissimo qui, pensando a chissà cosa, un sorriso idiota dipinto in viso. È già alticcio alle due del pomeriggio e non credo che il sole a picco in testa gli faccia bene. Sospiro, togliendomi il berretto e sbattendoglielo in faccia.
<< Ehi! - protesta, tirandosi a sedere – Che vuoi? Non ho fatto niente adesso! >>
<< Quand'è che ci dai un taglio con quella roba? Non dico che non dovresti bere, ma almeno aspetta dopo cena. >>
Lui sospira di rimando ributtandosi a terra, rivolto verso il cielo.
<< Piantala, fratellino. È una bella giornata, non farmi la predica. >>
Vorrei aggiungere qualcosa, ma taccio. Qualsiasi cosa gli dicessi, non otterrei risultati; lo so per esperienza. Lo osservo di nuovo, mentre lui torna a chiudere gli occhi stiracchiandosi come un gatto contento; i lunghi capelli sparsi nell'erba, completamente distrutti sulle punte, quel piccolo neo lungo il naso, i muscoli nervosi che scompaiono sotto l'ampia t-shirt bianca.

June, smetti di farti del male. C'è un sacco di gente che ti vuole troppo bene.
Lo penso, ma ovviamente taccio. Ne abbiamo già discusso altre volte, arrivando persino a prenderci a botte ed urlarci contro cose irripetibili, e non è servito a nulla; non sono riuscito a convincerlo che se continua a vivere così - sempre troppo in fretta, sempre troppo ubriaco, sempre troppo sopra le righe - ci rimetterà la pelle, e sicuramente il fegato.
Dentro di me sento che dovrei insistere. È un'inspiegabile urgenza, del tutto irrazionale ed immotivata, che mi preme le pareti dello stomaco e che mi grida “Fermalo! Fermalo!”.

Fermarlo? Ma non sta andando da nessuna parte, non oggi.
<< Già. Prendiamocela comoda >> rispondo, rivolgendo a mia volta il viso al sole. Lo sento ridacchiare, mentre mi molla una pacca scherzosa ad un braccio.
<< E se ce l'ha detto pure Nun, il signor Lavoro-anche-di-domenica, non sarò di sicuro io a protestare. >>
<< Se non fosse per lui che tiene in riga te e quegli altri sbandati di Sada e Rendy, staremmo ancora a suonare nella cantina della nonna di Ren e non qui a festeggiare il nostro secondo disco di platino stravaccati come un branco di leoni pigri con la pancia piena. Perciò portagli rispetto, ragazzino. >>
June scoppia a ridere, tirandomi un calcio poco simpatico ad uno stinco. Potrei prenderlo per i capelli e fargliela pagare, ma oggi non ne ho voglia; non con questo cielo splendidamente limpido sopra la mia testa, non con quest'aria pulita e pura che mi entra nei polmoni al posto di quella inquinata delle grandi città, non con questa terra che conosco così bene intorno a me.
Vorrei chiedergli se anche lui si sente così, ora che siamo finalmente a casa; lo odiavamo tanto questo posto da piccoli ed in effetti ancora oggi potrei morire di noia se ci abitassi, ma tornare qui di tanto in tanto è come bere dalla sorgente, o affondare le mani nella terra grassa e piena di frutti... è rigenerante. Ma non gli chiedo nulla; sarebbe un discorso troppo serio, e chi ha voglia di farne con lui, oggi?
Lo sento togliersi la maglietta e gettarla alle nostre spalle, in direzione della mia macchina parcheggiata.
<< Non vorrai mica abbronzarti? Dove si è mai visto un cantante rock nero come un tizzone? >>
<< Se mi abbronzo abbastanza, magari posso far finta di essere Jimi Hendrix, o Santana. >>
<< Santana non sa mica cantare. >>
<< Però suona bene la chitarra, al contrario di me. >>
<< E poi io che mi metto a fare? >>
<< Non so. La mia groupie? >>
Lo sbircio appena, il petto ossuto e candido quasi splendente nella luce solare.
<< Con te? Con quel petto di pollo e quelle gambette secche? Dio, nemmeno morto. Piuttosto mi faccio sbattere da Sada, almeno lui è maschio. Roar! >>
Questo lo fa ridere: sghignazza senza ritegno, rotolandosi nell'erba e battendo una mano a terra. Mi abbandono anche io ad una leggera risata, mentre il suo accesso si calma e lui torna a guardare il cielo, il respiro ancora spezzato.
<< Ehi, Airon >> mi chiama infine, senza però incrociare il mio sguardo. Sta seguendo la complessa coreografia di uno stormo di uccelli scuri, mentre gli aerei solcano il cielo.
<< Che c'è? >>
<< Non voglio che cambi nulla, mai. Io, tu, Rendy, Nun e Sada... voglio che le cose rimangano sempre le stesse. Credi che sia possibile? >>
Mi sorride, e come ogni volta mi sento di capire le donne che gli muoiono dietro. È sempre bello in maniera imbarazzante, ma quando sorride potrebbe chiedere il mondo ed ottenerlo, perché in quel sorriso c'è tutto di lui: la malizia e l'innocenza, la furbizia e la sincerità, la sensualità ed il male che fa a sé stesso.


Però non riesco a rispondere, perché mi sveglio.
  
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