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Autore: LaGrace    24/04/2014    1 recensioni
"Per anni immaginai la Montagna Solitaria e le imponenti sale di Erebor riposte sotto di essa. Per anni io e mio fratello Fili ci preparammo ad affrontare il viaggio alla riconquista della nostra patria.
Eravamo appena scesi dal dorso delle grandi aquile e riuscivamo a scorgerla in lontananza: la nostra montagna, la nostra casa."
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Ciao a tutti, in questa fanfiction ho voluto riscrivere parte della storia de "Lo Hobbit" partendo dal secondo capitolo della trilogia di P.J.
Guardando il film mi ha molto colpito il legame che si stava creando tra Kili e Tauriel e ho pensato che sarebbe stato interessante descrivere la storia dal punto di vista di kili.
I primi capitoli terranno abbastanza fede al secondo film "La desolazione di Smaug", ma poi.. MISTERO!
Auguro a tutti una buona lettura e spero di ricevere le vostre opinioni =)
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 5

<< Una luce nell’oscurità >>

“Non voglio lasciarli andare”
Una voce familiare colse la mia attenzione, mi alzai ed esaminai la stanza buia in cui mi trovavo. Nel letto accanto al mio dormiva Fili, sul tavolo davanti a me c’erano le nostre armi e gli abiti che indossammo il giorno della partenza. Realizzai di trovarmi a casa, nelle Montagne Blu.
“Capisco la tua angoscia, ma loro hanno fatto una scelta e sono consapevoli dei rischi che essa comporta!”
Era la voce dello zio Thorin. Mi avviai verso la porta socchiusa della mia stanza e dalla fessura vidi mia madre, in lacrime, che parlava con Thorin. Era addolorata per la nostra partenza.
“Promettimi che tornerete” disse lei singhiozzando con gli occhi fissi su mio zio.
“Dis, sai che non posso farlo!” rispose Thorin dispiaciuto.
Mi si strinse il cuore nel rivedere quell’immagine, nostra madre teneva a noi più di ogni altra cosa, ma non bastò a cambiare la mia decisione.  Come allora ero fermamente convinto che stessi facendo la cosa giusta. La Montagna Solitaria era la nostra unica e vera casa e riavendola avremo potuto condurre una vita migliore.
Avrei voluto rassicurarla e dirle che saremo tornati, ma Thorin aveva ragione, come lei aveva ragione di preoccuparsi. Nessuno di noi poteva sapere cosa sarebbe potuto accadere durante il viaggio, non ci rimaneva che sperare.
 
Quando aprii gli occhi non era ancora l’alba e tutti dormivano profondamente.
 Faticavo a respirare, come se delle pietre mi schiacciassero il petto, quindi mi misi seduto. La febbre non era diminuita durante la notte, i brividi non si fermavano e continuavo a sudare. Mi alzai a fatica, aggrappandomi qua e là, riuscii a raggiungere il tavolo e bevetti grandi sorsi d’acqua fresca, poi me ne versai un po’ sulla fronte accaldata.
Tornai a sedermi ancora per qualche momento, poi il sole iniziò a sorgere e uno dopo l’altro ci alzammo per prepararci.
Ci dirigemmo verso la barca che ci avrebbe permesso di passare alla sponda opposta del lago. La gente esultò non appena ci vide arrivare, applaudiva e ci augurava buona fortuna.
Uno a uno salimmo sulla barca, ma quando toccò a me Thorin mi fermò.
“Tu no! Dobbiamo andare veloci, ci rallenteresti” mi disse.
Lo fissai, privo di ogni reazione. Non riuscivo a rendermi conto di ciò che mi aveva appena detto.
“Ma di che parli? io vengo con voi!” risposi cercando di celare la mia sofferenza con un sorriso.
“Non ora!” sembrava deciso a lasciarmi indietro.
“Io ci sarò quando quella porta sarà aperta, quando scorgeremo le sale dei nostri padri …”
“Kili, resta qui, riposa. Ci raggiungi quando guarisci”ordinò.
No, non poteva essere vero, mi stavano lasciando indietro. Mi voltai, allontanandomi dalla barca che stava per salpare con mio zio, mio fratello e gli altri miei compagni.
“Io resto con il ragazzo, il mio dovere e restare con i feriti!”
Oin scese dalla barca e mi raggiunse.
“Sei molto pallido ragazzo mio. Senti freddo?” mi chiese.
“No” scossi la testa, gli occhi fissi sulla compagnia in partenza. Vidi Fili che parlava con Thorin, poi anche lui scese voltando le spalle a nostro zio e gli rispose: “il mio posto è con mio fratello”.
Per colpa mia anche Fili rinunciò, la barca iniziò ad allontanarsi, le trombe suonavano e la gente salutava gioiosa.
I rumori iniziarono a farsi confusi e la mia vista cominciò ad offuscarsi, stavo quasi per cadere, ma Fili mi afferrò in tempo.
“Dobbiamo trovare un posto per curarlo” disse Oin.
“Proviamo a tornare da Bard”
Era Bofur, aveva perso la barca e ci aveva raggiunti.
Giungemmo all’abitazione, Bofur bussò e Bard si presentò alla porta.
“No, ho chiuso con i nani. Andate via!” ci disse, poi fece per chiudere la porta.
“No, ti prego. Nessuno ci darà una mano, Kili sta male” implorò Bofur.
Bard riaprì la porta, mi fissò e si arrese facendoci entrare.
Mi fecero stendere su un letto, i dolori aumentavano e di nuovo ebbi la sensazione di avere delle grosse pietre schiacciarmi il petto. Respirare era sempre più difficile e delle forti fitte alla gamba mi strapparono via urla di dolore.
“Non puoi fare proprio niente?” chiese Fili rivolto a Oin.
“Mi servono erbe, qualcosa per fargli calare la febbre”disse Oin.
“Io ho erba morella, matricale …” disse Bard.
“Non mi servono a nulla. Non hai qualche foglia di re?”gli chiese Oin.
“No è un erbaccia, la diamo ai maiali!” affermò Bard.
“Maiali, erbaccia, bene!” disse Bofur, poi si rivolse a me: “Non ti muovere!” e scappò via.
Lo guardai e scossi la testa, dove sarei potuto andare?
Guardai attraverso la finestra e mi accorsi che si stava facendo buio. Da quanto tempo ero su quel letto agonizzante?
In casa erano rimaste le due figlie di Bard, oltre a Fili e Oin che continuavano ad assistermi.
Un urlo ruppe il silenzio, era la figlia maggiore. Tentò di chiudere la porta, ma un orco entrò e la spinse via. Cercai di tirarmi su, mentre Fili si gettò sull’orco. Uno dopo l’altro entrarono sfondando le pareti.
Mi sentii afferrare la gamba e per me era impossibile non gridare, poi un pugnale lo colpì facendogli lasciare la presa su di me. Provai nuovamente ad alzarmi, ma caddi dal letto. Vidi un elfo dai capelli biondi affrontare gli orchi, poi lunghe ciocche di capelli color rame catturarono il mio sguardo. Era Tauriel dall’altro lato della stanza, un orco si stava preparando a colpirla alle spalle. D’istinto mi lanciai su di lui e affondai un coltello nella sua carne e cademmo tutti e due. Sbattei la schiena sul pavimento e per un momento i miei polmoni smisero di funzionare. Iniziai a vedere tutto buio, le voci si allontanavano da me.
“Lo stiamo perdendo”
A quanto pare la mia avventura stava ormai per terminare. Avrei voluto poter dire addio a mia madre e che mi dispiace di non poterle più stare accanto.
Mi sentii afferrare e spostarmi su di un tavolo, la voce mi uscì straziata, ogni parte del mio corpo era invasa dal dolore e mi sentivo soffocare sempre di più. Iniziai a dimenarmi cercando di scacciare via quella sofferenza che mi opprimeva, ma gli altri mi bloccarono. Non capivo, ne sentivo quello che dicevano, ero caduto in una profonda crisi e l’unica cosa di cui potevo rendermi conto era che la morte mi stava prendendo.
Un bruciore improvviso provenne dalla ferita e catturò la mia attenzione. Urlai con le poche forze che mi erano rimaste.
Una voce iniziò a farsi strada nella mia testa suonando sempre più violenta e poco alla volta cominciai ad intravvedere una luce. Non capivo se stavo tornando alla vita o se stavo andando incontro alla morte.
Poi la vidi. Tauriel era lì, in piedi, le mani portate alla mia ferita, la sua voce risuonava, ora più dolce e i suoi occhi erano persi nei miei.
Smisi di dimenarmi e mi fermai a scrutare il suo viso concentrato.
Mi tornò in mente il sogno che feci quando mi addormentai nel barile dopo essere stato ferito. Lei era lì, avvolta dalla luce delle stelle, ma scomparve lasciando calare l’oscurità su di me.
“Tauriel” sussurrai.
Parlare era faticoso in quel momento, ma temevo svanisse di nuovo. Non ero sicuro che quella fosse la realtà, poteva essere un sogno o un’allucinazione. In ogni caso volevo la sua attenzione.
Lei si voltò, mi guardò dolcemente e disse: “Sta fermo!”mi sorrise.
La fissai per un attimo confuso, poi ripresi: “Tu non puoi essere lei. Lei è molt …” mi accorsi che il mio respiro era irregolare, ma presi fiato e ricominciai l’ultima frase: “Lei è molto, molto lontana da me. Lei cammina nella luce delle stelle in un altro mondo. È stato un sogno e basta!”.
Rimase accanto a me con lo sguardo perso nel vuoto, tentai di prenderle la mano e sta volta ci riuscii. Sfiorai la sua mano lentamente, le sue dita si incastrarono delicatamente tra le mie.
Ancora intento a capire se tutto questo era davvero un sogno e senza spostare lo sguardo su di lei, le chiesi:
“Credi che avrebbe potuto amarmi?”.
 

  
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