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Autore: Alissya_Paglieri    25/04/2014    1 recensioni
"Mi guardò dolcemente, come a volermi cullare e si avvicinò alle mie labbra. Fui io la prima ad annullare la distanza tra di noi. Ci baciammo e giurai di non aver mai provato nulla di simile. Niente farfalle nello stomaco, niente brividi lungo la schiena. Non sentivo nulla. Tutto quello che avvertivo era una strana calma. Mi sentivo serena, in pace finalmente con me stessa. Mi sentivo sveglia dopo tanto tempo. Mi sentivo di nuovo viva, avevo smesso di respirare per sopravvivere e avevo iniziato a farlo per vivere. Mi sentivo semplicemente al posto giusto, nel momento giusto e con la persona giusta. Nessuna sensazione sconvolgente, solo l’arcobaleno dopo la tempesta. Mi abbracciò e io inspirai a pieni polmoni il profumo della vita."
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Georgia's revenge'
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Appena arrivai alle fermata del pullman scossi la mano per salutare la mia migliore amica.
«Ciao Georgia, come stai?» chiese lei non appena si avvicinò.
«Bene, tu Ale
«Bene… O meglio, starei bene se non facesse tutto questo freddo!»
«Sì, non sempre vivere a Londra è la cosa più figa»
«In questo momento mi trasferirei volentieri in Australia»
«Sììì con i canguri!»
«G… Te l’ho mai detto che tu tanto normale non sei?»
«Ale, cara Ale… come te lo devo dire che la normalità deve andare a fanculo?»
«Puah»
«Non ti credere che tu sia tutta a posto»
«Ehi, io sono nella norma, sei tu quella strana»
«Ma in quale strano universo parallelo scusa?»
«Io ti odio»
«E io ho vinto di nuovo!»
«Sei antipatica» ribattè imbronciandosi come una bambina.
«No, sono invincibile»
«Nei tuoi sogni»
«No, nei miei sogni c’è solo Johnny Depp tesoro»
«Nei miei c’è solo Niall»
«Non rincominciare» esclamai alzando gli occhi al cielo.
«Non ci posso fare niente se lui è un figo!»
«È solo un ragazzino»
«Ma tu cos’hai che non va?!»
«La vera domanda è cos’hai tu che non va…»
«Stronza acida mestruata»
«Grazie del complimento bambolina»
«Sai che sei insopportabile?!»
«Sai quanto me ne frega?»
«Ma come fai?» chiese diventando improvvisamente seria.
«A fare cosa scusa?»
«Ad essere così...»
«Così apatica?»
«Sì, apatica, mi sembra il termine perfetto» 
«Ci riesco e basta, se sapessi come faccio non lo sarei più, no?»
«Sei tutta matta tu Georgia!» mi disse la mia cara amica mentre scendeva dal pullman e si allontanava da me andando verso la sua scuola
«Ciao Alexandra, ci vediamo dopo»
«Contaci babe»
Mi incamminai anche io verso la mia scuola. Appena entrata già avevo voglia di tornare indietro, le galline della mia scuola - c’è una scuola che ne sia sprovvista?! - stavano urlacchiando in gruppetto di qualcosa che ignoravo assolutamente, non che me ne fregasse qualcosa di sapere quale fosse il nuovo gossip. Camminai diretta senza fermarmi fino al mio armadietto e una volta posata la borsa e preso i libri delle prime ore mi diressi in classe.
«Cosa sta succedendo qui?» sentì tuonare la professoressa Ramones che in quel momento stava varcando la soglia.
«Scusi professoressa» sussurrò una vocina dolce. A parlare doveva essere stata Janette, la secchiona della classe.
«Tornate tutti al posto e smettetela di parlare!... Oh Georgia, arrivata finalmente?»
«Scusi professoressa, non mi ero accorta di essere in ritardo»
«No, si figuri, qui siamo tutti ai suoi comodi» disse saccente.
«Mi sembra anche giusto, le pare che mi posso affaticare?»
«Non sia mai»
«Infatti, non vorrei rischiare di dover correre, quindi sudare, e magari prendere la febbre, una bronchite e poi morire… capisce?»
«Certo certo… Si vada a sedere al suo posto e stia zitta per favore»
«Come desidera»
«Ora possiamo iniziare e non voglio sentir volare una mosca a meno che non sia la sottoscritta a richiederlo» La lezione cominciò e io inevitabilmente mi persi nei miei pensieri, senza ascoltare una singola parola sull’argomento del giorno.
«Signorina Leheman, le dispiacerebbe ripetere quello che ho detto?»
«Sì, mi dispiacerebbe» risposi io risvegliandomi dai miei sogni ad occhi aperti.
«Come si permette?»
«La domanda me l’ha fatta lei professoressa, io ho solo risposto!»
«Quindi immagino che adesso non le dispiacerà se io la caccio fuori dalla mia classe»
«Assolutamente no»
«Bene, allora esca»
«Arrivederci»
Perfetto, gli ultimi quindici minuti li passai andando alle macchinette a prendermi del caffè – in assoluto la mia droga preferita - e rimanendo in cortile a fumarmi una sigaretta – rettifico, il caffè potrebbe essere la seconda droga che preferisco, la nicotina resta imbattibile.
«Leheman di nuovo fuori?»
«Per sapere che io sono sempre fuori devi esserci sempre anche tu Michael!» ribattei con una smorfia quando mi accorsi che si stava sistemando affianco a me. Michael O'connel era sicuramente una delle persona più viscide e fastidiose che io avessi mai conosciuto.
«Touchè». Gli regalai un sorriso falsissimo e continuai imperterrita a fumare, «Il fumo fa male alla salute» aggiunse poi.
«Il bue che dà del cornuto all’asino»
«L’asino dovrebbe ascoltare il bue, ma è ignorante»
«Il bue non dovrebbe parlare all’asino sapendo che da buon ignorante non l’ascolterà»
«Non ti fai mettere i piedi in testa, eh?»
«Quando mai l’ho fatto Michael?»
«Probabilmente mai»
«Quindi spiegami perché dovrei iniziare adesso»
«Dovresti perché…»
«Michael… ero ironica, me ne fotte sega di quello che dovrei fare secondo te. Io sono Georgia Leheman e tu sei Micheal O’Connel. Due diverse persone vedi?»
«Per fortuna direi»
«Ovvio! Non potrei mai vivere sapendo di avere la tua capacità cerebrale»
«Puttana!» sputò tra i denti.
«Sempre meglio che sagaiolo, almeno io non mi faccio ditalini perché nessuno me lo dà»
«Sei una stronza Leheman»
«Parole al vento Michael, parole al vento». E agitando la mano me ne tornai tra le mura della scuola.

La giornata scolastica finalmente finì e io potei tornare a casa a mangiare e a studiare. Circa alle cinque del pomeriggio chiusi i libri e mi diressi verso il centro. Lavoravo da Nando’s e il mio turno iniziava alle cinque e mezza. Come al solito arrivai con cinque minuti d’anticipo e dopo essermi infilata la divisa e legata i capelli cominciai a lavorare.
«Georgia, vai tu al tavolo tre a prendere le ordinazioni per favore?» mi chiese la mia compagna di turno Tes.
«Certo Tes». Presi il blocchetto e mi diressi al tavolo tre. Era uno dei più appartati e seduti c’erano sette ragazzi che facevano i coglioni. Guarda tu cosa succede a fare la gentile? Ti ritrovi a seguire un tavolo di lattanti travestiti da ragazzi. «Buonasera ragazzi, cosa posso portarvi?»
«Ciao bambola, l’unica cosa di cui ho bisogno sei tu» rispose uno che sembrava avere un nido di rondini al posto dei capelli.
«Prima di tutto chiamami ancora bambola e la prossima volta metterai piede qui dentro con un occhio nero e secondo… Credo che più che di me tu abbia bisogno di un cervello, ma se Madre Natura non te l’ha fornito non penso di poter rimediare, sono una cameriera non faccio miracoli»
«Uh… Tosta la ragazza» continuò un altro scoccando un’occhiata al primo.
«Sì, sono tosta troglodita, ora vi sbrigate a ordinare? Dovrei continuare il mio lavoro e mi state bloccando»
«Chissà se è così tosta anche a letto…» si chiese il primo.
«Smettila Harry, non fare il coglione!» disse uno castano sgridando l’amico, poi rivolgendosi a me aggiunse: «Scusalo, ha battuto la testa da piccolo…»
«Sì, e probabilmente succhiava anche la vernice dal lettino» continuai acida io lanciando un’occhiataccia al diretto interessato. «Comunque, visto che mi sembra che tu qui dentro sia il più normale, cosa posso portarvi?»
Finalmente riuscii a convincere quegli sciocchi ragazzi a ragionare e dopo una decina di minuti avevo preso tutti gli ordini.
«Perfetto, i piatti arriveranno tra poco» dissi felice di potermene finalmente andare.
«Potresti sederti a mangiare con noi» chiese Nido-di-rondini.
«Non è che se provi a cambiare tattica le cose funzionano meglio»
«Non dire che non ti piaccio»
«Sto dicendo proprio questo invece! Io nutro un profondo disprezzo per il genere maschile!»
«Sei lesbica?»
«Se lo fossi sarebbe una benedizione per le lesbiche, ma no, sono solo molto indignata nei confronti dei puttanieri»
«Mi stai dando del troione?»
«È esattamente quello che ho appena fatto, ora se non ti dispiace, mister universo io avrei un lavoro da portare a termine e tu altre cazzate da dire»
«Ancora per poco…» sussurrò.
«Come scusa?»
«Oh, ma come, non lo sai? Il cliente ha sempre ragione»
«Il capo non è così accondiscendete quando si tratta di ragazzini viziati»
«Potrebbe fare un’eccezione per un membro della più famosa band giovanile del momento»
«Ti riferisci a quella band composta da frocetti?»  domandai ridendo.
«Noi non siamo froci primo, e secondo per poterlo dire devi sapere della nostra esistenza»
«Certo che so che esiste una band formata da cinque o sei bimbiminkia! La mia migliore amica non fa altro che parlarmi di questi qui… ma sinceramente ho imparato un solo nome perché non fa altro che ripeterlo! Niall di qui, Niall di là… La strangolerei!»
«Sentito Niall?» chiese il riccio ad un ragazzo biondo - tinto - che arrossii abbassando la testa imbarazzato.
«Non ci credo, tu ti chiami Niall come quello?» chiesi soffocando una risata.
«No, lui non si chiama Niall come quello… lui è quel Niall!» esclamò il puttaniere.
«Voi sareste quei frocetti?» sbottai scoppiando a ridere.
«Attenta a come parli ragazzina!» disse intimidatorio tizio1.
«Sto tremando di paura guarda»
«Ne riparleremo quando sarai senza lavoro»
«Tu non mi farai licenziale!» sputai avvelenata.
«Perché non dovrei?»
«Perché tu non sai niente di me!»
«Quindi?»
«Per quanto ne sai potrei essere orfana e se tu mi lasciassi senza lavoro io diventerei sicuramente una senza tetto perché non avrei più con che pagarmi l’affitto»
«E io dovrei credere a questa storiella?»
«No, non dovresti»
«Quindi?»
«Quindi la mia collega ha bisogno di me visto che sono ferma a parlare con voi da mezz’ora e lei non sta nemmeno bene» detto ciò mi girai e me ne andai tranquillamente, salvo vedere che al bancone a parlare con Tes c’era Alexandra che mi guardava con gli occhi fuori dalle orbite. Fantastico! Allora il ricciolo non aveva mentito, erano davvero quella band di cui manco ricordo il nome!
«T-tu… S-stavi p-parlando con N-niall Horan» balbettò Ale.
«Il biondo?» Lei annuì, «Sì… e diciamo che per sbaglio potrei essermi lasciata sfuggire che la mia migliore amica non parla d’altri che di lui…»
«TU COSA?!» urlò facendo girare mezzo ristorante.
«Ehm… non l’ho fatto apposta non sapevo fossero realmente loro»
«Io ti strozzo, ti ammazzo con le mie stesse mani, io ti ti ti…»
«Sì e il telefono fa tu tu tu… riprenditi Ale!»
«Sei una stronza!»
«Dimmi qualcosa che non so»
«Bastarda!»
«So anche questo… vuoi che te li presenti?»
«Non dire puttanate!»
«Dai, vieni!». La presi per il polso e la trascinai con me al tavolo. «Ehi biondo» Il biondo si voltò a guardarmi con un enorme punto di domanda stampato in viso. «Tu sei Niall giusto?», Lui annuì. «Perfetto, lei è la tizia di cui parlavo pima, si chiama Alexandra è la mia migliore amica, una ragazza dolcissima dal cuore immenso, mica come la sottoscritta che un cuore proprio non ce l’ha… comunque credo che non parlerà più e che in questo momento abbia una sorta di istinto omicida nei miei confronti, ma… è tutta tua, ciao». Me ne andai lasciando lì Ale come uno stoccafisso. Tornai dietro al bancone e mi misi a ridere con Tes guardando la scena.
«I piatti del tavolo 3 sono pronti» richiamò la nostra attenzione il cuoco.
«Vai tu Georgia, io rimango qui un po’ seduta e prendo un’aspirina per farmi passare il mal di testa» disse Tes.
«Sìsì, facciamo finta che sia vero»
«Grazie G» rispose ridendo sommessamente.
«Figurati Tes»
«Allora ragazzi eccovi qui i piatti». Finì di consegnarli tutti, «Buon appetito»
«Grazie»
«Perché ora sembri molto più simpatica di prima?» chiese uno di quelli che non aveva ancora parlato, con i capelli castani e gli occhi azzurri.
«Perché il tuo amico è zitto e perché non posso fare il diavolo a quattro quando c’è in giro Ale»
«Non approva?»
«Non vedi che in questo momento non è nemmeno capace di intendere e di volere?» dissi facendo cenno alla mia amica che guardava estasiata Niall. «Il problema è che ho paura si risvegli se sente che vi insulto!». Feci un occhiolino e trascinai via Ale in modo che anche il povero biondo potesse mangiare in pace. Entrai in cucina e spilucchiai qualcosa, quando tornai in sala Ale si era ripresa e veniva verso di me come una furia, «Ahia…»
«Tu! Sei una brutta stronza infame!». Vidi i ragazzi guardare la scena divertiti… Che voglia di far saltare loro tutti i denti che mi era appena venuta!
«Intanto lo hai visto da vicino, no?»
«Non è il momento di fare dell’ironia!»
«Per l’ironia è sempre il momento, è per la depressione che non c’è tempo»
«Starai mai zitta una buona volta in vita tua?»
«Quando gli unicorni voleranno nel cielo rosa»
«Succede già»
«Vedere per credere»
«Argh» 
«Vai a casa Ale, ci vediamo dopo» le dissi tornando seria.
«Ti aspetto?»
«No, vai pure a dormire, ho il turno fino alla chiusura stasera»
«Ok pupa». Mi strinse in un abbraccio e mi sussurrò un “Questa non te la faccio passare liscia” prima di sciogliere l’abbraccio e stamparmi un bacio sulla guancia sinistra.
«Buonanotte Ale»
«Buon lavoro G, ci vediamo domani mattina»
«Ah già, evita di svegliarmi per favore, domani salto»
«Perché?»
«Ho dei giri da fare domani mattina»
«Ok»
«Ciao»
«Ciao». Ale uscì dal locale dopo aver rivolto un cenno di saluto ai sette ragazzi.
«Georgia… So che stai per picchiarmi, ma vedo che stasera non c’è tanta gente e mi chiedevo se…» intervenne Tes.
«Sì, vai pure a casa, si vede che proprio non stai bene»
«Grazie» disse abbracciandomi
«Fatti venire a prendere da qualcuno però, non voglio che tu vada da sola»
«Tranquilla mammina, chiamo Jonathan»
«Ok» risposi ridendo e mandandola a fanculo per il soprannome. Intanto mi diressi dai ragazzi vedendo che avevano finito la cena, «Volete qualcos’altro?»
«Sempre te» esclamò il riccio.
«Sempre no»
«Sempre e mai non dovrebbero mai essere usate»
«Ti faccio notare che il primo tra i due ad averlo detto sei tu, sfigato»
«Giusto… Tu hai sempre l’ultima parola, vero?»
«Ovvio»
«Mi piaci»
«Tu continui a starmi sulle ovaie»
«Ma sei sempre così oppure hai il ciclo?»
«Mi dispiace per te, ma non sono mestruata, immaginati quindi come sono nel periodo rosso»
«Non ci tengo»
«Non sei del tutto stupido allora» finsi un tono di sorpresa.
«Lo prendo come un complimento»
«Non lo era»
«Pace»
«Fai come vuoi…». Mi girai per andarmene ma fui fermata da una mano che si avvolse intorno al mio polso. Mi voltai di scatto e con uno scossone staccai la sua lurida mano e mi avvicinai minacciosa a lui, «Non.Mi.Toccare»
«Tranquilla» disse alzando le mani in segno di resa.
«No. Nessuno può toccarmi a meno che non siano Tes e Alexandra»
«Perché?»
«È così e basta»
«D’accordo»
«Bravo. Ora dimmi cosa volevi dirmi»
«Ah sì… senti, tra due settimane facciamo un concerto, vorresti venire?»
«Sei impazzito?!» domandai stralunata.
«Beh, no vedi, io pensavo che magari… ehm ecco… potresti…»
«Balbetti?»
«Eh? No… io…»
«Quando il gatto ti ridà la lingua dimmi pure»
«Io volevo solo essere gentile. Vedo che Ale è molto interessata e tu potresti accompagnarla, ci hai mai sentiti?»
«No» risposi ovvia.
«Magari se ci senti ti piacciamo»
«Non credo proprio»
«Non puoi dirlo senza saperlo…»
«Hai ragione, non si giudica un libro dalla copertina»
«Grande!» esclamò eccitato.
«Come faccio a recuperare i biglietti?»
«Te li porto uno di questi giorni»
«Ok, grazie»
«Ciao» disse mentre con gli altri usciva dal locale.
«Ciao» borbottai.









*Writer's corner*
I'm back!
Ebbene sì, sono tornata con un'altra storia! Spero che vi piaccia e che vi vada di farmelo sapere...
Un bacione a tutte, Alissya 
  
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