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Autore: psychoE    25/04/2014    4 recensioni
“Curerò tutte queste ferite, te lo prometto.”
“Come farai a curare quelle che ho dentro?”
“Con l'amore.”
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Huntington Beach
April, 16th 2007
2:00 am
 
Quest'uomo è un mostro...non riesco a capacitarmi di quanto possa essere crudele.
Devo resistere...devo farlo per mia madre. Devo essere forte per lei.
Fisso, rannicchiata nel letto, le cinghie ai lati del letto e la benda gettata a terra. Tremo al solo pensiero di cosa mi ha appena fatto e le lacrime iniziano a solcare il mio viso.
Sammy...perché piangi?
La sua mano sulla mia spalla mi fa venire la pelle d'oca, cerco di scostarmi il più possibile ma lui attira il mio corpo nudo al suo.
“Rich, non toccarmi...” sibilo singhiozzando.
“Questo lo decido io, lo sai.”
Non gli rispondo, cerco piuttosto di fermare le lacrime.
“E se volessi un secondo round?”
Oh no.
“Io...domani ho da andare al lavoro. Quindi adesso lasciami dormire.”
Lo sento sbuffare sonoramente.
“E va bene. Buonanotte.”
Sollevata, mi stacco da lui e mi alzo per prendere una camicia da notte, infilandomela e stendendomi sul letto, il più possibile lontana da lui.
 
 






































 
 
Dopo aver dormito tre ore scarse, la sveglia suona ed io noto con piacere che sono sola.
Mi stiracchio, ma subito mi ritraggo gemendo per il dolore provocato dai lividi.
Con cautela, mi alzo e mi butto sotto la doccia, sono già le 6.30 e non vorrei essere in ritardo.
Passo delicatamente la spugna su tutto il mio corpo, scoprendo dei nuovi ematomi sul torace.
La radio, accesa, fa passare delle canzoni decisamente orecchiabili e adatte ai miei gusti.
Ricordo quando ero ragazzina, la musica era la mia ragione di vita. Mio padre mi regalò una Fender Stratocaster per il mio dodicesimo compleanno: suonavo da almeno un paio d'anni.
Tutto ciò che facevo era andare a scuola, tornare a casa e chiudermi nella mia camera con la mia amata chitarra.
Svariati cd ornavano la mia stanza: Pantera, Metallica, Iron Maiden, Social Distortion e quant'altro. La mia vita era perfetta...finché non ho raggiunto i ventidue anni.
Distogliendomi da questi pensieri che mi porterebbero a scoppiare a piangere, esco dalla doccia avvolgendomi un asciugamano addosso.
Dopo essermi asciugata i capelli, mi affretto a vestirmi con una gonna nera a vita alta e una camicetta gialla non troppo scollata.
I miei immancabili braccialetti abbinati e per scarpe dei tacchi dello stesso colore della camicetta.
Finisco truccandomi con una linea decisa di eyeliner e sono finalmente pronta ad uscire.
 
 

 
 
Il breve tragitto verso scuola, lo passo ascoltando un canale radio in cui passano le nuove band dei miei generi preferiti.
 
Adesso, vi proponiamo un brano da una band californiana che sta facendo impazzire migliaia di ragazzi e ragazze. Con il loro singolo Afterlife, dal loro nuovo album Self-titled, ecco a voi gli Avenged Sevenfold!
 
Band californiana?
Mi accingo ad alzare il volume, curiosa di sentire questa canzone.
Inizia decisamente bene, dal punto di vista strumentale è sicuramente fantastica e molto curata.
Se non sbaglio, ci sono due chitarre. La batteria è spettacolare e la voce del cantante è forte e decisa.
Aumento ancora un po', riesco quasi a sentirmi tornata a dieci anni fa...
Sussulto sentendo l'assolo di chitarra. Accidenti, questo chitarrista deve saperci fare! Potrei innamorarmi di lui anche solo con queste note, senza vederlo in faccia.
Ridacchio, ripensando alla mia attrazione verso i chitarristi che avevo anni fa.
Ascolto con attenzione la musica che esce dalle casse del mio stereo, dovrei approfondire la mia conoscenza su questa band.
Ma che dico? Non ho più quindici anni...non posso permettermi di perdere tempo con la musica, non più di dieci minuti al giorno.
Demoralizzata da questo pensiero, spengo la radio, ormai arrivata a destinazione.
 




































 
 
“Maestra, ho finito!”
“Bene Joe, lascia il tuo disegno sulla cattedra e prepara lo zaino, tra cinque minuti suonerà la campanella.”
Queste quattro ore sono volate, non vedo l'ora di tornare a casa: sono stanchissima.
Mentre sistemo la mia borsa, la piccola McKenna arriva al mio fianco abbracciandomi.
“Hey, tesoro, come mai questo abbraccio?”
“Oggi viene il mio fratellone a prendermi e questo grazie a te! Mi ha detto che andate a pranzo insieme!” esclama saltellando, mentre io sbianco.
Oh no, me ne sono dimenticata!
“Oh...beh...”
La campanella, per fortuna, mi salva e vedo McKenna prendermi per mano.
“Andiamo?” mi incita sorridente.
“Puoi...puoi aspettarmi un attimo qui? Torno subito!”
La bambina annuisce ed io scappo nel bagno degli insegnanti per guardare il mio aspetto.
Accidenti, maledetta me e la mia memoria!
Sciolgo i capelli, cercando di domarli con le dita e riuscendoci.
Mi pizzico le guance per dare un po' di rossore e mi sistemo i vestiti.
Un attimo...perché tutta questa preoccupazione? E' solo il fratello di McKenna!
Mi affretto ad uscire per raggiungere la piccola che è rimasta ad aspettarmi come le ho detto.
Usciamo dall'edificio e stranamente riesco subito ad identificare Brian.
Beh, un ragazzo con i capelli corvini, lineamenti duri, labbra sottili e sguardo a dir poco deciso, è difficile da non notare...no?
La bambina corre tra le braccia di suo fratello, che la accoglie prendendola in braccio e spettinandole i capelli.
Lo sguardo del ragazzo passa su di me, le sue labbra si aprono in un dolce sorriso che io ricambio all'istante.
Buongiorno Miss Reed.” borbotta, continuando a guardarmi.
“Chiamami Samantha.”
“Beh, allora...ciao Samantha.
Ciao, Brian” ribatto decisa, non staccando nemmeno io il mio sguardo dal suo.
“Andiamo? Accompagniamo Mck a casa e, se ne hai ancora voglia, vorrei portarti a pranzo fuori.”
“Certo che ne ho voglia. Ma ho la macchina qui, vuoi che ci vediamo da qualche parte?”
“Ti riaccompagno qui io, più tardi.”
“Perfetto.”
Il suo sorriso non sembra volersene andare e a me non da fastidio...è proprio bello...il suo sorriso, intendo.
Lo osservo mentre guida e parla con sua sorella, le chiede della sua giornata e di cosa vorrà fare stasera.
Durante le lezioni, McKenna è decisamente tormentata dal pensiero dei suoi genitori...l'ho notato. Dovrei parlarne con Brian, magari a pranzo.
Improvvisamente, una vampata di calore mi travolge, quando noto che anche lui mi sta guardando. Sposto velocemente lo sguardo e fisso fuori dal finestrino, anche se sento che mi sta ancora fissando.
Perché sto reagendo in questo modo? Dannati ormoni!
“Bri, Michelle lo sa che vai a pranzo con la maestra dei braccialetti?”
Michelle?
“No.” dice scuotendo la testa.
“Meno male! Quando si arrabbia diventa più brutta di quanto lo è già!”
“McKenna!” la riprende suo fratello, mentre lei se la ride e si volta verso di me.
“Michelle è la fidanzata di Brian, è brutta e cattiva!”
McKenna!” la voce del ragazzo si è fatta più alta e la bambina sembra essersi offesa.
Anche lo sguardo di lui si è incupito, possibile che si sia infastidito così tanto per una cosa simile?
Forse, anche Brian è suscettibile a causa della loro situazione...
Il motore dell'auto si ferma e mi fanno cenno di scendere.
“Fratellone, mi porti in braccio?” la bambina si piazza davanti a Brian, facendo gli occhioni.
“Oh, avanti, sono dieci metri!” sbuffa lui esasperato.
“Ma non ho voglia di camminare!”
Senza più replicare, si piega per far salire sulle spalle la piccola, che subito batte le mani sorridendo.
Facciamo i fatidici dieci metri e arriviamo alla porta principale, che presto si apre rivelando un uomo sulla cinquantina che saluta i due con un sorriso a trentadue denti.
Come non notare quei lineamenti? E' sicuramente il padre di Brian e McKenna! Mi chiedo se siano fatti con lo stampino.
Papà!” grida lei lanciandosi tra le braccia dell'uomo.
Sono un genio.
“Piccola mia!” risponde lui stringendola a sé.
Lo sguardo dell'uomo passa su di me ed io mi sento alquanto in imbarazzo.
“Chi è questa bella signorina?”
“E' la maestra di McKenna, papà. Samantha, lui è Brian Senior.” dice il ragazzo mentre stringo la mano di suo padre.
“Bene, vi lasciamo soli. Mck, torno a prenderti stasera...”
La bambina annuisce e manda un bacio a suo fratello, salutandolo con la manina.
Ci voltiamo per raggiungere di nuovo la sua auto e, questa volta, mi siedo davanti.
“Brian, io non so se sia il caso...intendo, la tua fidanzata potrebbe fraintendere e persino arrabbiarsi se venisse a sapere di questa tua uscita...”
“Non preoccuparti per lei. Non ti ho invitata a pranzo solo per scusarmi per il mio comportamento di ieri, ma anche per parlare di mia sorella...lei mi ha detto che sei come la sua migliore amica.”
“Davvero ti ha detto questo?”
Lui annuisce distrattamente, mettendo in moto l'auto e partendo, lasciandomi con una gioia immensa dentro.
 
 
 
 
 
 
 









 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Ecco, siamo arrivati.”
Dopo aver chiacchierato del più e del meno, un piccolo Bistrot con vista sul mare fa capolino sul molo di una delle spiagge di Huntington Beach.
Scesi dall'auto, ci adentriamo nel locale e noto con piacere che è vuoto.
“Un tavolo per due, grazie Mike.” dice Brian amichevolmente con l'uomo che ci viene incontro.
“Certamente, seguitemi.”
Ci ritroviamo seduti l'uno davanti all'altro in un tavolo che da sulla vetrata da cui si può ammirare il meraviglioso mare californiano.
Dopo aver dato un'occhiata al menù e aver ordinato, vedo Brian stranamente nervoso.
“Qualcosa non va?” chiedo osservandolo attentamente.
“Perché?”
“Sai, Brian, non si risponde ad una domanda con un'altra domanda. Sembri ansioso, stai tamburellando il piede da almeno una decina di minuti e continui sfregarti le mani.”
“Notevole, Samantha. Comunque, stavo pensando a mia sorella, sono molto preoccupato per lei...si sveglia la notte piangendo, di solito è mio padre a calmarla ma adesso che non può stare in casa sua, lei non riesce a riprendere sonno. Suzy, sua madre, prova in tutti i modi a farle smettere di piange ma non riesce. La passo a prendere ogni mattina per portarla a scuola, la vedo sempre più stanca ma continua a far finta di nulla perché, infondo...è una bambina forte.”
Le sue labbra si piegano in un sorriso alla fine di quella frase, mentre io continuo a guardarlo con attenzione..
“Sono già passato in questa situazione e, adesso, quello che mi preoccupa non è di certo la situazione matrimoniale di mio padre e Suzy, ma bensì quella di McKenna. Non so come aiutarla, a me è bastata una chitarra per distrarmi anni fa, ma lei non è di certo come me. Inoltre, non vuole più neanche andare a casa dei suoi amichetti, rimane a disegnare nella sua stanza tutto il giorno.”
“Ho visto i suoi disegni.” affermo, cercando di rassicurarlo con un sorriso.
“Beh, per questo mi rivolgo a te. Ha bisogno d'aiuto, di una figura femminile di cui fidarsi. Adesso, è molto diffidente con Suzy perché ha mandato via di casa papà, diciamo che è arrabbiata con lei. Vorrei che mi aiutassi, odio vedere la mia sorellina così.”
Il suo sguardo è speranzoso e non sarò di certo io a smontarlo.
“Ne sarei felice, pensa che volevo parlartene anche io. La vedo tormentata da questo, è distratta anche in classe e più stanca del solito. Hai qualche idea per tirarla su di morale?”
“Beh, domani apre un Luna Park qui vicino e Mck avrebbe voluto andare. Potremmo andare nel pomeriggio, se non è un problema per te.”
“Va benissimo.”
Mi sorride radioso e nel mentre ci servono i due piatti di spaghetti che abbiamo ordinato.
“Allora” inizia, arrotolando la pasta nella forchetta “cosa ti piace fare?”
Mi prendo qualche attimo per pensare ad una risposta, mangiando un po' di spaghetti.
“Mi piace dipingere. In realtà, mi piace ogni forma d'arte presente in questo mondo...”
“Come la musica!” esclama con gli occhi che brillano.
“Esatto. Da ragazza ero un'appassionata di musica, sai?”
“Non lo sei più?”
“Diciamo che...negli ultimi anni ho avuto altro a cui pensare.”
“Ad esempio?”
Oh, dannazione, è veramente curioso.
“Il lavoro e...”
L'amore?
Quasi non mi va di traverso l'acqua che sto bevendo.
“No, quello...no.”
Il suo sguardo si fa più interessato.
“Non hai detto di essere fidanzata?”
“Sì, lo sono.”
“E non sei innamorata?”
Dannazione, di tutti gli argomenti di cui può parlare, proprio questo?
“Io...non credo che...”
Subito si allarma, iniziando a gesticolare.
“Scusami, sai, sei una ragazza e di solito volete parlare di queste cose...insomma, da donne. Ah, Jimmy mi dice sempre che non so parlare a una donna!” conclude dandosi una pacca sulla fronte.
Jimmy?
Non hai detto di essere fidanzato?” faccio, citandolo.
“Certo, ciò non toglie che io non sappia parlare a una donna. Ma non credo che a Michelle interessi questo di me.”
Lo osservo per un po' mentre poggia le labbra sul bicchiere di vino rosso che tiene tra le mani.
“Che lavoro fai?”
“Ho una band, direi abbastanza famosa. Non ancora, almeno...è appena uscito il nostro ultimo album.”
“Che genere fate?”
“Metal, ci siamo ispirati fin dall'inizio a band come i Pantera, Metallica, Dream Theater, Guns 'n roses...potrei farti ascoltare qualcosa, se ti va.”
“Ma certo, sarebbe fantastico! I Pantera erano la mia band preferita da adolescente, mio padre mi portò ad un loro concerto.”
“Io ci andai di nascosto con il mio migliore amico...ah, bei tempi quelli!”
“Quanti anni hai?”
“Ventisei. E tu?”
“Venticinque. Sei di qui?”
“Nato e cresciuto ad Huntington Beach! Fiero di averlo fatto.”
“Io, invece, sono nata a Portland.”
“E che ci fai qui?”
“Mia madre trovò il suo terzo marito qua. Volevo tornarmene a Seattle, dov'ero cresciuta visto il marito numero due, ma poi ho conosciuto Richard e...sono dovuta restare qui.”
“Non potevate trasferivi a Seattle?”
“Lui...non mi ha dato possibilità di scelta.”
'Come in ogni cosa' penso tra me e me.
“Bizzarra come cosa. Come mai volevi tornare a Seattle?”
“Essendomi trasferita con mia madre e il marito numero tre qui ad Huntington Beach, avevo lasciato là tutti i miei amici, la mia vita. Avevo promesso loro che sarei tornata subito dopo aver finito l'università, ma...non è successo.”
“Potresti tornarci ogni tanto.”
“Richard non vuole accompagnarmi.”
“Non puoi andare da sola?”
Richard non vuole.
“Questo Richard dev'essere un tipo strano.”
'Oh, non sai quanto!'
“Non hai altri amici che potrebbero venire con te?”
“Nessuno ha voglia, d'altronde, Seattle è piuttosto lontana da qui e servono comunque non pochi soldi.”
“Capisco...”
Dopo una piccola bistecca e un tortino al cioccolato, credo che il mio stomaco potrebbe scoppiare.
Appena il conto arriva, vedo Brian scattare velocemente con il portafoglio.
Cerco di posare i soldi sul tavolo, ma lui mi blocca la mano provocandomi un brivido per tutta la schiena.
“Offro io, non fare storie altrimenti ti lancio in mare!”
Indica la vetrata mentre io trattengo una risata ma non un sorriso gioioso.
“Ti va di fare una passeggiata?” chiede mentre ci alziamo.
“Certo.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 























 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“...e poi Pinkly ha iniziato a morderlo mentre lui cercava di accarezzarla! Era tutto un 'ma che cazzo? Che hai che non va?', dovevi vederlo! Zacky ha filmato tutto, un giorno ti farò vedere quel dannatissimo video! Anche se Jimmy si arrabbierà parecchio!”
Scoppio a ridere per l'ennesima volta, non credo di averlo fatto così tante volte in vita mia.
“Siete fantastici, oh mio Dio!” dico tra una risata e l'altra, con quasi le lacrime agli occhi, mentre lui mi sorride dolcemente.
Sono due ore che passeggiamo, abbiamo lasciato le scarpe in auto e immerso i nostri piedi nella sabbia calda.
“Devi conoscerli, sono sicuro che a loro farebbe piacere.”
“Dici davvero?” mormoro speranzosa, non sono più abituata ad avere degli amici.
Lui mi annuisce convinto.
Quanto mi mancano i miei migliori amici di Seattle...li adoravo. Uscivamo sempre, andavamo in skateboard, ai concerti delle nostre band preferite.
Una volta siamo scappati per raggiungere un nostro amico che ci portò al concerto dei Metallica, a Portland.
A mia madre prese un colpo...siamo stati via per tre giorni e ritornati come se niente fosse successo.
Non ho mantenuto la mia promessa, tutto per colpa di Richard...mi ha obbligata a rimanere, con le sue minacce che tutt'ora usa.
Hey, qualcosa non va?
La voce di Brian mi riporta alla realtà, mentre i miei occhi iniziano a pizzicare.
“Sì...cioè, no. Va tutto bene.”
“Hai gli occhi lucidi, ho detto qualcosa di sbagliato?”
“No, è solo nostalgia...” cerco di sorridergli ma una lacrima traditrice scivola lungo il mio viso.
Samantha...
“Brian, puoi...puoi riportarmi a casa?”
  
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