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Autore: psychoE    02/04/2014    3 recensioni
“Curerò tutte queste ferite, te lo prometto.”
“Come farai a curare quelle che ho dentro?”
“Con l'amore.”
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Huntington Beach
April, 15th 2007
6:30 am
 
Questa mattina, il mal di testa è più forte del solito.
Alzandomi dal letto, mi fiondo nel bagno per farmi una doccia ravvivante. Mentre passo la spugna tra le mie gambe, gemo dal dolore notando i nuovi lividi comparire. Ieri sera è stato veramente devastante...
Avvolgendo un asciugamano dal petto in giù, asciugo i miei lunghi capelli castani per poi legarli in una coda alta.
Torno in camera e, mentre cerco i vestiti giusti da mettere, una voce che non potrei non riconoscere mi fa sobbalzare.
Samantha...ieri sera sei stata più soddisfacente del solito.”
Le sue luride mani mi cingono la vita facendomi tremare.
Chiudo gli occhi per cercare di stare il più calma possibile, ma quando le sue labbra si posano sul mio collo, con uno scatto veloce mi tolgo continuando a cercare una fottutissima camicia turchese.
Oh, avanti Sammy...
Richard, non dovresti essere al lavoro?” sbotto improvvisamente, dopo aver preso dell'intimo dal cassetto.
“Oggi non è domenica?”
“E' giovedì.”
“Merda. Finiamo stasera.” afferma duro, per poi scappare nel bagno.
Pericolo scampato...
Mi affretto a mettere su slip e reggiseno, jeans stretti blu e la camicetta turchese che ho finalmente trovato.
Indosso alcuni dei miei tanti braccialetti e dei tacchi neri molto sobri. Finisco con una linea di eyeliner nero per sottolineare i miei occhi color ghiaccio e...finalmente sono pronta!
Prendendo la mia borsa nera e le chiavi di casa, esco velocemente ritrovandomi in poco tempo sulla mia auto.
Non posso fare altro che notare i lividi che sono sempre più viola nei miei polsi ma, cercando di distogliere la mia mente da quei pensieri, tiro maggiormente le maniche e posiziono meglio i bracciali.
 
 
 









 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Finalmente arrivata nell'unico posto da cui lascio i miei pensieri fuori, entro nella scuola elementare in cui insegno arte.
Cammino lungo il corridoio, salutando qualche mio collega che vedo passare.
Entro nella mia aula, trovando un'alunna che conosco fin troppo bene già seduta al suo banco.
McKenna, che ci fai qui? La campanella suonerà tra quaranta minuti!”
Vedo la piccola alzare lo sguardo che è dannatamente arrossato e asciugarsi le lacrime con le maniche della maglietta viola che porta.
“Ma che...”
Non faccio in tempo a finire la frase che si fionda tra le mie braccia, iniziando a singhiozzare.
La lascio sfogare per qualche minuto, finché non mi decido a scostarla abbastanza per vederla negli occhi.
“Avanti, adesso andiamo a sciacquare questo bel visino...poi mi spiegherai cos'è successo!” le dico dolcemente, prendendola in braccio.
La porto verso il bagno e la poso vicino al lavandino, dove la vedo mentre si butta l'acqua sul suo bel faccino che ora è un po' arrossato.
Chiuso il rubinetto, la prendo per mano e torniamo nell'aula di disegno, chiudendo la porta.
Facendola sedere sulle mie gambe, la incito a spiegarmi il motivo di questa tristezza.
Mamma e papà hanno litigato...e adesso papà non dorme più con noi...” mugugna tenendo il broncio.
“Oh, piccola...da quanto?”
“Ieri sera, mamma ha detto a papà di andare via perché voleva pensare...”
“Vedrai che sarà una cosa temporanea. Sai, non è sempre tutto rose e fiori...”
“Ma i miei genitori si amano tanto! Se lo dicono sempre!”
“Se il loro è amore, allora si sistemerà tutto. Te lo assicuro!”
E tu, maestra? Hai mai amato qualcuno?
Una morsa mi stringe al petto, pensando a quando credevo di amare una persona che per me nutriva solo voglia di sesso...ed io, idiota come sono, ci sono anche cascata.
No...non l'ho mai fatto.
“Ah...beh, allora spero che troverai la persona da amare...mamma e papà, quando non litigano, sono molto felici insieme.”
“Già, lo spero anche io! Adesso, però, mi devi promettere di stare tranquilla e di pensare positivo...vedrai che tutto andrà bene!”
“Te lo prometto.”
Le sorrido e sento il suono della campanella rimbombare nella struttura, McKenna si alza e va a sedersi al suo banco.
Presto, la classe si riempie di bambini ed io inizio la mia lezione.
“Bene bambini, il tema della lezione di oggi è l'amicizia. Date sfogo alla vostra fantasia e dipingete – o disegnate – quello che volete. Come sapete, oggi abbiamo quattro ore interamente nostre visto che la maestra Smith non c'è. Iniziate pure e state attenti a non sporcarvi!”
Va bene maestra!” dicono in coro i bambini, iniziando a parlare tra di loro ed a disegnare sui loro fogli.
 




















 
 
 
 
 
 
 
Dopo un'ora, passo per i banchi e guardo i disegni dei bambini che sembrano venire bene.
Tutti hanno disegnato loro stessi con i propri migliori amici, tranne una bambina...proprio McKenna.
Lei, ha dipinto la figura di un ragazzo decisamente più grande di lei...
“Hey, McKenna...chi è quello?” chiedo curiosa, vedendo la piccola voltarsi e sorridermi.
“E' il mio fratellone!” esclama.
Ha un fratello? Eppure, non me ne aveva mai parlato...
“Sai, maestra, è lui il mio migliore amico! E' tornato una settimana fa, era in tour con la sua band. Suona la chitarra, è bravissimo! Mi ha promesso che insegnerà anche a me a farlo...ma da quando mamma e papà hanno litigato, è diventato molto nervoso...”
Il suo sguardo si rabbuia ed istintivamente le accarezzo la guancia.
“Cosa mi hai promesso stamattina?” le chiedo iniziando a farle il solletico e vedendola iniziare a ridere a più non posso.
Notando che finalmente ha ricominciato a sorridere, la lascio in pace e aspetto il suono della seconda campanella.
“Bambini, fate una pausa!” li esorto.
Si alzano tutti e iniziano a giocare tra di loro, mentre io mi siedo alla cattedra reggendomi la testa col braccio.
Sono tutta dolorante, ieri sera Richard ha veramente esagerato...
Ma, come al solito, non posso farci nulla se non sopportare.
Quanto vorrei uscire da questa vita...sentirmi libera di fare tutto ciò che voglio e, soprattutto, non vivere con la paura costante di morire ogni sera.
Aiha, mi hai fatto male!
L'urlo di McKenna e il pianto che lo segue mi riportano alla realtà, facendomi accorrere alla bambina che è sdraiata per terra.
Subito la faccio alzare e noto del sangue uscire dalle sue labbra.
“Chi è stato?!”
“Jonathan!” dice un'amichetta di McKenna, indicando l'alunno più pestifero della classe.
Lo guardo furente, prendendo in braccio la bambina piangente e uscendo dall'aula, non prima di aver chiamato la bidella per controllare i bambini.
Corro in infermeria con la piccola in braccio, cercando di farla calmare.
Arrivata, la poggio sul lettino e prendo un kit medico.
Con una garza bagnata, le disinfetto la ferita molto cautamente, pulendo qualche goccia di sangue che si trova sul suo mento.
“Cos'è successo?” chiedo dolcemente, quando noto che ha finalmente smesso di piangere.
“Jonathan mi ha spinta in terra e sono caduta...diceva che ero brutta! Così ho detto che era brutto anche lui...”
“Oh, piccola...non bisogna mai controbattere, ma essere più superiori e non dare peso a quello che gli altri dicono.”
“Hai ragione...però mi sono arrabbiata!”
“E ci credo. Adesso, dobbiamo chiamare i genitori di tutti e due!”
“No! Per favore...non voglio farli preoccupare...”
Vista la loro situazione, McKenna ha ragione. Improvvisamente, però, mi viene un lampo di genio.
“Chiamiamo tuo fratello, va bene? Hai il numero?”
“Sì...lo so a memoria!”
Le passo il mio cellulare e presto la sento parlare, nel mentre io chiamo i genitori di Jonathan e li informo di ciò che loro figlio ha fatto.
La bambina mi restituisce il cellulare e si siede sulle mie gambe.
“Sai, maestra, io voglio tingermi i capelli di viola!”
“Sei ancora piccola...io li feci blu, a quindici anni...” le sorrido ricordando i vecchi tempi.
Sono davvero passati 10 anni?
“Allora anche io li tingerò a 15 anni!” esclama con un sorriso a trentadue dentini.
La porta dell'infermeria si apre ed entra un ragazzo sul metro e ottanta, capelli corvini sparati in aria e occhi nocciola, stessi lineamenti di McKenna...non potrei non riconoscerli!
“Mck, chi ti ha fatto questo?” si preoccupa prendendola tra le sue braccia.
“Jonathan...ma adesso è tutto apposto, la maestra dei braccialetti mi ha fatto passare la bua!”
Maestra dei braccialetti...
Tutti i miei alunni mi chiamano così, visto che ogni giorno metto un sacco di bracciali per coprire i lividi nei miei polsi. E, questi bambini, la fanno quasi sembrare una cosa piacevole.
“E la carissima maestra dov'era nel mentre?” chiede il ragazzo con fare presuntuoso.
“Non me ne sono accorta, io...”
“Ho notato. Beh, dovrebbe fare più attenzione!”
Brian! Non trattarla così!” lo riprende la sorella.
“Ha ragione, non ho svolto bene il mio lavoro di sorveglianza. Spero possa perdonarmi...” dico abbassando lo sguardo, delusa da me stessa.
Lo sento sbuffare, si passa una mano tra i capelli e mi guarda.
“No, mi scusi lei...ho esagerato. Non è un bel periodo.”
“Sì, beh, McKenna mi ha accennato...comunque, suppongo vorrà parlare con i genitori di Jonathan.”
“Il prima possibile.”
Annuisco ed esco, tornando in classe e accertandomi che la bidella stia tenendo bravi i bambini.
Li trovo ognuno seduto al suo posto, gli sorrido e chiamo Jonathan fuori.
“Maestra, mi metteranno in prigione?” mi chiede mangiandosi le unghie.
“No, piccolo, ma che dici...ma devi capire che non puoi comportarti così.” gli spiego il più dolcemente possibile.
Il bambino mette il broncio ed io non posso fare altro che accompagnarlo dai suoi genitori che si trovano nell'ufficio del preside, assieme a McKenna ed a suo fratello.
“Allora, Jonathan, vuoi spiegarci cos'è successo?” chiede il preside Wilson.
“Io...non volevo farle male...”
“Ma l'hai fatto.” dice secco Brian, tamburellando un piede a terra.
“Volevo solo farla arrabbiare!”
“Jonathan, ti abbiamo detto mille volte di non essere prepotente con i tuoi compagni, specialmente con le femmine!” lo sgrida, poi, il padre.
“Signor Haner, mi scuso infinitamente per il comportamento di mio figlio. Provvederemo a metterlo in punizione!”
“Non siate troppo duri.” continua il signor Wilson.
“Che non succeda più.”
Lo sguardo del fratello di McKenna è tremendamente serio, serio da far paura...deve tenere davvero tanto a sua sorella.
I genitori si congedano e i bambini tornano in classe dopo aver fatto pace.
Sto per entrare anche io, quando non sento qualcuno schiarirsi la voce dietro di me.
Mi volto e trovo Brian che si gratta il capo, come se stesse cercando di dirmi qualcosa.
“Se vuole parlare con me...”
“Oh, no...beh, intanto dammi del tu. Visto che sono stato particolarmente sgarbato prima, vorrei chiederti se ti va di prendere un caffé insieme, magari quando finisci.”
Lo guardo attentamente, sembra molto impacciato.
“Ma se neanche ci conosciamo...”
Dopo questa affermazione, si affretta a stringermi la mano.
Piacere, sono Brian.” dice mentre mi mostra un fantastico sorriso che non riesco a non ricambiare.
Samantha, il piacere è mio.
“Bene, Samantha...accetti la mia proposta?”
Ci penso su qualche attimo...
Sono fidanzata.” affermo scrutandolo con attenzione.
Anche io.” dice, aspettando ancora una risposta.
“Oggi sono occupata...”
Il suo sguardo, con mia sorpresa, sembra essersi spento.
“Tuttavia, potremmo rimandare a domani.” continuo sorridendogli.
“A che ora esci?”
“Per mezzogiorno.”
“Allora, vada per un pranzo. Ci conto!”
“Va bene...a domani, allora.”
Mi saluta con un cenno e mette le mani in tasca, uscendo dalla struttura.
Non so come, ma credo che domani sarà una giornata interessante.









Angolo dell'autrice:
Salve a tutti!
Durante la pubblicazione di "Scream for the pleasure, unmask your desire", la mia mente aveva generato quest'idea. Oggi l'ho buttata giù e ci terrei a sapere con una recensione cosa ne pensate e, soprattutto, se è il caso che io continui a scriverla. Altrimenti, non starò neanche a perdere tempo.
Se volete, potete scrivermi su twitter, mi farebbe piacere! Sono @lonelygirl__
Un bacione!
  
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