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Autore: Rinalamisteriosa    18/07/2008    2 recensioni
Questa è la storia di Lavinia e di suo fratello Maurizio, che grazie a uno “strano” incidente riusciranno a capirsi e a volersi bene.
La prima a urlare per la sorpresa fu Lavinia, ma l'urlo che le uscì di bocca non era il suo.
Era identico a quello del fratello maggiore.

[REVISIONATA]
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’urto

 

 

La partita era terminata cinque a tre, a favore della squadra di Maurizio.

I ragazzi si stavano giusto complimentando con lui per il gran risultato.

“Complimenti capitano! Sei stato grande!” si congratulò il più vicino, con una pacca ben assestata sulla spalla.

“Già... hai giocato meglio del solito, bravo!”.

“Coraggio, dicci il tuo segreto!”.

“Quale segreto, Bruno?" lo esortò Maurizio, vagamente perplesso.

Non capiva, o forse fingeva di non capire.

“Chi ti ha trasmesso tutta quest'energia?” domandò Bruno, ammiccando.

“Lo so io. Secondo me ha trovato la ragazza!” provò uno.

“Ma che...? No, lasciamo perdere. È meglio se non lo dico: non mi credereste mai…” si giustificò.

E dopo altri dieci minuti passati a sentire i complimenti e le assurdità che sparavano i suoi compagni, Maurizio tornò a casa.

 

Si fece una doccia veloce, giusto per togliersi il cattivo odore di sudore sulla pelle, e lo fece in fretta perché aveva ancora intenzione di parlare con la sorella Lavinia.

Lei era chiusa nella sua stanza, con la radio a tutto volume. Lui spalancò la porta e si avvicinò a quell'aggeggio infernale, pigiando il pulsante di chiusura e irritando la sorella.

“Ehi! Che cosa hai fatto? Riaccendila subito!” gli ordinò perentoria.

“Sorellina... noi due dobbiamo parlare. Siediti buona buona nel letto e ascoltami, dai!” le disse lui, parandosi di fronte, con le braccia incrociate al petto e l'aria da duro.

“No-o! Potevi farlo prima, quando non stavo facendo nulla, invece di andartene a quella stupida partita!” replicò a tono.

“La finisci? Non è una cosa stupida. E poi... ti confesso che l'ho dedicata a te e ho vinto...” ammise.

“E allora?! Pensi che questa tua vittoria mi farà cambiare idea?”.

Levò gli occhi al cielo, esasperato da tanta cocciutaggine.

“Vuoi ascoltarmi una buona volta, invece di interrompere sempre il discorso?!”.

“No, sei tu che devi ascoltarmi: esci subito fuori dalla mia stanza, non sono dell'umore giusto per parlare! Ahia... la caviglia... è colpa tua se adesso mi è tornato il dolore!” sbraitò.

Era troppo: Maurizio le si avvicinò, le tirò una sonora sberla e poi la fece sedere. Si mise davanti a lei, la faccia china e tanto vicina da poter sentire il suo respiro.

“Mi dispiace, Lavinia, ma era l'unico modo per calmarti. Fammi parlare, ti prego!” la supplicò, davvero pentito di essere ricorso alle maniere forti.

Lei cercò di divincolarsi, di alzarsi, ma lui la teneva ferma premendo sulle gambe.

“Sorellina, io ti voglio bene, okay? Non immagini quanto. Ci passiamo solo due anni... ti ho vista crescere... da piccoli facevamo tutto insieme, persino dormire nello stesso letto, perché tutto il giorno non bastava. Perciò non capisco, non comprendo proprio perché tu, crescendo, abbia cambiato bruscamente atteggiamento, allontanandoti da me. È impossibile che sia solo per gli amici che frequento: tu lo sai che ho sempre tentato di difenderti!”.

“Non è vero! Sei un bugiardo...” strillò lei, scuotendo irritata il capo, per nulla colpita da ciò che aveva detto quel – a suo parere – ruffiano del fratello.

“Non è una bugia, accidenti!” esclamò incredulo.

“Senti, mi stai facendo male alle gambe, ne ho pure una ingessata. Se non mi molli subito, mi metto a urlare sul serio, così mamma e papà accorreranno subito a-”.

“A fare che?! – questa volta gli toccò alzare il tono della voce, interrompendola. – Non ti sto facendo niente, sei tu a essere dura di comprendonio! Almeno spiegami da dove nasce il tuo odio per me... avanti, dillo apertamente!” la spronò.

“Vuoi davvero saperlo? Va bene... te lo dirò, ma prima fammi alzare”, sembrò cedere.

Maurizio ubbidì. Stavolta fu Lavinia a tirargli una sberla, lasciandogli persino il segno delle cinque dita.

“Questo è per avermi fatto male, brutto viziato che non sei altro! Perché è questo che sei: hai tutto quello che desideri dalla tua vita!” dichiarò.

Maurizio era sempre più sbigottito, mentre si accarezzava la guancia colpita.

Fu con un’espressione frustrata che replicò: “No, Lavinia. Non è così… non ho più il tuo affetto, la tua comprensione”.

“Mi spieghi come diavolo fai a non capirmi? Eppure è semplice, ho già detto tutto quello che dovevo per farti arrivare alla verità! Vuoi che ti dia ragione anche se non ce l'hai? È questo?!” gli chiese spiegazioni, gesticolando.

“Allora sei stupida! La viziata qui sei tu, non io. Apri gli occhi finché sei in tempo!” l’avvertì.

Si guardarono in cagnesco per qualche minuto, finché i genitori non li chiamarono per la cena in tavola.

“Continuiamo il discorso dopo, sorellina…” disse semplicemente, pronto a voltarsi per uscire dalla stanza.

“Per quanto mi riguarda, io ho concluso”, affermò, lapidaria.

Maurizio cambiò idea e la tirò a sé per il braccio. “No, non abbiamo concluso!”.

Fu così che avvenne. A Lavinia si sfilò il braccialetto dal polso e cadde a terra: tutti e due, fissandolo, si chinarono a raccoglierlo e le loro teste si urtarono tanto che caddero a loro volta.

Quando si ripresero dalla botta, i loro occhi si incrociarono per un attimo, giusto il tempo di rendersi conto di quello che era successo.

 

 

Continua…

 

 

 

  
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