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Autore: elev    25/04/2014    7 recensioni
"In un mondo pieno di dolcificante artificiale, aspartame, saccarosio e derivati vari.
C'è chi ha perso la dolcezza dello zucchero e la naturale duttilità del miele."
Per quel giorno avevano previsto neve.
Erano le 7.30 di mattina e Juliet svoltava l’angolo del 142 di Portobello Road.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bend it like Beckham

Il cielo si stava rabbuiando quando Luca maledisse ad alta voce la busta di quelle stupide caramelle gommose che di frutta avevano soltanto il sapore, aperta sul tavolo.
- Cento ne mangerei, cosa c’è dentro vorrei sapere! - esclamò quasi esasperato, cacciandosi in bocca l’ennesima linguetta  acidula questa volta al sapore di pesca e fragola e tornando a preparare pensieroso gli ingredienti per la cena.

La vecchia radio accesa sul davanzale della cucina gracchiava il programma dei dischi su richiesta e, quando Bryan Johnson attaccò con “thunderstruck” e Luca alzò il volume,  il pacco di spaghetti si rivelò utilissimo per un improvvisato contest di air guitar da fare invidia alla migliore hard rock band del paese. Diede il meglio di sé per  i 4 minuti e 52 secondi del brano saltellando a piedi scalzi lungo il corridoio, per poi  finire in adorazione strisciando sulle ginocchia in salotto.
Alla fine, accaldato, si rialzò sogghignando, aprì la finestra del terrazzo  e, fischiettando il ritornello, si appoggiò al parapetto ammirando il crepuscolo della sera primaverile. La luce fioca di una sigaretta accesa attirò lo sguardo del giovane Chef che poco più in là, nel piazzale davanti al palazzo, notò la figura di un ragazzo, giovane per quanto si poteva intuire, che con lo sguardo basso e una mano in tasca improvvisava dei calci di rigore con una lattina.
– Ehi, Beckham! Grande goal! – lo interruppe Luca dal terrazzo al terzo calcio franco andato in porto tra i due pali di un’altalena del parco giochi.
Il ragazzo alzò lo sguardo un po’ smarrito per quella voce improvvisa, poi lo notò e fece spallucce tirando dalla sigaretta.
– Hai del talento ragazzo- aggiunse - ma se vuoi giocare sul serio quella non ti fa bene! - si raccomandò facendo cenno alla sigaretta accesa.
– Ah sì? Ma sentiamo a chi dovrebbe importare eh? E poi fatti i cazzi tuoi! – urlò, e tornò a tirare calci alla lattina.
– Va bene va bene… e che c’avete tutti oggi mamma mia! – Sbuffò semi divertito Luca alzando la mani in segno d’arresa. – Vado a farmi… “i cazzi miei” – aggiunse borbottando tra sé e sé, e rientrò in casa pronto a piombare in casa di Juliet per cena.

***

I rintocchi di una campana poco distante annunciarono che erano le 20 precise confondendosi con la sirena di una volante in servizio qualche isolato più lontano, quando una brezza tiepida entrata dalla finestra aperta sopra il lavandino, risvegliò Juliet dai suoi pensieri.
Erano trascorse quasi due ore da quando Sean era uscito sbattendo la porta e Juliet si ritrovò ancora nella stessa posizione in cui era rimasta. La mano appoggiata su di uno strofinaccio azzurro accanto al lavello si era intorpidita lentamente e le lacrime che le avevano solcato le guance ormai erano asciugate lasciandole comunque gli occhi gonfi, velati di rosso e un forte cerchio alla testa. L’ultima volta che si era sentita così era stato poco prima di uscire di casa di sua madre. Anche lei aveva sbattuto una porta. Anzi due: quella di casa di sua madre e quella del suo cuore. Si era ripromessa che nessuno avrebbe mai più potuto mortificarla in quel modo. Quei rimproveri, che ancora sentiva nella testa e che col tempo si erano affievoliti  assieme al ricordo di sua madre e ai suoi progetti ; ora, con la presenza di Sean, avevano ripreso vigore.

La stretta delle dita attorno allo strofinaccio riprese forza per un momento, quando gli occhi di Juliet, fissi nel vuoto fuori dalla finestra, si inumidirono di lacrime nuove che non persero occasione di solcarle di nuovo il viso.
Con una smorfia tirò su col naso e si passò la manica della tuta in ciniglia sulla fronte impregnandola di quello stupido dolore che era riemerso prepotente da qualche angolo recondito del suo cuore.
Il riflesso del suo viso arrossato nello specchio del corridoio la diede la certezza di avere davvero un aspetto spaventoso quando Juliet si ritrovò a vagare per l’appartamento senza uno scopo preciso. Quel silenzio le rimbombava nella testa dolente. Sbuffò  e decise che sì, una doccia rigenerante non avrebbe potuto che farle bene.

Fece per dirigersi verso il bagno quando con il piede scalzo, inavvertitamente urtò contro un’oggetto abbandonato a terra dandogli un gran calcio e facendolo finire addosso alla porta d’ingresso.  – ma che cavolo! – esclamò arrabbiata, fu in quel momento che qualcuno bussò alla porta.
– Ma si può sapere chi cazzo è che mi rompe le palle adesso cazzo?! Esclamò la Edwards furibonda accentuando la parolaccia proprio mentre girava la maniglia. – Vi siete messi d’accordo stasera? Non mi ero accorto che avessi un lato così “rude”, cara la mia scaricatrice di porto….e devo dire che non mi dispiace eh! – Sogghignò qualcuno divertito da dietro la porta e inseguito aprendola completamente. Juliet indietreggiò ancora con la mano sulla maniglia – C-cosa? L-Luca? Che ci fa qui? – balbettò poco convinta portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. – Che ci faccio? Come che ci faccio?- rispose il moro, e, facendo spallucce, entrò nell’appartamento con la cassetta di viveri in braccio; –Te l’avevo detto che sarei venuto per cena no? Io faccio sempre quello che dico e poi… questa roba pesa! Ah, e non ti scomodare “Giulia” la cucina la trovo da mé! –aggiunse.

– Sentirai che sapore, che profumo… oh, complimenti Juliet, bell’appartamento eh! – rise ad alta voce dalla cucina. Ma non ottenne risposta.
– “Giulia”…. Oh Juliet! – ripeté uscendo dalla cucina.
– Mi vuoi dire che succede? – dai scherzavo! – aggiunse con dolcezza.

Juliet strinse con più forza le braccia al petto e fissando un punto immaginario fuori dalla finestra del salotto voltando le spalle al collega, che confuso si avvicinò. Inseguito, non ottenendo risposta tranne che un singhiozzo strozzato, sfiorò la spalla alla donna che rabbrividì leggermente.
Lo aveva sentito avvicinare, il calore di quel corpo dietro la sua schiena , il tocco dolce della sua mano sulla spalla la fece sobbalzare. Juliet si sorprese nell’ammettere che la presenza di qualcuno che consolasse la sua rabbia in quel momento, non era affatto male. Rabbrividì leggermente al pensiero e si voltò incrociando gli occhi seri di Luca. – Ma che è sta faccia? Ma che è successo? – fece lui con tono preoccupato.

– Che fai piangi? –
– No! – sibilò lei.
La presa delle mani di Luca all’altezza delle spalle la trattennero dal voltarsi.
–Se n’è andato! – singhiozzò la bionda fissando le mani dell’uomo che le stringevano delicatamente le braccia.
– Chi? –
– Mio fratello! – Sbuffò lei guardando furtivamente negli occhi. – Che cosa? Da quando? – balbettò lui sorpreso. – L’ho scoperto oggi – fece sconsolata. – Dai, tornerà. Quella è la sua roba vero? – accennò con la mano alla borsa abbandonata in terra.
Juliet annuì abbassando tristemente il volto.

– Ohhh forza! Dai mi metto ai fornelli! Il cibo fa miracoli, sentirai che roba! – fece lui scuotendola leggermente, e, abbassando il viso verso la testa china di Juliet cercò di riagganciare il contatto visivo.
– Ma proprio non lo capisci quando non è il momento vero? –  Sbraitò Juliet scansandosi dalla presa.
– Perché? Che ho detto di male? –  Replicò con tono finto-offeso
– Tu e le tue battute! Ma pensi davvero che sia sempre tutto divertente? –
– Ma la cena? –
– Un’ altra volta… se ci sarà! –  Sbuffò. – E ora vai! Lasciami in pace–  insisté spingendolo verso l’uscita.

Juliet sbatté la porta con forza e, appoggiandovisi contro con la schiena, scivolò a terra sbuffando con le mani tra i capelli.
Cacciarlo via, quell’uomo insistente, sì era la cosa migliore da fare. Rifugiarsi nel solito guscio. Sì avrebbe fatto così. I pensieri disfattisti di Juliet furono interrotti dal suono insistente del citofono per la seconda volta.
Luca fissava la porta chiusa dell’appartamento di Juliet scuotendo il capo. Per un momento fece per andarsene ma poi,  con convinzione premette il campanello per la seconda volta.

Juliet aprì la porta con rassegnazione e ricacciandosi in gola gli insulti che avrebbe voluto sputare contro chiunque l’avesse ancora disturbata. Aprì la bocca lo stesso per replicare una qualunque scusa ma prima che uscisse qualunque cosa fu travolta da una ben nota voce maschile che, percorrendo velocemente il  tinello fino alla cucina,  le ordinava – No, Giulia non tenterai di cacciarmi di nuovo, ora vatti a sedere e preparati… se famo du spaghi ! –
– C… cosa?
–  Spaghetti! –  Sorrise trionfale appoggiandosi allo stipite dell’ingresso della cucina.
– Ma io non… la tavola…. –  indicò il tavolo spoglio – non è apparecchiata e… –
– Non mi interessa, faccio tutto io! Non ti intromettere… donna! – rise fragorosamente riempiendo un pentolone d’acqua.

Juliet si abbandonò rassegnata nella sua poltrona preferita e, sospirando, chiuse gli occhi. Passò un quarto d’ora quando un delizioso profumo di pomodoro e basilico invase il locale accompagnato da un allegro fischiettare.
Quando la chef riaprì gli occhi sul tavolo sostavano due calici ricolmi di vino rosso e due piatti di pasta fumavano in attesa di essere assaporati.
Si incantò su quella tavola così invitante e si sorprese quando pensò che Luca avesse proprio ragione nel sostenere che a volte il cibo poteva veramente fare miracoli.
Abbozzò un mezzo sorriso appoggiando la testa al lato della poltrona.
– ahaaa beccata! – il dito indice di Luca le indicava chiaramente l’angolo del labbro che si era appena incurvato. Juliet gli rivolse uno sguardo interrogativo ma non disse nulla.
– Beccata! T’ho visto: hai sorriso! – festeggiò danzando per la stanza. – Adesso vieni  se magna!! –
–  Sei sempre così? –  Chiese Juliet scuotendo la testa
– Solo con chi apprezza la pasta! – scherzò Luca.

Erano passate due ore da quando i piatti avevano preso il loro posto sulla tavola e Juliet con i pensieri annebbiati vuoi per il dispiacere, e anche sì, per il vino uscì sul terrazzo e stringendosi in una pashmina colorata, si sedette sulla panca e chiuse gli occhi inspirando l’odore di quella notte che si affacciava all’estate.
– Ridi di me? –  fu la voce che la interruppe.
– Non sto ridendo –  replicò – quanto abbiamo bevuto? –
–  “Anni e bicchieri de vino nun se contano mai!” –  rispose Luca affacciandosi al terrazzo.
– Che saggezza è mai questa?
– Mia nonna me lo diceva sempre! – fece Luca fissando il cielo stellato.
– Mi ha insegnato tutto. Finché ha chiuso la sua osteria sul Lungotevere. Poi sono venuto qui.-

– Da Tony? Ma non vi conoscevate da bambini? – Juliet si sdraiò sul morbido cuscino della panca.
–  Certo. Tony è mio cugino…. – che è t’è venuta la parlantina? –
Si voltò avvicinandosi alla donna, e quando fu sufficientemente vicino si soffermò per un attimo sulle sue labbra rosee e mormorò – buona notte Giulia... –  
Ma Juliet si era già addormentata.



Angolo cottura:
Ehilàaaaa!
Dopo un mese e cinque giorni di assenza rieccomi qui: ELEV IS BACK!
C’è chi ora si metterà le mani nei capelli e urlerà disperato ma tant’è ve lo dovevo…. E spero di non avervi deluso!
Perdonatemi per l’assenza (se potete) sono stata letteralmente assorbita da un periodo super mega frenetico che mi ha tolto pazienza, ispirazione e tempo per scrivere… e ne sto riemergendo pian pianino solo ora! In questo capitolo, sembra di no e sembra pure corto, ma sono successe un  mucchio di cose e abbiamo scoperto anche qualcosa della storia del nostro Chef preferito. Fatemi sapere che ne pensate o se devo darmi all’ippica col cavallo a dondolo…
Grazie a tutte voi, fedelissime: Angelica Sofia, Calliope_25, Antos1991, Novalis, Serpentina e Bijouttina che mi lasciate sempre un commento e anche a tutte/i voi altre/i che avete messo la storia nelle seguite.
Passerò a spammare anche l’aggiornamento sulla mia pagina fb.
Un abbraccio a tutti -elev

 
  
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