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Autore: Lady Moonlight    25/04/2014    0 recensioni
La giovane Freya Gadamath non conosce quasi nulla di faccende che riguardano Vampiri, Fate, Unicorni ed altri esseri sovrannaturali. Trascorre la sua vita praticando la professione di Guaritrice, cercando di aiutare la gente bisognosa.
Tutto cambia quando il vescovo di Shang la dichiara una strega, condannandola al rogo. Prima che la cerimonia della sua morte abbia inizio, però, un avvenimento improvviso cambia le sorti del suo destino.
Freya avrà salva la vita solo se adempirà al compito che il vescovo le ha assegnato.
Ma lei non ha idea di quanto quell'incarico sia complesso, soprattutto se la questione riguarda un Angelo precipitato dall'Eden.
[Le tenebre dei suoi occhi si fecero più confuse e più minacciose. Respirò, sapendo che ogni boccata d'aria poteva rivelarsi l'ultima, per lei.
Poi la voce assunse sfumature più incerte, quasi avesse intuito la paura che, ora, animava la sua vittima. Sembrava che si stesse gustando il momento, meditando su quale fosse l'istante più ideale per sopprimere definitivamente la preda.
Quando, infine, le tenebre giunsero fino a lei e per lei, la ragazza comprese che il suo destino era sempre stato quello... fin da quando quel gioco aveva avuto inizio.]

Seguito di: Contratto di Sangue-L'ombra del principio
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Contratto di Sangue'
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25
Homunculus
 
 


Freya non sapeva come aveva trovato la forza per tornare indietro da Michele. Le gambe le tremavano ad ogni passo e la vista era sfuocata al punto che per un attimo scambiò la sagoma dell'angelo per un albero.
Avanzava ammantata da uno strano torpore e quando barcollò in avanti, impacciata come un'infante, si rese improvvisamente conto che i suoi occhi lacrimavano sangue. Non provava dolore, ma più tentava di strofinarsi in quel punto, più rivoli scarlatti le colavano sul viso.
Era grata di non potersi guardare in uno specchio, perché era certa che vi avrebbe visto un mostro sgradito.
Alla sue spalle sentiva gli ansiti e i gorgoglii della creatura che sorprendentemente Kayle aveva messo alle strette. Era emerso dal ghiaccio come la leggendaria spada di re Artù e come un arma aveva ferito e lacerato quel corpo mostruoso.
Sapere che lui non era morto era un sollievo immane, ma lei non poteva fare più nulla per aiutarlo e Freya sperò che Kayle non finisse in altri guai.
Continuava a chiedersi se Camille e gli altri abitanti del villaggio sarebbero stati ancora vivi se lei e Michele non fossero mai arrivati in quel luogo.
L'essere del lago emise un urlo più acuto, che a Freya ricordò quello di una balena in fin di vita.
Lei si guardò attorno con aria stranita, incapace di scorgere Lucifero e Sebastian, e raggiunse l'angelo inciampando più volte nelle buche del terreno.
Michele era in piedi, leggermente curvato in avanti e si fissava le mani come se le vedesse per la prima volta. La spada di Enuwiel aveva la punta incastrata nel terreno e scintillava di un tenue azzurro nel buio della notte.
Lui non parlò e Freya rimase perplessa. Le stava sfuggendo qualcosa, come se in tutto quel caos avesse dimenticato...
"La prigioniera?" la voce le uscì più rauca di quanto credesse, flebile come quella di una persona in punto di morte.
I rovi con cui aveva avvolto Cassandra giacevano a terra, recisi, mescolati al sangue della vampira. Accanto, c'erano delle impronte che sembravano dirigersi verso sud, la stessa strada che avrebbero dovuto percorrere anche lei e Michele.
"Ti avevo detto di sorvegliarla!" boccheggiò incredula. "Dov'è andata? È tornata con Lucifero? Da Lilith? Che fine ha fatto Sebastian? Michele, cosa è successo?" lo interrogò, obbligandolo a voltarsi verso di lei.
"L'ho lasciata andare." rispose atono, come se la sua mente fosse altrove.
"L'hai liberata?" lo aggredì lei, incredula. "Hai fatto fuggire la vampira di tua iniziativa?" continuò attonita. "Non posso credere che tu lo abbia fatto! E me lo dici in quel modo, come se-"
"Ho dovuto farlo." la interruppe Michele, serrando la mascella.
"Potevamo usarla! Strapparle informazioni sui piani di Lucifero, impedirle di uccidere umani innocenti!"
"Cassandra non poteva rimanere con noi." disse l'angelo con un tono di voce tagliente. "Era un pericolo."
Freya si portò una mano tra i capelli con fare nervoso. "Certo che è un pericolo!" sibilò. "Non è umana, si nutre di sangue... Ed era nostra! Nostra, capisci Michele?"
Si impose di ritrovare la calma, ma non riusciva ad accettare la scomparsa di Cassidy per mano di qualcuno di cui si fidava.
"Credevo avessi capito che non devi fidarti di lui. O di Semiael o di-"
"Te?" suggerì Freya, scacciando dalla mente lo sguardo beffardo di Morwen.
Il lago si stava sciogliendo poco a poco e le zolle di ghiaccio si spostavano smosse dalle onde prodotte dal corpo della creatura, che ora era parzialmente immersa nell'acqua.
Kayle era ancora lì, e la sua arma affondava ancora e ancora nella pelle dell'essere. C'era una macchia scura che si allargava nel lago attorno al mostro ferito e anche il ragazzo era ricoperto di quella sostanza. Lui colpiva con foga, con una cieca determinazione e Freya rimase a fissarlo assorta.
"Cassandra era un problema di cui non potevamo occuparci. È stata l'amante di Sebastian e lui non... avrebbe capito." commentò Michele, distogliendola da Kayle.
"Cosa c'era da capire?" sbottò lei, sentendo sospirare il compagno.
"Clare."
"Spiegati." lo incitò nervosa.
"I Rainsworth proteggono il regno di Ziltar da quando Enuwiel ne garantì la stabilità. Prima di lui il mondo era caos e dopo... difficile dirlo. La Seconda Guerra Celeste si scatenò anche a causa di Enuwiel e quando ebbe termine, nacquero nuovi regni, nuovi stati... nuove forme di governo. In quel tempo, Sebastian massacrò ogni unicorno, nutrendosi del loro sangue, convinto che potesse rafforzare i suoi poteri. In un certo senso fu così e ottenne la possibilità di esporsi alla luce del sole senza subire danni al suo corpo... Quando eravamo a Shang ti ho spiegato qualcosa di questa famiglia e tu hai trovato altre informazioni sui libri che hai letto."
Freya annuì, incapace di capire quale fosse il punto. "Sii più chiaro, Michele." Non voleva apparire insensibile, ma dovevano andarsene da lì.
"Ti ho spiegato del Contratto che lega la Guardiana a Sebastian." proseguì l'angelo. "Ma in realtà, il Contratto è molto simile ad una maledizione." decretò.
Freya sentì i muscoli del suo corpo farsi più tesi e non poté fare a meno di pensare al legame che la univa a Morwen.
Una maledizione.
"Con questo, cosa vorresti dirmi esattamente? Che Clare è maledetta? I Rainsworth lo sono?"
"No. La prima Guardiana, Clarissa Rainsworth era ferita e sarebbe morta se non avesse accettato di aiutare l'ultimo unicorno. Lui la guarì e in seguito legò ad entrambi l'esistenza di Sebastian, obbligandolo al suo volere." doveva aver scorto perplessità sul volto di Freya, perché emise un verso di frustrazione. "Quando l'unicorno aiutò Clarissa era nelle medesime condizioni della Guardiana. Il suo corpo era ferito, debilitato, troppo debole per sopravvivere."
Freya dischiuse le labbra, la gola che implorava per avere dell'acqua e le gambe sul punto di cedere nuovamente alla stanchezza.
Aveva capito, naturalmente. Difficile non comprendere qualcosa che era accaduto anche a lei in circostanze differenti. Morwen era la sua maledizione, il tarlo che le consumava ogni giorno spirito e mente, mentre quella di Clare era costituita dallo spirito di una creatura morta da secoli.
"Sono passati mille anni da quando Clarissa strinse il Contratto. Nel corso dei secoli l'unicorno si è fortificato e qualche mese fa Clare ha spezzato definitivamente il patto millenario. Lui rivuole un corpo e l'unica che può donarglielo è Cassandra."
Era un discorso sensato, rifletté Freya. Anno dopo anno l'unicorno aveva contaminato il sangue dei Rainsworth rendendoli più forti, preparandoli per la sua rinascita.
"E lo farà? Chi dice che Cassandra manterrà i suoi propositi?" gli rinfacciò lei, scuotendo la testa. "A volte sei così ingenuo..." aggiunse sovrappensiero.
"Lo farà."
"E cosa diremo a Sebastian?"
Michele le diede le spalle e si inoltrò nel sentiero della foresta. "Sebastian cercherebbe di fermare Cassandra, ma è Clare quella che tra le due deve sopravvivere. Gli diremo che è fuggita... a nord."
Lo seguì, scavalcando con rabbia un tronco caduto. "E il mostro del lago?" gli ricordò, tenendo a mente l'ultima immagine che aveva di Kayle.
"Come hai detto tu stessa, dobbiamo andarcene. Il tempo che ci rimane per salvare Clare è sempre meno... Kayle se la sta cavando bene con la creatura. Lui è più forte di quanto credi."
"E Lucifero?" insistette Freya.
Una folata di vento inusuale le fece alzare gli occhi al cielo. La notte si stava schiarendo e non dovevano mancare molte ore all'alba. Sopra le cime degli alberi Sebastian li stava raggiungendo, solo e apparentemente incolume.
Freya lo osservò mentre con grazia atterrava al suo fianco e provò un senso di smarrimento ricordando come le era apparso a New York.
"Mi padre è stato ferito." annunciò Sebastian. "L'alba sorgerà fra un paio d'ore, quindi abbiamo un notevole vantaggio su di lui se partiamo ora. Dobbiamo dirigerci a ovest, verso la città portuale di Emeria. Prenderemo una nave e..." lui si guardò attorno, socchiudendo gli occhi. "Dov'è Cassandra?"
Freya rabbrividì, ma si mantenne calma.
"È riuscita a fuggire." rispose prontamente Michele. "Ha detto di volersi vendicare di Lilith. Era fuori di sé."
Sebastian si guardò attorno con fare quasi febbrile. Scrutava ogni albero e ogni roccia come se potesse ritrovare Cassidy e Freya abbassò la testa con fare colpevole.
"Devo trovarla!" ringhiò il vampiro, sul punto di andarsene nuovamente.
"Semiael." lo chiamò Michele, autoritario. "Cassandra se n'è andata. Ti ha lasciato. È stata una sua scelta, una scelta che evidentemente non prevedeva la tua presenza con lei. Qualunque cosa voless-"
"Abbandonato." sibilò Morwen. "E tu vuoi rincorrerla come un fedele cane da compagnia. Patetico." proseguì tagliente.
Freya sobbalzò e si portò una mano al petto. C'era qualcosa di strano nel modo in cui Morwen aveva parlato, quasi come avesse voluto aiutare lei e Michele.
"Morwen..." ringhiò il vampiro. "L'unica creatura patetica sei tu. Sopravvivi come un parassita dentro al corpo di quella ragazza."
Freya avvertì il divertimento della regina unseelie, ma Morwen rimase zitta. "Ha ragione lei." esordì la fata. "Cassidy non ti vuole. Stai sprecando il tuo tempo." disse lapidaria.
"Voi non sapete niente. Niente! Non conoscete Cassandra e men che meno me. Era confusa, spaventata..."
E Freya rise.
Rideva per l'assurdità della sua vita, per Kayle, per un angelo che aveva perso le ali, per un vampiro che aveva dato fuoco al mondo e per una ragazza intrappolata in una teca di cristallo.
Si era portata una mano sullo stomaco e si era piegata in avanti. Lacrime di sangue le gocciolavano dagli occhi e tutto le sembrava così ingiusto. Il mondo era andato in rovina e tutto ciò che contava per Michele e Sebastian era la salvezza di una ragazza. In qualche modo c'era sempre di mezzo una ragazza...
Lo trovava penoso, patetico e sbagliato. Ma le cose erano andate così.
"Egoisti fino alla fine. " mormorò con rabbia. "Questo mondo non è cambiato affatto. Può essere mutato il suo aspetto, ma ciò che lo muove è sempre-" Si zittì. "Sto cercando di dirvi che dovreste smettere di concentrare le vostre energie per salvare singoli individui. Se Clare muore il mondo non andrà peggio di come è ora. Lei potrebbe aiutarvi a renderlo migliore? Forse, o forse no."
"Lascia Clare fuori da questa storia." le intimò Sebastian.
"E perché?" lo accusò con una smorfia. "Non è forse lei il fulcro della questione? Al mondo non occorre Clare Rainsworth, siete voi ad averne bisogno."
"Un giorno ti ucciderò." le promise Sebastian, mentre sul palmo della sua mano si materializzava un fuoco nero. "Tu, Morwen... le fate. Tutte voi."
Quella minaccia non la impressionò. "Davvero? Anche tua madre ha tentato di uccidermi, eppure, guardami... Sono qui, viva. Straordinariamente in forma." aggiunse con cattiveria.
Lui scattò in avanti per afferrarle la gola e lei scivolò di lato, usando Michele come scudo. "Smettetela!" tuonò l'angelo. "Non andremo mai da nessuna parte se continueremo ad avere questo atteggiamento... Dovete calmarvi."
"Sei uno stupido sentimentale. Perché non racconti a questo vampiro dei tuoi incontri con Clare nei tuoi sogni? O di come chiamavi il suo nome alla fortezza di Shang quando ti avevano tolto le ali?"
Nessuno dei due le rispose. Sebastian scrutava Michele con occhi ostili e l'arcangelo ricambiava con uno sguardo tagliente.
Dal lago Reewa i lamenti della creatura avevano smesso di farsi sentire e i primi raggi del sole avevano raggiunto i rami più alti degli alberi.
"Basta così, vado a cercare Cassandra." dichiarò Sebastian. Sembrava sul punto di strangolare sia lei che Michele e una parte di Freya avrebbe voluto che lo facesse solo per potergli dimostrare il suo valore.
"No, non lo farai."
Era stato Michele a parlare e lei si ritrovò a guardarlo come se la luna avesse improvvisamente cambiato colore. "Verrai con noi." proseguì lapidario. "Non abbiamo più tempo. Lei non ne ha. Hai già tradito Clare una volta, non commettere nuovamente lo stesso errore."
 
***
 
Trovare la grotta era stato un colpa di fortuna insperato e non appena l'aveva varcata Lucifero si era lasciato cadere su un fianco, schermandosi gli occhi dal bagliore del sole che cominciava ad albeggiare all'esterno.
La ferita al petto era in via di guarigione, ma aveva bisogno di sangue per ristabilirsi e lo infastidiva dover attendere la sera in compagnia di ragni e pipistrelli addormentati sopra la sua testa.
Sebastian e Michele stavano guadagnando terreno, ma d'altra parte conosceva il luogo che volevano raggiungere. Sarebbero arrivati a Clare prima di lui in ogni caso e a quel punto poteva anche attendere che la Guardiana si svegliasse e trafiggerla poi con i suoi artigli. Non aveva ragione di perdere altro tempo dietro a un figlio ribelle e ad una fragile umana.
Aveva una guerra da organizzare e stanare Vincent Rainsworth era un desiderio impellente. Lo stregone aveva fatto male i suoi conti se aveva creduto davvero possibile riuscire a liberarlo dal luogo in cui era stato esiliato da Enuwiel e ucciderlo nello stesso istante.
Con la disfatta che era seguita, Vlad Tepes aveva ritrovato la libertà, Vincent era stato costretto a fuggire come il peggiore dei traditori e il contratto tra i Rainsworth e Sebastian era stata spezzato. Alla fine, tutto era andato a suo vantaggio, eppure si ritrovava con una fata pericolosa e instabile in circolazione, Michele alla ricerca di Excalibur e con l'intenzione di distruggere la Pietra, un figlio che rinnegava i suoi desideri e Vincent che tesseva trappole nell'ombra.
Provò ad individuare la presenza di Cassandra, ma della vampira non c'era traccia.
Qualcun altro, però, vagava ignaro nelle vicinanze del suo nascondiglio e Lucifero si rese conto, con una certa soddisfazione personale, che si trattava del ragazzo-fata scorto nel lago e che lo aveva trafitto con il ghiaccio.
 
 
***
 
Erano stati i quindici giorni più lunghi di quella sua nuova vita. Non era stato facile per lei convivere a stretto contatto con Sebastian e Michele. Freya aveva scambiato con loro il minimo di parole indispensabili e loro avevano fatto lo stesso.
C'erano troppe cose non dette, parole che evitavano di menzionare per non minare il fragile equilibrio che avevano creato tra loro.
Freya credeva che fossero il gruppo più assurdo e mal assortito di cui avesse mai sentito parlare. Gli umani avrebbero riso se avessero scoperto che un vampiro, un angelo e una fata collaboravano per ottenere un obiettivo comune.
Durante quel periodo, Sebastian si assentava sempre durante il giorno e tornava la sera con nuove provviste prese da qualche villaggio. Freya e Michele non si avvicinavano mai agli insediamenti umani. Tutti e tre avevano concordato che non fosse saggio farsi vedere in giro per dare voci a pettegolezzi su insoliti stranieri.
Il terzo giorno di marcia avevano rubato due cavalli e da allora il tragitto per raggiungere Emeria si era fatto più spedito.
Quel giorno le mura basse della città portuale comparvero davanti a loro, seminascoste dalla nebbia. Non erano possenti e minacciose come quelle che Freya aveva avuto modo di vedere a Grefin. Adagiate alle mura erano state costruite le abitazione dei pescatori e non c'erano torri o soldati che custodissero l'entrata del borgo.
Le persone entravano e uscivano liberamente dall'entrata a gruppi di due o tre, parlottando tra loro di affari. Carri carichi di pesce li superarono cigolando, mentre alcuni mendicanti cercavano di attirare la loro attenzione.
Emeria era un chiacchiericcio continuo. La gente si affacciava dalle case gridando ai vicini da balconi ricoperti di fiori e i bambini correvano per le vie in modo confuso, urtando continuamente gli uomini che si intrattenevano per affari.
Freya la trovò un luogo frenetico, diversa da Shang, dove il vescovo si assicurava un atteggiamento pacato da ogni suo abitante. Era una città viva, spensierata, allegra e per la prima volta Freya si trovò a suo agio, come se da sempre fosse stata alla ricerca di un posto simile.
Le piaceva il modo in cui le donne sorridevano ai mariti sull’uscio delle loro abitazioni, la brezza marina che scompigliava i capelli bianchi dei vecchi, seduti su panchine di legno a raccontarsi aneddoti passati.
La piazza centrale era piena di bancarelle straripanti di merci e tutti cercavano di accaparrarsi il pezzo migliore messo in vendita.
"Credevo che posti simili esistessero solo nei racconti dei mercanti. " confessò a Michele, mentre due ragazzini li superavano urlando. "Pensavo che città floride e tranquille potessero trovarsi solo oltre il mare, o a sud..."
"Ti entusiasmi per poco." le rinfacciò Sebastian, che si sforzava di apparire umano in quella calca di persone.
"Come troveremo qualcuno disposto a trasportaci sulla sua nave?" chiese Michele, spostando lo sguardo verso il porto e i velieri ormeggiati che lo riempivano.
Era la stessa domanda che si era posta anche Freya. Non avevano denaro con loro ed era evidente che almeno lei e Sebastian non fossero umani.
"Fate un giro in città, alla nave penserò io. Vi raggiungerò quando saremo pronti per partire." rispose il vampiro senza fornire ulteriori dettagli.
Sebastian li lasciò in mezzo al mercato, dileguandosi tra vicoli secondari e Freya emise un lamento infastidito.
"Pensi che la gente di Shang sia sopravvissuta alla fuga da Grefin?" domandò a Michele. Avevano abbandonato i superstiti in quella città abitata da spie del continente occidentale, nella speranza che fuggissero via mare, ma nulla garantiva che si fossero realmente salvati.
"Avevano buone possibilità di farcela." le rispose guardando dei gabbiani sorvolare la città "Non torturare troppo la tua mente. Ci sono eventi che nessuno ha il potere di controllare. I terremoti giungono sempre all'improvviso, nessuno può prevederli."
Freya si portò le mani davanti al viso, osservandole alla luce del sole. "Per anni mi sono finta umana... e anche quando ero solo Arturya, ho sempre cercato qualcosa, il mio posto nel mondo. Sono destinata agli stessi errori di Sebastian?" tacque un'istante, ascoltando lo stridio degli uccelli.
"Cosa intendi?"
"Lo sai." replicò. "Sebastian è bloccato tra passato e presente, non riesce ad affacciarsi al futuro. Suo padre, i Rainsworth, quell'orologio... gli impediscono di andare oltre. È avvolto da troppe catene, catene che lo tengono prigioniero."
Freya si avvolse le braccia attorno al corpo, lasciando vagare lo sguardo sul cielo. "E io sono come lui."
 
 
***
 
Catacombe, la città ne era piena. Erano state costruite molto tempo prima e Vincent detestava percorrere quei cunicoli che sapevano di morte per ottenere informazioni. Lì, sotto metri di terra e in compagnia dei ragni si sentiva in trappola, sebbene fosse una sensazione illusoria. Nessuno avrebbe potuto ferirlo o catturarlo finché la Pietra sarebbe rimasta in suo possesso.
Fece volteggiare in aria il globo di luce, assicurandosi che l'intensità non fosse troppo forte da attirare sconosciuti indesiderati nella sua direzione.
Un tempo quel luogo doveva essere stata una metropoli, ma come fosse stato possibile che sopra la sua testa si fosse creta una nuova città, Vincent non riusciva a immaginarlo.
Si raccontava che anche Weyra sorgesse sul cadavere, lasciato marcire per secoli, di una precedente capitale umana, ma se era così ai Rainsworth non era dato saperlo.
Forse Sebastian ne era a conoscenza, ma in fin dei conti la cosa era irrilevante.
Vincent avanzò senza fretta, memorizzando la strada che percorreva e lasciando i segni del suo passaggio nella polvere e nei detriti. Se qualcuno lo seguiva l'avrebbe guidato in una trappola.
Superò la carcassa di un serpente, divorato dai vermi, tenendosi in direzione sud-est. Se le voci che aveva ascoltato in superficie corrispondevano al vero era proseguendo in quel modo che avrebbe scovato gli alchimisti ribelli. Dovevano essere una decina in tutto e Vincent aveva studiato a lungo i loro visi affissi sui vicoli cittadini per essere in grado di riconoscerli a prima vista.
Ricordò che da bambino quello era un modo che utilizzava con Clare per divertirsi. Riconoscere fuggiti e criminali da una semplice descrizione del viso era una prerogativa dei Rainsworth, una necessità che si rendeva utile per scovarli tra il resto della popolazione. Theresa era solita metterli alla prova fornendo loro le informazioni base dei prigionieri e quando li spediva nelle prigioni per verificare le loro capacità, lui e Clare facevano a gara per scoprire chi tra i due sarebbe riuscito a indovinare più volti corrispondenti.
Aveva sempre vinto Vincent e Theresa Rainsworth non aveva mai perso occasione per ricordarlo a Clare. Non era un mistero che fosse lui il nipote preferito.
L'incantesimo di luce gli mostrò una serie di cerchi alchemici tracciati sulle mura e sul terreno che avrebbero dovuto fermare gli intrusi. Si trattava di esagoni e triangoli circoscritti in anelli di varie dimensioni, a loro volta affiancati da rune e ulteriori figure geometriche. Erano protezioni alchemiche di medio livello, ma inefficaci con lui.
Afferrò la Pietra di Cristavia con la mano sinistra, sfilandola dal collo e reggendola davanti a sé come avrebbe fatto con una torcia. Il ciondolo emise un bagliore celeste, rimuovendo i segni alchemici al suo passaggio e rendendo inutili le trappole.
Si fermò all'entrata dell'ennesima galleria, preso da una strana inquietudine. Appoggiò la mano libera sulla fronte sudata, scuotendo la testa. Sapeva a cosa era dovuta quella sensazione e ciò non gli portava alcun conforto. Nella sua mente, veloce come un battito di ciglia, si ripropose una delle immagini che per anni lo avevano tormentato: una rosa bianca recisa brutalmente che grondava sangue. Aveva sempre trovato quella figura grottesca e portatrice di sventura. L'aveva sognata quando aveva trovato sua zia Marianne in fin di vita e aveva acconsentito ad esaudire la sua richiesta, ma...
"Clare..." mormorò. Serrò i pugni, maledicendo Lucifero e tutta la sua progenie. Un giorno, sarebbe riuscito a mandare lui e Sebastian all'oltretomba, come non importava. Non era giunto fino a quel punto per venire meno alla promessa di Marianne.
Aveva ottenuto la Pietra ad un costo altissimo, motivo per cui non intendeva fallire. Il mondo intero avrebbe potuto odiarlo, ma sarebbe stato Vincent Rainsworth a salvarlo. O, almeno, avrebbe salvato Clare, l'unica di cui in fondo gli importava.
Fino a quel giorno i suoi piani, quelli di Marianne, si erano sgretolati l'uno dietro l'altro e ora Lucifero era libero e vivo. Più vivo di quanto sarebbe dovuto essere se le ipotesi di sua zia fossero state corrette.
Non lo avevano ucciso. Né lui, né Clare, né tanto meno Sebastian.
Anni di preparativi erano andati in fumo e l'umanità necessitava di un miracolo per sopravvivere alla furia di Lilith e del suo consorte. Fortunatamente, lui sapeva come trovarne uno.
Vincent si fermò. Davanti a lui la galleria era crollata e le macerie ostruivano il passaggio. Sbatté le palpebre un paio di volte, come se qualcosa gli fosse entrato negli occhi e comprese.
Era un illusione. Non c'era alcun detrito lì, solo una vecchia porta di legno mangiata ai bordi da termiti e topi. Oltre gli giungevano le risate degli alchimisti ribelli, l'odore del vino e il raschiare delle posate nei piatti.
Erano stati furbi, considerò. Per un attimo erano riusciti quasi ad ingannarlo con l'illusione di quel crollo, ma la Pietra non si era lasciata fuorviare.
Appoggiò la mano sulla porta e spinse.
Il brusio di voci si spense immediatamente e quindici volti tesi e sorpresi per quell'intrusione si voltarono verso di lui. Alcuni alchimisti che sedevano ad un tavolo si alzarono facendo cadere a terra le sedie e gli puntarono addosso i propri pugnali.
"Come hai fatto, ehi, come ha-?"
Vincent si voltò verso il ragazzo che aveva parlato per primo, interrotto da una donna che lo aveva zittito con un gesto imperioso.
"Il ragazzo ti ha fatto una domanda." intervenne l'uomo massiccio, quello che Vincent identificò come il capo di quella banda. Aveva lo sguardo duro, la barba incolta e un sigillo alchemico tatuato sul dorso della mano destra.
"Ho spezzato i cerchi." gli rispose tranquillo, guardandolo negli occhi.
L'altro si irrigidì, intimando ai compagni di farsi da parte. Si fronteggiarono in silenzio e Vincent si massaggiò la testa.
"Ti conosco." sbottò il capo, piegandosi in avanti.
La donna si fece avanti di un passo. "Ender dobbiamo andarcene!" esclamò con tono impaziente, cercando di raggiungere l'uomo. "Le sentinelle saranno qui a momenti. Se le difese sono spezzate..." le si incrinò la voce. "Dobbiamo salvare i bambini."
Vincent non fece alcun commento, si limitò ad osservare i due ragazzini e la bambina che si stringevano le mani tra loro nell'angolo più buio della stanza.
"Sì... io ti conosco." commentò Ender, gonfiando i muscoli del torace. "Sei lo straniero dagli occhi di giada. Parlano di te in superficie, l'imperatrice ti cerca."
"E presto mi troverà." gli assicurò Vincent con una smorfia. "Farò di più in effetti... andrò da lei."
"Tu sei pazzo!" dichiarò l'uomo, puntandogli contro il dito. "Lei ti vuole morto! Perché sei qui? Stavi fuggendo? Ti inseguono?" domandò Ender, sporgendosi di lato per vedere se dal tunnel sarebbero emersi soldati. "Per questo ti trovi qui? Ci metterai tutti in pericolo!"
La bambina più piccola scoppiò in lacrime.
"Nessuno mi segue e nessuno sa che sono qui." spiegò Vincent. "E mi dispiace per voi." aggiunse sincero. "Siete alchimisti onesti, non avete nulla a che fare con i piani dell'imperatrice... Non l'avete aiutata con i suoi esperimenti, cercate di mettere in guardia la gente in superficie... Tuttavia..." continuò, rivelando la Pietra nel suo pugno. "Verrete con me. Siete i ricercati numero uno della capitale e-"
Non finì la frase. Ender lo aveva attaccato con il pugnale e Vincent schivò il colpo spostandosi lateralmente lungo le pareti. Fletté le ginocchia e attaccò a sua volta l'avversario, colpendolo con un pugno alla mascella che fece barcollare Ender all’indietro.
Ender gridò qualcosa agli altri alchimisti e loro circondarono Vincent, pronti per aiutare il loro capo. Due di loro tracciarono un cerchio alchemico con il gesso, lo sfiorarono con la mano e dal terreno emersero rocce acuminate che sfrecciarono verso il petto di Vincent.
In risposta, lui agitò il polso e una barriera magica lo protesse dal attacco. I due incantesimi si scontrarono generando una serie di scintille e Vincent diede forma ad una spada di ghiaccio che strinse nella mano destra.
"Sei uno stregone del sud!" sibilò Ender. "Prendetelo!" ordinò ai compagni.
"Se sono giunto qui non è certo perché vi temo." disse Vincent. "Potete seguirmi in maniera civile, oppure in catene."
"Che cosa vuoi da noi? Non abbiamo nulla a che fare con te. Nemmeno ci conosciamo."
"Nulla di personale, ma..." alzò le spalle con fare svogliato. "Mi occorre un esercito e voi siete la chiave per ottenerlo."
"Esercito?"
"Esatto." La Pietra di Cristavia emise un bagliore dorato che accecò gli alchimisti, facendogli indietreggiare. Poi emersero le catene, pallide e evanescenti come fossero state di luce e si avvolsero attorno ai polsi e alle caviglie di tutti i presenti, stringendosi con crudeltà alla carne. Imprecazioni e lamenti soffocati riempirono la caverna artificiale.
Ender provò a lanciarsi in avanti con tutto il suo peso, ma le catene lo tirarono bruscamente all'indietro e allora fu Vincent ad avvicinarsi. Poggiò la spada sul collo dell'alchimista e... si fermò.
Non aveva ragione di ucciderlo e, inoltre, non intendeva macchiare ulteriormente il nome dei Rainsworth. La lama di ghiacciò gli scomparve dalle dita in un battito di ciglia e lui lasciò ciondolare il braccio verso il basso.
"Quale esercito?" intervenne nuovamente Ender.
Vincent sospettava che stesse prendendo tempo, ma decise che in fondo meritava una spiegazione. "Forse non siete informati del fatto -dato che vi nascondete come ratti nelle fogne- ma il sovrano dei vampiri, Vlad Tepes, ha intenzione di scatenare una guerra al genere umano. Vuole ridurci in schiavi e ci riuscirà, visto e considerato come ci trucidiamo tra noi."
"E noi a cosa ti serviamo?" disse l'alchimista, sospettoso. La catena raschiò sul pavimento.
"Siete ricercati dall'imperatore e la sua consorte. Vi siete opposti ai loro progetti. Lo avete fatto tardi, certo, ma i loro esperimenti alchemici sui corpi umani hanno subito un forte rallentamento." rivelò Vincent, afferrando la sacca che si portava in spalla.
"Sei solo uno straniero." grugnì Ender. "Non hai idea di cosa stai parlando. Tu non..."
Vincent aprì il sacco di tela grezzo e con la mano libera ne estrasse il contenuto. La testa mozzata ruzzolò sulla pietra, incastrandosi tra una sedia e il tavolo.
Lui considerò che la magia l'aveva conservata bene. Aveva ucciso quella sentinella più di dieci giorni prima, ma sembrava non fosse passato un giorno. Gli occhi argentei con la pupilla ferina fissavano il vuoto, mentre Ender osservava scioccato ciò che restava della guardia.
"Come vedi, come vedete, so quello che sto dicendo." proseguì Vincent, rivolgendosi a tutti i presenti. "Per anni avete giocato a fare Dio e il risultato è chiaro. Avete sfidato la sorte e se fosse per me vi avrei già giustiziati. Nel Regno di Ziltar una simile oscenità non sarebbe mai stata permessa."
"Ma ora vi servono gli homunculus. Comodo." replicò Ender.
"Homunculus... definite così gli umani nati dall'alchimia?"
"Esatto. Dite di disprezzare quelle creature, ma volete scatenarle contro i vampiri. Mi credi uno sciocco? L'imperatrice non concederà nulla al tuo re."
Vincent sorrise, pensando ad Edward. "No. " confermò indolente "Imperatori e re di questo continente non hanno mai avuto buoni rapporti. No. Sarà a me che l'imperatrice cederà il suo esercito di homunculus."
"Quello che dici non ha senso."
"Lo avrà" gli assicurò. "Sarete la mia merce di scambio. Gli alchimisti ricercati per insubordinazione e tradimento in cambio dei favori dell'imperatrice. L'impero necessità delle vostre conoscenze, io ho bisogno di quel potere."
"Che il Creatore ti possa spedire nell'Abisso!" sbraitò Ender, strattonando le catene.
Vincent gli mostrò un sorriso amaro. "E allora farò in modo che anche Lucifero cada con me."
 
***
 
 
Camminavano lungo la banchina del porto da quasi mezz'ora. Cercavano Sebastian, mentre i pescatori del luogo spingevano lei e Michele da parte quando dovevano passare con funi e cesti ricolmi di pesce. Emeria non sembrava una città preoccupata dalla guerra, o forse non era consapevole di quanto accadeva fuori dai suoi confini.
Freya si lasciò cullare nel tepore del sole e gettò un'occhiata furtiva all'angelo. Sembrava teso, nervoso, mentre percorrevano l'ennesima banchina del porto.
"Non temere, faremo in tempo." gli disse rassicurante, chiedendosi perché fosse così brava a consolare gli altri, ma non se stessa. "L'hai più vista?"
"No." Michele scosse la testa e lei provò l'impulso di allungare la mano per afferrare la sua. Si fermò non appena ebbe visualizzato quel pensiero, restia a fare o dire qualsiasi altra cosa.
"Sono giorni che non ho più notizie di Clare. Non la vedo." continuò Michele, puntando lo sguardo sul mare e sulle imbarcazioni che lo affollavano. "E tu? Come stai Freya? Come procedono le cose con... Morwen?"
La domanda la colse tanto inaspettata che Freya sobbalzò, come se nominare la regina della Corte Unseelie potesse manifestarla nella sua mente. In realtà, era da un po' di tempo che Morwen sembrava essersi assopita tra i suoi pensieri e lei era troppo soddisfatta del risultato per sforzarsi di capirne il motivo. Quegli attimi di pace erano una rarità, per ciò si limitò a rispondere con un: "Bene."
Ripresero a camminare in un silenzio quasi imbarazzante che nessuno dei due sembrava propenso a spezzare.
Freya osservò le navi. Erano centinaia, da quelle più semplici a remi dei pescatori più poveri a quelle più grandi dei mercanti, che potevano trasportare una trentina di persone. Alcune erano armeggiate in un cantiere per essere riparate, altre erano così vecchie che sembravano essere state dimenticate a se stesse. Sulle fiancate di ognuna, però, era stato dipinto il nome del veliero. Nel cielo svettavano vele dai più svariati colori, perfino quelle nere dei pirati contrabbandieri delle isole al sud.
Nessuna di quelle imbarcazioni, però, le sembrava adatta per un viaggio come il loro che richiedeva velocità e un equipaggio ben preparato.
Non poteva chiedere informazioni a Sebastian perché si era dileguato in cerca di una nave e Michele era troppo assorto nelle sue pene personali per esserle di qualche aiuto.
Un pescatore la urtò, spingendola verso l'angelo e quando si rialzò con un epiteto ben poco carino sulla punta della lingua, il suo compagno le indicò un punto imprecisato davanti a loro.
Inizialmente, Freya non notò nulla di particolare. Solo navi, navi e navi. Poi la vide.
Era un veliero militare dalla forma allungata e dall'apparenza più solida delle altre imbarcazioni ormeggiate ad Emeria. Era isolata dalle altre navi e su di essa faceva bella mostra una bandiera bianca con al centro lo stemma reale del Regno di Ziltar: una corona avvolta da ali, incorniciata in un disegno di rovi e boccioli di rosa.
Il nome che portava quel veliero dal lucido legno scuro era Temerhia e in attesa sul ponte di comando stava Sebastian con le braccia incrociate sul petto e impegnato a discutere con il capitano. Attorno a loro si affaccendavano soldati e marinai con addosso le uniformi bianche e blu del regno.
"Sembra che ci stiano aspettando." commentò Michele, invitandola con un gesto a proseguire.
Lei annuì, chiedendosi come quegli umani potessero apparire tanto tranquilli davanti a un vampiro. Nell'epoca in cui lei era vissuta, in cui la civiltà umana aveva raggiunto l'apice della grandezza, i mortali non si sarebbero mai avvicinati a una creatura simile. Ma forse Sebastian era diverso. L'aveva sempre pensato, fin dal giorno in cui l'aveva osservato tra le macerie in fiamme di New York.
Michele salì per primo sulla Temerhia, spiccando un salto in aria e atterrando sul ponte con una grazia felina che lei non sarebbe mai stata in grado di eguagliare.
Al contrario di lui, Freya si limitò ad afferrare saldamente la scala di corda che penzolava sul fianco della nave e a issarsi sul veliero con la forza dei muscoli.
"Signori!" esordì il capitano, un uomo calvo e dai modi rigidi. "Benvenuti a bordo della Temerhia. Salperemo a breve perciò sarò rapido. Ci sono tre regole che pretendo voi rispettiate finché sarete a bordo. Uno: non sono ammesse risse a bordo della mia nave." spiegò, squadrando Michele con aria torva. Era più basso dell'angelo, motivo per cui Freya trovò divertente quel confronto impari.
"Due: il re ci ha ordinato di scortarvi verso la capitale, se tenterete la fuga sarete arrestati." Evidentemente il capitano non era stato messo al corrente della loro missione o avrebbe saputo che di fuggire non ne avevano alcuna intenzione.
"E tre..." disse con aria grave. "Se qualcosa di strano dovesse accadere ad uno solo dei miei uomini vi riterrò responsabili del suddetto fatto." lanciò un'occhiata a Sebastian che in risposta gli mostrò i canini.
Il capitano scosse la testa, ma a Freya sembrò che avesse avuto a che fare altre volte con il vampiro.
"Quanto tempo impiegheremo per arrivare?" domandò Michele.
"Il tempo necessario." grugnì il capitano. "Non posso prevedere i capricci del vento. Nelle migliori delle ipotesi dodici giorni." rispose secco.
"Troppi." intervenne Sebastian. "Ed è qui che entri in gioco tu, Freya."
"Vuoi che prenda il controllo del vento." lo precedette lei, annuendo tra sé.
L'uomo borbottò qualcosa. "Vi lascio, certe stregonerie non fanno per me." concluse, congedandosi.
"Sì..." disse Freya, guardando la speranza crescere negli occhi di Michele. "Posso riuscirci. Piegherò il vento ai nostri bisogni." rise.
Si sentiva bene, tranquilla, quasi felice... Non lo aveva capito fino al momento in cui aveva incontrato Sebastian, ma ora lo sapeva. Non aveva motivo di nascondere le cicatrici del suo animo e non poteva lasciare che il passato influenzasse qualsiasi cosa il presente volesse offrirle. Era rinata.
Era rinata insieme al mondo e voleva proteggere il mondo che aveva imparato a conoscere. Il dolore non sarebbe mai scomparso, i ricordi nemmeno... Ma poteva crearne di nuovi. Era viva, era sopravvissuta.
"Siamo sopravvissute." insinuò la voce maligna di Morwen.
E Freya sorrise, perché Michele le aveva fatto intendere un modo per spezzare quella maledizione che la univa alla regina unseelie. Ci pensava da quando sulle rive del lago le aveva raccontato del patto stretto tra i Rainsworth e l'unicorno.
L'unicorno infettava l'animo di Clare come Morwen corrompeva il suo, ma lui sarebbe rinato nel corpo di Cassandra.
E allora, per quale motivo lei non avrebbe potuto fare la stessa cosa con Morwen? Avrebbe dato alla fata un fantoccio con il quale sarebbe potuta tornare nel mondo e a quel punto...
L'avrebbe uccisa.
Doveva solo appropriarsi della Pietra di Cristavia. Morwen sarebbe scomparsa dalla sua vita e il popolo fatato sarebbe tornato a vivere.
 



 
 
 
Questo capitolo non è stato betato.

Note: Miei cari lettori gioite! *w* Questo è l'ultimo capitolo, manca solo l'epilogo! <3
Cosa ne pensate? Alcuni nodi sono in parte venuti al pettine, ma la risoluzione finale di ogni mistero avverrà nella storia finale della trilogia! Se avete voglia di farmi sapere la vostra opinione, visto che siamo giunti quasi alla fine, ascolterò con piacere i vostri consigli!
E con l'avvicinarsi della fine ho anche realizzato un nuovo banner. Vi piace?
 

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