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Autore: Dulcamara_KR    25/04/2014    1 recensioni
L'Anello si accende ancora una volta al suo Richiamo, ma il richiamo si interrompe all'alba di un nuovo silenzio.

E le mani di Sméagol si sciolgono, ma il tesoro rimane per sempre.
[Raccolta diaristicaFrodo Baggins e Gollum.]
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frodo, Gollum/Smeagol, Smeagol
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Noro lim, noro lim, Asfaloth!
 

Anno 1418, Calendario della ConteaGran Burrone, 24 Ottobre.

Il greve sospiro dell'Anello mi scuote ancora una volta sotto il cielo ormai spento che domina la notte, sotto lo sguardo veggente di una luna che fioca ed arcana mi parla di lingue inconoscibili: lingue del passato, lingue inestricabili ed aspramente proferite al Tempo, lingue che custodisco pericolosamente con una vaga ed incerta dimenticanza a condurmi chissà dove, verso chissà quali ignoti ed impenetrabili sentieri.
Notti di tempesta e fuochi sempre accesi cadono su questo mio sguardo toccato dalla più oscura maledizione, mentre un oblio incompreso, come fedele compagno, scaglia la sua nebbia più fitta su questa Via già annunciata da chissà quale infausto Fato.
Chissà: già, chissà, Sam, se questo bagliore calatoci dalle stelle rilucenti dei Luminosi saprà divampare nel buio sentiero che insicuri attraversiamo.
Chissà se questo caloroso consiglio, baciato dalla Luce, saprà rivestire di nuova speranza i nostri stanchi respiri toccati dall'affanno.
I dolci canti, sotto questa silenziosa dimora, stimolano i miei più morbidi risvegli, quanto i miei più nascosti timori che al fiorire dell'alba vengono cullati dalla quieta melodia di questo angolo di pace.
Elrond Mezzelfo, signore di Imladris, ci ha accolti nelle verdi colline che il Rombirivo rinvigorisce con la cauta gentilezza delle sue acque spumeggianti; ha condiviso con noi la giovialità di un vento pronto ad abbracciare i suoi numerosi viandanti con le braccia di una madre saggia e profeta, ha posto sulle mie pelli infrante un respiro nuovo e segreto, salvifico e immortale.
L'oscuro marchio dei Nove è giunto a sopraffare i nostri passi, a dipingere di grigio il nostro passaggio inquieto, o forse troppo incauto per tracciare orme di follia sulle pendici di un colle silenziosamente burrascoso.
Colle Vento ci ha mostrato il volto polveroso dell'oltretomba, ci ha rivelato la tenebra più profonda che la più truce lama di un Cavaliere Nero potesse generare, ha colorato le nostre gote di cenere sporca e sottile, insinuatasi con sottigliezza nei nostri ricordi più lontani, dileguando l'ingenuo sorriso di quel bambino ora dimenticato che accoglieva con gioia i profumi più intensi che la Contea potesse concepire.
Il battito dell'Anello mi ha rapito: ha vestito di terrore ed ardore lo scricchiolare di quelle dita che si apprestavano a brandire un fiato di furia, un fremito incontrollato, scosso dalle più gelide tempeste del Nord; ha investito quegli sterili paesaggi erbosi con un lampo fulmineo ed imprevisto, bruciando ogni più calda stagione che la Terra di Mezzo potesse offrire.
Sapevo ormai che il tenue abbraccio di quella dimora che solo zio Bilbo era capace di regalarmi era giunto al termine: non c'era banchetto a colmare le bocche con sapori antichi e familiari, con primavere sempre nuove e compagne.
La Contea mi mancava; forse soltanto adesso sono capace di risanare il ricordo delle sue grandi e verdi vallate con una visione nuova e luminosa, con lo sfavillare instancabile di stelle a riflettersi di nobile pacatezza su queste terre immortali, delle quali ebbi lontanamente racconto da sole e vicine parole di famiglia.
Sam decantò con il suo incalzante canto hobbit avventure di cui solo pochi eletti avevano ormai memoria; mi ritenni fortunato nell'udire il mormorio docile che vedeva Gil-Galad, l'ultimo dei grandi Re Elfici della Terra di Mezzo, fronteggiare territori, epoche e orizzonti sconosciuti sotto quegli occhi di elfo nobilmente dipinti.
Ma la ferita continuava a pulsare; non ci fu sollievo ultimo che potesse adornare ogni parola pronunciata con un colore intenso, con un gioco divertito di sguardi e di schiamazzi larghi e sempre vivaci, se non un gradevole tocco abbandonato dall'Athelas su quella striscia d'ombra generata da uomini senza dimora, né gesta umane.
Li ho visti: ho assaporato il grigiore di un mondo oltre il mondo, ho osservato il biancore di una morte interminabile gravare sui popoli mortali, ho proiettato nella mia mente una tempesta di sorrisi macchiati dal tempo e dall'orrore di una guerra ora giunta.
Le memorie si consumano come autunni sempre costanti, come foreste aride e fronde porpora a ravvivare il solo colore del sangue appena versato.
Per Elbereth e Lùthien la Bella, cosa ne sarà delle nostre terre di pace?
Glorfindel, messaggero degli Elfi, mi ha mostrato il volto del candore più puro sotto una celeste chioma dorata, quello stesso candore che sarà presto infranto e abbandonato sulle rive sventurate del terrore, quello stesso candore che bacerà le nostre spalle mosse dal vento per perdersi ancora una volta tra le fredde montagne notturne che calpesteremo ancora con i nostri percorsi incompresi.
Tuttavia, attraversare interminabili foreste selvagge, estese pianure di erica ed ignoti luoghi di mondo è forse stato come godere di un pezzo di infinito, come nutrirsi di paesaggi e mondi estranei per respirarne la linfa più nascosta e rinvigorirsi con i silenziosi respiri dei boschi che si sollevano sul Mitheithel e si riflettono con dolce suono sui visi increduli dei passanti.
Lo scrosciare di quei fiumi raccolti nell'infinitezza di miliardi di gocce celesti ha abbeverato i nostri giorni, ha bagnato le nostre lingue inaridite dalla sete con una primavera eterna e con un inverno infinitamente spoglio, ci ha lasciato la dolcezza di un sapore floreale e il gusto aspro di un'incertezza inestinguibile che ora ci insegue come l'ombra dei nostri corpi affaticati.
Il Flagello di Isildur porta con sé l'inquietudine del suo creatore, il grande ed impetuoso Potere del Signore di Mordor, la maestosità di un frammento di distruzione misteriosamente protetto in un giaciglio di incomprensione, in un tesoro malamente vissuto d'oro sporco, dettato dalle labbra di un Male che infonde il suo veleno con un sussurro soffocato.
Sussurrano le dita tremolanti, sussurra il petto in un sussulto incapace di estinguerne la voce; ha sussurrato il mondo nel gemito dei popoli, ha sussurrato il cielo in un richiamo di guerra e sacrificio, ha sussurrato la luce che si dilegua sempre più fioca sotto i nostri occhi ora incapaci di osservarla; sussurrò l'Anello in un nuovo inganno consegnatomi in dono, quando la spada cadde frantumata ed il mio cuore conobbe un nuovo affanno.
Le acque del Rombirivo hanno sancito la fine del mio lungo sonno velato con un potere congiunto di nobile benevolenza; la battaglia ha scalfito la mia coscienza, ma mai la consapevolezza di questo compito colmo di insidie del quale mi appartiene la sua compiutezza.
Non ho lasciato sospiri alle mie spalle, non ho abbandonato miseri rimpianti che potessero incantenarmi al ricordo di un passato ormai lontano su questo lungo ed impervio cammino da percorrere che non trova spazio negli istanti più felici della Contea.
Non ho coltivato semi da raccogliere al mio passaggio, ma respiro ora qui, a Gran Burrone, i lasciti della sua più viva speranza, quanto il subdolo gioco che il Nemico innescherà ad ogni mia partenza.
Non avrei mai pensato di poter approdare in una simile terra, né il mio capriccio aveva mai desiderato navigare con una tale ostentazione verso il mondo oltre il confine, rivelando la piccolezza di ogni sua più piccola creatura, la placidità di ogni suo silenzio e il fragore di ogni suo uragano, lo scalpicciare di ogni sua pioggia più lieve e delle sue acque più furiose, i tranelli di una torre lontana immersa nell'oblio e lungi dalla mio più intimo pensiero.
Conoscere le materie di questo mondo non è avventura semplice, zio Bilbo, non credi?
Oltre i colli rigogliosi di Imladris e della sua stirpe elfica, il Destino mi ha tuttavia mostrato come la grandiosità di queste terre mortali possa a volte manifestarsi in piccoli anfratti di lande sconosciute così che si possa scorgere, dove si adagia l'ignoto, una sottile linea familiare. Una linea di sagome e fisionomie troppo vicine per dimenticarle e spesso troppo distanti per essere capaci di lasciarle andare, fisionomie che sorgono come astri agli albori del mattino, illuminando senza invocazione le selve tanto beneamate e le mille fioriture da incoraggiare nell'augurio che esse possano risplendere in un dolce frutto d'estate.
Zio Bilbo giaceva lì, sotto i canti ed i versi soavi da egli messi al mondo, sotto le rime che cinguettavano alla sua antica poesia, figlia di storie mai raccontate e di segreti mai pronunciati dalle bocche dei tanti.
Egli non proferiva l'aria carezzevole che i soli Elfi erano capaci di concepire, ma inondava di fragranze piacevoli e di familiari parole mai ascoltate la veste variopinta che la Gente Alta aveva adornato dei cibi più appetitosi.
Ma nessun banchetto assume mai il sapore della Contea, né dei sorrisi che cascavano come gioie incontenibili dalle labbra sempre bagnate del nostro popolo, che spiccavano sui tavoli traboccanti con una stonata melodia danzante e con qualche capitombolo sempre capace di innescare la grassa risata dei convitati.
Temo il tempo abbia ormai sancito la fine di queste memorie che ora avvizziscono nel torpore dell'autunno, poiché la nube che cala sui nostri giorni si infittisce ad ogni attesa e mangia vorace i nostri respiri più quieti.
L'Anello scuote il vento notturno e richiama a gran voce il suo antico giuramento, vocifera nella notte come incubo senza terra a vagare nella desolazione della sua fuga, nutre i nostri passi di veleni sempre più spietati e visioni sempre più sporche, mentre il chiaro bagliore della luce si dissipa sotto il suo soffocante ghigno malato.
Il monte Fato ha spalancato le sue grandi fauci, indicandomi le fiamme sempre accese sulle quali il mio sguardo cadrà e sarà capace di risollevarsi, dalle quali il mio cammino sarà capace di acquisire vigore, dalle quali si ergerà la bontà di una nuova speranza qui ad Imladris finalmente raccolta: la speranza di quel giorno che porterà con sé la sua fine a colorare di oro lo sgomento di ogni popolo.
I cancelli della morte verranno annientati al loro schiudersi, ed il grande Occhio potrà osservare il potere della sua infinita rovina con la sua infinita veggenza.
Il Fato ci spinge sotto le sue polveri roventi; saremo, noi, capaci di estinguerne il fuoco?
L'Anello si accende ancora una volta al suo Richiamo, ma il richiamo si interrompe all'alba di un nuovo silenzio.


Fato irto sui monti oscuri
mostra i suoi artigli imperituri.
Negromante, tempesta obliata,
dilegua respiri, terra divorata.

Spoglio è il passaggio
che manca di speme,
insipido è l'assaggio
che brutal geme.
   
 
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