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Autore: ImPeach    25/04/2014    3 recensioni
[..] Philo, mia sorella.
La persona più saccente, noiosa, petulante, lamentosa e guastafeste che possa esistere. [..]
[..] Lilith, mia sorella.
La persona più egoista, antipatica, incosciente, irresponsabile e bambina che possa esistere.[..]
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Philo.
Sono in ritardo.
E ovviamente chi ha occupato il bagno per più di mezz’ora? Certamente, Lilith.
E chi arriverà tardi alla lezione di Musica Medievale? Io.

Corro come una forsennata nel bel mezzo del corridoio principale della facoltà, cercando di non far scivolare la cartella che ho sulla spalla e cercando di mantenere la presa il più stretta possibile sui libri nell’altro braccio.
Lilith e io non seguiamo gli stessi corsi ed ormai è un anno che riusciamo a dividerci in modo tale da non partecipare alle stesse lezioni. È stata una di quelle poche decisioni che abbiamo avuto in comune. Il motivo? Semplicemente non vogliamo vederci l’una con l’altra.
E poi sapete quanta gente ti punta gli occhi addosso quando vede due sorelle gemelle vicine? Non potete neanche immaginarlo.
È tremendamente fastidioso e le persone fanno battute e domande stupide, come se dessero per scontato che io e mia sorella ci assomigliamo anche caratterialmente.
Da sempre, fin dalle scuole elementari frequentate un po’ ovunque visto il lavoro dei nostri genitori, io e Lilith non abbiamo mai avuto l’occasione di trovarci in classi separate eravamo sempre vicine, allo stesso banco, vestite uguali.
Si, mia madre si divertiva in modo quasi sadico a vestirci abbinate.
Perciò appena avevamo avuto l’occasione, avevamo deciso di prendere studi separati, anche perché le nostre passioni sono totalmente diverse.
 
Mezz’ora di ritardo. Santi maccheroni, la Richardson non mi farà mai entrare.
Giro l’angolo del corridoio e all’improvviso mi ritrovo per terra, circondata dai libri che avevo in mano e con un gran dolore alla spalla.
Ovviamente ho preso qualcuno in pieno mentre giravo l’angolo. Perfetto.
Vista la forza dell’impatto probabilmente l’ho ucciso.
 
«Scusa non ti avevo visto!» dico, mentre mi sistemo gli occhiali. Ogni santa volta che non mi metto le lenti a contatto, è quasi scontato che piova, inciampi o vada addosso a qualcuno.
Una risata mi fa levare gli occhi da terra, mentre afferro l’ultimo oggetto cartaceo rimasto a terra. Il ragazzo che ho colpito in modo decisamente maldestro è alto, con spalle larghe e gambe lunghe, fasciate da un paio di pantaloni scuri. Ha in una mano un casco nero, indossa un giaccone marrone e il cappuccio sollevato della sua felpa scura lascia intravedere un ciuffo castano chiaro. Ha gli occhi color nocciola, che stranamente mi guardano divertiti, senza cattiveria.
«È possibile che ci dobbiamo incontrare sempre così?» mi dice, accennando un sorriso gentile mentre mi porge un libro caduto che ha raccolto.
 
Che? L’ho già travolto prima?
 
«Non capisco…» mormoro «che significa?»
Il ragazzo davanti a me è perplesso «Ci siamo già “scontrati” prima, Domenica per la precisione, davanti al parco. Non ricordi?»
«Credo che tu abbia sbagliato persona» dico in una risata «sono rimasta tutto il giorno a casa.»Continuo, cercando di essere il più chiara possibile.
«Fidati, è alquanto improbabile che mi sia sbagliato» risponde corrucciando la fronte «mi hai anche minacciato di darmi un pugno!» aggiunge in una mezza risata.
 
Che? Io che minaccio qualcuno? Per strada poi?
Aspetta un attimo…
 
«Forse ho capito!» esclamo, più per me che per lui. Forse ho messo troppa enfasi, visto il sussulto del ragazzo sconosciuto.
«Eri tu quindi?» chiede perplesso.
«Si, cioè No!»
«Che significa? Si o no?». Il ragazzo ride e non posso fare a meno di biasimarlo. Un pazza furiosa le è appena venuta addosso e afferma di essere e di essere contemporaneamente due persone differenti.
«Hai una persona che mi assomigliava, ma non ero io». Sto decisamente ingarbugliando ancora di più la questione.

Philo, fai ordine nel tuo cervello, per favore.

 «Lo sai che quello che hai appena detto non ha alcun senso? Se vuoi dire che non eri te, va bene, ma resta il fatto che una ragazza identica a te mi ha minacciato» dice ridendo leggero.
«Esatto!» esclamo, gesticolando con l’unico arto rimastomi libero.
«Giuro che non ci sto capendo nulla.» Il castano si porta una mano dietro il collo, mentre corruga ancora di più le sue folte sopracciglia.
«Hai probabilmente incontrato mia sorella, siamo gemelle» spiego, cercando di essere il più convincente possibile. Non è la prima volta che qualcuno ci confonda ed il più delle volte è difficile riuscire a far credere alle persone che siamo davvero due.
«Mi prendi in giro? Dai, potevi inventare una scusa migliore!»
Ecco, lo sapevo.
«Senti, mi dispiace se mia sorella ti ha minacciato o cose simili, ma è fatta così. Sta a te credere o no  a quello che ti ho detto.» Mi sistemo la cartella al meglio sulla spalla e continuo a camminare, rassegnata dal fatto che non mi abbia creduto.
«Aspetta!» sento dire alle mie spalle dalla voce del castano. Lo sento arrivare vicino, mentre prende il ritmo del mio stesso passo «Ok, ti credo.»
«Mi credi?» sono stupita. Sarebbe uno dei primi che lo fa.
«Si. Se tu fossi la stessa ragazza di Domenica, al quest’ora avrei un setto nasale rotto o un occhio nero»
«O entrambi» aggiungo.
«Tua sorella è davvero così pericolosa?» mi chiede curioso
«In terza elementare ha dato un calcio sugli stinchi ad un bambino solo perché la aveva leggermente spinta mentre erano in fila. Con il tempo è peggiorata. Perciò, trai le tue conclusioni» racconto.
Lo sento ridere. Ma questo ragazzo non fa altro?
«Comunque piacere, sono Liam» mi tende la mano libera, visto che l’altra è occupata da un casco nero da moto.
«Piacere, Philo» dico, tendendo a mia volta la mano e stringendola gentilmente nella sua.
«Philo?» chiede perplesso.
«Si, è un diminutivo, sta per…»
«Philomena, giusto?» mi precede lui.
«Esatto… Ma come…». In tutta la mia vita credo che Liam sia uno dei pochi che abbia indovinato il mio vero nome.
«Sono andato ad intuito» alza le spalle e continuiamo a camminare. Controllo l’orologio che ho al polso: ormai ho perso la lezione.
 
Ringraziamo Lilith e i suoi tempi biblici nel bagno.
 
«Che lezione avevi?» mi chiede Liam, vedendomi controllare l’orologio.
«Storia e Musica Medievale» sospiro.
«L’ultima volta che ho provato ad intrufolarmi ad una lezione della Richarson in ritardo, sono quasi stato messo alla forca!»
«Messo alla forca? Scherzi vero? Chi è che dice “Sono quasi stato messo alla forca”?»
«È un’espressione come un’altra» ribatte il mio interlocutore mentre ci affacciamo all’uscita.
«Si, per chi è vissuto nel 1700» puntualizzo.
«Sono un’anima antica» afferma lui.
«Non sei credibile come anima antica, sai? Dico con il giubbotto di pelle, il casco e tutto il resto.» faccio notare con uno sguardo la sua forma fisica e il suo abbigliamento.
«Mmmh» annuisce il ragazzo a labbra chiuse «Non sempre l’apparenza è veritiera. Se mi fossi basato sull’apparenza, a quest’ora crederei che tu sia tua sorella».
«Touchè. » Mi guardo brevemente intorno e noto una panchina vuota sotto uno degli alberi davanti all’entrata dell’università. Accelero il passo e, una volta arrivata a destinazione, butto con una forza la borsa sulla panchina.
«Che delicatezza» sento commentare in una mezza risata mentre mi siedo. Liam è in piedi davanti a me, con il casco in una mano e l’altra infilata nel giaccone.
«Lo so, me lo dicono in molti» rispondo con finto tono vanitoso «Ti vuoi sedere?» chiedo infine, vedendolo ancora in piedi.
«No, ho un impegno, però grazie per avermelo chiesto.» Tira fuori dalla giacca un paio di chiavi, probabilmente della moto «Ora scusami ma devo proprio andare. È stato un piacere conoscerti, Philo.» e così detto mi sorride e se ne va, girando il primo angolo disponibile.
 
Certo che poteva almeno aspettare che lo salutassi a mia volta eh.
Vabbè, tanto meglio: più tempo da sola e più spazio sulla panchina per me.
 
«MENA!!»
 
Ma cosa…
No, non Lilith.
Come non detto, niente spazio sulla panchina.
 
«Mena, che ci fai qua fuori tutta sola?» il fino tono dolce di mai sorella è percettibile da un chilometro di distanza.
«Ho fatto tardi, perché stamattina qualcuno ha pensato bene di occupare il bagno per un tempo decisamente troppo lungo.» le spiego acida. Poi aggiungo «e per di più ho travolto un ragazzo che mi ha scambiato per te. Sembra che tu lo abbia minacciato.»
«Pff, io minaccio un sacco di gente, lo sai?» dice, ruotando gli occhi al cielo e sedendosi sulla panchina e allungando le gambe.
«Alto, castano, occhi scuri e decisamente un bel ragazzo» dico concisa.
«Quando lo avrei minacciato?» chiede, mordendosi l’interno della guancia.
«Domenica mattina credo».
«Ahh si, il ragazzo del parco. Figo ma decisamente puzzolente. Oggi com’era? Profumava?»
«Lil, ti sembro una che va ad odorare le persone?»
«Io lo avrei fatto. Cioè, non puoi capire quanto puzzava l’altro giorno»
«Perché stiamo parlando di puzze e profumi? Non possiamo cambiare discorso? O meglio, puoi andartene direttamente?» sbuffo e incrocio le braccia. Lil è qui da neanche dieci minuti e già mi sta dando sui nervi.
«Ok ok, me ne vado» la mia gemella si alza dalla panchina «Come hai detto che si chiama?»
«Chi?»
«Il ragazzo puzzolente»
«Non l’ho detto. E non era puzzolente»
«Domenica lo era. Come si chiama?»
«Non mi interessa se quando lo hai incontrato tu lo era: oggi non puzzava. E si chiama Liam»
«Liam: il ragazzo che puzza!»l’enfasi con cui lo dice mi fa ruotare gli occhi al cielo.
«Ci vediamo Mena, salutami il ragazzo puzzolente quando lo rivedi!» mi dice in una risata. La vedo sistemarsi meglio nel giaccone e liberare i capelli incastrati nell’indumento pesante, che iniziano a oscillare trasportati dal vento.
Prendo dalla borsa il mio libro di Musica Medievale e decido di recuperare quello che ho perso sta mattina a causa di Lilith e di Liam.
  


Lilith.
Non posso credere di essere arrivata fino a qui.
Ma come mi è saltato in mente.
Sento vibrare la tasca del mio giaccone: un altro messaggio. Il quinto oggi, sempre dalla stessa persona.
Suono al campanello dell’appartamento. L’ultima volta che ci sono stata era più buio e più affollato.
La porta si apre e, con aria sorpresa, la persona dall’altra parte mi guarda. «Romans, che succede?»
 
Dio, che fastidioso accento.
Ma non so a chi altro chiedere.
«Horan, ho bisogno di una mano.»
 




Awawawawawawawawawaaaa!
*Schiva i pomodori* 
Chiedo perdono perchè:
1- Il tempo che ci ho impiegato per scrivere questo capitolo
2- Il fatto che questo capitolo faccia alquanto schifo.
3- In relatà non c'è un punto tre, ma ormai avevo scritto il numeretto e non mi andava di cancellare!
Che ne pensate? 
Lasciatemi una recensione, ve ne prego, mi serve sapere se questa storia vi convince o no!
Scrivetemi anche su Ask se voleve ulteriori chiarimenti :D trovate il link qua sotto :)
Grazie per esservi fermati a leggere!
Peach.


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