Feet don't fail me now
Take me to the finish line
All my heart, it breaks every step that I take
But I'm hoping that the gates,
They'll tell me that you're mine
E’ dura
correre senza una destinazione precisa, arrivare ad un capolinea
immaginario che la mente mi aveva prefissato tempo fa, quando abbandonai le
stanze della Scozia e mai più rividi quelle distese che già solo nel mirarle
incutevano una speranzosa voglia di alzarsi e uscire fuori per correre e
giocare e divertirsi e cantare musiche antiche che affondano le radici giù giù, fino ad incontrare quelle dell’albero Yggdrasill[1],
dove sta appollaiato il gallo dal piumaggio dorato che annuncerà chi continuerà
a vivere e chi meno fra voi che siete ancora vivi.
Ora che mi trovo qui, a
fuggire da chi mi ha portato via il cuore, chi ha infranto nell’ animo mio le
vaghe certezze di chi ha sempre avuto, sin dal grembo materno, l’avvenire
segnato dalla vita dei propri padri o delle proprie madri.
Fra le solide pietre del
castello che mia madre e gli altri tre fondarono nacqui e vissi per lungo,
lunghissimo tempo. Lì io appresi le arti magiche, dall’astronomia che tanto
amavo alle Antiche Rune, che ancora non sono del tutto Antiche, poiché
praticate da quelle genti che invasero i territori sotto la Northumbria,
e anch’ivi praticate: non è raro infatti scorgere, camminando su per le
colline, oppure arrivando giù, fino a quei laghetti con una leggera cornice di
ghiaia, qualche megalite inciso in caratteri runici, dipinti di rosso terra o
di azzurro marino, conosciuti anche a coloro che non praticano la magia.
Forse se ripercorressi
ancora quei sentieri scoscesi, quelle strade tracciate unicamente dalla
pesantezza del mio passo mi sarebbe possibile scorgere un’altra volta quel
cerchio di pietre al cui centro avevo posto una grande pietra, incidendovi Hagalaz e Sowlid.
Ma sono sicura che come il
tempo ha cancellato i nostri corpi, facendoci diventare delle pure illusioni,
degli agglomerati di fumo e pulviscolo, delle mere sensazioni frigide: la
nostra eternità è destinata ad essere e a non perire, non mutare, non
trasformarsi. Sconteremo le pene che ci siamo auto inflitti quando la nostra
anima era condannata al corpo.
Walking through the
city streets
Is it by mistake or design?
I feel so alone on a Friday night
Can you make it feel like home, if I tell you
you're mine
It's like I told you honey
Imputai a mia madre la
gran parte delle dannazioni della mia vita mortale: era lei a cui dovevo fare
riferimento per ogni cosa. Prima ancora d’essere Helena, ero figlia di Rowena.
E le persone non potevano non riconoscermi: sguardo fiero e profondo, capelli
lunghi e neri, alle volte raccolti in una chignon per evitare che la chioma
corvina fosse simbolo della mia antica e nobile casata.
Ero in realtà una bambola,
una semplice marionetta incantata da mia madre, la più brillante strega del
tempo: non era possibile confrontarla alla paffuta e docile Helga Tassorosso: quella strega non aveva lo spiccato talento del
Legilimens nel prevedere le mosse dell’avversario,
non possedeva affatto abili tecniche di Trasfigurazione. Non era mediocre, ma
semplicemente una persona che decide di vivere la propria vita umilmente, senza
gli sfarzi di infiniti scaffali di codici e papiri, oppure gli interminabili
corridoi di residenze pietrose, illuminate flebilmente da fuochi fatui o torce
argentee sospese nel vuoto.
Crebbi senza una figura
paterna: non ne sentii mai la mancanza, tranne nel periodo antecedente
l’adolescenza. Mi mancò terribilmente la protezione, la gelosia di un padre nei
confronti della propria figlia, quell’insaziabile cupidigia d’affetto che
colpisce gli uomini quando si vedono allo specchio con i primi accenni di una
barba canuta, guardando poi alla propria figlia con i primi accenni di seno, a
truccarsi minuziosamente il volto, quasi dovesse ritoccare la corona di un
fiore.
L’unica cosa che mia madre
mi rivelò di lui fu il dettaglio più insignificante che mai potessi ascoltare a
quell’età. Mi disse che a lui non era consentito usare una bacchetta e non
appena capì che Lei era una strega – forse per la sua forte capacità di
telepatia – lui prese i suoi abiti, la abbandonò e quando fece per tornare, lo
trasformò in una statua di sale, scioltasi non appena Ella accese il caminetto
della grande sala che illuminava la residenza dove venni concepita.
Nacqui alla fine della
caduta di Saturno[2]
e venni alla luce senza i travagli del parto.
I mesi subito dopo la mia
nascita furono i più duri: rischiai due volte di morire per un’infezione e una
febbre. Dopo la mia educazione, queste furono le grandi sfide per mia madre.
Ma non aveva – e mai ha
avuto – d tempo per sua figlia, per quell’unico fagotto di bontà che aveva
generato durante la scalata alla gloria.
Don't make me sad, don't make me cry
Sometimes love is not enough and the road gets
tough
I don't know why
Keep making me laugh,
Let's go get high
The road is long, we
carry on
Try to have fun in the meantime
Nel frattempo che
l’infanzia mi abbandonava, venne costruendosi il più ambizioso progetto che una
ristrettissima cerchia di maghi e di streghe avesse mai avuto intenzione di
realizzare: la creazione di una scuola di Magia e Stregoneria in grado di
educare i giovani rampolli che si scoprivano magici.
Non ci volle molto tempo nel
costruire uno dei più begli esempi di castelli che la Scozia ospita tuttora:
Hogwarts nacque con l’auto di 100 streghe e maghi, orchi, folletti e tutte le
creature magiche utili per lavori pesanti. Mentre Godric e Helga si adoperavano
come capimastri nel cantiere di Hogwarts, Salazar e mia madre studiarono gli
incanti protettivi, i trabocchetti, la planimetria segreta e gli incanti vari
da applicare al castello.
Fatto sta che gli intenti
per cui la Scuola venne creata si persero non appena iniziarono le lotte fra le
tre case che vengono considerate le migliori di Hogwarts:
Grifondoro, Serpeverde e Corvonero iniziarono a introdurre fra le mura
dell’imponente edificio valori e costumi che erano considerati consoni secondo
i loro schemi. Il guerriero Godric non poteva che introdurre il coraggio come
virtù, lo scaltro Serpeverde credeva invece che
l’astuzia sia il mezzo per raggiungere ogni scopo mentre la sagacia di mia
madre si riflesse nell’ingegno che ogni mago deve avere.
Sfortunatamente quello che
era quasi un amorevole quadro in cui i quattro grandi vivevano divenne invece
una raffigurazione d’odio puro: nella Sala da Pranzo circolare, ora riadattata
come studio del Preside, la tavola rotonda, grande e spaziosa per tutto il
seguito dei grandi, divenne stretta, troppo stretta per quelle ventina di
persone che erano solite mangiare insieme, quasi assaporando l’aria di un
convito greco.
Come and take a walk on the wild side
Let me kiss you hard in the pouring rain
You like your girls insane
Choose your last words
This is the last time
Cause you and I, we were born to die
Ma un
giorno, a quello stesso banchetto, comparve misteriosamente il figlio adottivo
di Salazar, in realtà sciagurato infante di una famiglia a lui legata da
vincoli economici, caduta in disgrazia per gli scellerati piani di un uomo, il
padre naturale del ragazzo, che voleva, asservendosi al grande stregone,
diventare parte di un’aristocrazia magica così influente all’epoca che riusciva
persino a dettar legge nel mondo dei Babbani.
E’
singolare il fatto che dal primo momento che lo vidi distrattamente cercasse di posare lo
sguardo su quella posata, oppure sulla colonna alle spalle del cugino di Grifondoro, un giovinetto scialbo, mal istruito e di
bassissimo lignaggio mentale. Ogni occhiata che lanciava non era diretta a me,
come se fossi stata celata sotto qualche Mantello dell’Invisibilità.
Era
magnifico: non sembrava provenire da nessuna delle aree di questa Terra
Mortale: aveva dei ricci del colore della quercia che gli scendevano leggeri a
coprirgli la fronte, incorniciando gli occhi che sembravano una Passaporta per un bosco di alberi antichi.
Si
sedette accanto al padre d’adozione, toccandone prima la spalla e baciandone la
guancia: Salazar stava tagliando con la sua bacchetta di tasso un grande pezzo
di carne grigliata che, con un tocco della bacchetta, fece volare sui piatti
dei commensali. Poi, si alzò in piedi e, prendendo in mano il calice colmo di sangue
di drago, pronunciò a gran voci queste parole che ancora odo dentro la mia
testa:
“E’
opinione comune, sia mia che della signora Corvonero,
dare il benvenuto nella grande famiglia di Hogwarts di mio figlio Seymour,
giovane che tanto mi ha dato in termini d’affetto: è il figlio che sempre ho
desiderato e mai lo abbandonerò. E’ nelle mie intenzioni, e in quelle di
madonna Rowena, di sancire definitivamente l’unione che c’è fra le nostre
Casate, grandi e imponenti come le costellazioni del cielo, luminose come il
Sole che ruota intorno [3] a noi: la storia di
questi due fanciulli è segnata come quella dell’aquila che è costretta a volare
per vivere, come quella dell’aspide che è forzata ad uccidere per mangiare.
Sappiate quindi, Helena e Seymour, che vi guideremo...”
E fu
allora che per la prima volta ci guardammo, come rapiti dai nostri rispettivi
destini, prima sconosciuti e adesso uniti da una sorte comune.
Lost but now I am found
I can see but once I was blind
I was so confused as a little child
Tried to take what I could get
Scared that I couldn't find
All the answers, honey
Iniziammo, fra le mura del
Castello, a conoscerci, a giocare il più possibile a costruire una nostra
identità di coppia. Da estranei quali eravamo, i nostri rispettivi genitori ci
unirono in un legame più forte del sangue, in un’unione più duratura della più
resistente lega metallica, in un patto più saldo di quello che c’era fra le
nostre famiglie.
Ci usarono come merce,
come se la vita fosse barattabile. Lo scambio per loro fu equo, per noi invece
segnò la definitiva condanna che pendeva sopra i nostri capi. E’ orribile
sentire il suono delle monete rimbombare dentro la propria anima, fra le
costole e le ossa che reggono insieme la fragilità del nostro corpo: ascolti
dentro di te il vociare acuto e severo delle persone che hanno di te deciso la
sorte, che mai hanno pensato a ciò che tu vorresti per te e che da giudici
senza toga hanno scritto una sentenza senza neanche fare appello alla propria
coscienza.
Per Salazar e per mia
madre era giusto così.
Non contavamo niente per
loro: eravamo semplicemente delle marionette incantate, che si piegavano appena
le loro braccia protendevano verso il nostro volto, tagliandoci la lingua e
lacerandoci i muscoli facciali.
Eravamo ridotti a poco più
di una bestia, poco meno di una persona.
Costruirono per noi la più
bella prigione che potesse mai esistere, fatta con l’antica pietra bagnata dal
sangue di popoli fieri che tanto a lungo lottarono e sono sicura tanto a lungo
lotteranno ancora per la propria libertà, al contrario di ciò che feci io che,
non vedendo la luce filtrare attraverso le sbarre di una cella, mi illusi che
non esistesse galera alla mia esistenza.
Ma man mano che il tempo
passava, maturai dentro di me la consapevolezza della mia stupidità: mi ero
lasciata manovrare facilmente, come un cocchiere guida facilmente un cavallo
coi paraocchi.
“Come tutto ciò? – supposi
– Io? Proprio Io? Io che sono la figlia di Rowena Corvonero,
la donna che da sola sconfisse le angherie del suo tempo, rappresentate non del
sesso debole, ma di un’intera umanità il cui fine era la conoscenza, mi sono
fatta manovrare così amabilmente, allevata e cresciuta all’ombra di un destino
scritto non appena i quattro posarono la prima pietra per edificare questo
castello?”
Non mi interessava il
perché mia madre avesse architettato per me tutto ciò, non mi interessava
neanche parlare con lei, sapendo che sarebbe stata una sfida inutile.
L’unica cosa che realmente
capii è che la mia vita era incatenata a lei e alla sua intellighenzia. Maturai
silenziosamente il desiderio di strapparle di dosso l’oggetto che più aveva a
cuore: il suo Diadema. E dovevo, mi era d’obbligo, servirmi dell’unica persona
che potesse aiutarmi in questa folle impresa.
Don't make me sad, don't make me cry
Sometimes love is not enough and the road gets
tough
I don't know why
Keep making me laugh,
Let's go get high
The road is long, we carry on
Try to have fun in the meantime
“Glielo strapperò di
dosso, quella maledetta corona!”
“Non essere sciocca – mi
disse lui – sai bene che è impossibile separare Lady Corvonero
dalla sorgente del suo sapere né di giorno, né tantomeno di notte.”
“E dunque come Seymour?”
“Dovremmo procurarle
torpore, senza che lei se ne accorga, senza che lei sospetti di niente.”
“Ti stai contraddicendo da
solo, mio caro compagno.”
“Hai ragione, hai
ragione...”
“Glielo strapperò di
dosso, con violenza, con rabbia, con angoscia, con una spinta alla vita che lei
non sarà in grado di controllare. Starò io in quel momento facendo del bene?”
“Cos’è il Bene – mi guardò
dritto negli occhi, con affetto disinteressato – avanti, cos’è il Bene?”
“Ciò che mi è utile.”
“Ciò che ci è utile –
replicò – mia cara. Insieme ci riscatteremo, non temere, ce la faremo...”
Seymour si avvicinò, dolce
per la prima volta come lo sfiorare lieve del vento sulle creste delle onde
marine, mi carezzò le gote con i palmi delle mani mi baciò, passionalmente.
Progettammo accuratamente,
in solitudine il piano per scappare dalla furia che mia madre avrebbe
manifestato nel momento in cui si sarebbe risvegliata dal trauma causato dal
mio incantesimo.
Purtroppo, l’unica cosa
che ricordo di quelle vicende fu la corsa frenetica che io e Seymour
affrontammo non appena mia madre si risvegliò: volava a un piede dall’erba,
gridando freneticamente il mio nome. Sentivamo il cielo squarciarsi per i
fulmini argentei che cadevano a terra, rendendo più difficile la nostra fuga
verso la libertà.
I lamenti di mia madre si
erano trasformati in carica elettrica, e lei, trasportata da delle invisibili
nubi sotto i suoi piedi, ci stava raggiungendo. Ricordo ancora il suo volto,
l’ultima volta che vidi la sua immagine: un ghigno di collera circondato dal
rosso delle gote, su cui lacrime fredde di dolore scendevano a fiotti dagli
occhi neri e profondi, simili allo sguardo della Gorgone. E scappammo, lontano,
ove la sua mano non fu più in grado di raggiungerci.
Come and take a walk on the
wild side
Let me kiss you hard in the pouring rain
You like your girls insane
Choose your last words,
This is the last time
Cause you and I
We were born to die
We were born to die
We were born to die
Come and take a walk on the wild side
Let me kiss you hard in the pouring rain
You like your girls insane
Ci rifugiammo in un paese
quasi sconosciuto, che Seymour disse essere al di là del braccio d’acqua che
separa la terra degli Angeli dal resto del continente.
Alzando il cielo vidi due
aquile volare così in alto nel cielo che sembravano esserne una sola e persino
bicipite.
Intanto sentivo che nel
mio cuore stava nascendo il rimorso: mentre Seymour studiava il Diadema e
costruiva per noi un riparo dove poter vivere, io contavo le mie colpe con
rigore matematico. Scoprii fra le pieghe dei miei ricordi l’amore che mia madre
mi aveva indirettamente trasmesso.
Quando vedevo l’uomo con
cui trascorsi la mia reclusione ad Hogwarts e il mio ultimo soggiorno da viva
su questa terra tornare con un paio di pesci pescati con metodi barbari, senza
neanche degnarmi di uno sguardo e inveendo su ogni cosa gli si presentasse
davanti, trovai la carità materna a consolarmi. Quell’abbraccio dato di
sfuggita. Quel caldo aroma di pesca con cui si profumava il viso. Quel bacio
non dato ma sì, finalmente ne ero sicura, desiderato.
Il tempo passava veloce,
alla stessa impetuosa carica con cui il corpo di Seymour si disfaceva, passando
il giorno e la notte a cercare di scoprire il dono contenuto all’interno del
magico Diadema.
Alle volte dalle finestre
della nostra dimora potei scorgere, mentre da sola camminavo nel prato
macchiato di terra, lampi di luci cerulee, fumi violacei, esalazioni di uno
strano verdino: tentativi su tentativi per scoprire, per conoscere. Come un
Ulisse insaziabile, stava tentando e ritentando, assetato di sapere cosa ci
fosse entro la sua testa, senza indagare se stesso.
Non seppi niente della
morte di mia madre, fino a che la mia anima non si risvegliò nel castello dal
quale ero nata, ma percepii fulmineamente un giorno la volontà di ritornare ad
Hogwarts, di chiedere scusa a quella donna per i torti che involontariamente le
avevo attribuito.
E dissi a lui tutto
questo...
Don’t make me sad, don’t make
me cry
Sometimes love is not enough and the road gets
tough
I don’t know why
Keep making me laugh,
Let’s go get high
The road is long, we carry on
Try to have fun in the meantime
Come and take a walk on the wild side
Let me kiss you hard in the pouring rain
You like your girls insane
Choose your last words
This is the last time
“Perché,
perché mi fai questo, Helena mia? Io ti amo...lo sai? Io ti amo alla follia! Il
mio corpo sarebbe vuoto se non ci fossi tu ad alimentare il calore del mio
cuore!”
Mentiva.
Mentiva come mente il bambino colto in flagrante dalla propria madre mentre
infrange un divieto impostogli.
“Seymour,
ti prego, ascoltami... ti sto chiedendo di ripercorrere all’indietro quegli
stessi passi che ci portarono qui, a compiere una vita di stenti, di inutili
rinunce. Eravamo entrambi giovani, forse accecati da una forza a noi oscura che
era...”
“L’ambizione,
mia cara. Sì, era ed è l’ambizione a muoverci. Ciò che tu pensavi, che la colpa
fosse stata di tua madre e di mio padre Salazar, non ha niente di vero. La
colpa era mia, è mia, sarà mia: ti guardavo distrattamente, fra i giunchi del
Lago Nero e le vetrate delle aule.
Ti
volevo: l’insaziabile desiderio di averti era tanto forte da spingere Salazar a
agire anch’egli in mio favore. Le due cose si unirono: la mia cupidigia e
quella del mio patrigno di dominare io il tuo cuore e lui la scuola divennero
le portatrici di un piano che aveva lo scopo di uccidere te e tua madre.
Riuscimmo per quest’ultimo obiettivo, ma non per il primo. Ora che sai tutto,
ora che sai veramente chi ti ha usato per tutto questo tempo, credo che tu non
voglia più sentire altro...”
Cause You and I
We were born to die
We were born to die
E fu
questo l’ultimo ricordo che ebbi: toccare con i polpastrelli della mia mano
sanguinante le ferite infertemi da l’uomo che aveva architettato la mia vita.
Accanto a me non sgorgava, come dalla sorgiva di un fiume, solo il mio sangue:
Seymour decise che la sua vita nient’altro era che un’impossibile spinta
all’eccellenza, ormai inutile senza più il mezzo che gli aveva permesso di
arrivare così vicino all’Onniscienza. Forse aveva anche scoperto che non c’era
nessun incanto all’interno del Diadema di Priscilla Corvonero:
l’unica, vera cosa che permette ad un essere umano di raggiungere i propri
scopi è la passione.
[1] L’albero del mondo nella mitologia norrena, fonte della vita, del sapere e del destino. Su di esso sta appollaiato Vidoprin, il gallo che annuncerà la fine del mondo
[2] Il 21 aprile termina la caduta astrologica di Saturno.
[3] Ho conferire questa particolare incongruenza a Serpeverde: seppure le conoscenze magiche sugli astri sono indubbie già da lungo tempo, Serpeverde continua a vedere l’uomo e la Terra come al centro dell’universo