Io
sono te, tu sei me!
La
prima a urlare per la sorpresa fu Lavinia, ma l'urlo che le uscì di bocca
non era il suo.
Era
identico a quello del fratello maggiore.
“Ah!
Come… com’è possibile?! Che cosa ci fai tu nel mio corpo?” domandò, restando
subito dopo a bocca aperta.
“E
io che ne so?! Stavo per chiederti la stessa cosa...” precisò il fratello, con
la voce di lei.
“Ok...
ok. Ragioniamo, avanti! C'è solo una spiegazione logica... sì... e cioè... che
questo in realtà è un sogno, soltanto un brutto sogno!” si convinse Lavinia,
inspirando, chiudendo gli occhi e toccandosi la fronte come se avesse
l'emicrania.
“Ma
se, come sostieni, è davvero un sogno, perché il dolore non ci risveglia? Io lo
sento ancora qui, alla testa... Ahia!” disse Maurizio, mentre con una mano si
toccava la testa e con l'altra tastava i seni. Non ci era abituato, non credeva
fossero così morbidi.
“Ehi!
Lascia stare il mio corpo!” ringhiò Lavinia, schiaffandogli la mano
incriminata.
“Scusa.
Non avrei mai immaginato... neanche nei miei sogni più strani... di diventare
una donna”, confessò in un sussurro.
“E
allora io? Io che dovrei dire?! Con questo corpo che mi ritrovo, non potrò più
indossare i miei bei vestitini!” si lamentò, isterica, atteggiamento che nel suo
stato attuale stonava un po’.
Smisero
di lamentarsi molto presto, perché la madre bussò alla porta e li fece correre a
mangiare. Di comune accordo non dissero niente ai genitori, altrimenti li
avrebbero presi per pazzi.
Quando
però tornarono indietro, nella camera di Lavinia, ripresero a discutere
nuovamente.
“Maurizio,
ascolta: dobbiamo trovare una soluzione... e alla svelta anche! Non possiamo
proprio presentarci in queste condizioni domani a scuola…” attaccò, le braccia
incrociate al petto, fissando i suoi stessi occhi
cangianti.
“Lo
so bene, sorellina, eppure... finché siamo così, dobbiamo fare qualcosa. Io non
resisto a stare tutto il giorno rintanato in casa. Inoltre devo frequentare i
miei allenamenti, non posso assentarmi senza un motivo valido!” le fece
presente, mentre si sedeva sul letto e le braccia esili della sorella gli
ricadevano lungo i fianchi fino a toccare il materasso.
“Terra
chiama Maurizio. Maurizio mi senti? Pensi che i tuoi amici ti faranno giocare
nei panni di una ragazza?! Certo, sono stupidi, però...”.
“Sì,
concordo. Allora dovrò spiegarti tutte le regole del gioco", le riferì, come se
la cosa fosse ovvia.
“Già…
Aspetta, no! Assolutamente. No! Neanche per sogno, io o-d-i-o quel pallone da
calcio!” obiettò lei, sgranando gli occhi. “Tu non dici sul serio!”.
“Invece
sì”, confermò, sorridendo. “E dai, Lavi! Sono il capitano, non posso mancare, ti
prego! Se farai questo per me, io… io mi impegnerò di più nello studio e non ti
farò fare brutta figura!" la pregò, facendole anche questa
promessa.
“Eh?
Davvero? Lo faresti veramente... per me?!” domandò la vera Lavinia,
scioccata.
“Certo.
Finché tutto non torna normale, poi deciderò se vale la pena continuare a
impegnarsi...” rispose Maurizio con un’aria un po’ abbattuta, ma
sincera.
Lei
restò spiazzata. Per la prima volta dopo anni, non aveva la risposta pronta, non
sapeva come ribattere. E sentì che non voleva ferirlo con la sua solita
acidità.
“B-bene…
abbiamo raggiunto un accordo, credo. Io frequenterò le tue stupide partite di
calcio, fino a quando non si trova una soluzione. Tu invece comincerai a
studiare da ora, perché – ops! – domani mattina ho l'interrogazione di
latino”, ricordò candidamente lei.
“Cosa?!
E me lo dici solo adesso? No, uffa, io odio il latino!” sbottò lui,
seccato.
“Ti
ricordo che hai promesso, bello mio, non puoi più tornare indietro…”.
Maurizio
emise un lungo, lunghissimo sospiro di rassegnazione.
“Dimmi
cosa devo fare...” pigolò con la voce della sorella, mentre lei esibiva un largo
sorriso soddisfatto.
Lo
portò dritto dritto alla sua scrivania, facendolo sedere.
“In
fondo ti è andata bene, cara. Sia la versione che l'analisi del testo le
ho fatte io prima che tornassi a casa. Devi soltanto studiare questi due autori,
vedi?” gli indicò i fogli e a essi accostò il libro di letteratura
latina.
“Catullo
e… Sallustio?” lesse, sbiancando perché ricordava a malapena solamente il primo
dei due. Si aggrappò al suo braccio.
“Almeno
resta qui con me, così finiamo subito, ti prego!” la supplicò, congiungendo poi
le mani a preghiera.
“Come,
scusa? Non ti ho mai aiutato prima d'ora nello studio e pretendi che lo faccia
adesso?! Non ci penso proprio, concentrati che ti fa bene!” lo esortò
impietosa.
“Antipatica...”
ribatté con il broncio.
“Scansafatiche!”.
“Uffa!
Che palle...” evidenziò ulteriormente il concetto.
“Buon
lavoro, fratellino. Anzi, sorellina. Io vado a vedere se trovo qualcosa
di decente tra i tuoi vestiti, anche se ne dubito fortemente. In caso per domani
mi faccio prestare qualcosa da papà, tu che dici?” finì Lavinia con un ghigno
poco carino, lasciandolo solo.
Lo
aveva chiaramente preso in giro.
“Ma
va' a quel paese, vai! Ride bene chi ride ultimo”, mormorò lui,
alterato.
Continua…