Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: Readit    26/04/2014    6 recensioni
"Meglio del Natale, del conto alla rovescia a capodanno, dei falò del 4 luglio, delle canzoni hip hop e dello swag di Michael Jackson. Meglio delle Ferrari, Lamborghini, Ducati. Meglio dei gelati Magnum, delle patatine fritte e degli M&M's, delle caramelle gommose, Big Mac, cono alla fragola e limone. Meglio dell'Aurora boreale, di una notte stellata, dei tramonti, degli aerei che rigano il cielo. Meglio di Parigi, Louvre, Champs Elysees, meglio di Times Square, di Tokyo, Dubai. Meglio delle risate, dei baci con la lingua, i morsi sul collo, grattini, massaggi sulla schiena, del culo di Beyoncé, dell'aria da figo di Chuck Norris. Meglio della finale della coppa del mondo, dei Leakers, delle partite di hockey, delle Vans e delle Supra. Meglio di camminare a piedi nudi, di dormire fino a tardi, della Play e dell'Xbox. Meglio dei film di Danny Boyle, di Friends, Scrubs, How I met your mother, delle belle notizie. Meglio dell'attesa prima di uscire, del primo concerto dal vivo, cantare a squarciagola in macchina, delle montagne russe, di un nuovo tatuaggio. Meglio, Audrey tu sei il meglio del meglio."
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
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2. "ARE YOU AFRAID OF ME?"
 









Mi sedetti accanto a Lydia.
Allora?” Disse mentre masticava un panino stracolmo di maionese. “Che vi siete detti?” Continuò.
Mah, niente di che.” Risposi con tono indifferente.
Che vuol dire? Gli hai almeno parlato? Se non gli hai parlato sei una polla dall’animo molliccio, ti avverto. Quindi attenta a come rispondi.” Disse seria facendomi ridere.
Si, gli ho parlato.” Dissi.
E…? Ma per la miseria, vuoi spiegarti?” Disse infine esasperata.
Beh non mi ha risposto. Cioè, intendo, non ha risposto alla mia domanda, ma mi ha risposto, e non è stato carino.”
Spiegati.”
Raccontai a Lydia la scena. Lei mi fissava con gli occhi interessati mentre annuiva masticando.


-


Che stronzo.” Concluse lei.
Già, morale della storia? Avevo ragione io, e… non ti darò mai più ascolto, e… ora devi offrirmi un panino.” Sorrisi soddisfatta.
No! Ti ho spinta ad essere meno timida! Di lui non ci interessa, chissà quanti altri ragazzi migliori ci saranno, ma chiusa una porta si apre un portone.” Mi disse compiaciuta.
Va bene, è tutto molto interessante quello che stai dicendo ma il panino me lo offri lo stesso.”
Piccola infame” Balbettò prendendo il portafoglio.


Mentre ero in fila al chiosco dei panini, un buffo carrellino con scritto ‘Il pasto delle scimmie evolute’, pensai al ragazzo della gabbia dei leopardi. Mi chiesi più che altro, se il problema fosse il mio o il suo. Ero stata io ad aver detto qualcosa di sbagliato o é il suo carattere ad essere freddo e chiuso?
Non che mi interessasse di lui ovvio, neanche sapevo il suo nome, ma era comunque un’informazione utile per sapere come vanno i miei rapporti con gli sconosciuti, o come aveva detto Lydia, la mia battaglia contro la timidezza.


Prego.” Disse un ragazzo molto giovane di colore da dietro il carretto.
Emh, cosa sarebbe il ‘Panino della giraffa’?” Chiesi stranita.
E’ un panino con insalata, pomodori e salsa di tonno.” Rispose sorridendo.
Ok allora lo prendo.
Mentre afferrava il panino mi disse “Ma come? Una bella ragazza come te si merita il ‘Panino del leone’!” Disse ridacchiando.
Quella conversazione nata casualmente stava iniziando a diventare imbarazzante. Che diavolo era il ‘Panino del leone’?
Sbirciai con la coda dell’occhio gli ingredienti dal cartello dietro la sua testa; era un panino con la cotoletta ed il formaggio.
Con quale criterio si attribuisce una persona agli ingredienti di un panino? Avrei voluto saperlo ma non mi sarei mai azzardata a chiederglielo, così annuii e basta, afferrando il mio panino giraffesco.


Mi stavo dirigendo nuovamente da Lydia, quando mi fermai e tornai al chiosco per chiedere anche una bottiglietta d’acqua, sperando che il ragazzo non avesse fatto altre battutine come che una bella ragazza si meriterebbe un bicchierone di Coca-cola.
Tentai di aprire la bottiglietta d’acqua con fatica usando la mano libera e l’ascella. Che ragazza goffa che sono.
Ma che ragazza agile che sei, Puckett!” Disse Travis, un amico di Jack.
Ecco, perfetto.
Risero praticamente tutti.
Riuscii ad aprirla facendo finta di non aver sentito niente e quando stavo per iniziare a bere andai casualmente a sbattere contro uno dei famosi bimbi di sei anni che popolavano quel posto ed il suo grossissimo e sgocciolante gelato marrone finì metà per terra e metà sulla mia gamba. Almeno le Vans si salvarono.
Il bambino corse via spaventato e Lydia corse in mio aiuto.
Ok, tranquilla, puliamolo con il fazzoletto e poi versiamoci l’acqua, si asciugherà subito.
Così facemmo.


-


Ora sembra che qualche animale mi abbia pisciato sulla gamba, fantastico! Che giornata di merda.” Dissi scandendo bene e separando tra di loro le ultime quattro parole.
Nah, dai, sciocchezze. Neanche si nota!” Disse Lydia cercando di essere convincente.
Ragazzi, venite! Guardate come danno da mangiare ai leopardi!
Mi avvicinai, d'altronde il biglietto d’ingresso lo avevo pagato per un motivo.


Notai il ragazzo dell’ora che armeggiava della carne cruda dietro una grata nella gabbia.
Non aveva un’aria allegra, sembrava quasi annoiato.
Aprì dei cancelletti nella gabbia a vetri e lui e i quattro leopardi si trovarono senza alcuna separazione tra di loro.
A tutti sfuggi un “Ohh!” di suspance.
Guardai il cartello di informazioni fuori dalla gabbia a vetri e lessi giusto l’ultima frase della descrizione.


|Da sempre il leopardo non ha un buon rapporto con l’uomo.|


Piuttosto scontata come affermazione.
Il mio sguardo tornò sul ragazzo, poi scivolò sugli animali che iniziarono a camminare in tondo affamati.
In quel momento, sperai che lui sapesse esattamente cosa fare, ma a giudicare dalla sua espressione calma e rilassata, non era la prima volta che lo faceva.
Prese la carne e si avvicinò agli animali, poi si fermò, immobile, e li fissò tutti e quattro negli occhi.
Lì ebbi l’occasione di esaminarlo per bene.
Non era altissimo, era magro, ma aveva una corporatura muscolosa. Aveva i lineamenti del viso regolari ed i capelli di un biondo scuro, un po’ spettinati.
Non portava più gli occhiali, forse per evitare controversie con gli animali durante il contatto visivo, ma ero troppo lontana per osservare il colore dei suoi occhi.
 Ad un tratto si mosse di scatto poggiando a terra la carne e correndo dietro un’altra grata, chiudendo gli animali in quella che probabilmente era la zona dove si cibavano.
Poi si asciugò il sudore sulla fronte con il polso e fece un respiro profondo.
Però, agile il ragazzo.” Disse Lydia annuendo.
Già…” Risposi senza aggiungere altro.


Continuai a fissarlo dall’altra parte del vetro, era un soggetto interessante da osservare.
Si lavò le mani con la pompa dell’acqua e prese una paletta.
Uscì dal retro della gabbia e si fece spazio tra i ragazzi, che si aprirono tutti spaventati lasciando un passaggio, un po’ tipo Mosè con le acque, ma un dipendente del bioparco con i miei stupidi compagni di classe.
Si fermò davanti alla colata di gelato marrone sulla parte asfaltata del percorso tra le gabbie e iniziò a toglierla con la paletta.
Lo stavano ancora tutti fissando, magari pensando che avrebbe potuto fare un’altra azione eroica mentre ripuliva la mia colata di cioccolato. La stoltaggine.
La Smith richiamò l’attenzione “D’accordo ragazzi, la pausa pranzo è finita da un pezzo e qui non c’è più niente da vedere, proseguiamo da questa parte.
Tutti si incamminarono e seguirono la professoressa, ma io rimasi lì, a fissarlo, immobile.
Rimase nella gabbia tutto il tempo quando lo osservai  mentre dava da mangiare agli animali, quindi vuol dire che quando mi sbrodolai con il gelato del bambino, lui stava guardando.
Tra tutte le scene a cui avrebbe potuto assistere, ha scelto proprio quella più imbarazzante.
Che giornata di merda.’ Pensai per l’ennesima volta nel giro di poche ore.
Il ragazzo si alzò e voltandosi mi trovò da sola, cogliendomi mentre lo guardavo alle sue spalle.
Mi fissò negli occhi, con uno sguardo che non faceva passare nessun tipo di emozione. Uno sguardo neutro.
Riuscii a tenere il mio fisso solo per pochi secondi e poi abbassai la testa, lasciando che passasse a pochi centimetri da me.
Poi mi guardai intorno e realizzai che la mia classe si era allontanata, così iniziai a correre nell’unica direzione che aveva preso la Smith.


Cercai a passo veloce in ogni vialetto del percorso tra le gabbie degli animali, senza trovare nessuna traccia dei miei compagni.
Cazzo, mi ero persa nello zoo proprio come succede ai bambini.
Cercai ancora per quella che a me sembrò mezz’ora la mia classe, poi mi decisi a chiedere l’ora ad una signora con una bambina.
Erano più o meno le quattro e mezza, il che vuol dire che avevo passato, non mezz’ora, non tre quarti d’ora, ma ben un’ora a cercare gli altri.
E’ il bioparco più grande di New York, non so su quanti ettari di terreno di estende, ma so che è davvero enorme. Mi sembra giusto perdersi, sono giustificata.
E poi io ho un talento innato per questo genere di cose, riesco a perdermi anche in casa mia.
Ricordai che alle quattro e un quarto avremmo dovuto assistere ad uno spettacolo alla laguna delle foche.
Presi una mappa dello zoo da una delle cassette nelle quali erano infilate e mi incamminai.
Di passaggio, vidi da lontano la gabbia dei leopardi e sbuffai al pensiero di aver girato in tondo per più di un’ora.
Raggiunsi la laguna delle foche ed entrando riconobbi subito l’orrenda faccia della Smith e accanto Lydia, che quando mi notò mi sventolò il braccio da lontano.


-


Ma dove diavolo sei stata fino ad adesso, si può sapere?” Mi chiese quasi urlando.
Appena sistemata al mio posto risposi “Scusa, mi ero persa.”
Oh signore, ti avrò chiamata un centinaio di volte, perché non mi hai risposto?
Eh beh io non avev… Cazzo, la borsa! Devo averla dimenticata alla gabbia dei leopardi! Tienimi il posto, torno subito.” Feci per alzarmi.
Tu non vai da nessuna parte!” Mi afferrò per il braccio. “Non per perderti di nuovo.
Lydia, tu non capisci, nella borsa ho tutto. Il cellulare, il portafoglio, le chiavi di casa ed il resto della roba. Sono fortunata se la trovo ancora lì. Tranquilla, la gabbia dei leopardi è qui vicino, l’ho vista mentre venivo.
Rimase ferma per qualche secondo, forse a riflettere, poi reagì.
Va bene.” Mollò il mio braccio, “Ma fai in fretta, lo spettacolo sta per finire.”
Certo.


Uscendo da quel posto imprecai ad alta voce. Non mi sono goduta niente di quel pomeriggio, avevo camminato da sola tutto il tempo senza dare neanche un minimo sguardo agli animali in cerca dei miei compagni, ed ora che li avevo trovati, ero costretta a tornare al punto di partenza. E avrei dovuto anche farlo di corsa.
Che giornata di merda.


Il cielo iniziava a scurirsi e mi stava salendo l’ansia per la mia borsa. Ora che ci penso, era quasi impossibile che io la ritrovassi lì. Dannazione.


Giunta al chiosco vicino ai leopardi, iniziai a cercare.
Il ragazzo dei panini non c’era più, quindi non avrei neanche potuto chiedere a lui della mia borsa.
Non mi arresi, feci in modo di essere il più positiva possibile e mi auto-convinsi che la mia borsa era lì, da quelle parti.


*Attenzione, informiamo i visitatori che il parco chiude alle diciotto, per la salute degli animali che hanno bisogno di un meritato riposo. Consigliamo pertanto di iniziare ad incamminarsi sulla strada per l’uscita. Grazie.*


Vaffanculo!” Urlai tirando un calcio al muretto sul quale avevo mangiato il panino con Lydia poche ore prima.
Che giornata di merda!” Continuai. Diedi un pungo ad un cartello con scritto: ‘Vietato dar da mangiare agli animali
Animali del cazzo! Zoo del cazzo!” Mi sedetti per terra, stanca.
Meritato riposo eh!?” Continuai “Hanno anche bisogno di riposo dopo che hanno dormito tutto il giorno!
Realizzai che stavo ormai parlando da sola e che era inutile continuare.


Cominciava a fare freddo ed il cielo si faceva sempre più cupo.
Persi la cognizione del tempo, seduta per terra, ormai quasi al buio e scoppiai a piangere a causa di quella situazione snervante.


Fin da quando ero piccola, ho questa strana abitudine di scoppiare a piangere quando sono in difficoltà, sono sotto pressione o sotto stress o quando mi sento nervosa.
 
Ero affamata e soprattutto stanca, così mi addormentai.
L’ultima cosa che pensai fu ‘Che giornata di merda, cazzo.






-






Hey! Hey! Riesci a sentirmi?” Sentii strillare.
Lentamente aprii gli occhi, ma li richiusi di colpo quando un faro di luce mi penetrò la cornea.
Sbattei un po’ le palpebre, lasciano abituare i miei occhi a quella fastidiosissima luce e vidi in lontananza una figura su un segway.
Tentai di tirarmi su, almeno seduta.


Tutto bene?” Urlò la figura.
Non riuscivo a connettere. Come, quando e perché ero finita lì? E soprattutto, lì dove?
Dov’ero precisamente?
La luce si abbassò e la figura scese dal segway e mi venì incontro. Si fermò davanti a me e si inginocchiò, poi riaccese la luce, che ora vedevo  provenire da una torcia.
Perché non rispondi? Riesci a sentirmi?” Mi chiese con un tono di voce calmo.
Era il ragazzo dell’ora.
Certo che ti sento, perché non dovrei?” Dissi stropicciandomi gli occhi.
Ah beh non lo so, sei come una figura morta sdraiata per terra nel bioparco del Bronx ben un’ora e mezza dopo l’orario di chiusura e non reagisci al richiamo della tua specie, che spero sia quella umana, altrimenti dovremmo tenerti qui per sempre. Quindi boh, fai tu.” Rispose lui, calmo, sempre con quello sguardo neutro.
Sarcastico, mi piace.
Il sarcasmo intendo, mi piace il sarcasmo.
Come ci sono finita qui?” Gli chiesi.
Questa è la domanda che dovrei fare io a te, e ponendomela tu mi cogli di sorpresa. Se vuoi posso inventarmi io una risposta per te ma non so quanto possa esserci utile.
Cercai di non ridere, per non sembrare troppo contenta di quella situazione.
Vieni, ti aiuto ad alzarti.” Mi tirò su e mi uscì un esile “Grazie.
Non rispose.
Riesci a camminare?
Credo di si.”
Riesci a stare in piedi?
Si
Bene, allora seguimi.”
Mi fece salire sul segway e lui salì dietro di me.
Reggiti qui, e non spostare il peso del corpo.” Mi disse serio.
Va bene.
Non rispose.




-




Quindi stavi solo dormendo.” Affermò lui.
Ero seduta su quel tavolo con una coperta sulle spalle in quell’appartamentino da un po’ ma mi chiesi solo in quel momento cosa diamine ci facevo ancora lì, “Non sei svenuta, giusto?
Si, ricordo ora che stavo cercando la mia borsa da quelle parti e non la trovavo
Si bloccò per un secondo e corrugò le sopracciglia pensieroso.
Era bellissimo.
Stavo per parlare di nuovo quando lui scattò e sparì nella stanza accanto.
Sbucò dopo pochi attimi con la mia borsa nella mano sinistra.
Sgranai gli occhi. “E’ questa la tua borsa?” Chiese alzando il braccio con cui la teneva.
Si! Oddio, non me l’hanno rubata! Grazie al cielo!” Scesi dal tavolo, afferai la borsa e cominciai a controllare se dentro c’era tutto.
Le ho ridato la borsa che conteneva metà della sua vita e lei ringrazia il cielo…” Disse borbottando tra sè e sè avvicinandosi al tavolo dov’ero seduta pochi attimi prima.
Come dici scusa?” Chiesi, anche se avevo sentito benissimo.
Si fermò e si voltò. “Dico che dovresti ringraziare me, e non il tuo cielo.
Rimasi ferma, con la bocca semiaperta a causa della sua arroganza.
Emh, si, lo stavo per fare. Se mi avessi dato giusto, non so, cinque secondi in più?
Non fare la preziosa, dovresti dirmi grazie per molte cose oggi.” Disse distrattamente con un tono minaccioso.
Ovvero?” Chiesi incuriosita.
In attesa della sua risposta incrociai le braccia. Ero davvero curiosa.
Beh per cominciare…” Si girò verso di me ed indicò la borsa con la mano e con un cenno di testa mentre alzò velocemente le sopracciglia, “La tua borsa.”
E fin qui ci siamo, po…” “Seconda cosa…” Mi interruppe, “Se ora sei qui al riparo e non più sdraiata per terra sull’erba vicino ad una gabbia di quattro leopardi iraniani, penso sia merito mio. Si, ne sono quasi del tutto certo.
Stavo per parlare di nuovo quando riprese, “Poi, potrebbe uscirti un misero grazie per aver ripulito la tua sbobba di merda e, o,” Fece con le dita il segno di una barra tra la ‘e’ e la ‘o’ “…cioccolato da terra questa  mattina.”
Non penso di doverti delle scuse per quello, è il tuo lavor…” “Non è il mio lavoro, io non pulisco i viali di questo posto, ne tantomeno gli escrementi nelle gabbie degli animali, se è questo quello che hai cercato di farmi capire sempre questa mattina.”
E come mai hai pulito il gelato allora?” Chiesi petulante.
Per farti un favore.” Disse venendo vicinissimo a me, “Per farti un fottuto favore.
Piano piano si allontanò di nuovo e iniziò a fasciarsi una mano.
Sarebbe rimasto lì tanto, perché sulla tua gamba è venuto via in un attimo immagino ma ovviamente per terra…
Presi la mia borsa e camminai veloce verso la porta, stanca di sentirlo parlare di me in quel modo. Chiunque lui fosse.
Hey dove pensi di andare?” Disse tranquillo continuando a fasciarsi la mano.
Via. Non ti conosco e non mi lascio parlare in questo modo in faccia da un’estraneo.”
Va bene, vai allora, se proprio non vuoi restare.” Disse senza neanche guardarmi.
Decisi di seguire le sue parole e non me lo feci ripetere due volte, aprii la porta ed uscii.
Ma dove cazzo ero?
Era tutto buio, faceva freddo e non sapevo dove andare.
Bussai alla porta che avevo appena sbattuto. Non rispose nessuno. Bussai ancora. Niente.
Sbuffai e realizzai che chiunque fosse quel ragazzo, non mi avrebbe riaperto la porta, così mi sedetti per terra e dopo qualche istante la maniglia della porta scattò permettendomi di farmi rientrare.
Mi insulta pesantemente e si lamenta della mia poca riconoscenza nei suoi confronti, però mi fa rientrare in casa sua. Sempre che lo fosse.
Era davanti ad uno schermo molto grande e lo fissava attentamente. Lasciai cadere per terra la borsa e al rumore si voltò e fingendo un finto sorriso esclamò “Oh! Sei già di ritorno? Hai fatto presto!
Il sorriso svanì in un secondo, esattamente come aveva fatto quella mattina.
Lo ignorai e piano piano mi incamminai verso di lui.
Posso chiederti una cosa?” Dissi appena giunta al suo fianco.
No” Rispose subito lui.
Feci gli occhi al cielo. Che nervi. Iniziai a mordermi il labbro in una situazione di imbarazzo e rabbia.
Passò un minuto o due e lui continuava a fissare lo schermo.
Poi con un movimento veloce chiuse la schermata con il mouse.
Dovevo controllare le videocamere in ogni gabbia e dovevo sentire se c’erano rumori ambigui, avevo bisogno di silenzio.” Disse serio.
Mhh..” Mi rosicchiai il labbro e abbassai lo sguardo quando notai che il suo era posato sul mio. Poi cominciai ad abbassare anche la testa e mi massaggiai la nuca.
Lo sentii sospirare rumorosamente, poi si avvicinò a me e si appoggiò al muro.
Dimmi.” Incrociò le braccia.
Alzai subito la testa per iniziare a parlare prima che potesse cambiare idea.
Siamo ancora allo zoo giusto?” “Si.”
Mhh..” Feci di nuovo.
Era questo che volevi sapere?” Continuò lui.
No, volevo sapere anche se…” “No, troppo tardi, mi hai già chiesto una cosa.”
Ma io…” “Hey, sto scherzando.” Disse ridacchiando.
Rimasi in silenzio perché non avevo ben capito cosa intendeva.
Dai, dimmi. Che volevi chiedermi?” Continuò lui ridacchiando.
Adesso aveva ripreso a camminare verso il tavolo iniziale.
Volev… Ecco, io, volevo sapere se potevi dirmi…”
Continua, ti prego, è interessante.” Disse serio, cercando di non ridere.
Feci un respiro profondo.
Volevo sapere se potevi dirmi chi sei.” Dissi tutto d’un fiato cercando di non sembrare scortese.
Voglio dire, io ero ospite a questa che sembrava essere casa sua e gli chiedevo pure chi era.
Anche il minimo accenno di sorriso, quello che tentava di nascondere, sparì di nuovo. Strinse la mascella e sciolse le braccia che teneva incrociate al petto.
Lì ebbi paura della sua possibile reazione e quando fece un passo avanti, io ne feci subito uno indietro, toccando il muro con la schiena. Cazzo.
Mentre camminava verso di me, cercai di riformulare la frase:
Cioè intendo, cioè, almeno… giusto il nome, ecco.” Dissi balbettando.
Nel frattempo era arrivato davanti a me.
Rimase a fissarmi negli occhi per qualche secondo.
Non avevo ancora notato il colore dei suoi, prima di allora.
Erano di un color nocciola, con delle venature miele. Molto classici direi, ma belli. Belli veri.
Piegò la testa da un lato e i muscoli del suo viso si rilassarono.
"Justin. Lieto di conoscerti." Disse.
Guardai in basso, verso il suo braccio che era teso verso di me.
Gli strinsi la mano.
"Audrey, altrettanto lieta.
Deglutii rumorosamente.
Audrey eh?” Disse sciogliendo la stretta di mano e facendo un passo indietro squadrandomi.
Mhh, Audrey posso chiederti io una cosa ora?” Continuò lui.
Ma certo.” Risposi.
Per caso, hai paura di me?










Spazio autore




Hey! Ecco il secondo capitolo.
Ho iniziato a scriverlo alle dieci di sera ed ho finito alle sette di mattina senza chiudere occhio.
Non giudicatemi,non riuscivo a dormire pensando che avrei dovuto finire di scrivere hahaha.
Ho fatto in modo di rendere la storia subito più interessante mettendo dei dialoghi tra Justin e Audrey il prima possibile, così da invogliarvi un pò di più a continuare eheh.
Non ho più nient'altro da aggiungere, spero vi piaccia!
Recensite in molti!


Un bacio da Giorgia e Aurora!


Ricordo che potete trovarci su twitter per qualsiasi cosa:
Giorgia, @kidravhlJ
Aurora, @marieauhl

 
  
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