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Autore: calamity julianne    26/04/2014    5 recensioni
Julia Meyer è una ragazza che scappa. Lei scappa dal suo passato, da ciò che era perchè sente che non le appartiene più.
Si considera senza speranza, ma un giorno, arriverà qualcuno che la salverà, qualcuno che la porterà via da quel torpore in cui si crogiola da quando una notte, qualcosa le ha strappato via tutto. Qualcuno che lei non si aspettava, qualcuno di speciale: Tom Felton.
***
"E io odio così tanto il fatto che ti amo, ragazza.
Non sopporto che ho così tanto bisogno di te e odio così tanto
il fatto che ti amo, ragazza ma non riesco a lasciarti andare.
Uno di questi giorni forse, la tua magia non mi colpirà più e i tuoi baci non mi renderanno debole
ma nessuno in questo mondo mi conosce come te,
quindi probabilmente tu avrai sempre un incantesimo su di me" .
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Felton, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo sei.
 
Tom Felton e la sua nuova fiamma?
Il biondo più sexy del momento non ne lascia una! Eccolo mentre bacia la sua nuova fiamma fuori da un locale londinese: una morettina che non passa inosservata
. Dopo una serie di accurate ricerche, abbiamo scoperto che la ragazza in questione è la stessa con cui Felton ha fatto il servizio fotografico “Belli e dannati”, Julia Meyer.
 Ahi ahi ahi Tom, chissà Jade come l’ha presa.
 
Attenta Julia, le vendette delle donne sono sempre le peggiori.
 
Quella foto era finita in una ventina di riviste con didascalie che accennavano ad una relazione tra me e Tom e che dicevano tramite messaggi subliminali, che sarei praticamente morta una volta che Jade avesse saputo la notizia.
Come se non bastasse, Nina se n’era andata. Aveva avuto un litigio con la madre ed era tornata a casa.
Mi aveva lasciata sola, anche se adesso, fuori casa mia c’erano decine di paparazzi che volevano un bel primo piano della sottoscritta. Ero chiusa in casa, con le tende chiuse e senza minimamente sapere come andare a lavoro.
M’infilai sotto la doccia, sperando che il getto d’acqua calda riuscisse a scacciarmi di dosso la sensazione di ansia che avevo.
Asciugai i capelli e indossai un paio di jeans scuri, una maglietta rossa, il giubbino di pelle nera e gli stivaletti neri, poi andai al piano di sotto e composi velocemente il numero di George.
«George? Sono io, Julia volevo dirti che non so se riuscirò ad arrivare sul set in tempo perché ho…».
M’ interruppe. «Sì, tesoro lo so. Immaginavo che mi avresti chiamato, ho visto le foto».
«Hai visto le foto?».
«Direi che tutta Londra le ha viste. Non preoccuparti se ne andranno presto».
«Okay».
«A presto», e riattaccò.
Iniziai a fare su e giù per il salotto cercando una via d’uscita ma l’unica idea era uscire dal camino.
Ad un certo punto tutta la folla di paparazzi che si era ammassata davanti alla mia porta si spostò e senza pensarci due volte indossai gli occhiali da sole, presi il cellulare e sgattaiolai fuori casa.
«Basta, per favore, fatemi passare!», urlò una voce familiare. Mi voltai e vidi che Tom stava disperatamente cercando di farsi spazio in mezzo a quella folla di paparazzi assetati di scoop.
Lo raggiunsi con qualche difficoltà e mi afferrò la mano. Non disse nulla, mi guardò e basta attraverso i suoi occhiali scuri per qualche secondo per poi portarmi verso la moto parcheggiata nel vialetto.
Mi passò un casco e dopo averlo indossato mise in moto la moto e iniziò a correre via, lontano da quelle fotocamere.
 
Mi portò in una specie di casetta in campagna, una casetta che non sapevo avesse ma d’altronde quel ragazzo era una continua sorpresa.
Scesi dalla moto e poco dopo lui fece lo stesso.
«Stai bene?», mi chiese mentre andavamo verso la porta della casetta.
«Sì, sto bene».
La casetta era piccola ma confortevole. C’erano un divano, due poltrone di un rosso rovinato e un caminetto.
Alle pareti vi erano due quadri raffiguranti due paesaggi di montagna. «Mi dispiace, non volevo succedesse tutto questo», disse lui giustificando il caos di pochi minuti prima.
«Non preoccuparti, non è colpa tua».
«Sì invece, dovevo stare più attento è stato da stupidi baciarti in quel posto».
Rimasi in silenzio pensando che probabilmente lui non si era solo pentito di avermi baciata fuori da quel locale, ma proprio dell’azione in sé.
Sospirò e poggiò la mani sulle mie braccia guardandomi. «Comunque, buongiorno», distese il suo volto in un piccolo sorriso e poggiò le labbra sulle mie.
Mi baciò e le mie paure scomparvero nell’istante esatto in cui strinse le braccia intorno alla mia vita.
 
Passammo la giornata a parlare, a ridere, a baciare delle labbra che sembravano risvegliarsi grazie al tocco delle altre.
Sul caminetto c’erano una serie di foto, presi una che ritraeva Tom con una chitarra in mano.
Sollevai il portafoto e lo indicai. «Sai suonare la chitarra?».
Lui fece spallucce. «Me la cavo».
«Mi fai sentire qualcosa?».
Lui ridacchiò. «Va bene», entrò in una stanza e tirò fuori una chitarra un po’ impolverata. Si mise comodo sul divano e prima di iniziare a suonare mi fece segno di sedermi al suo fianco.
Obbedii e si schiarì la gola, iniziando a cantare.
 
And I hate how much I love you girl
I can’t stand how much I need you
And I hate how much I love you girl
But I just can’t let you go
And I hate that I love you so..
 
And you completely know the power that you have


The only one that makes me laugh

Sad and it’s not fair how you take advantage of the fact that I
Love you beyond the reason why
And it just ain’t right

 
And I hate how much I love you girl
I can’t stand how much I need you
And I hate how much I love you girl
But I just can’t let you go
And I hate that I love you so


One of these days maybe your magic won’t affect me
And your kiss won’t make me weak
But no one in this world knows me the way you know me
So you’ll probably always have a spell on me.


That’s how much I love you.*
 
Cantava guardandomi con quegli occhioni azzurri che mi avevano rapita dal primo istante. Cantava e mi sentivo parte di qualcosa.
Cantava e sorrideva.
Cantava e mi amava.
Cantava ed io lo amavo.
 
Finì la canzone e sorrise. «Quindi mi odi?», mormorai.
«Quindi ti amo», mormorò serio.
«Non stiamo correndo un po’ troppo?».
«Sei la ragazza giusta per me, lo sei sempre stata e sempre lo sarai».
E mi baciò di nuovo, facendomi per la prima volta sentire amata.
Completa.
 
***
Uscimmo da quella casetta solo alle dieci di sera e l’idea di riaccompagnarmi a casa scappò correndo dalle nostre teste quando vidimo il doppio dei paparazzi appostati davanti casa mia, più svegli che mai.
Grazie al cielo non riconobbero la moto e passammo davanti ai loro occhi come una semplicissima coppia che rientra a casa la sera.
Perché eravamo questo ormai, no?
Eravamo una coppia. Eravamo incasinati, complicati, strani, dolci, acidi, eravamo ciclone e pioggia, eravamo sole e notte, ma ci amavamo.
Questa era l’unica certezza.
 
Andammo a casa sua e la nostra splendida fiaba s’interruppe con la visione della strega cattiva.
«Bene bene bene», esordì Jade applaudendoci. «La troietta e il coglione, che bella coppia».
«Jade, che ci fai qui?», disse Tom mettendosi davanti a me, come per farmi da scudo all’antagonista della nostra storia.
«In realtà mi aspettavo che l’avresti portata qui, soprattutto dopo le splendide foto sulle riviste che simboleggiano il vostro coming out, no? Volevo solo darvi il benvenuto a casa».
«Fuori da casa mia», ordinò Tom in cagnesco.
«Oh, subito. Goditi il soggiorno qui, Meyer», disse passandomi accanto. «Sarà breve, proprio come sarai breve tu».
Concluse con un sorriso maligno ed uscì sbattendo la porta. Tom si passò una mano sugli occhi.
«Beh, dovrò cambiare la serratura», disse sarcastico.
Mi strappò un sorriso. «E come la vuoi la pizza?», aggiunse.
«Con le patatine».
«Sul serio?», disse come trattenendo una risata.
«Sì, perché?».
«Perché io prendevo questa pizza quando avevo undici anni», disse ridendo.
«Stai ridendo di me per caso?», dissi tirandogli un cuscino.
Tom rise ancora di più, una di quelle risate che ti si imprimono nella mente e non le scordi più. «No no, non mi permetterei mai!», disse senza smettere di ridere.
Lo colpii con un cuscino ancora ridendo. «Ehi!», urlò lui e si fiondò su di me facendomi il solletico alla vita.
Mi dimenai senza riuscire a fermarlo, fino a quando caddi sul divano e lui sopra di me.
Mi guardò negli occhi sorridendomi. «Se un giorno dovessi sentire la pressione di paparazzi, riviste e quant’altro, dimmelo, okay? Non esitare nemmeno un secondo», disse.
 
Annuii.
Mi baciò un’ultima volta e poi vidi solo la felicità.
 
 
 
*La canzone è Hate that I love you – Rihanna ft. Ne Yo, da cui ho tratto anche il titolo della storia.
E io odio così tanto 
il fatto che ti amo, ragazza, si 
non sopporto che ho così tanto 
bisogno di te, bisogno di te 
e odio così tanto 
il fatto che ti amo, ragazza 
ma non riesco a lasciarti andare 
e odio il fatto che ti amo così tanto 

Conosci perfettamente il potere che hai 
sei l'unica che riesce a farmi ridere 

ho detto che non è corretto che 
tu ti approfitti del fatto che io 
ti sono succube senza ragione 
e questo non è giusto 

Ee io odio così tanto 
il fatto che ti amo, ragazza 
non sopporto che ho così tanto 
bisogno di te, si 
e odio così tanto 
il fatto che ti amo, ragazza 
ma non riesco a lasciarti andare 
e odio il fatto che ti amo così tanto 

Uno di questi giorni forse 
la tua magia non mi colpirà più 
e i tuoi baci non mi renderanno debole 
ma nessuno in questo mondo 
mi conosce come te 
quindi probabilmente tu avrai 
sempre un incantesimo su di me 

Ti amo così tanto.
  
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